Il volontariato dei diritti
Quarant’anni di esperienze nei settori della sanità e dell’assistenza
Giuseppe D’Angelo, Anna Maria Gallo, Francesco Santanera
UTET Libreria

anno: 2005
pag. 160
formato: 14 X 20,5
I
SBN: 8877509635
Prezzo: 14.00 €
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"Continuo a preferire la severa giustizia alla generosa solidarietà"

Norberto Bobbio
 

Com’è noto, sono considerate attività di volontariato le iniziative assunte da persone singole o da organizzazioni con lo scopo di aiutare individui, nuclei familiari o gruppi in difficoltà.

A partire da questa definizione di base, molteplici sono le forme che, per operare, il volontariato ha acquisito negli anni.

Un esempio di volontariato, tra i più “spontanei” è quello di vicinato. Per esempio, aiutare il vicino di casa che è indisposto e non può fare gli acquisti per il pranzo o la cena; oppure tenere con sé per qualche ora il figlio di un conoscente costretto ad allontanarsi improvvisamente da casa, ...

Altresì, è assai rilevante il supporto del volontariato familiare, praticato cioè dai parenti di persone gravemente malate: si pensi alle cure (spettanti in ogni caso al Servizio sanitario nazionale e non ai parenti) di anziani cronici non autosufficienti e di malati di Alzheimer.

D’altra parte decine di migliaia sono le persone che operano volontariamente con coloro che vivono in situazioni di disagio. Si tratta di un volontariato di tipo organizzato, in associazioni, gruppi, comitati o altre forme di aggregazione.

Nel volume Il volontariato dei diritti vengono evidenziate in particolare le caratteristiche di quei gruppi, ma anche di singoli cittadini, che operano prevalentemente nel settore della sanità e dell’assistenza.

Essi vengono a contatto con centinaia di migliaia di persone e di nuclei familiari in stato di bisogno e pertanto, inevitabilmente, giungono a diretta conoscenza sia delle esigenze fondamentali di vita dei cittadini più deboli, sia della quantità e della qualità delle prestazioni fornite (o negate) dagli enti pubblici e privati.

A fronte della presa d’atto di tali esigenze, gli Autori ritengono necessario tracciare una netta divisione fra coloro che agiscono per il riconoscimento delle esigenze e l’affermazione dei diritti dei cittadini più indifesi e quelli che invece svolgono una semplice attività consolatoria. Nel volume è sostenuto, peraltro con abbondanza argomentativa nonché attraverso l’analisi delle esperienze delle associazioni di volontariato di appartenenza degli Autori, la tesi esplicita che è necessario passare dal volontariato consolatorio a quello dei diritti.

Si tratta, quest’ultimo, di un volontariato che non si limita ad intervenire sulle singole situazioni di bisogno, ma opera, anche e soprattutto, affinché le istituzioni assumano le iniziative occorrenti per prevenire in tutta la misura del possibile il disagio sociale nonché per evitare ogni forma di emarginazione sociale e garantire accettabili condizioni di vita ai soggetti deboli.

E’ davvero una questione di giustizia la filosofia di base di tale orientamento, come peraltro ricorda una citazione di Norberto Bobbio riportata all’inizio del volume: “Continuo a preferire la severa giustizia alla generosa solidarietà”.

Purtroppo, quasi tutti i gruppi di volontariato si occupano solamente di problemi immediati e intervengono esclusivamente per risolvere i casi individuali; ad esempio donando denaro a coloro che non hanno i mezzi sufficienti per vivere, oppure offrendo assistenza ai malati (ricchi e poveri) ricoverati in ospedale o in istituto o a domicilio, oppure assumendo altre iniziative ritenute utili.

Altre organizzazioni invece, peraltro una ristretta minoranza,  non si limitano ad agire solamente sul singolo caso, ma operano anche e soprattutto per ottenere idonee misure per tutti i cittadini ed i nuclei familiari che si trovano nelle stesse condizioni (ad esempio, premono sulle amministrazioni comunali affinché venga approvata una delibera che garantisca il minimo economico vitale a coloro che non sono in grado di procurarsi autonomamente i mezzi necessari per vivere, ecc.).

Inoltre, non accettano di agire esclusivamente sugli effetti dell’emarginazione, ma operano anche per l’eliminazione o, almeno, per la riduzione delle cause che provocano disagio. In questo modo diminuisce il numero sia delle persone e dei nuclei familiari in difficoltà, sia delle problematiche che affliggono singoli individui e famiglie intere. Ad esempio, la risoluzione di alcuni problemi dei soggetti colpiti da handicap non si ottiene mediante prestazioni di mera assistenza (che ovviamente possono e devono essere fornite anche per tamponare in qualche modo le emergenze), ma con l’eliminazione delle cause che determinano l’esclusione degli handicappati dagli asili nido, dalle scuole materne, dell’obbligo e superiori, e dal lavoro.
Sono queste pertanto alcune peculiarità del cosiddetto volontariato dei diritti. Gli Autori ne illustrano le caratteristiche principali:

- il volontariato dei diritti si rivolge esclusivamente alle persone incapaci di autodifendersi  a causa dell’età (minori privi dell’indispensabile sostegno morale e materiale da parte dei loro genitori o di altri congiunti) o perché colpite da handicap intellettivo grave o in quanto affette da patologie invalidanti e da non autosufficienza (anziani malati cronici, persone  sofferenti a causa del morbo di Alzheimer o di altre forme di demenza senile, pazienti con gravissime forme di disagio psichico);

- opera affinché siano riconosciute dal settore pubblico le esigenze fondamentali di vita dei soggetti di cui sopra e vengano assunti i provvedimenti necessari affinché i relativi interventi siano forniti sotto forma di diritti esigibili;
- mantiene la piena autonomia nei confronti delle istituzioni pubbliche e private;
- prevede la gratuità totale delle prestazioni (salvo l’eventuale rimborso delle spese vive sostenute);
- è incompatibile con qualsiasi forma di lavoro salariato e con ogni rapporto di contenuto patrimoniale nei riguardi dell’organizzazione di appartenenza;
- deve avere come base la continuità degli interventi (anche solo tre ore settimanali, ma senza interruzione).

Il volume mette dunque in evidenza le varie forme di volontariato, le illustra e le pone a confronto: se ne evincono gli obiettivi ed i metodi diversi, a volte anche contrastanti fra di loro.

Appare ovvio, di conseguenza, che differenti sono le possibili posizioni dei partiti e delle forze sociali e sindacali nei confronti dei gruppi di volontariato. E’ naturale che siano preferite sotto l’aspetto politico-partitico e sostenute anche sotto il profilo economico le organizzazioni che non mettono in discussione l’operato degli amministratori pubblici e privati.

Gli Autori sostengono altresì che il volontariato non dovrebbe far parte del cosiddetto terzo settore ma di un altro campo di intervento sociale: il quarto settore. Infatti, la gratuità delle prestazioni, caratteristica fondamentale del volontariato, è questione ben diversa dai corrispettivi giustamente incassati dalle organizzazioni senza fini di lucro per gli interventi forniti nell’ambito della gestione dei servizi (per esempio istituti di ricovero, comunità alloggio, servizi di assistenza domiciliare, ecc.).

Il volume, in ultima analisi, vuole offrire un contributo importante alla riflessione sul tema dei diritti a favore di alcune delle fasce più deboli della popolazione e sulla necessità, davvero urgente, da parte dei cittadini, singoli o costituiti in gruppi, di operare attivamente ma adeguatamente a loro tutela.

Giuseppe D’Angelo

è fondatore dell’Associazione tutori volontari, nonché presidente dell’Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale (Ulces)



Anna Maria Gallo

è presidente dell’Associazione solidarietà e volontariato a domicilio (Asvad)



Francesco Santanera

è l’ideatore della Scuola dei diritti «Daniela Sessano». Fra le sue opere ricordiamo: Il paese dei celestini (1973), Handicap: oltre la legge quadro (1995), Come difendere i diritti degli anziani malati (1999)