APPUNTI SULLA PARTICOLARE SITUAZIONE DELLA LOMBARDIA
IN MERITO ALLE DIMISSIONI DI MALATI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI

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Le norme nazionali prevedono l’obbligo del Servizio sanitario a garantire la prosecuzione delle cure dopo un ricovero ospedaliero fino al rientro al domicilio o l’inserimento in convenzione in Rsa

  

Torino, 21 gennaio 2022



1. Sulla base dell’articolo 2 della legge n. 833/1978, il Servizio sanitario nazionale è tenuto ad assicurare «la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali ne siano le cause, la fenomenologia e la durata» e deve altresì provvedere «alla tutela della salute degli anziani, anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione».
La stessa legge, all’articolo 1 sancisce che il Servizio sanitario nazionale deve garantire le prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali «senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’uguaglianza dei cittadini nei confronti del Servizio» sanitario.

2. Inoltre, l’articolo 23 della Costituzione stabilisce perentoriamente che «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge». Pertanto, non avendo mai il Parlamento approvato norme che trasferiscano a carico dei congiunti gli obblighi spettanti per legge al Servizio sanitario nazionale, i familiari degli infermi, compresi ovviamente quelli non autosufficienti, non hanno alcun obbligo a fornire le prestazioni sanitarie ai propri cari. Il che non significa che siano importanti forme di sostegno affettivo e materiale da parte dei congiunti, che rientrano tuttavia nella sfera dei rapporti interfamiliari.


3. La Regione Lombardia si ostina ad agire in violazione delle leggi nazionali vigenti, premendo sui congiunti dei malati non autosufficienti affinché accettino le dimissioni da ospedali, case di cura e centri riabilitativi al termine della fase acuta delle patologie.

3.1. Nel momento in cui i parenti, sotto le continue pressioni del personale sanitario, accettano/subiscono le ingiustificate ed illegittime dimissioni del paziente, volontariamente assumono ogni responsabilità economica, civile e penale nei confronti del congiunto non autosufficiente che, per la sua condizione, richiede prestazioni sanitarie e/o sociosanitarie assolutamente indifferibili 24 ore su 24, e anche per evitare di incorrere nel reato di abbandono di persona incapace.

3.2. Inoltre, i parenti che accettano/subiscono le ingiustificate ed illegittime dimissioni, se richiedono la degenza presso una Rsa sono costretti a firmare contratti vessatori che, oltre a stabilire rette molto onerose (in media oltre 70 euro al giorno), prevedono il versamento di una cauzione che in genere può ammontare anche a 2.000 euro o più.

3.3. Alcuni contratti prevedono che le Rsa possano aumentare l’importo delle rette anche sulla base delle dichiarate maggiori prestazioni da fornire all’infermo; possono anche, a loro completa discrezione, dimettere in qualsiasi momento i propri degenti, scaricando quindi ogni onere in capo al congiunto che ha sottoscritto il contratto.

3.4. Infine la Regione Lombardia non versa il 50% del costo effettivo totale della retta, per cui accade che il familiare cerchi la Rsa più economica e non quella che è in grado di assicurare adeguati standard di personale sanitario sulla base delle esigenze del malato non autosufficiente.

3.5. Le ATS (che gestiscono i ricoveri negli ospedali e nelle strutture sanitarie) dovrebbero garantire la continuità terapeutica ovvero il passaggio del malato non autosufficiente e la sua presa in carico da parte dei Servizi territoriali (in Lombardia le Asst).

3.6. Così le Asst di competenza, in base alle leggi statali vigenti, dovrebbero garantire la copertura delle prestazioni sanitarie e/o socio-sanitarie occorrenti al malato non autosufficiente, ma non è così.

3.7. Le ATS spingono per la dimissione, come sopra descritto, mentre le Asst, come ha rilevato il Difensore civico della Regione Lombardia, si limitano a prevedere solamente interventi a favore delle persone con disabilità grave o gravissima come previsto dai relativi provvedimenti regionali.

3.8. Pur non avendo alcun obbligo di prendere in carico le prestazioni sanitarie e/o socio-sanitarie necessarie alle persone malate croniche non autosufficienti, i parenti, sempre volontariamente e sempre tramite l’inoltro della lettera di opposizione alle dimissioni, possono richiedere le cure domiciliari.

3.9. Anche in questo caso, mentre le Asst di competenza, in base alle leggi statali vigenti, dovrebbero garantire la copertura delle prestazioni sanitarie e/o socio-sanitarie occorrenti al malato non autosufficiente, esse si limitano, come ha anche rilevato il Difensore civico della Regione Lombardia, a prevedere solamente interventi a favore delle persone con disabilità grave o gravissima come previsto dai relativi provvedimenti regionali.
Di particolare importanza il capitolo relativo alle "dimissioni protette" della relazione dell'Avv. Luigi Lia, Responsabile dell'Ufficio di pubblica tutela dell'Asst Nord Milano, del 3 maggio 2019, reperibile nella sezione "Archivio" e direttamente cliccando su questo collegamento: "Relazione dell’attività dell’Ufficio di Pubblica Tutela nell’anno 2018".

Per evitare le dimissioni da ospedali, case di cura e centri riabilitativi al termine della fase acuta delle patologie 

4. Per non assumere le conseguenti responsabilità civili, penali ed economiche relative alla continuazione delle cure sanitarie e/o socio-sanitarie, la prima forma di tutela di cui possono avvalersi i congiunti degli anziani malati cronici non autosufficienti, è l’opposizione alle dimissioni ospedaliere dei propri cari ricoverati, con richiesta di continuità diagnostica e terapeutica.
Accedendo al sito della Fondazione (www.fondazionepromozionesociale.it) è possibile scaricare la lettera fac-simile per opporsi alle dimissioni, nonché acquisire altre informazioni utili.
Prima di compilare il testo relativo all’opposizione alle dimissioni, ricordiamo di leggere attentamente le istruzioni e di compilare la lettera in ogni sua parte [nota 1].
Dell’opposizione, dovrà sempre e solo occuparsi la persona firmataria della lettera.
E’ inoltre molto importante, perché l’opposizione alle dimissioni vada a buon fine, non firmare mai nessun documento e non accettarne nemmeno la consegna a mano. Allo stesso modo, occorre pretendere sempre risposte scritte da parte del Direttore generale dell’ATS e dell’Asst e non parlare mai delle dimissioni con il personale medico e non medico.
In caso di informazioni verbali richiamare sempre la lettera raccomandata inviata e ribadire che si è in attesa della risposta scritta a cui è obbligato il Direttore generale dell’ATS, in base alle norme citate nella lettera raccomandata A/R inviata.

L’integrazione della retta da parte del Comune di residenza e l’importante presa di posizione del Difensore civico regionale sull’applicazione delle vigenti norme sull’ISEE

5. I Comuni e/o gli Enti gestori della funzione socio assistenziale sono tenuti, nel caso in cui il malato non disponga dei mezzi economici necessari per far fronte alla retta alberghiera di ricovero in Rsa – e se ne viene fatta richiesta –, ad integrare la retta alberghiera secondo quanto previsto dalle vigenti norme sull’Isee (Dpcm 159/2013). Tuttavia, non tutti i Comuni danno corretta applicazione alle norme relative all’Isee, di cui al Dpcm 159/2013 e s.m.i., nel momento in cui ricevono domanda per l’integrazione della retta alberghiera per i ricoveri di persone non autosufficienti presso strutture residenziali socio-sanitarie.
In molti casi, le disposizioni comunali (regolamenti, delibere, etc.) non sono stati aggiornati con la normativa contenuta nel Dpcm 159/2013 ovvero prevedono misure più stringenti rispetto a quanto previsto dalla norma nazionale per l’ottenimento della prestazione (ad esempio, il possesso di beni immobili). In alcuni casi, si trovano poi generici riferimenti agli “obbligati ex articolo 433 Codice civile”, vale a dire i soggetti tenuti per legge alla corresponsione degli alimenti, non tenendo quindi conto che non solo non si tratta di “alimenti”, ma di prestazioni sanitarie (Lea), ma ignorando al contempo che gli alimenti possono essere richiesti solo dall’interessato o dal suo legale rappresentante e non dal Comune o altri Enti.
Nel febbraio 2021, il Difensore civico della Regione Lombardia, interrogato sul caso di un Comune che negava l’integrazione della retta alberghiera in Rsa sulla base di previsioni proprie non contemplate dalla norma nazionale, con suo importantissimo parere ha precisato che: «l’erogazione di contributi economici per l’integrazione delle rette delle unità d’offerta sociosanitarie rientra senza dubbio tra le prestazioni alle quali si applica la disciplina prevista dai citati decreti [Dpcm n. 159/2013 e d.l. n. 89/2016, ndr], come ribadito anche dalla D.G.R. n. X/3230 del 06.03.2015 e dalla D.G.R. n. 6972 del 31.07.2017, con cui sono state approvate le “Linee guida per l’uniforme applicazione del DPCM 159/2013 in Regione Lombardia e la redazione degli atti regolamentari”, in accordo con le rappresentanze degli enti locali.
L'art. 2, comma 1, del DPCM 159/2013 ha espressamente stabilito che l’applicazione dell’ISEE (da determinare con le modalità previste nel decreto stesso) ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, costituisce livello essenziale delle prestazioni ed è, quindi, vincolante per le Regioni e per i Comuni. (…)
Alla luce della citata normativa, non è pertanto possibile continuare a prevedere il coinvolgimento, per il pagamento della retta, dei soggetti tenuti agli alimenti ai sensi dell'art. 433 del codice civile.
La mancata modifica del regolamento comunale in senso coerente con le disposizioni sopra indicate si sostanzia nella mancata applicazione della normativa sull’ISEE per la definizione del livello di compartecipazione al costo delle prestazioni sociali agevolate, che costituisce - come già detto - livello essenziale di assistenza, precludendo di fatto l’erogazione delle prestazioni stesse agli aventi diritto.
Nel caso in cui, ad esempio, un soggetto non abbia né coniuge, né figli non è possibile subordinare l’erogazione del contributo comunale ad integrazione della retta - come invece previsto dal regolamento di codesto ente - al coinvolgimento economico di altri parenti previsti dall’art. 433 c.c. (…)».


Ruolo dell’amministratore di sostegno o del tutore

6. In base alle leggi vigenti i genitori, i figli, il coniuge e gli altri congiunti non rappresentano la persona non autosufficiente parzialmente o totalmente incapace di provvedere alla tutela della propria persona e dei propri interessi. Se si tratta di un infermo non totalmente incapace è consigliabile che, con la massima sollecitudine, venga richiesto al Giudice tutelare, competente in base alla residenza del malato, la nomina di un amministratore di sostegno anche per evitare che, ad esempio, su richiesta della struttura sanitaria in cui l’infermo è degente, venga effettuata la nomina di un estraneo alla famiglia. La procedura è gratuita e non occorre l’intervento di un legale. Per maggiori informazioni, consultare il sito internet www.tutori.it.

Esposto penale

7. Tenuto conto della continua, palese e devastante violazione dei diritti sanciti dalle leggi vigenti, in data 15 novembre 2019 è stato presentato a tutte le Procure della Lombardia un esposto penale, il cui testo integrale è recuperabile a questo link.
Coloro che intendono difendere i diritti dei loro congiunti infermi e/o disabili non autosufficienti possono segnalare alle Procure competenti le violazioni subite dai loro familiari, nonchè le omissioni perpetrate dal Servizio sanitario nazionale in merito alle competenze obbligatorie anche decorsa la fase acuta dalle patologie.

Per eventuali informazioni, telefonare alla Fondazione promozione sociale onlus – Tel. 011.812.44.69 (lunedì-venerdì, ore 9-13 e 14-18)

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[1] Si ricorda che per la Lombardia la lettera di opposizione alle dimissioni va inoltrata mediante pec o raccomandata a/r non al Direttore generale dell’Asl, ma al Direttore generale dell’ATS – Azienda di tutela della Salute e al Direttore generale dell’Asst – Azienda Socio-sanitaria Territoriale. Inoltre, occorre inviare una Pec o Raccomandata a/r anche al Responsabile dell’Ufficio di pubblica tutela dell’Asst.