Prospettive assistenziali, n. 112,
ottobre – dicembre 1995
INFORMAZIONI
ANZIANI
E RELAZIONI FAMILIARI
Secondo l'indagine multiscopo sulle famiglie condotta dall'ISTAT, di cui sono
stati pubblicati i risultati relativi agli anni
1987-91 proprio in riferimento alla condizione degli anziani (ISTAT 1994),
possiamo avere una conferma empirica, aggiornata sulla situazione italiana, del
fatto che non c'è una relazione automatica tra isolamento residenziale e
mancanza di relazioni familiari. Dai dati risulta che
in Italia tra le persone dai 75 anni in su che vivono da sole:
- oltre la metà abita
nella stesso caseggiato o nelle immediate vicinanze di
un figlio, oltre il 70% nello stesso Comune;
-
più del 90% vede i figli che abitano nello stesso Comune abbastanza
frequentemente; la probabilità di vedere i figli spesso è maggiore se la
persona anziana presenta un qualche tipo di disabilità (75% contro 68%);
- oltre il 40% ha
ricevuto un qualche tipo di aiuto nelle ultime quattro
settimane; in particolare gli aiuti consistenti in compagnia, accudimento, assistenza e gli aiuti nelle attività
domestiche sono stati offerti nell'80% dei casi da parenti (nel 60% dei casi
dai figli).
Naturalmente c'è una
minoranza consistente di anziani soli senza figli o
con figli che abitano lontano, ma il 70% delle persone dai 75 anni in poi hanno
comunque dichiarato di potere sempre o abbastanza regolarmente fare
affidamento su familiari non conviventi e solo il 10% di non poter fare conto
su nessun parente.
II fenomeno del
vivere da soli degli anziani non ha quindi a che vedere direttamente con la perdita dei legami con la parentela, ma piuttosto con la
diversa forma assunta da questi rapporti.
I DISABILI: INDAGINE DELL'ISTAT
In base all'indagine multiscopo
sulle famiglie 1987-
È opportuno sottolineare che, in
coerenza con tutti gli indicatori della salute ad eccezione del tasso di
mortalità, anche la presenza di disabilità configura un quadro in cui le donne
risultano fortemente svantaggiate. L'handicap è infatti
presente nel 7% della popolazione femminile, mentre tra gli uomini la
percentuale scende al 5.3%. La discriminazione sul lavoro, già pesante per
tutte le donne, è ancor più accentuata in presenza di un handicap: solo il 25%
delle donne disabili è occupata mentre tale percentuale nei maschi supera il
54%.
Nei confronti dell'istruzione i ragazzi disabili presentano
oggi tassi di scolarità del tutto comparabili con quelli dei loro coetanei. La
loro partecipazione scolastica è infatti dell'87%
nella fascia di età 6-14 anni e del 62.4% nella fascia successiva.
(da Tuttogiovaninotizie,
n. 39, luglio-settembre 1995)
IN
RICORDO DI EZIO ADAMI
II 31 ottobre 1995 è
deceduto l'Avv. Ezio Adami di Venezia, uno dei più
attivi collaboratori dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie,
di cui è stato per molti anni Consigliere nazionale.
Ad
Adami, che sempre si batté per la promozione dei
diritti dei più deboli, si deve, fra l'altro, l'inserimento nella legge 5
giugno 1967 n. 431 dell'art. 5 «ll minore di nazionalità straniera che sia legittimato per
adozione da coniugi di cittadinanza italiana acquista di diritto tale
cittadinanza», norma che ha aperto nel nostro paese la strada delle
adozioni internazionali e interrazziali. Lo ricordiamo, inoltre, per aver
patrocinato, spesso a titolo gratuito, procedimenti giudiziari a tutela dei
diritti di persone in difficoltà.
POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA:
SITUAZIONE AL 31 DICEMBRE
(ANNI 1975, 1985 E 1994)
Regioni |
1975 |
1985 |
1994 (*) |
Var. % 1975-1994 |
|
|
|
|
|
Piemonte |
4.541.271 |
4.394.312 |
4.300.308 |
-5,3 |
Valle
d'Aosta |
113.720 |
113.714 |
117.898 |
3,7 |
Lombardia |
8.837.656 |
8.881.683 |
8.897.740 |
0,7 |
Trentino
A.A. |
866.377 |
878.590 |
904.799 |
4,4 |
Veneto |
4.277.501 |
4.370.533 |
4.415.517 |
3,2 |
Friuli
V.G. |
1.277.501 |
1.219.556 |
1.192.203 |
-4,2 |
Liguria |
1.867.383 |
1.771.319 |
1.659.423 |
-1 1,1 |
Emilia-Romagna |
3.935.834 |
3.939.289 |
3.923.110 |
-0,3 |
Toscana |
3.566.763 |
3.576.508 |
3.527.018 |
-1,1 |
Umbria |
795.218 |
816.939 |
820.199 |
8,1 |
Marche |
1.390.388 |
1.425.734 |
1.438.399 |
3,5 |
Lazio |
4.921.859 |
5.101.641 |
5.176.746 |
5,2 |
Abruzzo |
1.211.323 |
1.250.057 |
1.263.250 |
4,3 |
Molise |
329.705 |
333.502 |
331.621 |
0,6 |
Campania |
5.280.268 |
5.651.200 |
5.715.808 |
8,3 |
Puglia |
3.771.329 |
4.005_226 |
4.066.593 |
7,8 |
Basilicata |
614.596 |
618.647 |
610.086 |
-0,7 |
Calabria |
2.034.425 |
2.131.412 |
2.079.207 |
2,2 |
Sicilia |
4.861.230 |
5.084.311 |
5.035.100 |
3,6 |
Sardegna |
1.552.767 |
1.638.172 |
1.657.739 |
6,8 |
Nord-ovest |
15.360.030 |
15.161.028 |
14.975.369 |
-2,5 |
Nord-est |
10.324.265 |
10.407.968 |
10.435.629 |
1,1 |
Centro |
10.674.228 |
10.920.822 |
10.962.362 |
2,7 |
Sud |
19.655.643 |
20.712.527 |
20.760.404 |
5,6 |
Italia |
56.014.166 |
57.202.345 |
57.133.764 |
2,0 |
(*)
Situazione al 30.4.1994
IL DISASTRO REALE DELLA SANITÀ
Nel corso del convegno "Annunciare la carità, pensare
la solidarietà", organizzato dalla Caritas
italiana, la rivista Il Regno, le comunità del CNCA e
il Gruppo Abele (Firenze, 22-24 settembre 1995), intervenendo in merito alle
politiche sanitarie, «il prof. Tognoni ha messo in guardia dall'inganno terminologico
assunto dai documenti internazionali e nazionali (ONU, ricerche e programmi
sanitari), sempre più inneggianti alla qualità della vita come prospettiva da
percorrere e totalmente carenti della descrizione severa della realtà.
Attraverso i mezzi di comunicazione e la ricerca, si mira a costruire un
immaginario qualitativo su un disastro reale. È quanto avviene anche nella
nostra sanità col passaggio indiscusso da una visione socio-sanitaria
dell'assistenza a una sanità-azienda, che ha sempre
meno a che fare con i contesti di vita e il diritto alla salute e sempre più
con le compatibilità finanziarie. Nella dissociazione sanità/sociale è inscritta la crescita delle diseguaglianze
tra pazienti, particolarmente per alcune categorie: anziani, cronici, terminali.
Le comunità di accoglienza dovrebbero rivendicare la
titolarità dialettica di queste diseguaglianze,
divenire anche osservatorio socio-sanitario, luogo epidemiologico in cui dare
visibilità alla diseguaglianza».
(da Il Regno - attualità, n. 18, 15 ottobre 1995)
DOVE
VA IL VOLONTARIATO?
«C'è molto
volontariato preoccupato più di esistere, di autoalimentarsi, di gratificarsi,
di fare comunque delle azioni e dei servizi, quasi a voler giustificare la
propria presenza più che interrogarsi sulla direzione della società e sul
contributo delle proprie presenze. C'è il rischio di un volontariato privo del
gusto della profezia e della spinta al cambiamento.
Ancora, gruppi e associazioni di volontariato, allettati da convenzioni che
garantiscono un futuro, entrano nella gara dei "servizi",
precludendosi ogni possibilità di critica e diventando, di
fatto, conniventi con una politica che punisce i poveri. Infine, il
rischio di perdita della carica valoriale. Le convenzioni, dirette o
indirette, comportano l'impegno ad attuare servizi seri e continuativi, gli
operatori vengono pagati regolarmente: ma il
volontariato non esiste più! Esistono enti non-profit,
utili, benefici, ma che sono "altro" dal volontariato; spesso sono
opportunità di lavoro per giovani disoccupati... Forse
è il tempo che esige questi cambiamenti: ma, onestamente, non si dovrebbe
cambiare anche il nome? In sintesi, essendo il volontariato una risorsa di grande valore, è opportuno che quanti vi aderiscono
promuovano un'iniziativa di profonda riflessione, meno preoccupati
dell'attuazione della 266, più vigilanti alla salvaguardia dell'identità».
(Dichiarazione
rilasciata da Mons. Giuseppe Pasini,
Direttore nazionale della Caritas italiana, a
Francesco Meloni. Cfr. Rivista de! volontariato, luglio 1995)
www.fondazionepromozionesociale.it