Prospettive assistenziali, n. 1, gennaio-marzo 1968

 

 

ATTUALITÀ

 

L’ADOZIONE INTERRAZZIALE

 

 

Il dottor Giuseppe Cicorella, presidente della Sezione Lombarda dell'Associazione Nazionale Fa­miglie Adottive ed Affilianti, nel novembre scorso, si è recato a Bombay per studiare i problemi riguar­danti l'adozione internazionale, alla luce soprattutto, di una adozione interrazziale.

Ha avuto numerosi colloqui con autorità conso­lari, giuristi, operatori sociali e dirigenti di istituti per l'infanzia.

Dagli incontri con Mr. S.D. Gokhale Segretario Generale dell'“International Council of Social Wel­fare for South East Asia an Western Pacific Region”, sono emerse alcune considerazioni che qui riportia­mo: «Vi sono molti bambini nel mondo che vivono soli e che hanno bisogno di una famiglia. Questa è loro necessaria perchè rappresenta il luogo na­turale dell'amore e della sicurezza. E' perciò una importante azione quella di incoraggiare le ado­zioni tenendo conto che anche il migliore degli istituti non può sostituire la famiglia. Le famiglie che sono mature per questa azione e che sono sen­sibili al problema dovrebbero accogliere questi bambini, superando, quando il caso lo richieda, le barriere razziali.

Le famiglie adottive devono amare questi bambini come i loro figli naturali.

L'adozione e l'adozione internazionale in special modo, dovrebbero essere realizzate con le tecniche psico-sociali oggi note, da applicarsi per la salva­guardia dei diritti del bambino.

Esse devono essere centrate sull'assoluto interes­se del minore e d'accordo con le leggi dei rispettivi Paesi. Vi sono molte nazioni che non hanno ancora leggi appropriate in materia di adozioni e molto da fare resta ancora in questo senso per i legisla­tori e per gli operatori sociali.

Lo studio del bambino e della famiglia adottiva de­ve essere condotto “prima dell'adozione”; in se­guito la famiglia adottiva deve essere seguita e aiutata (per un certo periodo di tempo) da assistenti sociali o da organizzazioni riconosciute.

E' preferibile che il bambino sia adottato da una famiglia che non da persone singole».

L'adozione internazionale, specialmente se in­terrazziale, pone dei problemi di ordine psico-sociale che meritano di essere approfonditi. L'obiezione di “concorrenza” (se così si può dire parlando di bam­bini) verso i bambini italiani non regge in quanto attualmente in Italia il numero degli aspiranti all'a­dozione di bambini sotto del primo anno di vita, è superiore a quello dei neonati disponibili.

D'altro canto, non possiamo accettare, anche al­la luce di esperienze di altri Paesi (U.S.A. - Canada - Francia - ecc.), il principio che le differenze razziali possano impedire la realizzazione di legami di pa­ternità e di figliolanza.

E' il bene del bambino che deve prevalere e, se accettiamo questo principio, dobbiamo impegnarci anche in questo vastissimo settore.

Con sede a Milano, in Viale Brenta n. 7, è sorto il Centro Italiano per l'Adozione Internazionale.

Gli scopi del C.I.A.I. sono:

- affermare che il fine essenziale dell'adozione è quello di dare una famiglia ai bambini, in qual­siasi parte del mondo essi si trovino;

- svolgere ogni attività al fine di realizzare, da par­te di famiglie italiane, l'adozione di bambini stra­nieri in stato di abbandono;

- studiare situazioni di abbandono di minori nei Paesi dove si verificano;

- raccogliere documentazioni su esperienze di ado­zioni internazionali e interrazziali;

- sensibilizzare opinione pubblica, operatori sociali ed autorità, in Italia ed all'estero, sulla insosti­tuibilità di una famiglia per il bambino.

L'attività si ispira ai principi emersi nel Conve­gno tenutosi a Leysin (Svizzera) dal 22 al 31 mag­gio 1960, organizzato dalle Nazioni Unite.

 

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