Prospettive
assistenziali, n. 1, gennaio-marzo 1968
NON SIAMO I SOLI A
DIRLO
RUOLO DEL PEDAGOGISTA E DELL'EDUCATORE
«Uno dei problemi dell'assistenza ai
minori irregolari psichici più urgenti da risolvere, è di dare finalmente il
giusto spazio alla dimensione pedagogica ed ai suoi tecnici specializzati in
qualunque situazione si realizzi quell'assistenza, sia a livello diagnostico che a livello terapeutico, sia in internato, sia in
esternato.
Inutile sottolineare,
tanto ciò appare chiaro, che questa mia affermazione vale soprattutto per
quegli internati (come gli Ospedali Psichiatrici per minori), che non conoscono
ancora la figura del pedagogista e dell'educatore e per tutti i servizi
psichiatrici, parapsichiatrici, rieducativi, ecc. che agiscono in esternato,
dai Centri di Igiene e Profilassi mentale ai vari gabinetti o Centri Medico-Psico-Pedagogici, i quali, pur quando si servono
del termine pedagogico per autodefinirsi, non si avvalgono, se non
eccezionalmente, dell'opera di un educatore specializzato.
Non vale controbattere a questo
punto che, nella maggior parte dei casi, si ovvia a questa deficienza
ricorrendo a particolari prestazioni dell'Assistente Sociale. Tale soluzione,
infatti, mi pare sostanzialmente equivoca, in quanto corrisponde ad una
confusione di competenze e ad una richiesta all'Assistente Sociale di
prestazioni per le quali non è stato, ovviamente del resto, preparato.
Né vale trincerarsi dietro alla
constatazione, d'altro canto spesso affrettata, che mancano o sono pochissimi
coloro ai quali si addica la definizione di tecnici
della pedagogia o, più semplicemente, di educatori specializzati. Come è accaduto per molte altre professioni analoghe -
l'ultimo caso è proprio quello dell'Assistenza Sociale - si tratta semmai di
compiere uno sforzo perchè anche questa professione si costituisca e si
affermi come tale».
PIERO BERTOLINI, I problemi dell'assistenza ai minori
irregolari psichici, Edizioni Cinque Lune, Roma 1967, pp. 56-47.
DIMENSIONE DEGLI ISTITUTI
«La dimensione degli istituti è una
questione che è influenzata dalle tradizioni nazionali. Comunque
si riconosce che conviene creare istituti non troppo grandi. Il numero di 60
letti è stato generalmente ammesso come limite massimo per un servizio che
assicuri una terapia attiva; alcuni lo considerano perfino come troppo elevato».
Seminaire sur le traitement psychiatrique des enfants
placés en institution - Rapport Franfor-sur-le-Main (7-12 ottobre 1963), Bureau Regional de
l'Europe 1964, p. 13.
CAPIENZA DEGLI INTERNATI
«E' un po' superfluo dire che il numero dei bambini ricoverati in un istituto non
dovrebbe superare la sessantina: la capienza di un internato è la cosa più
difficile da modificare sia per motivi economici sia a causa della difficoltà
di creare strutture assistenziali in grado di soddisfare le necessità di una
regione. Ricordiamo almeno che il numero di sessanta è il massimo compatibile
con una autonomia reale degli adulti e di fanciulli;
se superiore, il regolamento prevale sulle persone».
MATHIS, L'enfant privé de sa famille. Psicologie. Education
en internat. Formatian des éducateurs, in Sauvagarde de I'Enfance, N. 5/6, 1967, p. 213.
RICHIESTE DI RICOVERO IN ISTITUTO
Sta di fatto che una
indagine come questa dimostra, pur nei suoi limiti, inequivocabilmente
che:
1) ogni richiesta di ricovero
richiede un'analisi sistematica che ne evidenzi tutte
le motivazioni;
2) raramente essa è giustificata;
3) raramente, per ragioni
scientifiche oltre che organizzative, è utile che essa abbia corso;
4) che per far accettare alle
famiglie le ragioni del rifiuto del ricovero, oltre che per analizzarne le
ragioni occorre una vera e propria azione di trattamento;
5) che l'azione di trattamento delle
famiglie non può essere disgiunta spesso da un'azione di trattamento dei
soggetti che non vengono ricoverati.
ADRIANO OSSICINI e GIOVANNA SARACENO, Le ragioni e le variazioni della richiesta di ricovero attraverso la casistica di dieci anni di attività in un CMPP,
in Maternità e Infanzia, N. 11, 1966, p. 1172.
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