Prospettive assistenziali, n. 2, aprile-giugno 1968

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ATTUALITÀ

 


LE ISTITUZIONI DI AVANGUARDIA DEL PASTORE WINTSCH PER INSUFFICIENTI MENTALI GRAVI

 

 

 

«Il fatto di disporre di capacità mentali più o meno estese non aumenta né diminuisce il valore e la dignità fondamentali del­la persona umana. Gli insufficienti mentali fanno parte integrante della comunità. Essi sono gli eguali degli altri uomini. Essi non hanno solamente da ricevere. Essi apportano il loro contributo spe­cifico alla comunità sia per il loro proprio valore sia per gli at­teggiamenti positivi che essi suscitano.

Di conseguenza la comunità organizzata in società deve:

a) astenersi da tutto ciò che potrebbe essere manifestazio­ne di rifiuto, di disprezzo e di segregazione;

b) permettere a suoi membri handicappati una partecipa­zione autentica;

c) mettere a loro disposizione, qualunque sia la sfarzo che ciò comporta da parte sua, tutti i mezzi che la loro situazione ri­chiede per la loro piena maturazione ».

Dal documento della Commissione medico-pedagogica e psi­co-sociale dell'Ufficio Internazionale Cattolica per l'infanzia (B.I.C.E,), a conclusione della Conferenza di esperti su «L'integrazio­ne sociale, professionale ed ecclesiale dell'insufficiente mentale» (Roma, 30 gennaio - 1 febbraio 1965).

 

 

 

Le iniziative del Pastore Herman Wintsch ci erano state segnalate per la loro impostazione educativa e sociale d'avanguardia da parte della Unione Internazionale di Pro­tezione dell'Infanzia (Rue de Va­rembé 1, Ginevra) organo consulti­vo delle Nazioni Unite e sono sta­te visitate da due gruppi dell' U­nione Italiana per la Promozione dei Diritti del Minore.

Il Pastor Wintsch dirige due isti­tuzioni che accolgono insufficienti mentali gravi e gravissimi (Q.I. da 50 a 0) fra cui molti portatori di di­versi handicaps sensoriali e moto­ri. Le due istituzioni coprono un ciclo completo di educazione, di ad­destramento professionale, di inse­rimento lavorativo e sociale. Nel loro insieme costituiscono uno sfor­zo notevole e riuscito di collabora­zione fra le famiglie, la scuola, l'i­stituto e la comunità locale.

Le due istituzioni sorgono nelle vicinanze di Aarau: la prima è un centro educativo (Kinderheim Schurmatt) che sorge a Zetzwill; la seconda comprende una scuola professionale e un laboratorio pro­tetto con sede a Strengelbach.

 

CENTRO DI ZETZWILL

 

Il Centro di Zetzwill accoglie gli insufficienti mentali dai 7 ai 17 an­ni (1) (dieci anni di permanenza prima dell'avviamento alla Scuola professionale di Strengelbach). La capienza è di circa 120 bambini, di cui 90 convittori e 30 semiconvit­tori.

Il Centro è di proprietà della Chiesa protestante, ma accoglie bambini di tutte le confessioni religiose. L'ammissione è di regola riservata ai bambini del Cantone di Aarau, allo scopo di non staccarli dal loro ambiente naturale e di in­serirli più facilmente, dopo la scuo­la, nella società. Lo scopo è anche quello di indurre gli altri Cantoni a provvedere in loco ai bambini.

Come si vede nella fotografia ri­portata nella copertina della rivi­sta, il Centro è composto da undi­ci unità di abitazione; al centro vi è la scuola e nella casa di fronte vi sono i locali destinati ai servizi (cucina, lavanderia, stireria, refet­torio del personale, piscina, ecc.).

Ciascuna unità di abitazione, e­sclusa la prima a sinistra, è com­posta da due alloggi aventi ognu­no due ingressi, un soggiorno, due camere da letto per i minori, una camera da letto per la «mère» collegata con impianto audio alle ca­mere dei ragazzi, una cameretta per i bambini che si ammalano di malattia non grave (per le malattie gravi vi è l'infermeria), una sala giochi, la cucina ed i servizi igienici.

Nel sottotetto è stato ricavato un appartamentino che viene occu­pato dai genitori, per lo più dalla sola madre, che di norma deve re­starvi un mese per permettere l'a­dattamento del suo bambino al mo­mento dell'ammissione. Detto ap­partamento è anche a disposizione dei genitori in caso di visita.

A ciascun appartamento è riser­vata una zona di giardino (antistan­te al soggiorno) che viene curato da ogni gruppo. Una parte del giar­dino è coperta dal prolungamento del tetto onde permettere i giochi all'aperto anche con tempo piovo­so. Dall'appartamento si accede al cantinato per mezzo di un ascenso­re che permette anche l'accesso delle carrozzelle (una trentina di bambini del Centro può muoversi solo per mezzo di carrozzelle. Per lo stesso motivo l'accesso agli ap­partamenti, al giardino, alla scuola e agli altri locali è privo di scalini o fornito di ascensore).

Ogni casa comprende due ap­partamenti contigui, uno per ma­schi, l'altro per femmine.

In ciascun appartamento vive un gruppo-famiglia composto da 8 ra­gazzi di età dai 7 ai 17 anni, con handicaps diversi e un quoziente intellettuale disuguale.

La «mère» provvede, come qual­siasi madre di famiglia, alle necessità del gruppo comportandosi in modo che i ragazzi facciano sempre riferimento ai loro genitori o ai genitori affidatari. Ciò è reso possibile dal fatto che tutti i ragazzi ritornano il sabato, la domenica e nelle vacanze presso la propria fa­miglia; quelli con famiglie lontane o mancanti sono affidati negli stes­si periodi a famiglie educative dei dintorni. Tutte queste famiglie non accettano di ricevere alcun com­penso; il loro numero è superiore alle necessità.

Ogni «mére» è coadiuvata da una persona che l'aiuta e che, in caso di necessità, la sostituisce.

La «mère» e la «aide-mère» hanno una preparazione medico-pe­dagogica e in economia domestica.

I pasti principali vengono prepa­rati nella cucina centrale e avviati ai vari appartamenti con carrelli (attraverso i corridoi sotterranei che collegano i vari edifici), chiusi in speciali contenitori che mantengono i cibi caldi per lungo tempo. Si permette così una certa autono­mia al gruppo-famiglia; se, ad esempio, nella stagione invernale, in una giornata di sole, i bambini vo­gliono prolungare i giochi all'aper­to nell'ora più calda del mezzogior­no, possono farlo, pranzando più tardi.

Nell'istituto vige solo una regola fissa: l'ora d'inizio della vita scola­stica al mattino e al pomeriggio. Per il resto le «mères» sono libe­re di organizzare la giornata come meglio credono.

La prima colazione viene prepa­rata nella cucina della famiglia, dal­la «mère» e dai bambini.

Ogni gruppo-famiglia è dotato di una cifra mensile di denaro per questo scopo. Ogni giorno, due bambini a turno sono incaricati di comprare nel negozietto del Cen­tro (organizzato a self-service) tutto l'occorrente: cioccolato, biscotti, marmellata, ecc. Forniti di denaro e di cestello (identico a quelli usa­ti nei magazzini svizzeri) vanno a fare la spesa. «Noi insegniamo lo­ro a vivere».

L'azione educativa si svolge tra due poli: «sfera materna» (vita fa­migliare) e «sfera paterna» (vita scolastica, cioè scuola e laborato­rio); alla prima sono assegnate del­le donne e alla seconda degli uomini.

Per quanto riguarda la vita sco­lastica e di prima preparazione al lavoro, i ragazzi sono suddivisi in tre gruppi:

a) ragazzi non in grado di legge­re o scrivere, ma suscettibili di imparare a compiere i gesti indi­spensabili alla vita (tenersi puliti, mangiare, ecc.) ;

b) ragazzi in grado di leggere e scrivere qualche parola;

c) ragazzi in grado di leggere e scrivere frasi.

Vengono affidati sempre in pic­coli gruppi, all'«istituteur» e all'«e­ducateur».

Gli «istituteurs» sono «maîtres d'école» con preparazione specia­lizzata, ad es. per i ciechi, ecc.

Gli «educateurs» (per il lavoro di laboratorio) hanno una prepara­zione professionale (operaio meccanico, falegname) e una prepara­zione pedagogica.

L'Istituto ha corsi interni annua­li per il personale a cui sono am­messi anche stranieri.

Il lavoro scolastico riproduce si­tuazioni di vita e di lavoro. I bam­bini imparano a vivere assumendo essi stessi dei «ruoli». Ad esempio, per condurre il bambino ad una certa autonomia che gli consenta di viaggiare da solo per recarsi da casa a scuola e viceversa, si è co­struito un plastico ferroviario che riproduce la stazione vicina dove vi sono dei treni che fanno coinci­denze. Ogni bambino possiede una bambolina vestita come lui: questa bambolina deve salire sul treno giusto, scendere dopo tante fermate, ecc. Il bambino, giocando col trenino elettrico, impara così i pri­mi passi per muoversi nel mondo.

L'educazione religiosa: viene im­partita facendo interpretare ai bam­bini episodi dell'Antico e Nuovo Te­stamento (es. parabola del buon samaritano).

Educazione sessuale: questione molto delicata, soprattutto per le ragazzine del Centro (molte viaggiano sole). Sempre per mezzo dell'interpretazione di ruoli si insegna a non accettare doni da estranei dell'altro sesso, a tenere sempre gli abiti ben composti, a chiedere aiuto e informazioni a persone del proprio sesso oppure a persone in divisa (l'istituto possiede le divise, ad es. dei vigili urbani). Non si danno spiegazioni perchè i ragazzi non le capirebbero. Sanno che de­vono comportarsi così, e in realtà lo fanno.

Nelle classi, oltre a svariati sus­sidi didattici, vi sono attrezzi-gioco che riproducono schematicamente le attrezzature industriali e i bam­bini si addestrano giocando.

Nei laboratori femminili si ese­guono innumerevoli lavori per la casa (cucito, ricamo, maglia, uncinetto, ecc.). Tutte le bambine de­vono lavorare senza aiuto, affinché apprendano veramente ed abbiano la soddisfazione di un lavoro fatto tutto da loro. Inoltre si compiono soltanto lavori veramente utili alla comunità.

Nei laboratori maschili vengono eseguiti lavori meccanici e di fa­legnameria. Esempio: tornio che il bambino impara a manovrare ma che, inizialmente, è dotato di un tappo di gomma che impedisce al bambino di farsi male e che, a contatto col pezzo maneggiato dal bambino, non produce rumori sgradevoli. La gomma viene poi sosti­tuita con la plastica e dopo lungo tempo si fa usare l'attrezzo com­pleto.

Nei vari laboratori si eseguono lavori di difficoltà sempre crescen­te, ma con gradualità; verso i 17 anni i ragazzi vengono avviati alla scuola professionale di Strengel­bach.

Vivissima è la preoccupazione del Centro di lavorare a contatto e in stretta collaborazione con la fa­miglia, che non deve sentirsi scari­cata dalla responsabilità educativa nei confronti del figlio, sempre per la preoccupazione del massimo in­serimento affettivo e sociale del bambino.

La famiglia viene seguita in va­ri modi: corsi, assistenza sociale, feste della scuola. Oltre ai corsi per genitori di bambini inferiori ai sette anni, si sono, ad esempio, or­ganizzati corsi per genitori colti o ricchi i quali male accettavano il fatto che i loro figli fossero avviati a lavori umili, in modo da aiutarli a comprendere ed accettare la situa­zione.

Periodicamente vengono orga­nizzate delle feste, proiezioni cine­matografiche, rappresentazioni, ecc., alle quali sono invitati pa­renti ed amici dei bambini del cen­tro e un gruppo di fanciulli delle scuole normali, con genitori ed a­mici, affinché le famiglie degli han­dicappati si sentano aiutate a frequentare il loro ambiente sociale, ad uscirne, ad esempio per andare al cinema coi loro bambini senza vergogna, e gli altri imparino a conoscerli ed accettarli. Queste i­niziative consentono inoltre ai ri­tardati di familiarizzare coi bambi­ni normali.

Nella scuola funziona un'associa­zione dei genitori che periodica­mente si incontrano al Centro con gli educatori, per la discussione di tutti i problemi che si possono pre­sentare.

Altri corsi di informazione ven­gono organizzati, sempre nel Cen­tro stesso, per sindacalisti, im­prenditori, politici, per «far accet­tare gli insufficienti mentali nel mondo del lavoro».

 

CENTRO DI STRENGELBACH

 

Il complesso di Strengelbach (a 25 Km. circa da Zetzwill) è posto nel centro della cittadina ed è composto oltre che dalla scuola professionale, da un laboratorio protetto e da un pensionato.

L'accesso dal pensionato al labo­ratorio protetto è senza scalini in quanto molti operai devono spostarsi in carrozzella.

Al piano terreno del pensionato vi è una cucina e un refettorio self-service.

Le camere sono a due letti; al primo piano abitano i più gravi. Tutte le camere sono collegate con impianto audio al posto di vigilan­za notturna.

Altri operai vivono presso le proprie famiglie o presso affidata­ri; altri (sia handicappati fisici che psichici) affittano alloggi in diver­se case di normale abitazione.

Diversi sono gli operai che si re­cano al lavoro con i mezzi pubblici. Nel centro di Strengelbach lavo­rano assieme handicappati fisici gravi e gravissimi e insufficienti mentali con Q.I. da 50 a zero. Molti di questi ultimi hanno anche impe­dimenti sul piano fisico.

Gli handicappati psichici in età superiore ai 17 anni frequentano la scuola professionale eseguendo lavori retribuiti commissionati da privati e da industrie.

Anche la scuola professionale è a tipo convitto o semi-convitto per cui tutti rientrano in famiglia la se­ra o per il week-end.

I lavori variano sempre, cosic­ché i ragazzi si addestrano a mol­te attività.

Abbiamo visto costruire le varie parti e poi montare complicati con­gegni elettrici, ferri da stiro, frul­lini, asciuga-capelli, confezionare sacchetti di naylon, bustine per contenere semi, riempire e pesare scatolette con vari tipi di chiodi, montare piccole apparecchiature meccaniche, piegare confezionare ed etichettare impermeabili tasca­bili speciali per la difesa antiato­mica, lavorare il ferro e il legno, ecc. I ragazzi, durante la nostra vi­sita, si sono mostrati orgogliosi e felici di mostrare la loro abilità; l'ambiente era molto sereno e or­dinato.

Dopo due anni di scuola profes­sionale l'80% dei ragazzi viene in­serito nel lavoro normale, dove ri­ceve una retribuzione normale o integrata dall'assicurazione invali­dità. Gli imprenditori, in genere, preferiscono questi soggetti per i lavori a tipo ripetitivo che pesano agli altri operai. Se un soggetto soffre di un handicap che non gli consente la piena produttività e raggiunge solo, ad esempio, il 60% della produzione, l'assicurazione sociale integra il 40% di compenso non guadagnato, per cui ognuno può mantenersi con le proprie for­ze e non deve pesare sulla fami­glia.

Del 20% che non può essere in­serito in una normale attività lavo­rativa dopo gli studi, il 92% in genere viene a morte anche perchè molti sono affetti da malattie a de­corso progressivo. Il restante 8% va a lavorare nel laboratorio pro­tetto.

Il Centro provvede a portare il lavoro a domicilio degli operai co­stretti sempre a letto.

Di questi, circa trenta svolgono una attività lavorativa di durata normale, altri (circa 12) sono in grado di lavorare solo qualche ora al giorno.

Nel laboratorio protetto vengono eseguiti lavori simili a quelli della scuola professionale. Spesso le la­vorazioni presentano maggiori dif­ficoltà anche per la presenza di handicappati fisici normo-intelletti­vi.

Il lavoro è organizzato in modo da valorizzare la collaborazione fra gli handicappati psichici e handi­cappati fisici normo-intellettivi con una adeguata attribuzione della e­secuzione delle varie attività.

La stessa collaborazione viene ricercata nella vita extra-lavorati­va, ad esempio inserendo nello stesso alloggio un handicappato fi­sico e uno psichico (si osservi pe­rò che essi si alternano ogni mese nella conduzione dell'alloggio).

Circa i contatti con l'esterno il Centro non ha avuto difficoltà de­gne di menzione con la popolazio­ne sia nel paese sia nei mezzi pub­blici di trasporto. Si ha la netta sensazione che gli allievi della scuola professionale e gli operai del laboratorio protetto facciano parte della comunità della cittadi­na.

A creare questo clima i dirigen­ti del Centro hanno contribuito sta­bilendo contatti con la popolazione prima della costruzione del Cen­tro stesso e collaborando alle ini­ziative locali (festa del paese, co­struzione della nuova chiesa, ecc.).

Il centro si adopera anche per ampliare i collegamenti con le in­dustrie, in quanto essi si dimo­strano sempre più come un inesti­mabile aiuto sia nella ricerca di posti di lavoro sia nell'ottenere or­dini di lavoro.

Con questa e altre attività il Cen­tro ottiene che un sempre maggior numero di persone della cittadina, dei paesi limitrofi e più lontani as­sorbano l'esperienza dell'inseri­mento sociale degli handicappati fisici e psichici e la facciano pro­pria.

 

Conclusione della visita ai due Centri

 

I due gruppi dell'Unione Italiana per la Promozione dei Diritti del Minore hanno riportato entrambi una impressione sconvolgente.

Sconvolgente nel senso che han­no toccato con mano le «impensa­te» possibilità di educazione e di inserimento sociale e lavorativo degli handicappati psichici gravi e gravissimi.

Sconvolgente soprattutto nel con­fronto con la assoluta mancanza di una sola organizzazione similare in Italia e nel confronto con le aprio­ristiche valutazioni negative di molti nostri studiosi operatori e amministratori pubblici e privati.

Nessuna descrizione può valere una visita ai Centri di Zetzwill e di Strengelbach e nessuna dissertazione di principi vale questa real­tà sperimentata e vissuta.

Confidiamo che molti dirigenti di nostri Istituti vogliano rendersi conto de visu che i ragazzi ricove­rati come irrecuperabili sono inve­ce educabili e inseribili socialmen­te e sul piano lavorativo.

Lo stesso Pastore Wintsch, nel corso di una sua recente visita ad un reparto di ricovero di «irrecuperabili», ebbe a rispondere che tutti erano «recuperabili».

L'affermazione sorprese il diret­tore, ma non i suoi collaboratori che avevano visitato i due Centri.

 

 

(1) Per i bambini sotto i sette anni non è previsto nessun tipo di scuola, ma si organizzano corsi per i genitori, affinché sappiano come crescerli e trattarli, in quanto si ritiene, data la loro ritardata età mentale, che essi non debbono essere tolti alle cure dirette dei genitori, in par­ticolare delle madri.

 

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