Prospettive assistenziali, n. 3-4, luglio-dicembre 1968

 

 

CONVENZIONI INTERNAZIONALI

 

DUE PROGETTI DI CONVENZIONE INTERNAZIONALE IN MATERIA DI ADOZIONE

 

 

A seguito del ciclo europeo di studi su «L'adozione fra i Paesi» organizzato dalle Na­zioni Unite e tenutosi a Leysin (Svizzera) dal 22 al 31 marzo 1960 (1) sia il Consiglio d'Europa sia la Conferenza del­l'Aia di diritto internazionale privato provvidero alla stesura di due distinti progetti di Con­venzione internazionale.

Il progetto redatto dal Consi­glio d'Europa (2) il cui testo tradotto è riportato nelle pagi­ne seguenti, è stato firmato il 24 aprile 1967 dalla Danimarca, Francia, Germania Occidentale, Inghilterra, Italia, Lussembur­go, Malta, Norvegia e Svezia.

Conformemente all'articolo 25, ciascuna parte contraente poteva avanzare al massimo due riserve. Nessuna si è av­valsa di questa facoltà, salvo la Norvegia che non ha accet­tato il terzo paragrafo dell'arti­colo 12.

La Convenzione è entrata in vigore il 26 aprile 1968 nei ri­guardi dei tre paesi che l'han­no sinora ratificata: Irlanda, Gran Bretagna e Malta.

La Convenzione segna una tappa molto importante nella evoluzione dell'istituto giuridi­co dell'adozione poiché è im­postata sul preminente interes­se del minore e tende ad uni­formare sul piano europeo gli scopi, gli effetti e la procedu­ra.

Purtroppo, la Convenzione, ottima sotto tutti gli altri aspet­ti, non affronta il problema principale e fondamentale: co­me rendere adottabili le centi­naia di migliaia di bambini pri­vi di assistenza materiale e morale da parte dei genitori e dei parenti.

E' auspicabile che questo problema sia al più presto in esame preferibilmente nell'am­bito di una Convenzione avente per oggetto la tutela di tutti i minori, ivi compresi quelli han­dicappati e disadattati.

Il testo di progetto di Con­venzione elaborato dalla Con­ferenza dell'Aia di diritto inter­nazionale privato e sottoscrit­to il 28 ottobre 1964 (3), è pu­re riportato nelle pagine se­guenti, desta invece vivissime perplessità per la sua imposta­zione.

Concordiamo con la necessi­tà, anzi l'urgenza di una Con­venzione che definisca la com­petenza delle autorità, la legge applicabile ed il riconoscimen­to delle decisioni in materia di adozioni internazionali, ma ri­teniamo inidonea l'impostazio­ne data dalla Conferenza dell'Aia.

La legislazione sull'adozione si sta evolvendo nei vari Paesi europei ed extra-europei con un radicale sovvertimento. Mentre una volta era la perso­na priva di prole a ricevere una tutela giuridica alle sue esigen­ze di perpetuare la discenden­za, oggi le leggi si propongono di dare una famiglia ai minori che ne sono privi.

Il testo definito dalla Confe­renza dell'Aia accoglie questo principio in modo del tutto ge­nerico (Art. 6). Infatti le auto­rità competenti in materia di pronuncia o di revoca delle a­dozioni di minori di nazionali­tà straniera sono quelle della residenza abituale degli adot­tanti o del paese di cui gli a­dottanti hanno la nazionalità.

Orbene, l'applicazione con­creta del principio che l'istitu­to giuridico dell'adozione ha lo scopo di dare una famiglia ai minori che ne sono privi e che l'adozione deve essere «fon­data essenzialmente sull'inte­resse del minore» (4) avreb­be dovuto, a nostro avviso, condurre i membri della Com­missione dell'Aia a tenere con­to, nella redazione della Con­venzione, del principio fonda­mentale che il soggetto della adozione moderna è il minore e non lo o gli adottanti. Tale impostazione avrebbe sicura­mente consentito di includere nella Convenzione le norme re­lative al riconoscimento degli effetti dell'adozione e della re­voca da parte del paese di ori­gine degli adottati e di quello di nazionalità degli adottanti.

La Convenzione non affronta altri problemi essenziali, qua­li:

- la tutela dei minori dal mo­mento in cui lasciano il loro paese d'origine fino al momen­to in cui l'adozione è pronun­ciata;

- la situazione dei minori e degli adulti la cui adozione è stata revocata. (Il minore po­trà essere rinviato nel suo pae­se d'origine? Conserverà la nazionalità acquisita con l'ado­zione?).

Lascia anche perplessi il fatto che l'inchiesta sociale su­gli adottanti, sul minore e la sua famiglia (art. 6) venga ri­chiesta prima della pronunzia dell'adozione e non, come esi­ge l'interesse del minore, pri­ma che venga accolto dalla fa­miglia aspirante all'adozione.

In conclusione, riteniamo che la Convenzione dell'Aia non sia accettabile poiché non risolve i problemi essenziali che riguardano i minori adotta­ti all'estero e confidiamo che la Conferenza di diritto inter­nazionale privato voglia proce­dere al riesame della Conven­zione stessa.

Partendo dal principio della preminenza dell'interesse del minore, discendono a nostro av­viso le seguenti conseguenze:

1) la Convenzione dovrebbe li­mitare il suo campo di applica­zione alle adozioni di tipo le­gittimante (adozione speciale italiana, adozione piena france­se, ecc.). A nostro avviso, non è possibile stendere una con­venzione che regoli tutti i rap­porti o almeno quelli principali se sono affrontati insieme i problemi dell'adozione fra pae­si di tipo tradizionale (premi­nenza degli adottanti) e di tipo moderno (preminenza dell'a­dottando), in quanto si tratta di due forme completamente di­verse anche se purtroppo han­no spesso la medesima deno­minazione;

2) l'inchiesta sociale relativa ai minore ed agli adottanti do­vrebbe essere compiuta prima dell'affidamento del minore e del suo trasferimento all'este­ro;

3) la legge applicabile dovreb­be essere quella dell'adottan­do;

4) le autorità competenti alla pronunzia dell'adozione ed alla sua revoca dovrebbero essere quelle del paese di nazionalità dell'adottando;

5) la Convenzione dovrebbe re­golare il riconoscimento degli effetti dell'adozione;

6) dovrebbe essere affermato il principio che un minore non può essere affidato in vista di adozione e adottato se la legge del paese di nazionalità degli adottanti non consente il rico­noscimento degli effetti dell'adozione pronunziata come in­dicato ai punti 3 e 4;

7) dovrebbe essere definito il problema della nazionalità che assume l'adottato con la pro­nunzia dell'adozione;

8) la Convenzione dovrebbe al­tresì definire gli effetti della revoca dell'adozione per quan­to concerne la nazionalità dell'adottato.

Come è stato detto, la com­petenza a pronunziare l'adozio­ne è attribuita dal progetto di Convenzione dell'Aia alle au­torità dello stato di nazionalità degli adottanti. Questa norma è in netto contrasto con il di­sposto degli articoli 314/4, 314/20 e 314/24 della legge 5 giugno 1967 431 che attri­buisce al tribunale per mino­renni, del luogo in cui il minore si trovava al momento della segnalazione del suo caso, la competenza esclusiva per la dichiarazione dello stato di adottabilità, l'affidamento prea­dottivo e la pronunzia dell'ado­zione speciale.

L'evidente contrasto non con­sente ovviamente l'adesione del nostro paese alla Conven­zione dell'Aia.

E' invece auspicabile che il Governo italiano, che ha già fir­mato la Convenzione redatta dal Consiglio d'Europa, presen­ti al più presto il disegno di legge al fine che il Parlamento possa autorizzare il Presidente della Repubblica a depositare lo strumento di ratifica.

EMILIO GERMANO

 

 

(1) NATIONS UNIES, Cycle d'étude européen sur l'adoption entre pays, Rapport UN/TAO/SEM/1960/Rep. 2, Genève, 1960.

(2) CONSEIL DE L'EUROPE, Con­vention européenne en matière d'a­doption, Série des Traités et Con­ventions européens, N. 58.

(3) CONFERENCE DE LA HAYE DE DROIT INTERNATIONAL PRIVE', Con­vention corcernant la compétence des autorités, la loi applicable et la reconnaissance des décisions en ma­tière d'adoption, Projet adopté par la dixième session et rapport esplica­tif de M.R. Maul, Bureau permanent de la Conférence, 66 a, Zeestraat, La Haye, février 1966.

(4) Principio primo stabilito dal ci­tato seminario di studi di Leysin.

 

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