Prospettive
assistenziali, n. 3-4, luglio-dicembre 1968
ATTUALITA'
L'ADOZIONE
DEI BAMBINI HANDICAPPATI E GRANDICELLI
Particolarmente complessi e delicati
sono i problemi posti dall'adozione dei bambini già grandi e di quelli che
presentano handicaps di vario genere: minorazioni
fisiche, psichiche, ritardi mentali, disturbi del carattere e altre difficoltà
particolari.
Le adozioni di questi bambini sono
indubbiamente difficili, ma certamente non impossibili.
ECCO IL CASO DI MARISA: UN'ADOZIONE DIFFICILE.
La piccola Marisa, ammessa dalla
nascita all'Istituto Provinciale per l'infanzia, vi rimase ininterrottamente
fino all'età di quattro anni e mezzo.
Sin dai primi giorni di vita il suo
sviluppo non si presentò normale. La bambina, infatti, ebbe nei
primi giorni scosse di tremori e in seguito superò frequenti dispepsie,
faringiti, bronchiti, stomatite, otite.
All'età di un anno presentò episodi di ipertermia elevata. A ventidue mesi presentò crisi convulsiva con cianosi, oculogiro,
perdita della coscienza. A quattro anni un'altra crisi analoga. Un notevole ritardo dello sviluppo psicomotorio venne indicato dai
test praticati alla bambina all'età di quattro anni.
Il giudizio formulato dal centro medico-psico-pedagogico, dove
furono praticati i tests, risultò il seguente:
«Non
è possibile effettuare una esatta valutazione del livello
di sviluppo psico-motorio a causa del comportamento del soggetto che si chiude
in un totale negativismo e rifiuta la minima
collaborazione. Si suppone un ritardo mentale abbastanza
grave: il linguaggio è assente, la comprensione limitatissima, la reazione
nulla. Al ritardo mentale intellettivo fa riscontro un notevole ipoevolutismo fisico. Grave frenastenia cerebropatica, non completamente irrecuperabile. Si
propone trasferimento in istituto ortofrenico».
Un istituto per insufficienti
mentali recuperabili rifiutò la bambina perchè priva dei requisiti richiesti
dal regolamento.
All'età di quattro anni e mezzo
Marisa venne accolta in un istituto medico-pedagogico
dove vi rimase poco più di un anno. In questo periodo si cominciò a notare un
leggero miglioramento delle condizioni fisiche della bambina, mentre le
condizioni psichiche permanevano pressoché invariate.
Anche se appariva più collaborativa e rispondente
agli stimoli, Marisa restava molto chiusa ed aveva
rapporti difficili con tutte le persone. La bambina soffriva inoltre di una
grave forma di enuresi.
Si pensò a questo punto di tentare
un affidamento familiare, ma, dopo appena quattro giorni, la bimba venne ricondotta
in istituto dagli affidatari, impressionati dal suo comportamento. Marisa in
quei giorni aveva rifiutato il cibo, non parlava, non voleva dormire
e aveva frequenti crisi di pianto.
In istituto Marisa vi rimase alcuni
mesi, quindi per motivi organizzativi venne dimessa e
trasferita in un reparto aperto medico psico-pedagogico
degli ospedali psichiatrici. Qui la bambina rimase circa 8
mesi e fu in questo periodo che le sue condizioni generali cominciarono
gradatamente a migliorare.
L'atteggiamento della bambina in origine puramente passivo, poco partecipativo, rivelò in
seguito ad una serie di sedute di terapia di appoggio e di adattamento una
partecipazione discretamente attiva e una certa iniziativa. Marisa cominciò
ad integrarsi nel gruppo a cui era stata assegnata e l'enuresi, di cui
soffriva frequentemente, divenne un fenomeno sporadico e saltuario.
Il livello mentale (Q.I. 68) ora si inquadrava in una insufficienza di grado medio accompagnata
da ritardo motorio per il quale la bambina era sottoposta a rieducazione psico-motoria.
Si ritenne a questo punto possibile un certo recupero e parve opportuno
tentare un affidamento adottivo. Si pensò di affidarla ai coniugi T. che molto tempo prima avevano richiesto una bambina in
adozione e che in quel periodo si erano presentati
nuovamente per sollecitare la loro pratica.
L'assistente sociale incaricata
dell'inchiesta che viene svolta a seguito della domanda
di adozione, aveva manifestato riserve sulla loro età: 56 e 46 anni e
sull'aspetto piuttosto duro della signora. La signora
T. era infatti poco espansiva e sembra si fosse
rinchiusa nelle abitudini quotidiane e in un sistema di vita poco favorevole
allo sviluppo armonioso di un bambino. Non coltivava amicizie di sorta e la
sua vita era dedita esclusivamente alla cura della
casa. La signora si annoiava a restare sola e per questo
aveva deciso di orientarsi verso l'adozione. Il signor T. dal canto suo aveva pienamente condiviso e appoggiato
il progetto della moglie.
Tutte queste circostanze, senza
essere di per sé sfavorevoli in senso assoluto, avevano fatto sì che la
domanda dei coniugi T. non venisse
presa in particolare considerazione, tuttavia, nel corso di ulteriori
colloqui, si ebbe modo di apprezzare le doti di cuore e di dedizione dei due
coniugi.
Dopo aver spiegato le ragioni per
le quali essi facilmente non avrebbero potuto avere una bambina, si propose
loro di occuparsi della piccola Marisa.
Naturalmente i coniugi T. furono informati in modo completo
delle caratteristiche della bambina, del suo ritardo, del fatto che la vita
trascorsa l'aveva resa fragile e bisognosa di molte più cure e tenerezza di un
bambino normale, e della possibilità di risultati scoraggianti. Dapprima
reticenti, perchè temevano di non essere capaci di affrontare le difficoltà
del suo allevamento e della sua educazione, in seguito
accettarono di vederla.
Il giorno in cui avvenne il primo
incontro, essi dimostrarono notevole sensibilità e comprensione di fronte al
comportamento della bambina che si chiuse in un mutismo assoluto e non si
lasciò per nulla avvicinare.
Si fece in modo che avvenissero
altri incontri, seguiti poi da passeggiate all'esterno
dell'istituto.
Marisa cominciò a poco a poco a
notare la presenza dei signori T. e a mostrarsi affettuosa
ed espansiva.
I coniugi intensificarono le loro
premure e attenzioni e quando parve che fossero stati stabiliti dei rapporti
affettivi abbastanza profondi, si permise che portassero la bambina a casa
loro. Marisa aveva quasi sette anni.
L'assistente sociale che aveva svolto l'inchiesta preliminare si impegnò di offrire il
suo aiuto per tutto il periodo di affidamento.
Essa visitò regolarmente e
frequentemente i coniugi T. e svolse un'azione di
sostegno non tanto con i consigli dati quanto con il suo interessamento
e con la sua presenza amichevole.
Dopo quattro mesi di affidamento l'assistente sociale riferiva: «Marisa è completamente cambiata, è passata
dal frequente mutismo e dalla timidezza di un tempo
ad una loquacità e disinvoltura notevole. I signori T.
hanno accettato Marisa così com'è e la considerano già loro
figlia: quotidianamente sono impegnati nell'aiutarla e migliorarsi. Anche Marisa dimostra di essersi affezionata ai coniugi T. e non vuole più sapere di tornare in istituto.
Marisa
che all'ingresso in famiglia non sapeva minimamente scrivere, ora ha imparato
alcune nozioni elementari ed è quotidianamente impegnata nel compito che il
suo papà le assegna. Fa vita all'aria aperta, ha molti vestiti e giocattoli,
mangia con appetito, non bagna più il letto».
Marisa cominciò così a migliorare e a normalizzarsi progressivamente. Anche il
livello intellettuale di Marisa andò notevolmente migliorando e la bambina
apparve in grado di essere inserita in una comunità
scolastica normale.
Dopo solo un anno di
affidamento, considerati i risultati raggiunti dalla bambina sia sul
piano affettivo sia su quello intellettivo, i coniugi T.
chiesero di procedere all'adozione legale di Marisa.
Ora sono trascorsi tre anni
dall'affidamento e Marisa appare completamente rasserenata. I sintomi del
ritardo psichico e affettivo sono scomparsi e la bambina è molto affezionata
ai suoi genitori.
I coniugi T.
dal canto loro, malgrado qualche inevitabile difficoltà, sono soddisfatti della loro decisione e la bambina, ora legalmente adottata,
appare normalizzata.
PROBLEMI RELATIVI AI BAMBINI
HANDICAPPATI
Abbiamo riferito il caso di Marisa,
il caso cioè di un'adozione difficile, la cui
riuscita è stata molto buona, per dimostrare che questo tipo di adozione può
essere attuato, a condizione che vengano prese tutte le precauzioni
indispensabili.
Sino ad alcuni anni fa non si
discuteva neppure, o lo si faceva solo marginalmente,
delle adozioni dei bambini handicappati.
Purtroppo gli stessi operatori
sociali prendevano poco in considerazione i bambini
handicappati come adottabili e non si adoperavano minimamente per una loro
sistemazione adottiva né per altra sistemazione che non fosse legata alla forma
del «ricovero».
Questi bambini venivano,
quindi, condannati a vivere la loro vita in istituti.
Si pensava erroneamente che nessuna
famiglia avrebbe desiderato accogliere un bambino che non fosse
sano, perfettamente normale e senza problemi.
Ma negli ultimi anni, grazie
all'evoluzione del problema e a nuove aperture nella mentalità comune, si è
andato diffondendo il concetto che questi bambini hanno diritto quanto gli altri
a trovare nel calore e nell'affetto di una famiglia la speranza di un
miglioramento e talora anche di una guarigione delle loro minorazioni.
Così gli operatori sociali hanno
cominciato ad affrontare il problema e a guardare con un occhio nuovo ai tipi
di bambini che prima venivano considerati «inadottabili».
Accogliere in casa propria un
bambino molto piccolo e normale è in fondo diventata
una cosa relativamente facile, largamente accettata, che non pone grandi
problemi, quando si è fatta una valida selezione dei genitori. Ma nei confronti dei bambini handicappati i problemi che si
profilano sono tanti.
Bisogna innanzitutto
lavorare intensamente sia per il reperimento di questi minori e dei possibili
genitori, sia per persuadere il pubblico, gli uffici amministrativi, i
responsabili di istituti e altri professionisti come medici e psicologi, della
necessità di dare una famiglia anche a questi bambini. Ancora oggi molti
operatori sociali sono del parere che soprattutto per i bambini caratteriali
o con ritardi mentali (le resistenze sono minori per gli handicaps
fisici) non sia opportuna un'adozione, ma che un
affidamento educativo oppure un istituto specializzato possano costituire
dalle scelte preferenziali.
La nostra esperienza in questo
campo ci conforta a non escludere la possibilità di adozione
di tali bambini.
Le famiglie disposte ad accogliere bambini
fragili, eredoluetici, con difetti fisici, bambini
caratteriali e di scarsa intelligenza, si trovano.
Il lavoro degli operatori sociali, in questi casi, è estremamente delicato e
difficile e la sua riuscita dipende molto dalla personalità, dalla capacità e
dall'entusiasmo di chi lo compie.
Ma questo tipo di lavoro, se è ben
condotto, può dare dei risultati soddisfacenti risparmiando a molti di questi
bambini di continuare a vivere negli istituti. Indubbiamente la scelta dei
coniugi adatti presenta una maggiore complessità e richiede in chi la opera molta pazienza, intuito e profonda conoscenza sia
del bambino che dei futuri genitori, in considerazione dei maggiori rischi
cui si può andare incontro con una adozione fallita.
Queste forme di adozione
devono quindi essere esaminate con molta prudenza e con molta obbiettività.
Occorre far riflettere fino in fondo
i candidati a queste adozioni e non presentare loro una prospettiva
esclusivamente ottimista.
Nel problema
dell'adozione di bambini handicappati bisogna valutare le risorse profonde
dei futuri genitori.
Bisogna tener presente che questi
genitori devono e dovranno poter contare su una loro solidità fisica e
psichica, affinché non succeda che ad un certo momento non abbiano la forza
necessaria per l'educazione di un bimbo handicappato.
E' anche necessario una certa disponibilità
finanziaria perché un bambino handicappato può
comportare spese finanziarie che i genitori devono essere in grado di
fronteggiare per conservare una certa libertà di azione e una certa libertà affettiva.
Un momento particolarmente
importante è l'ingresso del bambino in famiglia.
Si tratta di preparare questo ingresso non solo come scelta del nucleo più sicuro e
adatto a «quel particolare bambino», ma anche e soprattutto come preparazione a
questo ingresso che si esplica concretamente con il chiarire ai genitori il
loro compito e le esigenze del bambino, nel dar loro il modo di assuefarsi al
compito che si sono scelti con serena, chiara coscienza dei problemi che devono
affrontare nella specifica situazione imposta loro da «quel bambino».
L'ADOZIONE DEI BAMBINI GRANDICELLI
Vediamo ora il problema dei bambini grandicelli.
Sappiamo per esperienza che le
preferenze dei genitori adottivi vanno ai bambini molto piccoli e del tutto sprovvisti di esperienze familiari.
Difficilmente una coppia, a meno che non si tratti di coniugi anziani, richiede di
adottare un bambino già grande che abbia avuto rapporti affettivi con la sua
famiglia d'origine.
Le adozioni di bambini grandicelli possono tutte considerarsi difficili, se non
altro per gli effetti negativi delle precedenti
esperienze di vita dei minori e pertanto sia gli adottanti che i minori devono
essere oggetto di attento studio, date le maggiori difficoltà di inserimento
familiare.
Dalla capacità e dall'esperienza
dell'operatore sociale dipende sovente l'accettazione di questi bambini da
parte degli adottanti e la riuscita di queste adozioni.
L'operatore sociale, nel corso dei
colloqui, anche quando il desiderio originario dei richiedenti era quello di adottare un bambino molto piccolo, non mancherà di
insistere sull'esiguo numero di bambini adottabili in tenera età e sulla
necessità di dare una famiglia anche ai bambini già grandi; nello stesso tempo
vedrà se è possibile interessare i richiedenti ad un fanciullo con requisiti
diversi da quelli richiesti.
Il problema fondamentale è quello di
far accettare a questi possibili genitori il fatto che il bambino abbia un
passato che non appartiene a loro e una sua personalità che essi dovranno
accogliere senza riserve.
Per quanto riguarda, quindi,
l'affidamento di bambini grandicelli, è chiaro che
in questi casi occorre anche prendere particolari precauzioni nella scelta
dei genitori adottivi che devono possedere assolutamente notevoli qualità.
La nostra esperienza ci permette di
affermare che l'adozione può felicemente riuscire anche in questi casi e
rappresenta sempre un beneficio per il bambino, a condizione che anch'egli
partecipi alle decisioni sul proprio avvenire, ove ne abbia
l'età. e che gli sia consentito di formarsi un
giudizio sui suoi genitori adottivi e di accettarli, che le sue esigenze siano
comprese ed accettate dai genitori adottivi, che sia compreso anche il
rimpianto che, per un certo periodo, il bambino può manifestare nei confronti
dei piccoli compagni di collegio e di qualche educatore.
Quando nella storia del bambino si
riscontrano vari cambiamenti di ambiente, è facile
che il bambino sia disturbato e che l'affidamento adottivo presenti particolari
problemi.
E' evidente che questo caso richiede
molta più pazienza e più tempo per l'adattamento del
bambino nella famiglia adottiva.
E' possibile fare adottare questi
bambini anche quando hanno dieci, dodici o più anni di età.
Se il bambino è al
disotto dei cinque anni e normale, è relativamente facile sistemarlo. Mano a mano
che diventa più grande, diventa più difficile.
Bambini grandicelli che presentano anche altre difficoltà
particolari (minorazioni, malattie, disturbi del carattere ecc.) sono
indubbiamente più difficili da sistemare. Ma la sistemazione adottiva
di questi casi, anche se difficile, non è impossibile.
IL CASO DI GIOVANNA: L'ADOZIONE DI UNA QUATTORDICENNE
Giovanna venne
ammessa all'Istituto Provinciale per l'Infanzia all'età di un mese, in condizioni
fisiche scadenti.
La madre, gravemente epilettica,
ricoverata in ospedale psichiatrico dopo il parto, non si occupò mai della
figlia.
La bambina presentò nei prími anni
di vita una gracile costituzione fisica, carattere irrequieto e ritardo
mentale.
All'età di sei anni, Giovanna venne trasferita in una colonia climatica permanente con annesse
scuole elementari. Il profitto scolastico di Giovanna si rivelò presto
insufficiente. Frequentò due volte con scarso profitto la
prima e la seconda elementare.
Il sistema nervoso della bambina appariva fragile, l'intelligenza tardiva. La memoria
era labile. Giovanna frequentò due volte anche la quarta elementare.
Il profitto era scadente in tutte
le materie, salvo in disegno per il quale dimostrava una particolare
disposizione.
La bambina rilevava, oltre alle
difficoltà di apprendimento scolastico, instabilità ed
anomalie del carattere.
All'età di dodici anni, venne sottoposta a visita medico-psicologica e a tests mentali.
Il giudizio formulato risultò il seguente:
«Il
soggetto presenta evidenti note affettivo-inibitorie
che ostacolano l'adattamento. Manifesta incapacità a stabilire un rapporto
interpersonale. La collaborazione è puramente esecutiva. Il patrimonio nozionistico
è notevolmente povero, con insufficiente capacità di esprimere e a percepire
concetti. La critica e il giudizio sono infantili. Le facoltà intellettive
sono deficitarie. La comprensione è scadente. Il livello di sviluppo
intellettivo si aggira sugli anni otto (Q.I. =
67).
Sotto
l'aspetto affettivo si segnala: la facile suggestionabilità ed il vivo bisogno
di affezione.
Si
suppone un'insufficienza mentale di grado medio in soggetto con disturbi del
comportamento imputabile a disadattamento ambientale.
Si
consiglia l'avvio ad istituto adatto».
Poiché era vivo nella bambina il
problema affettivo, si propose ai signori P. (60 e 52
anni) di occuparsi di Giovanna.
I signori P. non avevano mai avuto
figli pur avendoli vivamente desiderati, e avevano
pensato tardi di orientarsi verso l'adozione.
Nonostante l'età avanzata, i coniugi
apparivano giovanili e pieni di iniziative. Dimostravano
di possedere buone capacità affettive ed educative.
Informati delle caratteristiche e dei problemi di Giovanna, manifestarono
perplessità circa la possibilità di accoglierla in famiglia
a scopo adottivo, ma si dichiararono disposti a seguirla in istituto e ad
occuparsi di lei anche in futuro.
Giovanna ebbe così la possibilità
di ricevere frequenti visite da parte dei signori P. e di trascorrere periodi
di vacanza con loro in famiglia.
Giovanna cominciò a progredire
sotto tutti gli aspetti. Inizialmente chiusa, taciturna, poco
espansiva, cominciò gradatamente ad aprirsi e a diventare più serena e
affettuosa.
Dopo otto mesi dal primo incontro,
considerati i progressi della bambina e poiché nel frattempo si era stabilito
un buon legame affettivo, i signori P. fecero presente la loro intenzione di accogliere definitivamente Giovanna nella loro casa e
di adottarla legalmente.
Giovanna trascorse quindici giorni con i coniugi P. in
occasione delle feste di Natale.
In questa circostanza i signori P.
notarono che il carattere di Giovanna era ribelle e ritennero di non essere
sufficientemente dotati di fermezza e decisione per
far fronte alle difficoltà che il carattere della ragazza avrebbe
inevitabilmente comportato.
Decisero, quindi, di abbandonare
l'idea dell'adozione, ma continuarono a seguire con affetto Giovanna in
istituto e a provvedere materialmente alle sue piccole necessità.
Infatti Giovanna frequentò la quinta
elementare, a quattordici anni, con un rendimento scolastico superiore agli
anni precedenti.
L'interessamento dei coniugi sembrò
avere effetti positivi su Giovanna. E di nuovo i signori P. pensarono di orientarsi all'adozione.
Tuttavia, prima di prendere la
decisione definitiva, vollero rimettersi al parere dello psicologo e chiesero
che Giovanna venisse sottoposta ad esame psicologico-medico e a tests
mentali.
I risultati purtroppo non furono incoraggianti e il giudizio formulato risultò il
seguente:
«Il
soggetto si è dimostrato collaborativo e attento
durante le prove che ha affrontato con impegno.
Il
suo comportamento è apparso decisamente infantile. Il
livello di sviluppo intellettivo (Q.I. 63) rivela un deficit molto marcato e
di spiccato rilievo patologico, nel senso di una debolezza mentale molto
notevole.
Si
può tener conto della fluttuazione dell'età e dell'ambiente di vita di per sé
non molto attivizzante e quindi pensare che tale quoziente possa alzarsi di qualche punto.
Il
soggetto rivela una profonda immaturità nella elaborazione
del pensiero e nell'organizzazione affettiva e uno stato profondo di
inibizione che suppone la presenza di disturbi nella sfera complessiva della
personalità e del carattere, sui quali, al momento attuale, non si possono
fornire ulteriori pre-cisazioni.
In
conclusione, l'esame ha evidenziato un soggetto decisamente deficitario sul
piano mentale, già ai limiti inferiori della debolezza mentale, con marcate
note di immaturità affettiva e probabili disturbi
nella sfera del carattere.
Si
ritiene tuttavia possibile una certa recuperabilità
del soggetto, seppure sempre in un quadro molto inferiore alla norma.
Si
pensa che i problemi di carenza affettiva, le note di inibizione,
ed una parte degli atteggiamenti immaturi siano modificabili in senso
positivo.
E'
evidente tuttavia che resteranno sempre le forti limitazioni
intellettive, mentre sarebbe illegittimo al momento attuale fare delle
previsioni sullo sviluppo della personalità».
I signori P. si sentirono poco incoraggiati a proseguire nel tentativo di recuperare
Giovanna e gradatamente si staccarono da lei. Lo stesso psicologo d'altronde li
aveva consigliati a desistere dall'idea di proseguire nell'impresa.
Nel frattempo vennero da noi i
signori R. (56 e 48 anni), residenti in un piccolo centro, non molto distante
dalla città.
I signori R. formavano una coppia
molto unita e, pur essendo persone culturalmente e socialmente modeste,
rivelavano una profonda sensibilità umana e grandi doti di cuore e di
dedizione.
Con i coniugi viveva l'anziana
madre della signora, una donna molto dolce e buona, che da giovane aveva
allevato assieme ai suoi sette figli un bambino illegittimo al quale era
rimasta sempre e profondamente legata, anche dopo il ritorno del ragazzo
presso la madre naturale.
I signori R., sposati da molti anni,
non avevano potuto avere figli, ma la loro unione era stata ugualmente felice
e senza incrinature.
Quando vennero da
noi e si prospettò loro il caso di Giovanna, i signori R. non manifestarono
perplessità né per l'età né per il ritardo scolastico. Una bambina di 11 anni era stata
adottata da una coppia di loro amici l'anno prima e l'adozione si era rivelata
particolarmente felice. I coniugi R. per tanto non
ebbero difficoltà ad accettare Giovanna, malgrado i
suoi quattordici anni ed i relativi problemi.
Essi desideravano profondamente
dare una famiglia a Giovanna, senza esigere nulla di particolare da lei.
Frequentarono qualche tempo Giovanna in istituto e gli incontri furono pieni di
calore da parte dei signori R.
Finita la scuola, Giovanna chiese di
trascorrere con loro le vacanze.
Tra Giovanna e i coniugi si stabilì presto un rapporto di grande confidenza; Giovanna
incominciò quasi subito a chiamarli «mamma» e «papà» spontaneamente e la
dolcezza della vecchia nonna contribuì a mettere perfettamente a suo agio
Giovanna e a sbloccarla completamente.
Giovanna chiese di non tornare più
in istituto.
Volle frequentare la prima media e
fu promossa a giugno. L'anno successivo frequentò la
seconda media e fu di nuovo promossa senza difficoltà (1).
Anche l'ambiente scolastico fu favorevole
a Giovanna. Da tutti fu accettata completamente e senza riserve e tutti si mostrarono aperti ai suoi problemi.
Anche dai parenti dei signori R. venne accettata pienamente e Giovanna fu molto fiera di
poter vantare numerosi zii e cugini.
Ora Giovanna, già adottata
legalmente, ha 17 anni ed appare perfettamente inserita in famiglia e
nell'ambiente esterno. E' diventata una ragazzina spigliata, disinvolta e senza
problemi.
AZIONE DI SOSTEGNO NEL PERIODO DI AFFIDAMENTO
Nei casi di adozione
sia di bambini grandicelli sia di bambini
handicappati, l'operatore sociale deve offrire il suo aiuto costante per tutto
il periodo di affidamento.
Una stretta collaborazione si dovrà
stabilire tra i genitori e l'operatore sociale allo scopo di aiutare l'inserimento
del bambino.
Gli adottanti devono essere seguiti,
aiutati e sostenuti in questo pericolo. Vi è tutto un lavoro da fare da cui
sovente dipende il futuro della nuova famiglia.
Gli interventi dell'operatore
sociale non devono essere considerati come ispezioni o controlli, al
contrario essi devono essere accettati come un mezzo
di collaborazione avente lo scopo di aiutare la famiglia per il migliore
inserimento del bambino.
In genere le famiglie sono liete di
essere assistite da una persona esperta nella risoluzione
dei problemi che ogni affidamento di questo tipo comporta.
Per l'adozione, quindi, di casi
delicati, come quello di un bambino grandicello o di un bambino handicappato, è molto importante
che l'operatore sociale conosca bene, da un lato, gli adottanti e la loro
personalità e, dall'altro, il bambino con il suo passato, il suo comportamento
in occasione delle precedenti separazioni, il grado di attaccamento alla sua
famiglia di origine, il suo sviluppo mentale al momento dell'affidamento, per
poter adeguatamente seguire la famiglia e il bambino nella fase di adattamento.
L'operatore sociale dovrà pure far presente che non sempre è possibile il
totale recupero del bambino.
Nessuna pressione deve essere fatta
per ottenere la legalizzazione dell'adozione, ma agli adottanti di bambini grandicelli o handicappati deve essere assicurata la
massima libertà in questo senso.
Essi stessi, in genere, quando il rapporto affettivo con il bambino è ben consolidato,
sollecitano la legalizzazione dell'adozione.
(1) Si noti la grande
differenza fra i risultati scolastici conseguiti da Giovanna e le conclusioni
assolutamente negative dell'ultima diagnosi.
L'ATTIVITA' DELL'I.P.I. DI TORINO
Le due storie riportate non sono
casi isolati; nella tabella sono riportati i dati relativi ai
minori affidati dall'Istituto Provinciale Infanzia di Torino negli anni 1965,
1966, 1967.
|
1965 |
1966 |
1967 |
|
Totale minori affidati |
171 |
156 |
144 |
|
Minori con problemi particolari |
40 |
28 |
36 |
|
Francia |
minori |
8 (di cui 3 coppie di fratelli) |
6 |
5 (di cui 2 coppie di fratelli) |
U.S.A. |
» |
3 fratelli |
6 |
2 |
Svizzera |
» |
- |
- |
2 |
Olanda |
» |
- |
1 |
- |
Piemonte |
» |
19 |
15 |
17 |
Lombardia |
» |
4 |
4 |
6 |
Campania |
» |
- |
1 |
1 |
Toscana |
» |
1 |
- |
1 |
Liguria |
» |
1 |
- |
- |
Sicilia |
» |
2 |
- |
1 |
Emilia |
» |
- |
- |
1 |
Veneto |
» |
1 |
- |
- |
Abruzzi |
» |
1 |
- |
- |
|
|
40 |
28 |
36 |
|
1965 |
1966 |
1967 |
Situazione
minori: |
|
|
|
di
età da |
8 |
7 |
10 |
di
età da |
6 |
4 |
10 |
di
età superiore ai 10 anni |
14 |
5 |
6 |
eredoluetici |
3 |
5 |
4 |
focomelici |
1 |
- |
1 |
con
malattie organiche varie |
6 |
9 |
2 |
deboli mentali |
7 (1) |
5 (2) |
3 (3) |
con
disfunzioni del Timo |
- |
1 |
- |
con
spina bifida |
- |
1 |
- |
sordomuti |
- |
1 |
- |
con
fratture multiple degli arti |
- |
1 |
- |
cardiopatici |
- |
1 |
- |
con
lussazione bilat. dell'anca |
- |
1 |
- |
caratteriali |
- |
3 |
6 |
spastici |
- |
- |
1 |
con
grave menomazione degli arti inferiori da lussazione patologica |
- |
- |
1 |
|
45 |
44 |
44 |
in
età superiore ai 5 anni ed handicappati |
5 |
16 |
8 |
|
40 |
28 |
36 |
(1) Tutti provenienti
da istituti per subnormali - Quoziente minimo 60.
(2) Tre provenienti da
istituti per subnormali - Quoziente minimo 55.
(3) Tutti provenienti
da istituti per subnormali - Quoziente minimo 45.
MARIA ATTISANI
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