Prospettive
assistenziali, n. 3-4, luglio-dicembre 1968
LIBRI
IGNAZIO BAVIERA, L'adozione speciale, Giuffrè, Milano,
1968, pp.
Legato ancora fortemente al mito del
diritto del sangue, l’A. richiama più volte il «non naturale» legame derivante
dall'adozione. A p. 1 afferma che l'adozione è «una forma fittizia di filiazione»; a p. 2 ribadisce che «l'adozione
consiste nella creazione di un vincolo di filiazione artificiale», e così via.
L'A. non considera che il legame fra genitori (legittimi, naturali, adottivi) ed i
figli consiste nell'instaurarsi e nell'evoluzione dei reciproci rapporti e
che detti rapporti sono formativi sia per il figlio (procreato o non
procreato) sia per i genitori.
Occorrerebbe a nostro avviso una maggiore chiarezza: se detti rapporti e legami
esistono anche al di fuori della procreazione, allora vi può essere la filiazione
adottiva; in caso contrario l'adozione speciale non ha fondamento alcuno e
quindi nessuna ragione di esistere.
Dall'impostazione legata al
pregiudizio di sangue deriva una trattazione formalistica e
spesso astratta dei vari problemi.
Non stupisce pertanto che l'A.,
Presidente del tribunale per i minorenni di Palermo, possa scrivere oltre
tutto e quale unico esempio concreto riferito nel libro: «Una fattispecie
particolare ( ... ) si è presentata con la domanda di adozione
speciale, secondo le norme transitorie, avanzata da una coppia
di coniugi, e nei confronti del figlio illegittimo della loro figlia. Il
bambino era rimasto a convivere con la madre nubile e i suoi genitori, ma,
per salvare la reputazione della ragazza, si era detto a tutti che si trattava
di un trovatello, preso in casa, a scopo di adozione,
da parte dei coniugi, genitori della ragazza. Anche
il bambino era cresciuto in questa convinzione, di essere il figlio dei propri
nonni, ed il fratello della propria madre (che pur lo aveva riconosciuto al
momento della nascita per evitare che glielo togliessero). L'adozione speciale
- ammissibile sotto tutti gli aspetti secondo le norme transitorie - ha avuto
la funzione di dare una veste giuridica ad una conforme situazione di fatto». (pp. 103 e 104).
Nel caso in esame come possono
essere applicate le norme transitorie quando non ha
effetto la rottura dei rapporti fra l'adottato e il suo nucleo familiare
d'origine, come espressamente prevede l'articolo 314/26?
Come possono
essere ritenuti «idonei ad educare» (art. 314/2) coniugi che non solo non
intendono assolutamente informare il bambino delle sue origini (e ciò
nonostante la risultanza dell'atto di nascita); ma hanno anche vergogna di esse
per cui ricorrono a meschini artifici per salvare la cosiddetta reputazione
della ragazza?
Come infine e soprattutto può essere
applicata la legge sull'adozione speciale quando il
minore non è mai stato «privo di assistenza materiale e morale da parte dei
genitori o dei parenti tenuti a provvedervi» (art. 314/4) convivendo con la
madre ed i genitori di essa?
Solo risalendo al mito del diritto
del sangue possiamo spiegarci come all'imbroglio riferito si sia potuto dare una veste giuridica.
Non stupisce neppure che l'A.
ammetta la coesistenza dell'adozione speciale, dell'adozione
tradizionale e dell'affiliazione nei confronti dei minori degli anni otto
privi di assistenza materiale e morale da parte dei genitori e dei parenti
tenuti a provvedervi. Viene solo da chiedersi come i magistrati che
pronunziano l'adozione ordinaria o l'affiliazione possano
sottrarsi dall'obbligo della segnalazione di cui al 2° comma dell'art. 314/5
e non possiamo certo pensare che i magistrati ritengano che la loro funzione
non sia comprensiva di quella di pubblico ufficiale.
In contrasto con le
conoscenze pedagogiche e psicologiche ormai da tutti acquisite ci
sembrano le considerazioni svolte a proposito degli interventi nei confronti
dei genitori che hanno lasciato il minore privo di assistenza.
L'A. ritiene
infatti proficua un'azione di colpevolizzazione
verso questi genitori «diretta a far cessare una situazione irregolare di
trascuratezza e a reintegrare un sistema normale di allevamento» (p. 156).
Non crediamo invece nell'opportunità
e nemmeno nella validità giuridica di questa interpretazione.
Sul piano dell'opportunità non ci sembra che un'azione di colpevolizzazione
possa modificare la personalità di genitori che hanno
ignorato i loro doveri più elementari; sul piano giuridico non ci sembra
ammissibile che i genitori possano tranquillamente omettere i loro doveri fino
al momento in cui interviene il tribunale per i minorenni.
Se così fosse, verrebbe riconosciuto
dal diritto che i genitori sono tenuti ad assolvere i loro doveri solo dietro
sollecitazione dell'autorità giudiziaria; nessun significato avrebbero inoltre le norme dell'art. 330 del codice civile.
Scarsa ci appare la trattazione degli aspetti tecnici dell'adozione: studio del bambino,
idoneità dei coniugi, abbinamento, azione di guidance nel periodo di
affidamento preadottivo e soprattutto ci sembra che
non sia stato pienamente considerato il ruolo essenziale ed insostituibile dei
servizi sociali.
Non possiamo inoltre senza rammarico
non sottolineare che altri aspetti fondamentali, quali
l'adozione dei bambini grandicelli o handicappati,
non sono trattati come sarebbe stato auspicabile dato il loro numero rilevante
ed i gravi problemi che sollevano.
Nessun tentativo, ad esempio, è
attuato per la ricerca di una prassi applicativa della legge 431/67 -che favorisca in concreto il reperimento dei bambini soli e la
definitiva sistemazione familiare dei minori di età superiore agli anni otto.
In sostanza riteniamo che ben altra
applicazione della tecnica giuridica attendano le migliaia
di bambini soli!
GABRIEL JACOUE, Moi, Jacques sans nom - Chez l'Auteur,
184 Rue Pelleport, Paris - 20, 1958.
MARIA ANTONIETTA ERBA, La figlia di don Paolo Muraglia - Ed. Mondo letterario, Milano, 1968.
Riteniamo di poter segnalare insieme
i due libri in quanto entrambi presentano la stessa situazione autobiografica e
sono scritti, anche con personale sacrificio finanziario, con lo scopo preciso
di spiegare ai lettori, attraverso le proprie amare esperienze, qual è realmente
la vita dei bambini soli, costretti a vagare da un istituto all'altro.
I protagonisti, rispettivamente un
uomo e una donna, hanno un'origine famigliare simile; l'uno
figlio di una signora coniugata che è riuscita a nascondere al marito
gravidanza e parto fingendo di avere un fibroma, l'altra nata da un ex
sacerdote e da una signorina di buona famiglia (lo scandalo fu tale che si ebbe
persino un processo penate) poi sposatasi «adeguatamente». Si tratta quindi di bambini completamente privi di assistenza poiché, in
entrambi i casi, le madri provvedono ad essi solo economicamente, sia pure con
molta parsimonia... Ma queste due donne, diventate madri loro malgrado e che
non hanno saputo accettare una maternità «irregolare» rappresentano un'ombra,
quasi un peso nella vita dei figli; nessuna sistemazione definitiva era allora
possibile (adozione) per questi bambini coi quali la famiglia d'origine
manteneva un certo legame, quanto mai tenue e misterioso ma che nessuno pensava
si dovesse spezzare. Quanto alle madri, la famosa «voce del sangue» non parla
in esse neppure se sollecitata dai figli divenuti
adulti e disperatamente bisognosi di crearsi un legame affettivo stabile. Tragiche,
nella loro semplice esposizione, sono le pagine nelle quali Jacques racconta i suoi primi incontri con la madre, faticosamente
e cocciutamente ritrovata: «... sono di fronte a mia madre come di fronte ad una estranea di un rango più elevato, e mi sento non solo
umiliato, ma deluso». Si dimostra insomma che la sola filiazione biologica
non è sufficiente a creare il rapporto di vera maternità se viene a mancare
quel complesso di cure, attenzioni, sentimenti ecc. che normalmente legano
madre e figlio; e non si tratta, qui, di una asserzione
fatta scientificamente, ma di esperienze meditate e sofferte che proprio per
questo hanno un più profondo valore umano.
Anche le conseguenze delle carenze affettive sul carattere infantile sono evidenziate
nei due libri: «Ero diventato taciturno a seguito del
lungo martirio che subivo da anni e sempre più volevo restare solo. Il mio
viso di bambino era segnato da espressioni cupe e malinconiche, non certo
normali per la mia età» (Jacques);
«Avevo undici anni, ancora in terza elementare, perchè costantemente
bocciata... Il deleterio, corrosivo senso di colpa faceva
strada nel mio animo e maggiormente ne avrebbe fatta in avvenire frustrando,
annientando la mia personalità... Fu allora che mi chiesi perchè non mi
ammalassi priva di ogni cura che i genitori pagavano alle compagne... Ora avrei
pregato con maggior fervore
Infine ci pare ancora interessante
notare come, attraverso il racconto di Jacques e di
Maria, emergano, quasi inconsapevolmente, gli
atteggiamenti caratteristici della società nei riguardi dei bambini soli:
indifferenza, fastidio, condanna, ma soprattutto pietà, una pietà tuttavia
sterile e umiliante che non giova certo agli interessati: «Era qualche cosa di
terribile questa compassione che sentivo pesare su di me. Avrei
pianto dalla vergogna...». Proprio per questo i due libri sono non solo interessanti per chi si occupa di questi
problemi, ma soprattutto utili a chi non ha mai avuto occasione di pensarci.
SOULE', NOEL e BOUCHARD, Le Placement familial, Presses
Universitaires de France, Parigi, 1964, pp. 112,
franchi 8.
In Francia esiste una solida e
secolare tradizione di affidamento familiare
(affidamento di bambini ad una famiglia accompagnato per lo più da un
contributo finanziario). Tuttavia, nel corso dei secoli, tale pratica ha
subito una notevole evoluzione: nata come mezzo terapeutico per risolvere urgenti
problemi di sopravvivenza e di salute fisica del bambino senza famiglia, si è
via via trasformata, col progredire della medicina
infantile, in una «routine» assistenziale, per tornare
infine ad essere considerata, oggi, come un valido mezzo terapeutico, non più
però sul piano fisico ma su quello psicologico, destinato ad evitare o almeno
attenuare i gravi traumi che derivano dalla carenza di cure familiari. E'
sotto quest'ultimo aspetto che gli
autori, medici e psichiatri infantili, esaminano il problema, rifacendosi
alla loro diretta esperienza, ultradecennale, maturata nell'ambito del Centro
di Orientamento dell'Assistenza Sociale all'Infanzia di Parigi.
Dopo una breve introduzione di
carattere storico, essi passano in rassegna i diversi tipi di
affidamento familiare, distinguendoli secondo la durata e i motivi che
li determinano. Esaminano quindi gli elementi che intervengono nel giudicare il
valore educativo delle famiglie: dall'ambiente sociale al livello economico,
dalla presenza di altri figli, di sangue o no, alla
validità delle figure materne e paterne, insistendo sulla necessità di valutare
questi elementi sempre concretamente in rapporto al singolo bambino da
affidare. Gli AA. si soffermano
quindi sui problemi che possono emergere durante l'affidamento: dinamica delle relazioni, problemi scolastici, relazioni con
la famiglia naturale, ruolo del servizio sociale.
Essi ritengono di poter affermare
in conclusione che l'affidamento familiare, se attuato con criteri di scelta
rigorosi e seriamente ma dinamicamente applicati, può rivelarsi positivo anche per i casi più difficili, come gli
handicappati o i bambini più grandicelli.
Questo studio, anche se si riferisce
evidentemente alla situazione sociale e legislativa francese, ci sembra possa
essere di grande interesse anche per il lettore italiano, in quanto da esso appare evidente che l'affidamento familiare, poco
conosciuto e apprezzato in Italia, potrebbe invece costituire una valida
alternativa al ricovero in istituto (con le ben note conseguenze negative che
esso comporta) per tutti quei bambini che non possono, per un motivo o per
l'altro, usufruire dell'adozione o dell'adozione speciale.
NICOLE QUEMADA, Cure materne e adozione.
L'adozione è un aspetto particolare
di un problema molto più generale: la necessità vitale
per il bambino dell'amore della donna - procreatrice o no - che lo ha
affettuosamente allevato, che è divenuta sua madre.
Nella prima parte è illustrata la
natura dei legami bambino-madre (o sostituto materno),
in una parola che cosa sia l'ammaternamento,
le conseguenze che derivano dalla sua riuscita, dalla sua assenza (non-ammaternamento), dalla sua brutale rottura (de-ammaternamento).
Alla luce di questi fatti sono
studiate le condizioni per la riuscita dell'adozione, le ragioni del suo
insuccesso, l'iniquità di certe sentenze e la inadeguatezza
della legge che non riconosce ancora il diritto inalienabile del bambino ad
avere sempre presso di sé colei che lo ama.
L'opera è particolarmente rivolta
ai genitori adottivi, agli aspiranti tali e a tutti coloro (operatori sociali,
magistrati, avvocati) che si interessano al problema.
Il lavoro, pubblicato dalla rivista
«Maternità e Infanzia» (N. 1-3 del 1966), è stato raccolto in un volumetto di 66 pagine, disponibile presso l'Unione Italiana per
Presso l'Unione sono pure
disponibili le seguenti pubblicazioni:
M. SOULE', J. NOEL, F.
BOUCHARD, La selezione dei genitori
adottivi, estratto da Maternità e Infanzia N. 7-8 1967.
H. M. OGER O.P., I problemi morali,
religiosi e canonici posti dall'adozione, estratto da Problemi Minorili N.
3-4 del 1967.
J. BOUVEZ, Oltre i cinque anni... rifiuteremo di
amarli (L'adozione dei bambini grandicelli),
estratto da Igiene mentale, fasc. II del 1967.
Atti del Convegno di Assisi (14-15-16 maggio 1967) su «Problemi dell'infanzia sola, dell'adozione e
dell'affidamento familiare», Maternità e Infanzia N. 1/1968.
www.fondazionepromozionesociale.it