Prospettive assistenziali, n. 5-6, gennaio-giugno 1969

 

 

LIBRI

 

 

IL GIOCO E IL LAVORO NELLA VITA DEL FANCIULLO

(Volume n. 4 - «Il programma», a cura del Comitato Italiano per il Gioco Infantile)

 

Questo volume di 350 pagi­ne contiene le relazioni e co­municazioni presentate al II Convegno del C.I.G.I. del giu­gno '67 e conclude un ciclo di attività iniziata nel dicembre '65 e concretizzatasi attraverso la pubblicazione dei preceden­ti volumi «Il pensiero», «Le opere», «Gli orientamenti». Allegata al volume è la «Carta dei diritti del fanciullo al gio­co e al lavoro», redatta a con­clusione del Convegno e ispi­rata alle principali Carte inter­nazionali sui diritti dell'uomo in generale e del fanciullo in particolare. Di questo docu­mento, ci colpisce soprattutto l'articolo 6, che sancisce il di­ritto dei fanciulli «comunque minorati, disadattati e amma­lati» a godere di ogni assisten­za scolastica, parascolastica e postscolastica - affermazione che intende mettere sullo stes­so piano di dignità umana i bambini normali e «gli altri».

Dalle varie relazioni degli il­lustri studiosi che hanno par­tecipato al Convegno, emerge un atteggiamento comune: quello di prendere le mosse, sempre, dall'interesse del bam­bino - «uomo di domani» e non più da quello dei genitori o della società nella quale egli vive. E' questa una posizione che riteniamo fondamentale quando, sotto qualunque punto di vista, si analizza la vita del bambino e ci si pone dei pro­blemi al suo riguardo.

I problemi affrontati dal Con­vegno C.I.G.I. riguardano so­prattutto il diritto del bambino ad esplicare liberamente, spon­taneamente e in ambiente si­curo, la propria attività ludica e lavorativa: si parla perciò molto di tempo libero, di atti­vità parascolastiche, di «tem­po di libera occupazione», di attività sportiva ecc. e ne emerge in genere una critica profonda alla nostra scuola che sembra incapace di saldare gioco e lavoro allo svolgimen­to dei vari programmi. Tuttavia l'esempio dell'Umanitaria - scuola a tempo pieno - sem­bra dimostrare che il problema non si risolve nella scuola e che occorrono altre istituzioni e iniziative. Interessante la proposta di inserire nei dopo­scuola (che dovrebbero esse­re affidati a personale qualifi­cato ed assumere un ruolo fon­damentale anziché «ancillare» come avviene oggi) le tecniche robinsoniane o comunque di utilizzarne le attrezzature. Dei parchi gioco Robinson infatti si parla molto e sempre positi­vamente, in quanto rendono possibili attività di gioco, di lavoro e di ricerca liberamente accettati, tecnicamente sempli­ci che non richiedano materia­le costoso, rispecchiano l'am­biente nel quale il ragazzo vi­ve e ne impegnano le forze intellettuali, fisiche e morali in funzione della socialità di grup­po.

Molto interessante, e origi­nale, ci pane la preoccupazio­ne espressa da qualcuno circa la possibilità che le varie ini­ziative prese nelle scuole (so­prattutto elementari) o comun­que nei singoli rioni delle gran­di città, ormai socialmente omogenei, formino un ulteriore motivo di discriminazione so­ciale.

Nella parte dedicata alle isti­tuzioni scolastiche e para e postscolastiche per i fanciulli disadattati si è parlato di «gio­co diagnostico» e «gioco te­rapeutico», ma si pone anche l'accento sulla necessità di li­berare, per quanto possibile, l'attività ludica da schemi pre­fissati e di considerare quindi il gioco, anche per il disadat­tato ed anzi soprattutto per lui, in funzione della vita e della sua libera personalità. Ricche di esempi sono le relazioni sul gioco dei minorati della vista, degli spastici e degli insuffi­cienti mentali, indicative di una nuova prospettiva educati­va in questi settori.

Nella parte dedicata alla ar­chitettura e urbanistica si chia­risce come sia necessario prendere in considerazione le esigenze di spazio, di verde, di gioco dei bambini non solo all'interno degli edifici scola­stici, ma anche nei singoli quartieri ed edifici. I campi di gioco, gli impianti sportivi e tutte le strutture urbanistiche e architettoniche che interes­sano il gioco, il lavoro e in ge­nere tutta la vita del fanciullo, sono considerati un problema sociale di primaria importanza, che richiede la collaborazione di vari specialisti e degli Enti locali.

Nell'ultima parte del volume si insiste sugli aspetti socio­logici del gioco e del lavoro nella vita del fanciullo. Notan­do come solo oggi, il tempo li­bero e in genere le attività lu­diche siano diventate un fatto di massa e non di élite, si in­siste sulla necessità di risol­vere i problemi ad essi ine­renti soprattutto per quanto ri­guarda i bambini, affinché, da adulti, possano superare la si­tuazione di alienazione prodot­ta dalla attuale società indu­striale.

Nel corso del volume sono inseriti vari appelli dei con­gressisti alle Autorità, agli En­ti ecc. affinché tengano pre­senti le esigenze emerse nel corso dei lavori; c'è da augu­rarsi che questi appelli ven­gano davvero ascoltati e che i diritti dei bambini, anche nel settore ludico-lavorativo, ven­gano riconosciuti non solo a parole.

 

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