Prospettive
assistenziali, n. 5-6, gennaio-giugno 1969
RELAZIONE ALLA PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE
INTERVENTI
PER GLI HANDICAPPATI PSICHICI, FISICI, SENSORIALI ED I DISADATTATI SOCIALI
1. PREMESSA
1.1. Passività degli organi responsabili e motivi
dell'iniziativa popolare
Nonostante l'elevato numero delle
persone (minori e adulti) che presentano handicaps
psichici, fisici, sensoriali o disadattamenti sociali, non sono ancora stati
adottati provvedimenti di legge diretti ad assicurare una idonea
formazione personale e professionale a queste centinaia di migliaia di nostri
concittadini.
Esperienze in atto all'estero hanno
per contro dimostrato che queste persone possono essere proficuamente inserite
nella società sempre che si provveda in modo
tempestivo e con interventi idonei.
L'indifferenza dei
poteri legislativo ed esecutivo ha imposto alla nostra coscienza di
cittadini di assumere l'iniziativa concreta della presentazione dell'unita
proposta di legge.
Siamo infatti
gravemente preoccupati dell'attuale situazione degli handicappati psichici, fisici,
sensoriali e dei disadattati sociali per l'alto numero
dei soggetti, per le notevoli e vaste implicanze
personali, familiari, sociali e per alcuni indirizzi non idonei che si
manifestano a livello di taluni operatori del settore.
Il secondo comma
dell'articolo 71
della Costituzione della Repubblica italiana prevede «Il popolo esercita l'iniziativa
delle leggi, mediante la proposta da parte di almeno 50.000 elettori di un
progetto redatto in articoli».
I firmatari della presente proposta
di legge ritengono che la loro iniziativa attui inoltre il dovere
costituzionale previsto dal secondo comma dell'art. 4: «Ogni cittadino ha il
dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta,
un'attività o una funzione che concorra al progresso
materiale o spirituale della società».
1.2. Dati statistici
Secondo i dati
riferiti dai Prof. Giovanni Bollea
al 2° Congresso italiano di medicina forense (Roma 10-12 ottobre 1962 e
riportati su
«Problemi minorili» n° 3 del 1963) per quanto concerne i minori in Italia:
gli handicappati mentali gravi
ricoverati sono circa 10.000
gli handicappati mentali gravi non
ricoverati sono circa 5.000
gli handicappati mentali medi certi sono circa 670.000
gli handicappati mentali casi limite sono circa 585.000
gli epilettici sono circa 160.000
i colpiti da paralisi cerebrali
infantile sono circa 100.000
i disadattati del carattere e del
comportamento sono circa 1.500.000
i sordi sono
circa 20/25.000
i sordastri sono circa 400.000
i ciechi sono
circa 15/18.000
gli ambliopici sono
circa 15/16.000
W.D. Wall
in «Education et santé mentale» Editions UNESCO
1959, riferisce che sull'insieme dei minori in età scolare, secondo i dati
dell'Organizzazione mondiale della Sanità:
gli insufficienti mentali gravi (Q.I.
circa 0-19) sono il 0,06% circa
gli insufficienti mentali medi (Q.I.
circa 20-49) sono il 0,24% circa
gli insufficienti mentali lievi (Q.I.
circa 50-69) sono circa 2,26% circa
i casi limite (Q.I. circa 70-90) sono circa il 10% circa
1.2.1. Percentuale sul totale della popolazione
Gli esperti italiani e stranieri
sono concordi nell'affermare che gli handicappati psichici, fisici, sensoriali
ed i disadattati sociali (minori e adulti) che hanno bisogno di interventi specializzati oscillano fra il 5 e il 10%
della popolazione.
1.2.2. Fattori che determinano variazioni nel numero
Le variazioni nel numero dipendono
da molti fattori, fra i quali si possono indicare: estensione e tipo degli
accertamenti, situazioni ambientali e interventi che favoriscono o meno l'inserimento sociale, percentuale della mortalità
infantile, diversa valutazione dei comportamenti di questi soggetti sia in
relazione all'accettazione o al rifiuto sociale sia in conseguenza delle
acquisizioni scientifiche.
1.3. Terminologia
Una particolare attenzione merita la
terminologia impiegata per definire le varie categorie.
Senza entrare in dettagli si rileva
che la terminologia indica e implica, necessariamente la valutazione umana,
morale e sociale che si ha e che si dà a questi soggetti.
D'altra parte la terminologia stessa
viene ad essere un veicolo di influenza sull'opinione
pubblica in quanto favorisce l'accettazione o il rifiuto di questi soggetti.
L'abolizione dell'uso di certi
termini (quali: deficienti, idioti, imbecilli, anormali, minorati, storpi) e la
ricerca e l'adozione di termini nuovi deve tener conto
della pari dignità umana di tutte le persone, dare atto delle loro effettive
possibilità e rispondere all'evoluzione e al perfezionamento scientifico nella
definizione di questi soggetti.
1.4. Riflessi personali e familiari
La situazione di questi soggetti
(minori e adulti) che spesso sono incapaci di raggiungere da soli una
sufficiente autonomia ed un accettabile inserimento sociale sottopone
le persone interessate e le loro famiglie a continue frustrazioni che li
portano, in mancanza di idonei interventi esterni, a crescenti difficoltà di
adattamento.
1.5. Passività degli organi responsabili
La passività degli organi
responsabili è ampiamente dimostrata dall'assenza di norme per alcune categorie
(ad esempio per gli insufficienti dell'intelligenza) e dalla mancanza di una organica legislazione nei riguardi delle altre.
Infatti la legislazione vigente si occupa
di singoli problemi di alcune categorie e non prevede invece globali
interventi, con la conseguenza, fra l'altro, di creare dei gruppi isolati per
tutta la vita. La rieducazione specifica è spesso attuata in modo da limitare o
impedire rapporti umani, familiari e sociali.
Inoltre questa situazione ha provocato
e provoca a volte la ricerca di riferimenti
legislativi non appropriati.
Ad esempio per l'assistenza agli
insufficienti mentali viene spesso fatto riferimento
alla legge del 1904 sui malati mentali con la conseguenza di creare confusione
fra le due categorie e predisporre interventi del tutto dannosi. Si consideri
a questo proposito l'elevato numero di reparti e istituti per insufficienti
dell'intelligenza esistenti presso ospedali psichiatrici o costruiti nelle immediate
vicinanze. Parimenti si rileva come i disadattati sociali spesso vengano assistiti includendoli nella categoria degli insufficienti
dell'intelligenza o in quella dei delinquenti minorili.
1.6. Impreparazione delle pubbliche autorità
Veramente ben poco si è fatto per
informare e responsabilizzare le autorità, per cui si
è favorita la sopravvivenza di ingiustificati e disumani pregiudizi verso
alcune forme di handicaps.
Molto spesso le autorità sono state
informate con richiami pietistici e sentimentali, per
cui molti ritengono ancora che il massimo loro dovere consista nell'elargire
qualche somma o, nella migliore delle ipotesi, nel compiere saltuari
interventi.
1.7. Impreparazione dei giovani
Quel che preoccupa ancor più, specie
per i suoi riflessi futuri, è l'assoluta mancanza di preparazione dei giovani, la
cui sensibilizzazione al problema potrebbe essere facilmente e senza alcuna
spesa attuata, ad esempio nella scuola, con un'azione informativa, ma
soprattutto con l'inserimento delle sezioni speciali nelle scuole comuni.
1.8. Tendenze nocive
Mentre le attuali conoscenze ed
esperienze consentono di predisporre interventi in grado di portare la
stragrande maggioranza dei soggetti alla maturazione personale e
all'inserimento sociale, si riscontrano preoccupanti tendenze che pregiudicano
queste possibilità, anche se alcune di esse sembrano
essere positive ad un sommario esame.
Ci riferiamo, in particolare, alle
tendenze che considerano il problema di esclusiva
competenza o direzione sanitaria oppure risolvibile con soluzioni previdenziali
o assicurative.
Sussistono inoltre tendenze a
risolvere il problema con la separazione dei soggetti dalla famiglia e dalla
società, cioè con il ricovero permanente, adducendo a
pretesto che il loro ambiente ideale, specie nell'età evolutiva, sarebbe la
privazione di contatti con persone non handicappate.
1.9. Da Esprit
N° 11 del 1965: Numero speciale su «L'enfance handicapée»
«Il più delle volte, l'opinione
pubblica nasconde a sé stessa questa realtà, senza
dubbio per non essere scomodata nella sua ricerca della sicurezza e nel suo
dogma del benessere. Questa tacita volontà di non vedere rende ancor più
penosa la condizione di coloro che vengono rigettati
ai margini della società per la loro povertà materiale o spirituale. A rigore,
la collettività acconsente ad alcuni sacrifici finanziari per le categorie più
maltrattate, ma si rifiuta di preoccuparsi realmente della loro sorte e di
tentare uno sforzo di «prise en charge»
e di integrazione, che metterebbe in causa molte
strutture, molte realizzazioni e molte idee tramandate».
JEAN-MARIE DOMENACH
Mentre condividiamo il pensiero
autorevole di Domenach, dobbiamo rilevare che
l'opinione pubblica è condizionata in questo atteggiamento
dagli orientamenti dell'autorità pubblica riportati spesso con enfasi dai mezzi
di informazione (per esempio, inaugurazione di grossi internati).
2. PRINCIPI GENERALI
2.1. Diritto alla vita
Gli handicappati ed i disadattati -
come tutte le altre persone - hanno diritto alla vita, diritto che non può
essere in nessun caso considerato come un semplice diritto alla sopravvivenza.
Pertanto, fin dall'istante in cui è
chiamato alla vita, come ogni persona, l'handicappato (o il disadattato) ha
diritto a vivere secondo la sua dignità di essere
umano. Ha cioè il diritto al pieno sviluppo delle sue
capacità che sono un tutt'uno con la sua persona e,
di conseguenza, al proprio sviluppo sul piano fisico, psichico, intellettuale,
familiare, morale, sociale e spirituale.
2.2. Riferimenti
Questo principio viene sempre più
affermato come lo dimostrano le norme fondamentali contenute nella Costituzione
Italiana, le Dichiarazioni Universali dei Diritti dell'Uomo e del Fanciullo,
2.2.1. Costituzione Italiana
In particolare
Art. 2
Art. 3
Tutti
i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali.
E'
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e
sociale del Paese.
Art. 4 - 1° comma
Art. 31
Protegge
la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a
tale scopo.
Art. 32 - 1° comma
Art. 34 - 1° e 2°
comma
La
scuola è aperta a tutti.
L'istruzione
inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
Art. 38 - 1° e 3°
comma
Ogni
cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha
diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
Gli
inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento
professionale.
2.2.2. Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo
Art. 1
Tutti
gli esseri nascono liberi e eguali in dignità e
diritti.
Art. 2
Tutti
i diritti enunciati nella Dichiarazione spettano ad ogni individuo senza
eccezione alcuna.
Art. 16
La
famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad
essere protetta dalla società e dallo Stato.
Art. 22
Ogni
individuo ha diritto alla sicurezza sociale, nonché
alla realizzazione dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili
alla sua dignità e al libero sviluppo della sua personalità.
Art. 26
L'istruzione
deve essere indirizzata al pieno sviluppo della persona
umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali.
Art. 29
Ogni
individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il
libero e pieno sviluppo della sua personalità.
2.2.3. Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo
Principio primo:
A
tutti i fanciulli senza eccezione alcuna devono essere
riconosciuti i diritti enunciati nella Dichiarazione.
Principio secondo:
Il
fanciullo deve beneficiare di una speciale protezione
e godere di possibilità e facilitazioni in modo di essere in grado di crescere
in modo sano e normale sul piano fisico, intellettuale, morale, spirituale e
sociale, in condizioni di libertà e dignità.
Principio terzo:
Il
fanciullo deve beneficiare della sicurezza sociale.
Principio quarto:
Il fanciullo
che si trova in una situazione di handicap fisico, mentale o sociale, ha
diritto a ricevere il trattamento, l'educazione e le cure speciali di cui
abbisogna per il suo stato e la sua condizione.
Principio quinto:
Il fanciullo,
per lo sviluppo armonico della sua personalità, ha bisogno di amore e di
comprensione. Egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la
responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in un'atmosfera di
affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze
eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre. La
società e i pubblici poteri hanno il dovere di aver
cura particolare dei fanciulli senza famiglia o di quelli che non hanno mezzi
di sussistenza.
Principio sesto:
Il
fanciullo ha diritto a un'educazione che contribuisca
alla sua cultura generale e gli consenta, in una situazione di eguaglianza, la
possibilità di sviluppare il suo giudizio personale e il suo senso di
responsabilità morale e sociale, e di divenire un membro utile della società.
Il superiore interesse del fanciullo deve essere la
guida di coloro che hanno la responsabilità della sua educazione e del suo
orientamento; tale responsabilità incombe in primo luogo ai suoi genitori. Il fanciullo deve avere tutte le possibilità di dedicarsi a
giuochi e ad attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi;
la società e i poteri pubblici devono fare ogni sforzo per favorire la
realizzazione di tale diritto.
Principio settimo:
In
tutte le circostanze, il fanciullo deve essere fra i
primi a ricevere protezione e soccorso.
2.2.4. Carta Sociale Europa
Le Parti contraenti della Carta
Sociale Europa (per l'Italia, legge 3 luglio 1965 n. 929) hanno riconosciuto
come obiettivo della politica che si impegnano a
perseguire con tutti i mezzi la realizzazione di condizioni atte ad assicurare
l'effettivo esercizio, fra l'altro, dei diritti seguenti: diritto al lavoro,
diritto dei fanciulli e degli adolescenti ad una particolare protezione,
diritto all'orientam-ento e alla formazione professionale, diritto alla tutela
della salute, diritto alla sicurezza sociale, diritto all'assistenza sociale,
diritto all'assistenza medica, diritto delle famiglie a una specifica
protezione sociale, giuridica ed economica, diritto della madre e del bambino
ad una protezione sociale ed economica e, in particolare, diritto delle persone handicappate fisiche o psichiche alla formazione
professionale e al riadattamento professionale e sociale.
2.2.5. Raccomandazione della Conferenza
Internazionale del Lavoro
3. DIRITTI SPECIFICI
3.1. Pari dignità di tutti gli uomini
La pari dignità di tutti gli uomini implica che gli handicappati ed i disadattati sono membri
effettivi della società indipendentemente dalle loro condizioni.
3.2. Limitazione dei diritti e valutazioni aprioristiche
Ne consegue che non è ammissibile
alcuna limitazione dei diritti che spesso si tenta di giustificare su
valutazioni aprioristiche delle incapacità del
soggetto.
In primo luogo si rileva che nel
passato molte categorie di handicappati e disadattati erano messi al bando
dalla società proprio per questa valutazione aprioristica. Oggi, alcune di esse, sono più o meno felicemente inserite nella società (ad
esempio ciechi e illegittimi).
In secondo luogo il continuo
progresso scientifico lascia intravedere nuove possibilità future di inserimento e alcune iniziative d'avanguardia offrono la
dimostrazione pratica dei risultati positivi attualmente raggiungibili (1).
D'altra parte la carenza
di strutture e di personale specializzato, l'insufficienza di strumenti
diagnostici e rieducativi nonché le difficoltà di valutazione oggettiva delle
condizioni e dei bisogni del singolo handicappato e disadattato impongono
atteggiamenti di estrema cautela e di grande modestia sui giudizi diagnostici.
3.3. Specificazione dei diritti
Mentre alcune
tendenze mirano a limitare i diritti degli handicappati e dei disadattati,
altre correnti, accogliendo i principi enunciati al punto 2. e anche
sulla base di esperienze concrete, giungono ad una specificazione e
precisazione dei campi in cui trovano la loro applicazione i diritti
fondamentali della persona umana e cioè:
diritto incondizionato alla vita;
diritto alla vita in famiglia;
diritto alla maturazione personale,
educazione, istruzione e rieducazione;
diritto alle cure abilitative
e riabilitative;
diritto alla preparazione professionale;
diritto a una vita professionale:
diritto a una vita sociale.
3.3.1. Presenza positiva degli handicappati
e dei disadattati
La presenza di handicappati
psichici, fisici, sensoriali e di disadattati sociali non è
soltanto passiva in quanto portatori di diritti, ma è anche una presenza attiva
in quanto portano il loro contributo specifico alla comunità sia per il loro
valore personale, sia per i valori umani, familiari, sociali, morali e
spirituali e per gli atteggiamenti positivi che essi suscitano nelle persone
preparate.
In questa realtà, il loro diritto
alla vita appare in tutto il suo valore positivo, che
supera di gran lunga il puro diritto alla sussistenza e dimostra l'oggettiva
infondatezza della pratica del semplice mantenimento in vita degli handicappati
e dei disadattati.
3.3.2. Pregiudizi condizionanti i diritti
Diffuso è il pregiudizio che gli handicappati
ed i disadattati siano degli infelici a causa della
loro situazione. Questo pregiudizio che deriva da un sentimento pietistico o da
un più o meno inconscio atteggiamento di rifiuto non
appare fondato. Infatti la felicità o l'infelicità
sono determinate sia dal tipo di educazione ricevuta sia, soprattutto,
dall'accettazione o meno dell'ambiente.
Altro pregiudizio è quello di
considerare il livello intellettuale come indice dello sviluppo non solo
dell'intelligenza ma dell'intera personalità.
Ne consegue anche il pregiudizio di
ritenere che lo sviluppo della personalità,
soprattutto degli handicappati psichici, non possa superare lo stadio
infantile.
L'immagine che il soggetto si fa di
se stesso e quindi anche il suo comportamento sono
condizionati dal riflesso degli atteggiamenti che gli altri hanno nei suoi
riguardi, né si dovrebbe ignorare quello che, alla stessa età, accomuna
fanciulli e adulti handicappati e fanciulli e adulti normo-intellettivi
della stessa età cronologica: i sentimenti, i desideri, gli interessi, le
aspirazioni (2).
A questa visione più rispettosa
della realtà devono ispirarsi sia gli interventi educativi sia gli atteggiamenti
della società se non si vuole bloccare lo sviluppo dell'handicappato o del
disadattato ad uno stadio inferiore alle sue possibilità.
4. SIGNIFICATO E RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI DI GENITORI
4.1. Enti ed Associazioni di esperti
Nella situazione attuale è
confortante, di frante alla passività ed impreparazione degli organi
responsabili, la presenza sempre più numerosa ed attiva di enti
ed associazioni di esperti e di persone sensibili al problema.
La loro benemerita attività dovrebbe
essere incoraggiata e sostenuta dai pubblici poteri, che dovrebbero
sollecitare il loro intervento quando vengono studiate
le linee direttive e predisposti i programmi operativi (3).
4.2. Associazioni di genitori
La costituzione di varie
associazioni di genitori con figli handicappati e la presenza di sezioni in
tutto il territorio nazionale rappresentano uno dei fatti più significativi e più meritevoli di attenzione.
Anche se le attività prevalenti di
queste associazioni sono rivolte alla giusta rivendicazione dei diritti, il
significato più profondo è costituito dalla presa di coscienza di molti
genitori nei riguardi delle loro responsabilità affettive ed
educative verso i figli handicappati.
4.2.1. Categorie di associati
Alcune associazioni hanno fra i loro
associati e negli organi direttivi persone ed esperti senza familiari
handicappati. Questa presenza, che ha riscontro in moltissime associazioni
estere, si dimostra molto positiva poiché:
consente l'estensione e l'approfondimento
dei problemi;
favorisce la soluzione dei casi personali in
programmi globali;
rende solidale un maggior numero di
persone;
favorisce il sorgere di un maggior numero di
iniziative.
4.2.2. Doveri dei pubblici poteri
Tenuto conto della gravità dei
problemi e del notevole numero di persone interessate, i pubblici poteri hanno
il dovere non solo di sollecitare i pareri delle associazioni di genitori ma
anche di inserirne rappresentanti in tutti gli
organismi in cui ciò sia possibile.
Oltre tutto
l'attiva partecipazione delle associazioni familiari alla cosa pubblica
è uno dei postulati fondamentali di un regime democratico.
4.2.3. Collegamenti e coordinamenti
Le varie associazioni di esperti e di genitori otterrebbero maggiori risultati se
ricercassero dei collegamenti con enti e associazioni che si interessano dei
problemi sociali, culturali, sindacali, ecc. e informassero i mezzi di
comunicazione.
Appare inoltre necessario che la
loro azione sia coordinata sul piano nazionale e collegata
ad organismi similari sul piano internazionale.
5. ORIENTAMENTI OPERATIVI
5.1. Visione globale della persona
handicappata o disadattata
Un grave errore che si riscontra è
la mancata visione della globalità della persona handicappata o disadattata. Infatti il più delle volte gli interventi vengono incentrati
solo sull'handicap senza tener conto dell'insieme delle componenti personali,
familiari e sociali che consentono lo sviluppo della persona umana e il suo
inserimento, e che in definitiva contribuiscono in larga misura a risolvere o a
compensare l'handicap o il disadattamento.
Sotto questo
profilo, tutte le soluzioni che pure si sforzano di rimediare agli handicaps senza tener conto di tutti i fattori personali
(specie affettivi), familiari. di integrazione nel contesto sociale
sono superate.
I risultati non vanno valutati solo
in base al superamento o miglioramento dell'handicap, ma occorre vedere se i
risultati stessi non sono stati ottenuti a spese dello sviluppo affettivo e dell'inserimento sociale del soggetto.
5.2. Minimo di isolamento e massimo
di socializzazione
Il principio al quale ci si deve
sempre ispirare nell'adozione delle soluzioni medico-socio-psico-pedagogiche
e di altra natura è quello del MINIMO DI ISOLAMENTO E
MASSIMO DI SOCIALIZZAZIONE.
La separazione dall'ambiente
familiare e sociale viene spesso giustificata dalla
necessità di interventi specializzati. Ma proprio la visione globale
della personalità degli handicappati e disadattati deve indurre a compiere
ogni sforzo per conciliare le esigenze della specializzazione e della
socializzazione.
Gli handicappati ed i disadattati
(minori e adulti) non devono essere sottratti alle cure e all'azione stimolante della famiglia quand'essa è idonea o quando
un'azione di sostegno o di aiuto può renderla tale.
Se la separazione è indispensabile,
occorre ricercare adeguate soluzioni familiari quali l'affidamento familiare a
parenti o a famiglie educative. L'estrema soluzione è
rappresentata dall'affidamento ad istituzioni
specializzate e organizzate a nuclei familiari.
La separazione dalla famiglia comporta
anche l'isolamento dal contesto sociale nel quale gli
handicappati ed i disadattati dovranno inserirsi in seguito.
E' assurdo ritenere che la separazione
dalla famiglia e dal contesto sociale, specie nel
periodo evolutivo, possa favorire sia la maturazione personale sia il futuro
inserimento familiare e sociale Essi si ottengono solo con un'azione precoce e
continua di contatti e rapporti con l'ambiente reale.
D'altra parte la sostituzione dei
ruoli parentali non rappresenta solo un danno per il soggetto
ma costituisce anche una colpevole deresponsabilizzazione
dei genitori e un ingiustificato onere finanziario per la comunità.
Infine si sottolinea
che le nefaste conseguenze della carenza di cure familiari si ripercuotono
sugli handicappati ed i disadattati in misura ancora maggiore che nei normo-intellettivi, dovendo i primi subire, purtroppo,
anche le continue frustrazioni loro provocate dalla impreparazione
dell'ambiente.
5.3. Necessità di distinguere fra insufficienza
dell'intelligenza e malattia mentale e conseguenze
«Questi fanciulli
sono sovente completamente isolati dagli altri, e talora anche separati
totalmente o in parte dai loro genitori, e persino impediti di avere liberi
contatti con i membri della collettività. Così pure i soggetti che presentano
forme più gravi di insufficienza dell'intelligenza
ancora oggi sono qualificati come deficienti mentali e considerati come dei
malati, come dei soggetti che presentano delle alterazioni mentali. Tuttavia,
nella stragrande maggioranza dei casi, la loro inferiorità intellettuale non
può essere attribuita ad alcuna lesione fisica o fisiologica, e, allo stato
attuale delle nostre conoscenze, bisogna considerarli semplicemente come dei
soggetti che si allontanano dal livello attitudinale medio all'incirca come lo
sono, in senso inverso, i soggetti superdotati: in altre parole si tratta di insufficienti e non di malati. Benché una tale
distinzione possa sembrare d'ordine puramente
terminologico, essa presenta una grande importanza sul modo che conviene
adottare per il trattamento degli interessati. La parola stessa di «deficienza»
sembra implicare la necessità di cure mediche. Ora, nella maggior parte dei
casi, il mezzo migliore di aiutare questi fanciulli a
svilupparsi consiste nel dare loro un'educazione speciale, adeguatamente
concepita, e a fornire un aiuto razionale alle loro famiglie sul piano sociale
e psicologico» (Da W.D. Wall. Education et santé mentale
- UNESCO, 1959, pagg. 247 e 248).
5.4. Disadattamenti d'origine sociale
Molte ricerche confermano che
condizioni socio-economiche, socio-culturali e igienico-sanitarie
sfavorevoli (zone depresse, rioni popolari non integrati, baraccati, immigrati,
profughi ecc.) sono la fonte di numerosi disadattamenti e di alcune
forme di handicaps.
Molti casi di ritardi intellettivi,
che spesso giungono ad avere conseguenze analoghe all'insufficienza
dell'intelligenza, sono dovuti a queste condizioni.
In questi casi l'azione sociale non
può limitarsi a provvedere ai soggetti colpiti, ma deve intervenire per
rimuover-- le cause del disadattamento al fine soprattutto di prevenire ulteriori vittime.
I pubblici poteri hanno il dovere,
nell'elaborazione degli interventi sociali, di dare priorità assoluta alla
rimozione delle condizioni disadattanti e di
impostare le nuove iniziative (costruzione di case popolari, redazione di piani
urbanistici, nuovi insediamenti industriali, ecc.) tenendo conto in primo luogo
delle esigenze della persona umana e della famiglia.
5.5. Distribuzione equilibrata degli handicappati
Il numero degli handicappati è
distribuito all'incirca in modo uniforme nella popolazione.
Esiste dunque un equilibrio fra il
numero degli handicappati ed il resto della popolazione.
Come confermano
anche esperienze straniere, la comunità, se idoneamente informata, non solo
accetta ed integra gli handicappati nella loro proporzione naturale, ma anche
ne ricava una maturazione morale e sociale.
Occorre dunque non alterare questa distribuzione
equilibrata.
L'insieme delle istituzioni, nel
numero e nelle categorie dei soggetti da accogliere e nella dislocazione
territoriale, deve attenersi a questo essenziale
principio.
5.6. Azione informativa ed educativa
Poiché la famiglia come ambiente
educativo ed affettivo è una delle componenti
fondamentali e insostituibili per la maturazione del soggetto e per l'armoniosa
convivenza sociale, ogni sforzo deve essere compiuto per informare e
responsabilizzare le famiglie interessate e tutta la comunità affinché vengano
predisposti interventi idonei e tempestivi.
5.7. Integrazione
Da quanto sopra esposto si può trarre la seguente conclusione:
la comunità per il benessere suo e dei suoi singoli membri, ed anche sotto il
profilo della convenienza economica, deve integrare tutte le persone che ne
fanno parte indipendentemente dal fatto che esse siano o no handicappate o
disadattate.
5.7.1. Posizione sociale degli handicappati
Gli handicappati non devono essere trattati
come una categoria a sé, con la conseguenza di avere dei privilegi (pensioni di
invalidità anche alle persone che possono esercitare
un'attività lavorativa, laboratori protetti per coloro che possono lavorare
nelle aziende comuni, facilitazioni di viaggio, pacchi dono, partecipazione
gratuita a spettacoli, elargizioni varie ecc.) e nello stesso tempo di essere
esclusi da un effettivo inserimento nella comunità.
5.7.2. Conseguenze positive della
presenza degli handicappati e dei disadattati
Come si è più volte accennato in
precedenza, la presenza degli handicappati e di disadattati è un elemento altamente positivo per la comunità e per i suoi singoli
membri. La loro presenza infatti porta la comunità ed i suoi singoli membri a
scoprire fondamentali valori umani e sociali.
La presenza e lo studio degli
handicappati e dei disadattati ha portato, ad esempio,
molti cultori di scienze umane e sociali a individuare metodi e strumenti utili
per l'intera comunità soprattutto nella prevenzione degli handicaps
e dei disadattamenti. (4)
5.7.3. Aspetti economici
Molti ritengono che il ricovero in
istituto a carattere di internato (che spesso dura
tutta la vita dell'handicappato e del disadattato) costituisca la soluzione più
economica per la collettività.
Sotto il profilo
economico-produttivo occorre valutare non solo la retta versata agli istituti
ricoveranti, ma anche la somma immobilizzata per la loro costruzione, le spese
sostenute dalle amministrazioni pubbliche che provvedano al ricovero, e quelle
a carico degli organi di vigilanza e di controllo ecc.
L'ente erogatore non deve limitarsi
a considerare la spesa che annualmente sostiene per il ricovero, ma occorre che
tenga conto sia delle spese che verranno sostenute in
tutto il periodo di ricovero sia degli oneri finanziari derivanti dal mancato
inserimento socio-lavorativo delle persone istituzionalizzate.
Ad esempio, spesso avviene che
l'insufficiente dell'intelligenza venga
istituzionalizzato nei primi anni di vita e che al raggiungimento di una certa
età sia necessario, proprio per l'inidoneità della scelta assistenziale, il suo
ricovero (per lo più definitivo) in ospedale psichiatrico.
Il semplice
rapporto spese-assistiti non ha nessun significato sotto il profilo economico. La
valutazione delle spese assistenziali deve essere raffrontata al numero delle
persone recuperate e inserite nella comunità. (5)
5.7.4. Investimenti produttivi
Questa impostazione fa apparire discutibile,
se non superata, la collocazione delle spese a
carattere sociale fra i costi non produttivi, quasi che la promozione umana e
sociale delle persone non fosse anche un investimento produttivo.
a) «A questo riguardo il dato seguente è molto significativo: facendo un calcolo
su di un periodo di vita di 45 anni, un handicappato, ricoverato in internato
per tutta la vita, viene a costare da
b) «Anche la parziale rieducazione
motoria di una mano di un handicappato gravissimo, impossibilitato a
camminare, sarà pur sempre un investimento economico, in quanto consente la
diminuzione delle spese relative alle cure
infermieristiche. Si è sperimentato di far acquisire ad insufficienti mentali
gravissimi una capacità elementare, la capacità cioè
di mangiare da soli. Prendendo come base la durata media della vita, un tale progresso
consente di realizzare un risparmio di franchi svizzeri 115.000 (corrispondenti
a L. 16.500.000) per handicappato, poiché permette
di eliminare l'intervento di un'aiuto-infermiera
per due ore al giorno. Se noi mettiamo l'accento sul fattore economico
piuttosto che sull'aspetto etico e morale, ciò è dovuto al fatto che molto
spesso le esigenze degli handicappati sono respinte con il pretesto delle
spese, delle priorità o della convenienza». (7)
6. INIDONEITA' ED INSUFFICIENZE DELLE PROPOSTE DI LEGGE PRESENTATE NELLA IV E V LEGISLATURA
6.1. Proposte di legge presentate
In questa quinta legislatura sono
state presentate finora due proposte di legge sugli handicappati:
Dal Canton e altri, N. 1 Senato della Repubblica, depositata il
5 luglio 1968 «Riabilitazione dei soggetti in età evolutiva che presentano
irregolarità psichiche»;
Petrini Cattaneo e altri N. 129 Camera dei Deputati, depositata il
5 luglio 1968 «Istituzione di classi e scuole speciali, di laboratori protetti e
centri occupazionali».
E' stato inoltre presentato dal
Governo il disegno di legge N. 284, Senato della Repubblica «Protezione
dei minorenni, prevenzione e trattamento della delinquenza minorile».
Nella scorsa legislatura, oltre alla
proposta Dal Canton, erano state presentate le
seguenti:
a) Picardo.
N. 1394, Senato della Repubblica, depositata il 15 ottobre 1965 «Riabilitazione dei soggetti in età evolutiva che presentino
irregolarità dell'apparato visivo»;
b) Ferrari e altri, N. 2495, Camera dei Deputati, depositata
il 2 luglio 1965
«Scuole speciali per minorati e inserimento degli adolescenti
minorati nella vita sociale e nelle forze del lavoro»;
c) Balconi e
altri, N. 2185, Camera dei Deputati, depositata il 13 marzo 1965 «Tutela della salute mentale ed
assistenza psichiatrica»;
d) Balconi e altri, N. 3762, Camera
dei Deputati, depositata il 2 febbraio 1967:
«Istituzioni di classi e scuole speciali statali, di istituti
speciali e laboratori protetti e di scuole di specializzazione per il personale
addetto»;
e) Sempre nella scorsa legislatura,
il Ministero della Sanità aveva redatto lo schema di disegno di legge «Assistenza
e riabilitazione degli irregolari psichici in età
evolutiva e l'igiene mentale infantile», non presentato al Parlamento.
6.2. Esame critico delle proposte di legge presentate
nella IV e V legislatura
Le proposte presentate nella scorsa
legislatura decaddero senza essere state discusse.
Tutte le proposte di legge presentate nella IV e V legislatura difettano a nostro
avviso per i seguenti principali motivi:
a) Affrontano il problema in modo
settoriale senza una visione generale dell'assistenza e partono dall'astratto
presupposto di poter includere in ben definite e prefissate categorie gli
insufficienti mentali o gli handicappati della vista od i disadattati sociali e
non tengono conto del fatto che molte sono le persone che presentano
contemporaneamente handicaps psichici, fisici,
sensoriali e disadattamenti.
Inoltre le suddette proposte di
legge non tengono conto del numero (imponente) dei casi limite.
b) Il problema dell'assistenza
«nella» e «alla» famiglia non è neppure preso in considerazione, nonostante
che la scienza e l'esperienza insegnino che i disadattati e gli handicappati
(gravi o lievi, minori o adulti) devono, per quanto possibile, essere assistiti
in famiglia (d'origine, adottive o affidatarie).
Naturalmente occorre predisporre gli opportuni interventi affinché
l'inserimento familiare possa essere attuato.
c) Secondo alcune proposte
(Ministero della Sanità, Dal Canton, Picardo) ogni prestazione verrebbe a cessare al 21° anno di età e cioè proprio quando maggiore è il bisogno dei
soggetti sia per il loro inserimento socio-lavorativo; sia per le diminuite
possibilità di sostegno della famiglia (anzianità dei genitori, maggiori probabilità
di diventare orfani, ecc.).
d) Alcune proposte (Ministero della
Sanità, Balconi, Picardo) prendono in esame quasi
esclusivamente l'aspetto sanitario, mentre, com'è noto, tale aspetto, anche se
di particolare importanza, non esaurisce le prestazioni necessarie per l'inserimento
familiare, sociale e lavorativo degli handicappati e disadattati.
e) Tutte le proposte prevedono in
prevalenza la creazione di istituzioni speciali
autonome, come se il contatto fra handicappati e non handicappati fosse pregiudizievole,
mentre invece riteniamo questi contatti formativi, non solo per i minori
handicappati, ma anche, se non soprattutto, per i minori non handicappati che
potranno conseguire una piena formazione civile e morale.
f) Le proposte presentate nella scorsa
e nella presente legislatura non tengono conto della possibilità di inserimento nel lavoro normale, con normale rendimento,
degli insufficienti dell'intelligenza.
Nessuna misura è inoltre prevista
per- attuare l'inserimento degli handicappati fisici, psichici e
sensoriali nel lavoro con salario integrato dallo Stato.
g) Inoltre, e questo ci pare
l'aspetto più preoccupante, le proposte di legge sopra indicate non hanno
previsto una organizzazione dell'assistenza sociale
che sia in grado non solo di soddisfare, in un primo tempo, I,e esigenze di
inserimento di tutte le categorie di handicappati e di disadattati di qualsiasi
età essi siano, ma che sia idonea ad essere inserita, in un secondo momento,
nella ormai urgente riforma generale del settore assistenziale.
Infatti, poiché è praticamente
impossibile una distinzione fra normalità e subnormalità
nei casi limite (il cui numero è superiore a quello degli insufficienti
mentali gravi, medi o lievi), poiché una grandissima e progressiva percentuale
di disadattati è prodotta da cause ambientali e quindi alcuni soggetti
rientrano nella normalità quando le cause stesse vengono eliminate) e poiché,
infine, l'assistenza ai normali compete ad un numero vastissimo di enti, è
facile prevedere quanti conflitti di competenza avverranno, se non si prevede
un'unica organizzazione assistenziale.
Vi è anche da osservare che uno
sviluppo delle istituzioni di assistenza agli
insufficienti dell'intelligenza non accompagnata da un analogo sviluppo dei
servizi per normo-intellettivi, indurrebbe
l'operatore sociale ad abbassare il livello del quoziente intellettivo, come
avviene purtroppo già oggi, per fare beneficiare al minore del solo servizio esistente (8).
7. PUNTI BASE DELLA PROPOSTA DI LEGGE
7.1. Impossibilità di delimitare la insufficienza
mentale e il disadattamento
Come ha magistralmente rilevato il Prof. Lafon in un suo recente
articolo (la traduzione è riportata nell'allegato n. 4) non solo è impossibile
tracciare una linea di demarcazione fra insufficienza mentale e normalità
intellettiva (lo stesso dicasi per il limite fra disadattamento
e non disadattamento ma l'area degli handicappati psichici (e dei disadattati
in genere) si è ampliata e si amplia in conseguenza della maggiore
scolarizzazione richiesta dalla società attuale.
Sono note altresì le influenze
dell'ambiente sia sullo sviluppo e sul ritardo intellettuale sia sulle maggiori
o minori possibilità di inserimento familiare, sociale
e lavorativo.
Ad esempio è ovvio che la società
agricola non industrializzata respinge un numero ben minore di
insufficienti mentali in confronto della società tecnicamente evoluta
ma impreparata sul piano dei rapporti umani.
Si aggiunga il
fatto che, secondo dati riferiti dal Wall (9),
gli insufficienti dell'intelligenza gravi, medi e lievi sono complessivamente
circa il 2,56 per cento sull'insieme della popolazione scolastica, mentre i
casi limite sono circa il 10 per cento.
Appare pertanto insoluto ed
insolubile il problema di attribuire la competenza per questi ultimi soggetti,
molti dei quali hanno bisogno di interventi
specializzati, o al settore preposto all'assistenza dei normo-intellettivi
o a quello degli handicappati psichici.
Il problema si complica
ulteriormente considerando che vi sono moltissimi insufficienti dell'intelligenza
con handicaps fisici, sensoriali e con
disadattamenti, per cui non è possibile includere
questi soggetti in una definita categoria.
A queste difficoltà aggiungiamo
quelle dovute alla caotica ripartizione (vigente nel nostro paese) delle
competenze assistenziali attribuite in base ad
astratte categorie (nati fuori del matrimonio, legittimi, trenta categorie di
orfani, ecc.).
Per cui abbiamo tratto il
convincimento che la creazione di un settore a sé stante preposto all'assistenza
degli insufficienti dell'intelligenza porterebbe un vantaggio (iniziale ma non
a lungo termine) agli insufficienti mentali gravi, medi e lievi,
ma danneggerebbe i casi limite il cui numero è quattro volte superiore
ai soggetti sopra indicati.
72. Urgenza degli interventi
Ciò considerato, riteniamo però che
il problema dell'inserimento familiare, sociale e lavorativo degli handicappati
e disadattati non possa essere ulteriormente
dilazionato. Le gravissime conseguenze per migliaia di persone, dovute al ritardo
finora accumulato senza alcuna ragione valida, non permette ulteriori
indugi.
7.3. Inquadramento degli interventi per handicappati e disadattati
nella ristrutturazione generale del settore assistenziale
Occorre a nostro avviso che gli
interventi per gli handicappati e per i disadattati siano
diretti effettivamente al loro inserimento sociale. L'esperienza infatti ci insegna tra l'altro che chi trascorre tutto il suo
periodo formativo in una falsa realtà quali sono gli istituti, pur lussuosi e
di recente costruzione e con personale altamente specializzato, avrà enormi
difficoltà - il più sovente insuperabili - a reinserirsi nella comunità dalla
quale è stato allontanato.
Al
fine di raggiungere un effettivo inserimento degli handicappati e dei disadattati
e di superare obiettive difficoltà di individuare gli handicappati e i non
handicappati, i disadattati e i non disadattati, proponiamo
una struttura organizzativa che provveda, in un primo tempo, agli handicappati
ed ai disadattati, ma che possa essere estesa, in un secondo tempo, senza
subire modifiche, a tutti gli aventi diritto all'assistenza (anziani, minori
privi di assistenza ecc.).
7.3.1. Ristrutturazione generale dell'assistenza
L'organizzazione generale dell'assistenza sociale dovrebbe a
nostro avviso essere la seguente (10):
a) Le competenze centrali
dell'assistenza sociale dovrebbero essere concentrate in un unico Ministero,
tramite l'assorbi mento di tutte le competenze facenti
capo attualmente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai vari Ministeri
e agli enti pubblici a carattere nazionale.
Al Ministero dell'assistenza sociale
non dovrebbero essere affidate competenze operative, salvo gli interventi concernenti l'assistenza agli italiani all'estero. Il
Ministero della assistenza sociale dovrebbe essere
soltanto l'organo programmatico e direttivo dell'assistenza sociale, e gli
interventi operativi dovrebbero essere affidati ai comuni ed ai consorzi fra
comuni. Al Ministero dell'assistenza sociale dovrebbero essere attribuite le
seguenti competenze generali:
assicurane l'indirizzo unitario
dell'assistenza sociale;
promuovere inchieste e ricerche per accertare
i bisogni e le cause relative;
amministrare i fondi stanziati nel bilancio
dello Stato per l'assistenza sociale e curarne l'assegnazione, fino alla
riforma della finanza locale, ai comuni;
esercitare il controllo sugli enti gestori
dell'assistenza sociale;
definire gli «standards»
assistenziali minimi ai quali devono attenersi gli enti gestori;
provvedere all'assistenza sociale dei
cittadini italiani emigrati all'estero.
b) Alle Regioni dovrebbe essere
attribuita la competenza a legiferare in materia di assistenza
sociale nell'ambito della legge-quadro dello Stato, ad emanare il regolamento
di attuazione della legge quadro, a stabilire «standards»
assistenziali minimi più favorevoli per i cittadini.
Dovrebbe essere vietata alle Regioni
la facoltà di creare enti assistenziali.
Non dovrebbe essere attribuita alle
Regioni la potestà di esercitare funzioni operative.
Alle Regioni dovrebbero essere
infine affidati compiti di ricerca dei bisogni e delle cause relative, di
formazione ed aggiornamento del personale.
c) Alle Province dovrebbero essere
affidati compiti di assistenza tecnica ai comuni ed ai
consorzi fra comuni. Nel caso di soppressione delle Province, questi compiti
potrebbero essere affidati alle Regioni.
d) I Comuni, in quanto organi a più
diretto contatto con i cittadini, dovrebbero provvedere in via esclusiva alla
prestazioni economiche temporanee; dovrebbero inoltre gestire i servizi di assistenza con propri mezzi finanziari e con quelli
forniti dal Ministero dell'assistenza sociale e dalle Regioni.
Poiché l'ampiezza demografica dei
comuni presenta una gamma estremamente variabile (ad
esempio, secondo il censimento generale del 1961, su 8035 comuni, 4598 avevano
meno di 3000 abitanti), si ritiene necessario che i Comuni piccoli consorzino
i loro servizi. Si ritiene altresì necessaria la ripartizione territoriale dei
servizi dei grandi Comuni.
e) Le prestazioni, escluse quelle
economiche di spettanza esclusiva dei Comuni, dovrebbero poter essere erogate
sia direttamente dai Comuni o dai consorzi fra Comuni, sia tramite istituzioni di iniziativa privata.
f) Si ritiene inoltre necessaria una
netta separazione fra le attività di assistenza
sociale (a cui le persone hanno diritto) e le attività di beneficenza
(volontarie). Queste ultime dovrebbero essere libere e dovrebbe
essere vietata l'erogazione da parte dello Stato e degli organi della pubblica
amministrazione di qualsiasi somma agli enti o persone che svolgono attività
benefiche.
7.4. Struttura dei Servizi sociali
I servizi sociali di cui
all'articolo 31 sono stati concepiti come l'organo tecnico con cui i comuni e
i consorzi fra comuni provvedono a tutte le erogazioni
assistenziali di competenza.
Mentre in altre leggi si prende tale e
quale la struttura attuale dei centri medico-psico-pedagogici
e si fa di questi l'organo non solo di diagnosi e di trattamento, ma anche
l'organo propulsore dell'assistenza agli handicappati ed ai disadattati, noi
invece riteniamo che la struttura attuale dei centri medico-psico-pedagocici
non sia idonea a rispondere a tutti i bisogni.
I centri medico-psico-pedagogici
devono essere pertanto inseriti nel contesto più
ampio dei servizi sociali che, come risulta della presente proposta di legge,
devono provvedere alla prevenzione, diagnosi e trattamenti ai vari livelli.
7.5. Funzioni operative ai comuni ed ai consorzi fra comuni
Le funzioni operative sono state
affidate ai servizi comunali o consortili, piuttosto che alle province come
altri propongono, per i seguenti principali motivi:
a) il legislatore ha conferito
recentemente ai comuni ed ai consorzi fra comuni (D.P.R.
22 dicembre 1967 n. 1518 «Regolamento dei servizi di medicina scolastica»)
rilevanti compiti in merito al reperimento, diagnosi e trattamento degli
handicappati e dei disadattati;
b) i comuni devono provvedere in
base alle norme vigenti all'assistenza degli inabili
e degli anziani;
c) su base comunale agiscono attualmente gli enti comunali di assistenza, i patronati
scolastici, i comitati comunali dell'O.N.M.I.;
d) alcuni comuni provvedono da tempo
all'assistenza degli handicappati e dei disadattati.
e) le province che provvedono
all'assistenza degli handicappati stanno decentrando i servizi su basi
comprensoriali.
Si rileva inoltre che su base
comunale o consortile l'assistenza tiene conto della situazione ambientale, è
più vicina ai soggetti, offre maggiori possibilità di azione
preventiva e di reperimento, e di interventi tempestivi. Può essere meglio
controllata dai cittadini che possono far valere le loro istanze
in modo più diretto ed immediato.
Infine, solo su base comunale o
consortile si possono attuare interventi che coprano tutta l'area dei bisogni
superando, fra l'altro, ogni conflitto di competenza.
8. APPELLO AI PARLAMENTARI E AL GOVERNO
La presentazione di questa proposta
con iniziativa popolare rappresenta un notevole sforzo per la raccolta delle
50.000 firme, sforzo tanto più gravoso in quanto
l'iniziativa non è l'espressione di un gruppo politicamente o sindacalmente organizzato, ma manifestazione
volontaristica.
Confidiamo che il Parlamento e il
Governo terranno conto della volontà popolare che esprime non soltanto
un'esigenza di giustizia nei riguardi degli
handicappati e dei disadattati, ma si fa portavoce di quelle categorie (ad
esempio circa un milione di insufficienti mentali) che non sono in grado di
richiedere direttamente il riconoscimento dei loro diritti.
Confidiamo soprattutto che le
esigenze vitali di centinaia di migliaia di persone e
delle loro famiglie non continuino ad essere trascurate con il pretesto della
carenza di mezzi finanziari; come abbiamo indicato, le spese per gli interventi
proposti risultano essere investimenti anche economicamente produttivi.
(1) Vedansi, ad
esempio, le realizzazioni dello «Institut
medico-professionel de l'Oeuvre laique
de perfectionnement professionnel
du Rhône» - 280 Avenue Jaures-Lyon e del «Kinderheim Schürmatt» Zetzewil, Aarau (Svizzera). Vedi
«Prospettive assistenziali» n. 2 del 1968 p. 3 e
questo numero, p. 106.
(2) Cfr. Programmi e
metodi di insegnamento nelle classi di perfezionamento
francesi (Decreto del 12 agosto 1964) e R. Frau,
B. Andrey, J. Le Mon, e H. Dehaudt, Psicothérapie des débiles mentaux,
P.U.F., Paris, 1966, pag. 10
e segg.
(3) Vedasi il Rapporto
redatto nel settembre 1966 dalla Federazione svizzera delle Associazioni di
Famiglie di ragazzi mentalmente insufficienti su richiesta delle autorità
federali svizzere: «Elements
d'un programme en faveur des handicapés
mentaux».
(4) Gli studi del Bowlby sulle conseguenze delle carenze di cure materne hanno
portato ad un miglioramento dei sistemi assistenziali e alla positiva evoluzione
della legislazione in materia di adozione. Nello stesso tempo questi studi
hanno messo nella giusta luce il valore educativo e formativo della famiglia (d'origine o adottiva) incidendo nei rapporti fra
genitori e figli.
(5) A chiarimento
(anche se il raffronto è solo indicativo), si osserva che le aziende
industriali calcolano il costo economico-produttivo non sul totale della
produzione, ma solo su quella tecnicamente riuscita e funzionale.
Il costo economico
produttivo dell'assistenza agli handicappati ed ai disadattati non è rappresentato
dal totale delle spese sostenute, ma deve essere calcolato in base alle
persone socialmente inserite. Gli enti non devono quindi prevedere delle spese,
ma dei costi produttivi.
(6) Da FEDERATION SUISSE DES ASSOCIATIONS DE PARENTS D'ENFANTS MENTALEMENT
HANDICAPES, Cahier de documentation. Septembre 1966, p. 6.
(7) Ibidem, p. 11.
(8) Presso gli
ospedali psichiatrici di Torino sono ricoverate 1800 persone (su un totale li
4.600) che «non sono malate di niente» che non vengono dimesse per mancanza di altre
strutture (gerontocomi, ecc.). Dichiarazione dell'Avv. Gianni Oberto,
Presidente della Provincia di Torino, in «
(9) Vedasi il punto
1.2.
(10) Vedansi gli atti
del convegno sulla riforma dell'Assistenza, tenutosi a Torino il 21 novembre
1968, organizzato dal Centro Studi e Documentazione di Torino e dall'Unione
Italiana per la promozione dei diritti del minore.
www.fondazionepromozionesociale.it