Prospettive assistenziali, n. 7, luglio-settembre 1969

 

 

DIBATTITI

 

ADOZIONE SPECIALE DI GIULIO MORELLI

TRASMESSA IL 19-10-1968 NELLA RUBRICA «SETTE GIORNI AL PARLAMENTO».

 

 

Senatrice DAL CANTON: Dopo 20 anni di vita politica e di non facili battaglie, mi sarei volentieri fermata se non avessi avuto la speranza e più che la speranza, se non avessi capito la necessità di conti­nuare a combattere per dei problemi che mi sembrano particolarmente urgenti e importanti. Uno di questi problemi è proprio quello di migliorare la legge sull'adozione speciale, la quale, nonostante le speranze e le attese di tanti italiani, ora non funziona come dovrebbe funzionare. Colpa di chi? Colpa della Legge o colpa degli strumenti che la devono appli­care? Un po' della prima e, più che colpa dei secondi, direi che il lavoro di cui sono oberati i magistrati dei tribunali dei minorenni impedisce loro di occu­parsi della legge come dovrebbero.

 

SPEAKER: In un vecchio stabile della periferia di Torino, siamo andati a trovare nel suo ufficio il Presidente del Tribunale dei minorenni.

 

MORELLI: Dottor Romano, che difficoltà ha incontrato nell'applicazione della legge sull'adozione?

 

Dr. ROMANO (Presidente del Tribunale per i minorenni di Torino): Io, per il momento, più esatta­mente parlerei di carenza nell'applicazione della nuova legge sull'adozione speciale. Perché il termine carenza definisce molto più esattamente questo stato di iner­zia, questa impossibilità di tradurre praticamente un istituto la cui importanza è fuori discussione.

 

SPEAKER: Il Tribunale per i minorenni di To­rino, che estende la sua giurisdizione su due regioni, Piemonte e Val d'Aosta, dispone di 4 locali in tutto. In un'unica stanza dovrebbero trovare posto contem­poraneamente 3 magistrati e 18 giudici onorari!

 

Dr. ROMANO: Altra difficoltà proviene dalla scarsa collaborazione degli operatori che sono chia­mati dalla legge quali ausiliari dell'organo centrale, che è appunto il Tribunale dei minori. Intendo rife­rirmi ai Giudici tutelari e agli Enti che presiedono alla protezione e all'assistenza dell'infanzia e poi a tutto il sottofondo, al pulviscolo di Istituti privati che rendono assistenza ai minori, ma che si preoccu­pano anche della propria sopravvivenza materiale.

 

SPEAKER: L'Istituto Provinciale per l'assistenza all'infanzia di Torino, è moderno e bene attrezzato.

 

MORELLI: Superiora, secondo lei, la nuova legge sull'adozione, ha migliorato la situazione di questi bambini?

 

SUPERIORA: L'ha peggiorata, in quanto i bam­bini sono trattenuti più a lungo in Istituto perchè la direzione, prima di affidare un bambino, aspetta che il tribunale dichiari lo stato di adottabilità. Il che va molto alle lunghe. Però non so se è per mancanza di persone o per altro.

 

Dr. BURONZO (Direttore amministrativo dell'Istituto Provinciale per l'Infanzia di Torino): La nuova legge sull'adozione ha effettivamente dei van­taggi in confronto alla Legge precedente. Naturalmente questi vantaggi sono subordinati ad una procedura piuttosto complicata, piuttosto lenta, una procedura che noi avremmo voluto invece che fosse molto più veloce, specialmente per i bambini figli di ignoti. Questi bambini dovrebbero essere automaticamente in stato di adottabilità, quindi si potrebbe, come per il passato, affidare questi bimbi subito, quando l'Isti­tuto ritiene che questi bimbi siano affidabili.

 

Dr.ssa ATTISANI (Assistente sociale dell'I.P.I. di Torino): Soprattutto i bambini riconosciuti cor­rono il rischio di rimanere bloccati per parecchio tempo. In questo gruppo ci sono molti bambini che potrebbero essere adottati e sono ancora fermi, per­ché non c'è ancora lo stato di adottabilità e non siamo sicuri che ci sarà, anche se la situazione di abbandono del bambino è chiara.

 

MORELLI: Perché non siete sicuri che ci sarà?

 

Dr.ssa ATTISANI: Appunto perchè quello che può essere chiaro per noi non è altrettanto chiaro per il Tribunale.

 

Dr. ROMANO: Negli Istituti pubblici, in genere, la mancata cooperazione ripete i suoi tradizionali motivi in quell'atteggiamento di autonomia che l'Isti­tuto stesso, come Ente amministrativo, ha rivendicato rispetto all'autorità giudiziaria. Autonomia che porta molto spesso l'Ente a mal sopportare l'ingerenza dell'autorità giudiziaria, quando non lo porta addi­rittura a rifiutare questa ingerenza stessa.

 

Dr.ssa ATTISANI: Qui a Torino non ci possia­mo lamentare, perchè siamo riusciti a stabilire un ottimo rapporto di collaborazione con il Tribunale per i minorenni, ma so che in altri posti questo non è avvenuto e la situazione è assolutamente ferma.

 

Dr. ROMANO: Se qualche successo Torino ha potuto ottenere nell'applicazione della legge, è dovuto appunto alla validità del rapporto e alla collabora­zione che si è potuta stabilire tra Tribunale ed Enti stessi.

 

SPEAKER: A Torino, a Milano e a Genova, si è raggiunto un discreto numero di adozioni, ma in quasi tutte le altre province italiane si è riusciti a fare ben poco. Sembra un paradosso: le coppie senza figli, che vorrebbero adottare un bambino sono aumentate e le adozioni sono diminuite. Ma la colpa è tutta della legge? Il signor Fornaro, di Vercelli, ha fatto un'esperienza diretta.

 

FORNARO: Sarebbe il caso di parlare anche dei Giudici tutelari. Quando bisognava fare atti notori o altre presentazioni di documenti, i Giudici tutelari, a distanza di mesi dall'entrata in vigore della legge, non avevano ancora disposizioni, non sapevano nep­pure che sulla Gazzetta Ufficiale era uscita questa Legge ed ero io che dovevo andare a segnalarlo. Loro erano titubanti, non sapevano, aspettavano disposi­zioni dal Tribunale per i minorenni. Disposizioni che non arrivano, perchè il Tribunale per i minorenni non ha un'influenza gerarchica sopra i Giudici tute­lari e questi non sapevano neanche loro come com­portarsi.

 

Prof. FOA (Direttore sanitario dell'I.P.I. di To­rino): Gli inconvenienti di questa lentezza sono molto gravi, e si possono riassumere nel fatto che questi bambini sono costretti ad una permanenza più lunga in istituto. Ora, come tutti sanno, la prolungata per­manenza in istituto di bambini in tenera età, provoca i danni più o meno gravi della carenza materna e dell'ospedalismo, che si possono riassumere con devia­zioni più o meno gravi dell'intelletto e del carattere.

 

SPEAKER: Una conferma dei gravissimi danni che la prolungata permanenza in istituto provoca nei bambini, ce lo offrono tre persone che, per gli istituti, sono passate con differente fortuna. Sono tre casi umani che fanno riflettere.

 

MORELLI: Signora, questi due bei bambini sono figli suoi o li ha adottati?

- No, li ho adottati.

Anche lei è una figlia adottiva, vero?

- Sì.

E anche lei è stata adottata presto?

- Avevo due anni e mezzo. Però di ricordi dell'Istituto non ne ho.

Ne ho sentito parlare, perchè qualche volta m'han portata là, ma non è che abbia proprio un ricordo; per me, è come se fossi sempre stata in famiglia.

 

RAGAZZA: - Sono una ragazza illegittima, rico­nosciuta da mia madre, ma abbandonata. Sono stata in collegio fino a 21 anni, però se dovessi mettere al mondo un figlio, in collegio senz'altro non ce lo metterei.

 

MORELLI: Quali sono le esperienze che ha avuto in questo collegio?

- So di non aver avuto abbastanza, diciamo, affetto dalle suore.

E questo ha provocato in lei qualche conseguenza?

- Molto.

Che cosa?

- Vedere che le altre bambine l'affetto ce l'ave­vano. Invece verso di me... Mi han tenuto molto chiusa, nel senso che con gli altri non riuscivo mai a parlare.

Lei adesso cosa vorrebbe dalla vita?

- Vorrei avere vicino qualcuno che potesse darmi tutto l'affetto che non ho avuto da piccola.

 

RAGAZZO: - Le circostanze sono quelle di aver cercato anch'io un affetto, una madre. Un'assi­stente che ti faceva sperare, ma alla fine se ne andava anche lei. Perchè è un lavoro, un'assistente; non è una madre, che ti sta sempre vicino. L'assistente ha il suo lavoro, il suo stipendio, ti si affeziona quel­l'anno, il prossimo anno ce n'è una nuova, non ti va, ti è antipatica. Queste sono le circostanze in cui ti trovi.

 

MORELLI: Ha mai avuto desiderio di conoscere sua madre?

 

RAGAZZA: - Sì; quando venivano i parenti delle mie compagne, a trovarle. A volte mi rinchiu­devo in una stanza e piangevo perchè...

Senta, Lei ha detto che è stata in collegio fino a 21 anni...

- Sì.

... che cosa ha imparato in questo lungo tempo?

- Ho imparato a fare i mestieri di casa e a guardare le bambine.

E non le hanno insegnato altro?

- Nient'altro.

E quando è uscita che cosa ha potuto fare?

- Mi sono messa in una famiglia.

... Donna di servizio?

- Sì.

 

MORELLI: Quanti collegi hai cambiato?

 

RAGAZZO: - Eh, non si contano neanche sulle dita, perchè sono molti.

Molti. Quanti saranno?

- Undici, dodici, se non di più.

MORELLI: Pensa che se l'avessero adottata, la sua vita sarebbe stata diversa?

 

RAGAZZA: - In questo caso sì.

Come, in questo caso?

- Insomma, avrei avuto una mamma, anche se non fosse stata la mia. E mi avrebbe allevata come una figlia. Invece lì dentro mi hanno tirata su così.

 

MORELLI: Se non fosse stata adottata, lei pensa che la sua vita sarebbe stata la stessa?

 

SIGNORA: - Eh, no, penso di no. Anzi, sen­z'altro no, perchè in una famiglia c'è tutto: c'è l'affetto, c'è... Non so come dire, come spiegarmi... Invece in un Istituto non c'è niente.

Ma lei potrebbe aver conosciuto lo stesso suo marito e...

- Sì, ma penso che, anche se lo avessi cono­sciuto, se fossi vissuta in un Istituto sarei stata un'al­tra. Invece, pur sapendo di essere una bambina adottiva avevo una casa e potevo dire: ho anch'io dei genitori.

 

Senatrice DAL CANTON: Quindi occorre mi­gliorare la Legge. Io mi riprometto di fare tutto questo con l'aiuto dei colleghi, se la Provvidenza, come ha sempre fatto, mi assisterà.

 

 

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