Prospettive
assistenziali, n. 7, luglio-settembre 1969
DOCUMENTI
SCUOLA DI
FORMAZIONE EDUCATORI SPECIALIZZATI DI TORINO
DOCUMENTO BASE
PREMESSA
Uno dei problemi fondamentali, forse
addirittura il più rilevante, che l'intera organizzazione educativo-assistenziale
italiana deve assolutamente affrontare e risolvere se non vuole rischiare il
più completo e clamoroso fallimento, è senza dubbio quello
relativo a1 personale educativo, il problema cioè degli operatori sociali cui
affidare l'azione educativa di base nei confronti di tutti quei soggetti in
età evolutiva che per varie ragioni (personali o sociali) debbano essere
istituzionalizzati o debbano comunque ricevere cure particolari. Infatti, come
l'esperienza anche recente insegna, nessuna disposizione di legge, nessuna revisione
delle strutture architettoniche dei vari istituti o dei vari servizi, nessuna introduzione di nuove tecniche educative,
addirittura nessun approfondimento teorico delle problematiche scientifiche
implicate, sono sufficienti a risolvere i problemi esistenti nel settore
dell'educazione e soprattutto in quello dell'educazione speciale, se non sono
disponibili coloro che sappiano adeguatamente utilizzarli e renderli
concretamente operanti. Così la stessa esperienza, non solo
italiana, ha chiaramente dimostrato che, persino nell'ambito del trattamento di
soggetti particolarmente disturbati, l'intervento di specialisti anche altamente
qualificati non è sufficiente ad ottenere i risultati desiderati, e che si
impone pertanto la utilizzazione di una figura (professionalmente definita)
capace di operare per così dire la «sintesi» dei vari interventi specializzati
messi in atto, di prendersi cura del tempo educativo disponibile al di fuori
delle varie attività fisse di scuola, di officina, ecc., per renderlo
significativo e pedagogicamente valido, di stabilire con gli educandi rapporti
interpersonali positivi perchè duraturi e intensi ma nel medesimo tempo
controllati, ecc.
Senonché, quello del personale educativo è
un problema assai più difficile e complesso di quanto non possa apparire a
prima vista. Si tratta infatti di superare la vecchia
e pluricentenaria abitudine di affidare i minori
istituzionalizzati (non importa se in istituti rieducativi o semplicemente educativo-assistenziali) o a semplici «custodi» (non a
caso la stessa terminologia usata nel passato ma ancora oggi difficile ad
abbandonare definiva coloro che vivevano nelle varie comunità collegiali con il
termine «assistenti») di livello culturale ovviamente modesto o a giovani
studenti universitari desiderosi di trovare una comunque sistemazione logistica
per tutto il periodo di durata dei loro studi; e si tratta di pervenire alla
nozione di «educatore specializzato» conseguente alla convinzione che la
pedagogia al pari ad esempio della psicologia, della psichiatria, dell'assistenza
sociale, ecc., ha una propria dimensione scientifica e dunque esige di poter
contare su propri «tecnici» adeguatamente e specificamente preparati. In più, è
da riconoscere che nei confronti di una tale necessaria profonda revisione concettuale si oppongono tuttora alcune ben chiare
ed ormai abbastanza note remore.
Anzitutto, la resistenza offerta
dall'improduttiva mentalità ancora piuttosto diffusa, secondo cui chiunque è
autorizzato ad occuparsi di educazione quasi che
questo sia opera soltanto spontanea e pertanto non qualificata. Poiché tutti,
chi più chi meno, chi in un modo chi in altro, si sentono educatori almeno
potenziali e si ritengono in grado al riguardo di esprimere
pareri, di dare consigli, di criticare, ecc., perché mai bisognerebbe
prevedere e riconoscere una vera e propria professione educativa? In secondo
luogo e più ancora, la fortissima resistenza opposta da vari organi
responsabili sul piano amministrativo dei servizi rieducativi ed educativo-assistenziali a
riconoscere a coloro che già operano come assistenti educatori la qualifica di
«educatore specializzato» (ciò che comporterebbe ovviamente un ruolo organico
e soprattutto un trattamento economico adeguato), a motivo della «genericità»
della loro preparazione professionale, dell'assenza di un titolo di studio
specifico e della spesso comprovata loro inadeguatezza sul piano delle
attitudini o capacità professionali. Con il che, è naturale, si viene a
determinare una sorta di pericolosissimo circolo vizioso.
Infatti mentre da un lato si afferma che fino a quando
le «prestazioni professionali» degli attuali educatori non raggiungeranno
livelli soddisfacenti, non è possibile né socialmente giusto riconoscere la
professione; dall'altro lato è addirittura ovvio che, fino a quando quel
riconoscimento non sarà un dato di fatto equiparando l'educatore professionista
ai tecnici delle altre scienze o almeno agli insegnanti dei vari ordini di
scuola (gli unici operatori dell'educazione riconosciuti sul piano
professionale), ovvero fino a quando i giovani non riusciranno a vedere in
quella professione una possibilità di definitiva sistemazione personale con ben
chiari sviluppi di carriera, certamente pochi saranno coloro che vi si
impegneranno e soprattutto coloro che saranno disposti ad occupare anni
comunque decisivi per il loro futuro nello studio e nel tirocinio che la
preparazione professionale di un autentico educatore necessariamente richiede.
Occorre dunque rompere un tale preoccupante e paralizzante circolo vizioso e nessun ente o nessuna iniziativa appare oggi più
indicata allo scopo di una «Scuola di formazione per educatori specializzati»
concepita secondo prospettive certamente più ampie di quelle che normalmente
caratterizzano qualunque scuola professionale.
FINALITA' DELLA SCUOLA
Noi pensiamo
infatti che una siffatta scuola potrebbe e forse dovrebbe proporsi tre
principali tipi di finalità.
In primo luogo dovrebbe pervenire in
armonia e in collaborazione con le altre scuole per educatori esistenti in
Italia e con le varie associazioni di categoria, ad una chiara delineazione delta stessa figura professionale dell'educatore
specializzato, non soltanto per ciò che concerne la sua preparazione personale, ma anche per quanto riguarda la sua futura
utilizzazione nell'ambito dei vari settori o servizi assistenziali. Da questo
punto di vista importa sottolineare che, se per la prima questione (ovvero per
il contenuto particolare da dare al concetto di educatore
professionista) pur essendo ormai acquisite dalla scienza pedagogica e
psicologica molte preziose indicazioni di fondo (delle quali la nostra scuola
terrà ovviamente conto), occorrerà mettere a frutto l'esperienza stessa della
scuola; per la seconda questione, invece può darsi fin da ora che
l'utilizzazione futura dell'educatore andrà dal suo inserimento nei vari
internati educativo-assistenziali e rieducativi
(istituti per normali; per subnormali; per caratteriali e disadattati; di
semilibertà e pensionati giovanili, ecc.); ad un suo inserimento nei vari servizi
assistenziali operanti in esternato (C.M.P.P., centri
di servizi educativi comunali e provinciali; ecc.).
In secondo luogo, è ovvio, che si dovranno istituire dei corsi di preparazione professionale
per i futuri educatori (ai quali dovrà essere rilasciato un corrispondente
diploma) nei quali, accanto ad una specifica formazione teorico-scientifica,
venga offerta agli allievi una adeguata preparazione tecnico-pratica. Tale
attività potrà poi essere integrata da altre analoghe seppure meno rilevanti
iniziative, come la promozione e l'organizzazione sia
di corsi speciali per istruttori tecnici operanti nei vari internati educativi
e per il personale coadiutore comunque a contatto con i minori
istituzionalizzati, sia di seminari per l'approfondimento di particolari
problemi o tecniche rieducative.
In terzo luogo, una tale scuola
dovrebbe proporsi di svolgere una profonda e capillare azione di sensibilizzazione
e ristrutturazione delle varie istituzioni educative esistenti, sia fornendo ad
esse la necessaria consulenza ed assistenza tecnica,
sia esigendo per i propri diplomati condizioni di lavoro adeguate al livello di
preparazione professionale raggiunto. Da questo punto di vista è auspicabile la
costituzione in seno alla scuola di un vero e proprio Centro Studi e la promozione di intensi ed approfonditi rapporti con i più
importanti Enti assistenziali ai quali competa un effettivo potere decisionale
al riguardo.
Come si vede, non sussiste alcun pericolo
di creare una sorta di «doppione» di altre iniziative
già esistenti. In particolare, la nostra Scuola si differenzierà nettamente da
altri esempi di scuola o di corsi di specializzazione
(quali ad es. la scuola ortofrenica
o il corso di specializzazione in psico-pedagogia) che, rivolgendosi agli
insegnanti, hanno compiti e finalità ben definite in direzione essenzialmente
didattica.
Semmai essa avrà
una certa analogia, tipo si potrebbe dire funzionale, con le varie scuole di
servizio sociale, proprio in quanto tenderà a definire un nuovo tipo di
professionista o di lavoratore sociale e a prepararlo adeguatamente.
LE MATERIE D'INSEGNAMENTO
Il criterio fondamentale seguito
nella formulazione del piano di studi consiste nel prevedere al primo anno
materie d'insegnamento di carattere più generale, anche se sempre finalizzato
alla professione educativa, al fine di introdurre l'allievo all'interno della
problematica inerente la sua futura professione e di
sensibilizzare l'interesse e il desiderio di approfondire le sue conoscenze
scientifiche; e al secondo anno, materie d'insegnamento più specifiche e più
tecniche.
PIANO DI STUDI:
1° ANNO:
Pedagogia generale
Pedagogia differenziale
Spiritualità e deontologia
professionale
Psicologia dinamica e psicologia
dell'età evolutiva
Elementi di medicina dell'età
evolutiva
Sociologia e metodologia della
ricerca (1°)
Dinamiche
socio-politiche
Tecniche di tempo libero
2° ANNO:
Metodologia pedagogico-differenziale
Dinamiche dei rapporti
interpersonali
Diritto minorile e assistenziale
Igiene mentale dell'educatore
Teorie delle dinamiche
dei gruppi
Sociologia e metodologia della
ricerca (2°)
Tecniche di tempo libero.
E' da notare che il
programma di ciascuna materia è concordato dall'intero consiglio dei
docenti presieduto dal direttore della scuola, in modo di favorire l'unità
d'indirizzo scientifico-professionale del corso, e di evitare sia delle inutili
sovrapposizioni, sia delle dannose lacune.
In linea generale alle tradizionali
«dispense» sono preferiti alcuni tra i principali e più significativi testi di
ciascuna materia.
MONITORATO E ATTIVITA' COMPLEMENTARI
Il monitorato consiste nell'aiuto
diretto offerto da persona specializzata all'allievo nel momento della sua
presa di contatto con la realtà educativa concreta, al fine di fargli scoprire
(o di trasmettergli) una vera e propria tecnica operativa.
Nel primo anno si porrà l'accento
soprattutto sulla tecnica dell'osservazione e nel secondo anno su quella del
trattamento, senza peraltro che tale distinzione venga
vissuta ed attuata in modo rigido. L'allievo dovrà tenere un diario personale
delle sue esperienze educative, diario che verrà
corretto settimanalmente dal monitore e discusso con lui sia singolarmente,
sia (del caso) in gruppo. Sarà comunque cura del
monitore di non sovrapporsi alla esperienza diretta dell'allievo, ma di guidare
quest'ultima dall'esterno per stimolare in lui l'autonoma riflessione
pedagogica e metodologica e di favorire il suo sforzo di coordinamento tra
quell'esperienza e le nozioni teoriche via via
acquisite.
Ogni monitore non dovrà seguire più
di 10 allievi. Sia durante il primo sia durante il secondo anno, l'allievo sarà
successivamente aggregato per le ore di tirocinio a
quattro tipi fondamentali di internati educativi; un istituto per normali; uno
per sub-normali, uno per caratteriali o disadattati; uno di semilibertà.
A tale scopo
Oltre al tirocinio, gli allievi sono
tenuti a partecipare sia alle attività di almeno un centro di
interesse (occupazione del tempo libero) già funzionante a Torino.
Di tutto ciò l'allievo dovrà rendere
conto al monitore cui sia stato affidato.
Infine è fatto obbligo ad ogni
allievo di partecipare gli stages o ai campeggi che
annualmente la scuola organizzerà eventualmente in accordo con altri enti o
istituzioni educative.
TESI DI DIPLOMA
Come s'è detto, al termine dei due
anni di corso ciascun allievo (eventualmente in cooperazione con uno o due
colleghi) per poter ottenere il diploma dovrà compilare e poi discutere una
«tesi» su un argomento di interesse professionale
scelto in accordo con uno dei docenti e previa l'approvazione del direttore
della scuola. Tale tesi dovrà essere preferibilmente di carattere
sperimentale, allo scopo di trasmettere all'allievo
il gusto per la ricerca pedagogica e la capacità di condurla.
I risultati ottenuti, se di
particolare interesse, potranno essere pubblicati (anche integralmente) in
fascicoletti a cura della scuola.
BIBLIOTECA
Presso la scuola è istituita una
biblioteca specializzata formata sia dalle principali riviste pubblicate su
argomenti che possono interessare un educatore,
sia dal maggior numero possibile di
volumi di pedagogia, psicologia, sociologia, ecc., che possono rappresentare
un utile materiale di consultazione per gli allievi e per i docenti.
Si cercherà inoltre di predisporre
anche un catalogo per argomenti, comprendendovi gli articoli principali comparsi sulle riviste, in modo da facilitare agli allievi
la consultazione e quindi l'utilizzazione della stessa biblioteca.
Per evidenti ragioni di
funzionalità, non è ammesso il prestito a domicilio.
(1)
www.fondazionepromozionesociale.it