Prospettive assistenziali, n. 8-9, ottobre 1969-marzo 1970

 

 

STUDI

 

INDAGINE CONOSCITIVA SU ALCUNI ISTITUTI ED ENTI DI PROTEZIONE E ASSISTENZA ALL'INFANZIA ESISTENTE IN PIEMONTE

 

 

FINALITA', AMBITO E MODALITA' DELL'INDAGINE

 

Con la presente indagine, svolta dall'As­sociazione nazionale famiglie adottive su isti­tuti ed enti di protezione e assistenza all'in­fanzia del Piemonte, si intendevano rilevare alcuni dati per accertare in che modo, con quali mezzi e criteri svolgevano la loro attività dette istituzioni, la situazione dei minori rico­verati o assistiti ed il grado di applicazione del­la legge sull'adozione speciale.

Contemporaneamente si desiderava forni­re un aiuto per stimolare la soluzione dei pro­blemi che emergevano.

La maggior parte dell'indagine è stata svolta durante il 1968 e nel primo semestre del 1969.

Prima di procedere alle singole visite si sono presi accordi coi giudici tutelari nel cui mandamento avevano sede gli enti ed istituti per minori in oggetto.

L'indagine è stata svolta tramite colloqui col personale dirigente delle istituzioni in base ad una scheda di rilevazione.

Gli istituti presi in considerazione sono stati 227 (circa i due terzi di quelli operanti nel Piemonte) di cui 112 femminili, 82 ma­schili e 33 misti; gli enti (IPI, ONMI, ENAOLI, ECA, Amministr. prov. e comunale, Prefettura, Ente ass. sordomuti, EPMF), n. 35, situati nei mandamenti delle preture di Alessandria, Aro­na, Asti, Biella, Borgomanero, Bra, Casale Monferrato, Domodossola, Fossano, Moncalvo, Novara, Novi Ligure, Omegna, Racconigi, Sa­luzzo, Santhià, Savigliano, Torino, Trino Vercel­lese, Varallo, Verbania, Vercelli.

 

 

CONSIDERAZIONI DESUNTE DAI DATI RACCOLTI

 

Dall'indagine svolta è emerso come gli Enti e gli istituti di protezione e assistenza all'infanzia siano troppo numerosi, poco coor­dinati fra di loro, con personale scarsamente preparato a svolgere funzioni educative e spes­so strutturati in modo non rispondente alle esi­genze dei minori.

In particolare risulta non sia ancora com­presa da una parte delle persone intervistate la necessità per il minore, per poter crescere e sviluppare la propria personalità, dell'affetto di una famiglia. I bambini infatti fin dalla più tenera età hanno bisogno di attenzione indivi­duale da parte dei loro genitori ed è essenziale che sperimentino un valido e continuo rapporto con la madre e il padre per la loro salute mentale.

Alcuni istituti, non tenendo conto di questo, accolgono minori la cui famiglia risiede in luo­ghi piuttosto lontani dalla sede dell'istituto stesso (a volte al di fuori dell'ambito regionale) e quindi predispongono le condizioni affinché il minore abbia scarsi rapporti e mantenga legami affettivi piuttosto tenui con la sua famiglia. I rapporti coi genitori in alcuni casi sono pure ostacolati da un rigido orario di visita. L'inda­gine, che pur è stata condotta solo in una parte del Piemonte, ha fatto rilevare come ben 15.963 minori si trovino ricoverati negli istituti sopra­citati (esclusi 18 istituti che non hanno fornito il numero dei minori ricoverati presso di essi) e 3.883 assistiti dagli Enti col ricovero in isti­tuto (escluso un Ente che non ha fornito i dati).

I dati forniti in proposito dall'ISTAT (tratti dall'Annuario statistico dell'assistenza e benefi­cenza ISTAT 1968) relativi al Piemonte sono di: 339 istituti con 16.844 minori degli anni 18 rico­verati, suddivisi in: 592 nei brefotrofi, 5137 or­fani, 8746 minori poveri o abbandonati, 626 anor­mali sensoriali, 531 minorati fisici, 1212 mino­rati psichici.

Dall'indagine effettuata risultano invece es­sere funzionanti in Piemonte 437 istituti di assi­stenza (98 in più di quelli censiti dall'ISTAT) e si ha quindi una discordanza che fa ritenere il numero effettivo dei minori ricoverati di gran lunga superiore a quello indicato dall'ISTAT, come appare evidente dal confronto col numero di minori ricoverati negli istituti visitati (su 209 istituti 15.963 minori, mentre per l'ISTAT in 339 istituti vi sono 16.844 minori, solo 881 minori in più ricoverati in altri 130 istituti!!).

Il motivo del ricovero per molti di questi minori è semplicemente dovuto alla famiglia povera o troppo numerosa che non ha i mezzi materiali per allevarli o alla mancanza di quelle strutture sociali quali scuole e asili che costi­tuiscono gli strumenti necessari per un aiuto veramente valido e responsabilizzante alla fa­miglia. Di questa situazione è responsabile l'at­tuale sistema sociale che non provvede a rispon­dere alle esigenze delle persone, ma spesso solo ai meccanismi di produzione.

Degli istituti oggetto dell'indagine n. 47 ospitano fino a 25 minori, n. 64 da 25 a 50 mi­nori, n. 62 da 51 a 100 minori, n. 26 da 101 a 200 minori e n. 10 più di 200 minori.

Per quanto riguarda l'età dei minori ricove­rati essa varia dagli 0 ai 18 e talora 21 anni. La suddivisione per classi di età risulta molto difficile in quanto alcuni istituti seguono il ciclo scolastico, altri non hanno alcun limite. Per poter avere un'indicazione più precisa sull'età dei minori ricoverati si è cercato di suddi­viderli in base all'età minima di ammissione e all'età massima di dimissione come risulta dal seguente prospetto:

 

Età minima di ammissione:                       N. istituti

meno di anni 3                                              18

da anni 3 a meno di anni 6                             44

da anni 6 a meno di anni 11                           98

da anni 11 a meno di anni 15                         49

anni 15 e seguenti                                        12

 

Età massima di dimissione:                      N. istituti

meno di anni 6                                               2

da anni 6 a meno di anni 11                           13

da anni 11 a meno di anni 15                         60

da anni 15 a meno di anni 18                         35

anni 18 e seguenti                                        108

 

Di qui si rileva come il maggior numero di minori venga ricoverato in istituto verso i 6 anni e vi rimanga fino a 18 anni, spesso con gravi danni nello sviluppo della loro personalità, che li rendono incapaci di inserirsi nell'ambiente so­ciale al momento della loro dimissione.

Il fatto che vi siano istituti che ospitano un numero troppo elevato di minori impedisce la possibilità di stabilire con essi un rapporto educativo individualizzato come è necessario avere. La suddivisione dei minori in piccoli gruppi famiglia è infatti realizzata in pochissimi istituti.

Il personale di questi istituti è spesso in­sufficiente e poco qualificato per svolgere una azione veramente educativa nei confronti dei minori. Quasi tutto il personale è religioso, po­chissimi hanno personale laico. Pochi sono for­niti di un'équipe di specialisti che possa dare gli orientamenti più opportuni da seguire nella educazione di questi minori.

La maggior parte di questi istituti si tro­vano isolati o in vecchie costruzioni e quindi il personale ed i minori vivono al di fuori del contesto sociale.

Per quanto riguarda la legge sull'adozione speciale è risultato che ad alcuni non era cono­sciuta affatto, altri ne avevano sentito vaga­mente parlare, pochissimi ne avevano una cono­scenza abbastanza approfondita.

Infatti l'invio degli elenchi trimestrali dei minori ricoverati al giudice tutelare previsto dall'art. 314/5, 3° comma, della legge 5 giugno 1967, n. 431, sull'adozione speciale che tende a dare una famiglia ai minori che ne sono privi, prima del colloquio esplicativo con i dirigenti era stato effettuato almeno una volta solo da 65 istituti su 227 e cioè solo dal 28% a distan­za di circa un anno dall'entrata in vigore della legge che prevede quattro invii degli elenchi ogni anno.

L'uso delle istanze dirette e delle segnala­zioni previste rispettivamente dagli art. 314/4 e 314/5, 2° comma, per i casi di presunto stato di abbandono del minore erano sconosciuti pres­soché da tutti.

I motivi addotti per non aver ottemperato agli obblighi di legge sono stati la non cono­scenza dovuta alla mancata lettura dei giornali e il non aver ricevuto ordini e chiarificazioni in merito dagli organi superiori ecclesiastici né da quelli civili, il che denuncia la mancanza di ma­turità di queste persone che devono svolgere un'azione educativa.

Dopo alcuni mesi dal primo incontro si è effettuato un controllo presso i giudici tutelari per rilevare se gli istituti inadempienti avevano provveduto ad adempiere agli obblighi che loro competono per legge.

E' risultato che 81 istituti inadempienti ave­vano cominciato ad inviare gli elenchi dei mi­nori ricoverati e 22 avevano preso contatti col giudice tutelare da cui dipendevano per essere esonerati in quanto risultavano svolgere un'atti­vità prevalentemente scolastica od essere dei pensionati.

Altri 59 tuttavia non avevano fatto nulla pur avendo assicurato, quando era avvenuto l'incon­tro con l'assistente sociale, che avrebbero man­dato gli elenchi al più presto ora che erano al corrente dei loro obblighi.

Si è notata una maggior sollecitudine nell'adempimento degli obblighi di legge da parte degli istituti nei confronti dei quali è interve­nuto il giudice tutelare.

Si fa rilevare quale grave pregiudizio crei l'inadempimento per quei minori che non sono seguiti o lo sono molto raramente dai loro genitori i quali non vengono affatto stimolati e aiutati ad assumersi le loro responsabilità.

Si è visto che in quasi tutti gli istituti vi erano bambini che non avevano da lungo tempo rapporti coi genitori, altri che li vedevano piut­tosto raramente, altri ancora che ricevevano frequenti visite e spesso si recavano anche a casa.

Dopo la dimissione dall'istituto verso i 15 o 18-21 anni spesso non è più previsto nulla per dare un appoggio ed un aiuto a questi ra­gazzi che prima magari vengano educati in mo­do autoritario e spesso senza lasciar loro auto­nomia e responsabilità e poi si ritrovano con una libertà che non sanno usare.

I corsi scolastici spesso sono interni all'istituto per cui i rapporti con l'esterno sono quasi inesistenti, benché si cominci a com­prenderne la necessità.

 

 

CONCLUSIONI

 

Specialmente all'inizio del processo educa­tivo risulta indispensabile che il bambino sta­bilisca un legame affettivo stabile con la figura materna e paterna e quindi che trascorra in famiglia almeno una parte della giornata. Pare infatti che i bambini che più soffrono dal punto di vista dello sviluppo fisico e psichico siano quelli istituzionalizzati più precocemente. Esi­stono purtroppo tuttora minori che trascorrono buona parte della loro infanzia e adolescenza in istituto, affidati a personale incompetente e ina­datto a svolgere un tipo di lavoro che com­porta un equilibrio personale e una buona aper­tura mentale.

La funzione dell'istituto può essere inte­grativa, di aiuto all'azione educativa della fami­glia (che si deve aiutare e maturare) qualora occorra, ma mai totalmente sostitutiva se non vuol essere dannosa al minore stesso, e fallire. Questo è ciò che dovrebbe essere piena­mente compreso dal personale che si occupa dei minori in istituto per poter condurre un'azio­ne valida.

Occorrerebbe che gli organi preposti al controllo degli istituti per minori non svolges­sero un lavoro di tipo burocratico, ma un'azione di stimolo e di richiesta di adeguamento alle leggi vigenti, mentre questo, per quanto ri­guarda la legge sull'adozione speciale, è stato fatto molto raramente.

I risultati della ricerca sono stati inviati agli organi civili e religiosi e si intendono por­tare a conoscenza dell'opinione pubblica affinché si richiedano interventi di politica assistenziale da parte degli enti che attualmente si occu­pano dei minori in modo da tener conto delle loro esigenze per un equilibrato sviluppo.

Per poter realizzare quanto sopra è neces­saria probabilmente una completa riorganizza­zione del settore assistenziale che elimini le categorie e le differenze fra categorie di assi­stiti e che sia finalizzato veramente al massimo il potenziamento della personalità di ciascuno perchè si renda più umana e non segregatrice la società in cui viviamo.

Renata Pettigiani

 

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