Prospettive assistenziali, n. 8-9, ottobre 1969-marzo 1970

 

 

NOTIZIE

 

 

RELAZIONE SUL SEMINARIO DI STUDI DUE ANNI DI APPLICAZIONE DELLA LEGGE SULL'ADOZIONE SPECIALE: PROBLEMI INTERPRETATIVI, SOCIO-ASSISTENZIALI E ORGANIZZATIVI. (Torino, 25, 26 e 27 settembre 1969).

 

Proseguendo nella sua attività promozio­nale, iniziatasi con il Convegno «Interpretazione e applicazione della legge sull'adozione spe­ciale» (Ivrea, 22-23 settembre 1967), la Pro­vincia di Torino ha organizzato il seminario di studi «Due anni di applicazione della legge 5 giugno 1967 n. 431 sull'adozione speciale», che si è svolto a Torino il 25-26 e 27 settem­bre 1969.

Il Presidente della Giunta Provinciale di Torino avv. Gianni Oberto, aprendo i lavori ha rilevato che il convegno è stato indetto sotto il segno della verifica di un atto legislativo che in questi ultimi anni ha avuto singolare riso­nanza: la legge 5 giugno 1967 n. 431 è infatti uno di quei pochi atti del Parlamento che han­no occupato un posto di alto rilievo non solo nei numerosi convegni specializzati svoltisi, ma anche sulle pagine di giornali e di riviste a larga diffusione. Ha aggiunto che i mezzi di informazione - stampa, radio e televisione - hanno avuto il merito indubbio di aver alimen­tato intorno al problema dei bambini soli e dell'adozione l'interesse di ambienti sempre più vasti, mettendo altresì in rilievo le pro­fonde carenze del sistema assistenziale ita­liano e le estreme difficoltà organizzative de­gli uffici giudiziari minorili.

I lavori del seminario di studi, al quale hanno partecipato oltre duecento persone fra magistrati, operatori e assistenti sociali e am­ministratori pubblici, si sono articolati in tre gruppi di lavoro.

Il primo gruppo si è occupato dei problemi interpretativi della legge e dei rapporti fra ado­zione speciale e adozione tradizionale; il se­condo gruppo ha trattato gli aspetti socio-assi­stenziali (reperimento dei bambini soli, loro segnalazione ai tribunali per i minorenni, sele­zione e preparazione degli aspiranti adottanti, azione diretta a dare a ciascun bambino la famiglia adottiva più idonea sotto il profilo educativo, adozione o affidamento familiare a scopo educativo dei bambini grandicelli o han­dicappati) ; il terzo gruppo si è occupato dei problemi organizzativi, con particolare riferi­mento agli uffici del giudice tutelare, ai tribu­nali e alle procure per i minorenni e relative cancellerie e segreterie e all'organizzazione dei servizi sociali e delle attività di vigilanza sugli enti pubblici e privati di assistenza all'infanzia.

I partecipanti hanno concordato di inviare ai competenti organi del Governo e del Parla­mento una delegazione al fine di illustrare i documenti conclusivi e di richiedere un solle­cito esame delle conclusioni emerse, di modo che siano eliminate le gravissime carenze de­gli uffici giudiziari minorili (uffici del giudice tutelare, tribunali e procure per i minorenni), dei servizi sociali degli enti di assistenza (spes­so inesistenti o gravemente insufficienti) e de­gli organi incaricati della vigilanza (per lo più non esercitata) sugli istituti pubblici e pri­vati di assistenza.

 

Sintesi delle conclusioni dei tre gruppi

1° gruppo

I problemi interpretativi della legge sull'a­dozione speciale, sono stati ampiamente e pro­ficuamente dibattuti.

Non sono state redatte delle conclusioni in quanto ciò avrebbe violato il principio fon­damentale della libertà interpretativa di ogni singolo giudice.

E' stato invece rilevato che nonostante i due istituti giuridici sull'adozione tradizionale (che consente di dare discendenti, alle persone che ne sono prive) e dell'adozione speciale (che ha la finalità di dare una famiglia ai bam­bini che ne sono privi) differiscano profonda­mente nelle loro finalità, nei loro presupposti e nelle loro conseguenze umane, sociali e giu­ridiche, da qualche parte si continuino ad av­viare minori degli anni otto privi di assistenza materiale e morale da parte dei genitori e per­ciò adottabili con adozione speciale, verso le adozioni tradizionali, spesso anche affidando i bambini a persone molto anziane e inidonee sul piano educativo.

E' stato rilevato che:

- una riforma legislativa in materia di adozione appare opportuna nell'interesse dei minori, ma che ad essa si dovrà procedere con la massima cautela in sede politica, perchè dovranno essere superati i tentativi, da qual­siasi parte vengano, di ripristinare la vecchia normativa o quanto meno di annullare i prin­cipi della legge 5 giugno 1967 n. 431;

- che le modifiche della legge sull'adozio­ne speciale devono adeguarsi alle norme della Convenzione europea sull'adozione dei minori, redatta dal Consiglio d'Europa e firmata il 24 aprile 1967 dalla Danimarca, Francia, Germania Occidentale, Inghilterra, Lussemburgo, Mal­ta, Norvegia e Svezia e di cui si attende da parte del nostro Governo la presentazione al Parlamento italiano del disegno di legge che ne autorizzi la ratifica. La Convenzione europea segna non solo una tappa molto importante nella evoluzione dell'istituto giuridico dell'ado­zione poiché è impostata sul preminente inte­resse del minore e tende ad uniformare sul piano europeo gli scopi, gli effetti e le proce­dure, ma anche perchè, quando sarà approvata dall'Italia, eleverà a 18 anni l'attuale limite de­gli otto anni stabilito dalla legge 5 giugno 1967 n. 431 per i bambini adottabili e perchè stabi­lirà l'intervento obbligatorio dei servizi sociali per quanto concerne lo studio del bambino e della sua famiglia d'origine, la selezione-pre­parazione dei coniugi aspiranti adottanti e l'a­zione di sostegno durante il periodo di affida­mento preadottivo.

 

Il secondo gruppo ha insistito sull'oppor­tunità di non dare eccessiva preminenza al «vincolo di sangue». La filiazione naturale dà solo un diritto di priorità e non un, diritto as­soluto.

L'azione nei confronti della famiglia d'o­rigine (legittima o naturale) deve tendere a favorire una decisione libera e consapevole.

E' estremamente importante che l'opera­tore sociale sia il più maturo possibile e agi­sca nell'ambito di una équipe.

Nella considerazione che la sua persona­lità è fortemente implicata in questo lavoro l'unica verifica possibile si realizza attraverso il controllo dell'équipe.

L'équipe deve essere interprofessionale, non a struttura gerarchica, con la possibilità di partecipazione di operatori qualificati e di consulenti esterni.

Si è ravvisata la necessità di un intervento più efficace da parte degli organi giudiziari e degli enti competenti per il reperimento dei minori da segnalare.

La selezione dei coniugi aspiranti adottanti non può essere disgiunta dalla preparazione delle famiglie aspiranti all'adozione. Tale la­voro deve essere svolto da una équipe inter­professionale, composta cioè da assistenti so­ciali, psicologi, neuropsichiatri infantili, educa­tori, pedagogisti, ecc.

La stessa équipe dovrebbe esprimere un giudizio sulla idoneità o eventuale inidoneità delle famiglie, dimodoché il Tribunale possa di­sporre di elementi per l'accoglimento o l'esclu­sione della domanda.

Il reperimento delle famiglie adottive e af­fidatarie deve avvenire attraverso la sensibiliz­zazione dell'opinione pubblica e dev'essere centrato prevalentemente su una visione reali­stica della situazione (adozione di bambini grandicelli o difficili da sistemare).

L'esperienza di questi due anni ha dimo­strato che là dove esistono dei servizi efficienti si è giunti ad una maturazione delle famiglie, le quali malgrado il desiderio originario di ado­zione di un bambino piccolo si sono successi­vamente orientate verso un bambino più dif­ficile o con problemi.

La preparazione di una famiglia a cui verrà affidato un bambino piccolo tocca problemi di  carattere psicopedagogico più generali, mentre per l'affidamento di un bambino più grandicello o handicappato il problema della preparazione è più complesso.

Il principio orientativo dell'abbinamento è centrato nella reciproca accettazione tra fa­miglia e bambino.

Particolare attenzione deve essere posta nel preparare il bambino all'incontro e all'in­gresso nella futura famiglia.

Nel massimo conto ai fini dell'abbinamento deve essere tenuto il vissuto del bambino. Il momento dell'incontro del bambino con la fa­miglia deve essere controllato e diretto dall'o­peratore sociale che conosce bene il bambino.

Per i bambini difficili da sistemare, subordi­natamente all'adozione speciale, potranno es­sere prese in esame soluzioni di affidamenti affettivi, affiliazioni, adozioni tradizionali.

La vigilanza del Tribunale durante il perio­do dell'affidamento preadottivo si ritiene oppor­tuno che venga effettuata con l'intervento dei servizi sociali che già sono intervenuti nella fase della preparazione e dell'abbinamento. Particolare attenzione deve essere posta nel seguire le famiglie che hanno accolto bam­bini grandicelli o con problemi, orientando le famiglie ad usufruire delle risorse locali. Specialmente per i bambini difficili da si­stemare è importante che gli Enti si incontrino nell'ambito del Tribunale per i minorenni per realizzare gli abbinamenti e qualora questo non si verifichi nell'ambito del Distretto vi sia pos­sibilità di scambio nell'ambito nazionale tra enti ed altri Distretti.

Si sottolinea la necessità che particolare cura venga posta dagli operatori sociali nel se­guire i  bambini in affidamento provvisorio (art. 314/16) e per quanto riguarda le prescrizioni alla famiglia di origine (art. 314/8).

Adozione vuol dire dare una famiglia ad un bambino che ne è privo e non un bambino ad una famiglia senza figli.

Il genitore adottivo viene a porsi nella stessa condizione del genitore naturale, con gli stessi doveri, le stesse responsabilità, la stessa presa di coscienza che ogni genitore deve avere in tutto l'arco di sviluppo della famiglia con un reciproco dare ed avere.

Questo nuovo modo di concepire la pater­nità e la maternità non più fondate sull'atto generativo può portare un arricchimento di va­lori per tutta la società.

Non è da dimenticare che per i cattolici l'esortazione del Concilio Ecumenico Vatica­no II, «Infantes derelictos in filios adoptare» deve rappresentare un impegno morale.

Si pone in risalto il fatto che parecchie Province sono prive di un Servizio Sociale, per cui non sono in grado di far fronte ai problemi posti dalla legge 431.

Si auspica pertanto l'approvazione della proposta di legge 1652, che prevede l'istituzio­ne obbligatoria del servizio sociale da parte di tutte le Province, con contributo a carico dello Stato.

Il gruppo ha rilevato l'opportunità di orga­nizzare altri convegni sull'adozione, soprattutto nell'Italia meridionale e insulare.

 

La discussione del 3° gruppo non si è limi­tata ad una pura e semplice elencazione delle insufficienze dei mezzi necessari per l'applica­zione della legge sull'adozione speciale. Ha in­vece articolato il discorso su due linee e cioè: da una parte su ciò che nell'attuale momento si può fare con un impegno ed una sensibilità maggiore di tutti coloro che sono chiamati ad operare nell'ambito dell'applicazione della leg­ge; dall'altra parte sull'adeguamento, da farsi con immediata scadenza, delle strutture sia giudiziarie che assistenziali.

Il gruppo ha esaminato le due linee pro­grammatiche di cui sopra non soltanto nella visione dell'applicazione della legge sull'ado­zione speciale, ma con riferimento continuo e costante alle prospettive future sul più vasto problema globale e generale della tutela dei diritti del minore, quali emergono dalle esi­genze della giustizia minorile, dell'assistenza sociale e dal diritto di famiglia.

Il gruppo è stato unanime nel riconoscere che tali esigenze si concretizzano nel ricono­scimento e nel rispetto dell'unità e dell'uni­cità della persona.

 

Situazione attuale

 

a) Giustizia minorile

Il gruppo, nonostante siano passati due anni dall'entrata in vigore della legge sulla adozione speciale, nonostante che í compiti at­tribuiti alla giustizia minorile siano gravosi, complessi e di grande rilevanza umana e so­ciale, nonostante che l'opinione pubblica abbia acquisito una sempre maggiore coscienza su questi problemi, ha dolorosamente constatato una assoluta inerzia e insensibilità degli organi responsabili, ivi compresi i capi degli organi giudiziari, del Consiglio superiore della Magistratura e dello stesso Ministero di Grazia e Giustizia.

Tale situazione si rileva in numerose e concomitanti cause:

1°) una è quella ancora esistente del Ma­gistrato Minorile assorbito dall'attività della Magistratura ordinaria che finisce per snaturare la sua stessa funzione e la sua stessa men­talità;

2°) l'altra è di non comprendere che i bisogni degli utenti in questo settore hanno sempre un carattere di assoluta urgenza, supe­riore a quello che possono avere coloro che sono interessati negli altri affari giudiziari;

3°) l'altra ancora è quella, purtroppo ge­neralizzata, per cui non viene avvertita la neces­sità che il Giudice minorile abbia una partico­lare mentalità, preparazione e funzione.

Il gruppo, facendo riferimento alle espe­rienze vissute nei due anni di applicazione di questa legge, ha affermato come prima esigenza che il ruolo del Giudice minorile, diretto alla tutela della persona si differenzi nettamente da quello del Giudice non minorile. Il ruolo del Giudice minorile deve infatti essere soprattutto dinamico e attivo nella comunità in cui opera, inspirandosi e facendo riferimento continua­mente ai principi informatori della legge 431/67 e cioè sull'interesse preminente dei minori. Il Giudice minorile deve cioè assumere sostanzial­mente un ruolo dinamico di iniziative e non un ruolo passivo in quanto è chiamato a ricercare minori in stato di abbandono ed a creare egli stesso dei rapporti, come ad esempio quando affida un minore ad una famiglia.

Quanto sopra detto richiede però necessa­riamente non solo una preparazione tecnico-giu­ridica, ma anche un approfondimento delle scienze umane e sociali, nonché una cono­scenza dell'ambiente in cui vive e della realtà storica in cui opera.

La ristrutturazione degli uffici giudiziari mino­rili (Tribunali e Procure per i minorenni e Uffici del Giudice tutelare), in base ai princi pi su esposti, dovrà quindi:

1°) essere immediata, senza attendere la riforma dell'ordinamento giuridico;

2°) basarsi sulla scelta e formazione del Magistrato minorile nel senso sopraddetto;

3°) consentire al Giudice minorile di svolgere un'attività in un ambito territoriale più limitato di quello attuale e più adeguato, in guisa tale da avere un rapporto più vicino e immediato con gli utenti e con gli enti assi­stenziali;

4°) consentire l'unicità degli interventi degli uffici giudiziari minorili, fatto che richiede che la funzione del Giudice tutelare sia con­centrata nei maggiori centri;

5°) esonerare dalle altre funzioni giudi­ziarie tutti i Magistrati minorili, ivi compresi i Giudici tutelari;

6°) snellire la procedura procedendo an­che all'eventuale modificazione della composi­zione del Tribunale per i minorenni;

7°) rivedere i  criteri di scelta dei titoli per essere ammessi a Giudice onorario nonché ammettere a tale incarico anche gli assistenti sociali;

8°) adeguare gli organici dei cancellieri e dei segretari che dovranno essere selezionati tenendo conto delle capacità attitudinali di ognuno e integrandoli con il personale neces­sario, e modernizzare e razionalizzare le attrez­zature delle cancellerie e delle segreterie;

9°) dare finalmente applicazione alla leg­ge del 1934 che prevede che il Tribunale mino­rile abbia locali propri. Essi devono inoltre es­sere adeguati alla nuova funzione, la quale comporta rapporti particolarmente delicati e qualificati.

 

b) Situazione degli enti assistenziali

L'applicazione della legge sull'adozione spe­ciale ha messo in risalto le lacune della situa­zione assistenziale italiana se non addirittura la sua negatività, facendo rilevare i profondi contrasti che esistono nel territorio nazionale da zona a zona e a volte addirittura nella stessa regione.

Tali lacune consistono soprattutto:

1°) nella suddivisione secondo astratte categorie giuridiche dei soggetti utenti dei ser­vizi;

2°) nella mancanza di unitarietà degli interventi e nella mancata finalizzazione degli stessi all'inserimento sociale dei soggetti;

3°) nella insufficienza qualitativa e quan­titativa dei servizi assistenziali.

La constatazione di tali lacune porta alla considerazione della necessità di una riforma radicale dell'assistenza.

A tale proposito il gruppo afferma la ne­cessità:

1°) che venga attuato il diritto all'assi­stenza per tutti i cittadini;

2°) che l'assistenza sia fondata sul pre­supposto del bisogno e non sulla appartenenza della categoria;

3°) che gli interventi nei confronti dei soggetti siano unitari anche sotto il profilo amministrativo;

4°) che tutti gli interventi operativi siano affidati alle comunità locali;

5°) che sia accentuato il carattere pre­ventivo degli interventi assistenziali;

6°) che nel settore assistenziale operino a parità di livello tutti gli esperti delle disci­pline umane e sociali.

Il gruppo, pur dando atto che la legge sull'adozione speciale, con la sua forza anticipa­trice e innovatrice, ha spinto in alcuni casi certi enti assistenziali, soprattutto quelli che mag­giormente hanno mantenuta e creato contatti con le comunità locali, a migliorare i servizi alle esigenze relative all'applicazione della leg­ge sull'adozione speciale, rileva che la sola soluzione adeguata è quella della riforma glo­bale dell'assistenza.

 

Soluzioni immediate

Nell'attesa delle riforme sopra indicate il gruppo rileva la necessità delle seguenti ini­ziative urgenti:

1°) sollecita presentazione ed approva­zione di un disegno di legge che stabilisca le piante organiche dei tribunali e delle procure per i minorenni, riguardante sia i magistrati sia i cancellieri che il personale ausiliario, stabi­lendo in via definitiva l'autonomia degli organi giudiziari sopra indicati;

2°) assegnazione, almeno nelle città ca­poluoghi di provincia, di giudici tutelari con fun­zioni a tempo pieno. Si sottolinea che ciò è pos­sibile con un semplice provvedimento dei sin­goli capi degli uffici giudiziari;

3°) effettuazione da parte dei giudici tu­telari di una costante vigilanza nei confronti di tutti i minori in tutela e in particolare di quelli affidati agli istituti pubblici e privati di assi­stenza;

4°) potenziamento e qualificazione da parte dei vari enti di assistenza dei loro servizi sociali (assistenti sociali, psicologi, neuropsi­chiatri infantili, pedagogisti, educatori, ecc.) ;

5°) assunzione con provvedimento ammi­nistrativo o legislativo del personale di servizio sociale da parte delle Province che non ne sono ancora dotate o ne sono insufficientemen­te fornite;

6°) attuazione di una vigilanza qualificata e costante degli istituti di assistenza all'infan­zia da parte delle Prefetture e dell'ONMI;

7°) decentramento, il maggiore possibi­le, delle sedi dei servizi sociali, ivi compresi gli uffici distrettuali di servizio sociale del tri­bunale per i minorenni;

8°) attuazione di una stretta collabora­zione tra gli uffici giudiziari minorili e gli enti di assistenza sia per una vera applicazione del­la legge sull'adozione speciale, sia per il repe­rimento e segnalazione dei minori adottabili, sia per la selezione e preparazione dei coniugi aspi­ranti all'adozione speciale e per gli altri compiti previsti dalla legge sull'adozione speciale.

Ciò è necessario in modo da non perdere di vista l'interesse dei minori al di  là di certi condizionamenti in cui operano gli enti di assi­stenza ed allo scopo di favorire, nello spirito della nuova legge, una adeguata tutela non solo ai bambini adottabili con adozione speciale ma a tutti i bambini assistiti.

Quanto sopra va effettuato con incontri pe­riodici in modo da realizzare inoltre un costante rapporto tra magistratura ed enti assistenziali e in guisa che la funzione della magistratura si inserisca veramente nel contesto sociale della realtà in cui opera.

 

 

 

AFFIDAMENTI FAMILIARI

 

L'Associazione Nazionale Famiglie Adottive inviò la seguente lettera l'11 novembre 1969:

 

Oggetto: Affidamento familiare di minori a scopo educativo.

 

Ai Presidenti delle Province

Ai Direttori degli IPI e dei Comitati Provinciali dell'ONMI

 

Questa Associazione desidera portare alla Loro conoscenza la delibera emessa dalla Giun­ta Provinciale di Milano in merito all'affidamen­to familiare a scopo educativo di due bambine già ospiti dell'Ospedale di Neuropsichiatria in­fantile, una colpita da emianopsia ed emiparesi agli arti di sinistra, l'altra insufficiente mentale di medio grado.

Si allega copia della delibera e si segnala che le due bambine sono state affidate a due famiglie.

Questa Associazione confida che iniziative in materia di affidamento familiare vengano pre­se dalle Province e dall'ONMI al fine di assi­curare ai bambini ed ai fanciulli, che non pos­sono restare o ritornare presso il nucleo fami­liare d'origine né possono essere adottati, le condizioni indispensabili per il loro normale sviluppo.

Grato se vorranno tenere informata questa Associazione sulle iniziative prese, porgo i mi­gliori saluti.

 

GIUNTA PROVINCIALE DI MILANO Seduta del 14 maggio 1969 (Omissis)

Oggetto: Approvazione della spesa per il collo­camento familiare retribuito delle pic­cole inferme C. Daniela e A. Marina, degenti nell'Ospedale «G. Gorberi» di Limbiate.

- Premesso che è da tempo in atto pres­so questa Amministrazione una generale revi­sione della politica di assistenza psichiatrica, nel senso di adattare le strutture, oltre che ai nuovi bisogni, anche ai nuovi criteri metodolo­gici che si vanno affermando nella scienza del settore;

- Rimarcato che fra le nuove linee di in­tervento appare come degna di massima consi­derazione l'assistenza erogata ai piccoli infer­mi di mente, ospiti dell'Ospedale di Neuropsi­chiatria Infantile, che più di tutti sono esposti, a causa della loro minore età, ai deleteri effetti delle carenze affettive ed educative dell'am­biente da cui provengono;

- Atteso che è esperienza ormai consoli­datasi in paesi esteri quella di affidare, per il coronamento della cura istituzionale, i piccoli anzidetti, a famiglie idonee, opportunamente selezionate secondo tecniche scientifiche (Pla­cement familial) ;

- Ritenuta l'opportunità di adottare, sep­pure in via sperimentale, tale nuova tecnica nei riguardi dei soggetti, che, essendo stati già suf­ficientemente curati clinicamente, sono da rite­nersi maturi per una collocazione esterna;

- Vista la nota del 27-2-1969, n. 49, con la quale la Direzione medica dell'Ospedale «G. Corberi» di Limbiate propone che vengano af­fidate a famiglie, scelte con particolari tecniche scientifiche, i bambini:

- C. Daniela, nata a ... il 4-3-1965, colpita da emianopsia ed emiparesi agli arti di sinistra;

- A. Marina, nata a ... il 21-1-1963, colpita da insufficienza mentale di medio grado;

- Rilevato che il costo di tale collocamen­to è di L. 60.000 mensili pro-capite, per retri­buzione alle famiglie ospitanti, e che tale costo è inferiore all'importo della retta media vigente per i ricoveri di malati di mente nei dipendenti Istituti psichiatrici provinciali;

- Visto il rapporto 18-4-1969 dell' Ufficio Finanziario;

- Richiamata la precedente autorizzazione di massima della Giunta Provinciale, espressa in proposito in seduta 26-3-1969:

Delibera:

1) di autorizzare, per i motivi esposti nelle premesse, l'affido familiare retribuito delle due bambine sopra nominate, degenti nell'Ospedale «G. Corberi» di  Limbiate;

2) di approvare la spesa di L. 60.000 men­sili pro-capite, per retribuzione da corrispon­dersi, a tale titolo, alle famiglie che saranno prescelte su indicazione del Servizio Sociale dell'Ospedale citato;

3) di far riserva di adottare i necessari provvedimenti esecutivi del presente deliberato, non appena la Direzione dell'Ospedale avrà pre­cisato i dati relativi ai casi in questione;

4) di demandare alla stessa Direzione ogni incombente connesso alla copertura dei rischi inerenti e conseguenti al nuovo servizio.

La spesa complessiva, che per il corrente anno 1969, si presume in L. 960.000 andrà im­putata al Cap. 186 - Art. 2 del Bilancio 1969 - Fondo assistenza ai dimessi dagli I.P.P.

VG/st.

Il Presidente: f.to Dott. Erasmo Peracchi

L'Assessore Anz.: f.to Avv. Alfredo Brusoni

Il Segr. Gen.: f.to Avv. Franco Schiappadori

 

 

 

CORSO DEL PASTORE H. WINTSCH

 

A cura dell'Amministrazione Provinciale, si è svolto a Milano un Corso di lezioni del noto Pastore Herman Wintsch, direttore del Centro educativo di Zetzwill e del Laboratorio di Stren­gelbach (Aarau, Svizzera) per insufficienti men­tali gravi..

Il corso era diretto ad educatori impegnati negli Istituti medico-psico-pedagogici e al per­sonale operante nel settore delle scuole spe­ciali. Il corso si è svolto dall'ottobre al mar­zo 1969.

L'Amministrazione Provinciale di Milano ha curato la pubblicazione delle interessanti le­zioni. (Per richieste, rivolgersi a detta Ammi­nistrazione, corso Monforte, Milano).

 

 

 

LIGUE INTERNATIONALE DE L'ENSEIGNEMENT, DE L'EDUCATION ET DE LA CULTURE POPULAIRE SEZIONE ITALIANA Via Ponza, 4 - 10121 Torino

 

MOZIONE

I partecipanti al Convegno di studi «Fan­ciulli minorati e fanciulli soli» organizzato dalla Sezione Italiana della Ligue Internationale de l'enseignement, de l'éducation et de la culture populaire, tenutosi il 3 - 4 - 5 ottobre 1969 a Spartaia Procchio, Isola d'Elba, udite e discus­se le relazioni del Consigliere di Cassazione dr. Emilio Germano e della prof. Tina Tomasi, le approvano pienamente.

Rilevato il carattere profondamente inno­vatore della legge 5 giugno 1967 n. 431 sull'adozione speciale, che per la prima volta ha riconosciuto l'interesse e il diritto preminente dei fanciulli soli ad essere inseriti in valide famiglie e, di conseguenza, nella comunità, con­statano tuttavia che la legge è tuttora scarsa­mente e malamente applicata per i seguenti principali motivi:

a) scarsa sensibilità al problema di una parte della magistratura, specie nei suoi organi direttivi, con la conseguente mancanza di ini­ziativa nell'adempimento dei precisi doveri at­tribuitale dalla legge;

b) assoluta insufficienza numerica dei magistrati e di tutto il personale addetto agli uffici delle tutele, ai tribunali e alle procure per i minorenni;

c) gravissime carenze di mezzi degli stessi uffici;

d) interessate resistenze dei troppi isti­tuti di assistenza e di pseudo assistenza all'in­fanzia, e passività degli organi preposti al con­trollo;

e) inadeguatezza e, in molti casi, addi­rittura inesistenza presso gli enti pubblici di assistenza di servizi specializzati, che dovreb­bero essere composti da assistenti sociali (il cui titolo dovrà essere riconosciuto), psicolo­ghi, neuropsichiatri infantili, educatori e da altro personale idoneo.

I partecipanti constatano che l'applicazione della legge predetta ha messo in maggiore evi­denza le gravissime deficienze del settore assi­stenziale e particolarmente l'assenza di indirizzi e di interventi unitari, causata dalle assurde distinzioni fra assistenza ai legittimi, ai nati fuori del matrimonio, agli orfani, per i quali ultimi esistono oltre venticinque enti nazionali di assistenza, talchè i minori in stato di abban­dono o di bisogno ricevono prestazioni cosid­dette assistenziali qualitativamente e quantita­tivamente differenti, pur trovandosi in uguale situazione di fatto.

Le prestazioni sono, inoltre, per lo più limi­tate al semplice ricovero dei minori anziché volte a promuovere la maturazione della loro personalità ed il loro inserimento sociale.

Tale situazione determina altresì lo spreco dei già insufficienti stanziamenti finanziari, di­spersi in iniziative non coordinate, non control­late e molto spesso pregiudizievoli per i minori e per la società intera.

I partecipanti constatano inoltre che, per quanto concerne i fanciulli handicappati (cioè con difficoltà psico-fisiche o socio-ambientali), l'assistenza si concreta di solito nella creazione di artificiose e diseducative isole di segrega­zione, che impediscono i normali processi di strutturazione della personalità e di socializza­zione, con la conseguenza che la collettività stessa resta estranea e quindi insensibile a questi problemi.

Constatano, inoltre, l'inesistenza di qual­siasi disposizione legislativa per gli insufficienti mentali, in violazione della Costituzione, che ri­chiede interventi idonei sul piano sanitario, edu­cativo, scolastico professionale, lavorativo e sociale per un inserimento attivo e il più auto­nomo possibile nella comunità.

Pertanto i partecipanti ravvisano la neces­sità urgente, perentoria e prioritaria che il Par­lamento provveda:

1) a ristrutturare gli uffici giudiziari mi­norili, adeguandoli nelle finalità, nei programmi, nei metodi, nel personale e nei mezzi alle ne­cessità di tutela giuridica delle esigenze fonda­mentali di vita e di sviluppo di tutti i fanciulli e particolarmente di quelli soli, bandendo ogni residuo intervento repressivo e punitivo;

2) a provvedere ad una radicale riforma del sistema assistenziale che renda effettivo il diritto all'assistenza sociale di chiunque si trovi in condizioni di bisogno. Le prestazioni assi­stenziali, ad evitare abusi, dovranno essere cor­risposte non secondo artificiose classificazioni ma in base all'effettivo bisogno, a precise nor­me stabilite dalla legge e mediante personale specificamente preparato.

Gli interventi operativi dovranno essere svolti esclusivamente a livello delle unità socio­assistenziali locali, consentendo, in ogni possi­bile caso, l'autogestione dei servizi.

Conseguentemente dovranno essere sop­pressi tutti gli innumerevoli enti di assistenza e beneficenza.

La riforma generale della scuola dovrà con­sentire anche ai fanciulli handicappati di otte­nere una completa formazione mediante una idonea preparazione degli insegnanti e di tutto il personale educativo e mediante un insegna­mento opportunamente individualizzato.

 

 

I SERVIZI MEDICO-SOCIALI PER L'INFANZIA E LA FAMIGLIA

 

Ad iniziativa del C.N.D.I. e della Associa­zione Italiana Dottoresse in Medicina e Chirur­gia e del Centro Documentazione Professione Medica ha avuto luogo a Roma il 15 e 16 no­vembre scorso un Convegno europeo sul tema: «Lo Stato e i Servizi Medico-sociali per l'in­fanzia e la Famiglia» a cui avevano concesso il proprio patrocinio il Ministro della Sanità e la Federazione Nazionale degli Ordini dei Me­dici.

Il Convegno, aperto con un saluto dei pre­sidenti delle associazioni organizzatrici, dott. prof. Carla Jantaffi, Liliana Richetta e prof. Ugo Peratoner, è proseguito con un intervento della sen. Maria Pia Dal Canton, sottosegretario al­la Sanità, la quale ha puntualizzato l'impor­tanza che il confronto dei vari sistemi europei di assistenza all'infanzia e alla famiglia riveste per l'Italia in questo particolare momento, in cui si sta ponendo mano alla riforma di questi servizi.

Ha preso quindi la parola il dott. Hans Wiebringhaus, capo della Divisione Affari So­ciali del Consiglio d'Europa, il quale ha trac­ciato un quadro molto completo degli accordi internazionali firmati anche dall'Italia, sulle cui linee si svolge la politica sociale dei paesi legati al Consiglio d'Europa. E' seguita quindi la relazione del dott. Bruno Baruchello, vice­presidente della Federazione Nazionale Ordini Medici, che ha prospettato il quadro della le­gislazione italiana nei cui limiti, ancor oggi, è costretta a muoversi l'assistenza in Italia.

Nel pomeriggio sono seguiti i rapporti dei delegati esteri, e cioè, per l'Austria: la dott. Marianne Wagner, che è membro del Servizio Sociale austriaco; per il Belgio: M.lle Francine Goossens, consigliere giuridico dell'Opera Na­zionale Belga per l'infanzia e rappresentante del Ministero Belga de la Famille et du Loge­ment; per la Francia: M. Charles, direttore generale dei Servizi per la Famiglia, gli An­ziani e per l'Azione Sociale del Ministero des Affaires Sociales; la dott. Lena Ohnesorge, ex-­ministro per gli Affari Sociali dello Stato di Schleswig-Holstein nella Germania Federale, la quale non era presente, ma ha mandato un'ampia relazione. Hanno parlato anche, rife­rendo sulle particolari condizioni in cui si svolge la loro avanzatissima assistenza socia­le, il sig. Nils Magnusson, svedese, direttore del Centro Sociale della città di Malmö e la svizzera dott. Ruth Siegrist, direttrice del Centro per l'infanzia minorata del Cantone di Lucerna.

Domenica 16 novembre ha avuto inizio il dibattito, introdotto da una relazione di Jolan­da Torraca a cui, tra gli altri, hanno parteci­pato l'on. Angela Gotelli, presidente dell'O.N.M.I.; il prof. Colarizzi, primario della Clinica pediatrica di Roma; il prof. dott. Menichella, direttore dell'Istituto Provinciale per l'infanzia di Roma; il prof. Deschovich, direttore dell'I.P.I.M. di Bologna; l'avv. Teresa Assensio Brugia­telli; il dott. Celso Coppola del Centro Minorile del Ministero di Grazia e Giustizia, ecc.

Sono state votate le seguenti Conclusioni:

1) E' ormai esperienza ovunque acqui­sita che la migliore e più efficace assistenza al fanciullo è quella che a lui arriva attraverso la famiglia, ove esista, o nuclei per quanto pos­sibile articolati a simiglianza della famiglia stessa; pertanto, anche in tema di assistenza medico-sociale la maggiore importanza deve essere data all'educazione ed all'aiuto alle fa­miglie nell'adempimento dei loro compiti di allevamento, di educazione e di cure del fan­ciullo.

2) Che l'Italia, ratificando la Carta So­ciale dell'Europa, ha assunto precise obbliga­zioni giuridiche in merito alla protezione delle famiglie e dell'infanzia ed all'organizzazione dei servizi sociali articoli 7, 8, 14 e 16 della Carta sociale) ed, a tal fine, lo Stato italiano deve adottare provvedimenti urgenti che - in at­tesa dell'auspicato riassetto organico del set­tore - permettano una efficace e fattiva tutela della famiglia e dell'infanzia nell'ambito dei servizi assistenziali.

3) Che l'organizzazione dell'assistenza, in ottemperanza a quanto statuito dalla sopra ricordata Carta d'Europa articolo 10) e dalla Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo (art. 5), che l'Italia ha ratificato, deve particolarmente riguardare la tutela dei fanciulli handicappati.

4) Che si appalesa la necessità urgente ed inderogabile della istituzione di un organo centrale, che, con norme e tecniche aggior­nate, provveda al coordinamento ed al controllo delle istituzioni assistenziali esistenti, onde porre rimedio alla grave crisi dei servizi as­sistenziali.

 

 

 

FONDAZIONE «EMANUELA ZANCAN» CENTRO STUDI E FORMAZIONE SOCIALE PADOVA - Riv. T. Livio, 17 - Telef. 663-800

 

ATTIVITA' CULTURALI 1970

La Fondazione «E. Zancan» ha formulato il programma delle attività culturali che realiz­zerà durante l'estate 1970.

I corsi e seminari di studio sono i seguenti:

1) 28 giugno - 4 luglio: Seminario di studio su: «Servizio sociale e problemi di riedu­cazione collegati alla legge Merlin».

2) 12-18 luglio: Secondo seminario di studio su: «La supervisione degli assistenti so­ciali negli enti. - La direzione del personale nel campo del servizio sociale».

3) 19-25 luglio: Seminario di studio su: «Va­lori umani ed equilibrio personale dell'as­sistente sociale nella pratica professio­nale».

4) 23-29 agosto: Corso di aggiornamento su: «Il servizio sociale parrocchiale».

5) 30 agosto - 5 settembre: Seminario di stu­dio su: «Preparazione al servizio sociale nel contesto dell'attuale realtà italiana» (per un gruppo di Scuola del Nord).

6) 6-11 settembre: Terzo seminario di studio e approfondimento su: «L'unità locale di servizi».

7) 12-18 settembre: Secondo seminario di stu­dio su: «Il servizio sociale scolastico».

8) 19-25 settembre: Secondo seminario di stu­dio su: «Il servizio sociale ospedaliero».

9) 11-17 ottobre: Corso di aggiornamento su: «Aspetti sociali del Progetto '80».

10) 17-23 ottobre: Corso di orientamento alla supervisione di allievi delle scuole di ser­vizio sociale.

11) 4-30 ottobre: Seminario di studio su: «Basi teoriche del servizio sociale di gruppo e loro utilizzazione nel campo psichiatrico».

- I primi 8 corsi e seminari si svolgeranno presso il CENTRO STUDI della Fondazione «E. ZANCAN» a MALOSCO (Trento);

il 9° e il 10° si svolgeranno a SORRENTO (Napoli), presso l'Hotel Tramontano;

l'11° si svolgerà a SIENA, presso l'Uni­versità.

- Le iscrizioni dovranno essere effettuate, me­diante il versamento della quota di adesione di L. 5000 sul c/c postale n. 9/5147 inte­stato a: CENTRO STUDI FONDAZIONE «E. ZANCAN» - PADOVA, alle seguenti sca­denze»:

- entro il 31 maggio per i corsi e semi­nari di giugno e luglio;

- entro il 30 giugno per quelli di agosto e settembre ;

- entro il 31 luglio per quelli di ottobre.

- Più ampie indicazioni circa il contenuto dei seminari, i docenti, la destinazione, la documentazione, le quote, ecc., saranno con­tenute nel dépliant che sarà diffuso entro il mese di marzo p.v.

- Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Se­greteria della Fondazione «E. ZANCAN» - 35100 Padova - Riv. T. Livio, 17 - Tel. 663-800.

 

 

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