Prospettive assistenziali, n. 8-9, ottobre 1969-marzo 1970

 

 

PROPOSTE DI LEGGE

 

UNA PROPOSTA DI LEGGE ORGANICA PER LA RIFORMA GENERALE DEL SETTORE ASSISTENZIALE

 

 

La proposta di legge n. 1676 si compone di due parti:

- la prima (artt. da 1 a 13 e da 30 a 59), elevando, in osservanza al precetto costituzionale, l'attività assistenziale a funzione pubblica, in­dica gli aventi diritti, ne prevede i contenuti e disciplina l'organizza­zione (legge-quadro);

- la seconda (artt. da 14 a 29) si riferisce agli interventi per gli handi­cappati psichici, fisici, sensoriali e per i disadattati sociali.

Nella proposta di legge non è stata indicata la funzione della bene­ficenza (prestazioni volontarie e discrezionali) che dovrebbe essere di­stinta da quella assistenziale (interventi ai quali il soggetto ha diritto).

E' auspicabile che quando la proposta 1676 verrà discussa sia intro­dotto il principio secondo il quale: «La beneficenza è privata ed è libera. Allo Stato, alle Regioni, alle province, ai Comuni, agli enti pubblici o finanziati con pubblico denaro è vietata qualsiasi prestazione a persone o a enti di beneficenza».

Vi è da osservare che la proposta 1676 è strutturata in modo da consentire, con la previsione delle unità socio-assistenziali locali, una effettiva partecipazione dei cittadini alla definizione degli interventi ope­rativi, e, di conseguenza, la determinazione dal basso della programma­zione nazionale. Viene resa così possibile una assistenza alla famiglia e nella famiglia, mettendo in crisi la sopravvivenza delle attuali istituzioni di ricovero. (Sono forse dovute a ciò le reazioni del Ministero dell'in­terno, dell'U.N.E.B.A. e dell'I.C.A.S.?).

E viene soprattutto resa possibile una reale politica di interventi preventivi sulle cause socio-ambientali disadattanti che, se attuata, con­sentirà una drastica riduzione del numero degli emarginati.

 

 

PROPOSTA DI LEGGE N. 1676

d'iniziativa dei deputati FOSCHI E ALTRI

Presentata il 7 luglio 1969

Organizzazione del settore dell'assistenza sociale e interventi per le persone in con­dizione o situazione di incapacità e, in particolare, per i disadattati psichici, fisici, sensoriali e sociali.

 

 

TITOLO I

DELL'ASSISTENZA SOCIALE

 

Capo I.

Disposizioni generali.

 

Art. 1.

(Funzioni degli Organi dell'assistenza sociale)

Gli organi dell'assistenza sociale nell'am­bito di loro competenza prevengono, rimuovo­no e mitigano le cause e gli effetti degli im­pedimenti, temporanei o permanenti, di carat­tere personale, economico, familiare, ambien­tale, che non consentono ai cittadini di inserirsi nella vita familiare, scolastica, sociale, lavo­rativa.

 

Art. 2.

(Aventi diritto)

Hanno diritto alle prestazioni di assistenza sociale:

a) le persone ed i nuclei familiari privi di risorse economiche;

b) le persone che presentano disadatta­menti psichici, fisici, sensoriali o sociali e cioè tutti i soggetti che, per l'insufficienza delle loro attitudini o per disturbi della loro condotta, necessitano di un particolare intervento per potersi inserire - nei limiti delle loro possi­bilità - nella vita sociale;

c) le persone prive di adeguata assisten­za da parte del loro nucleo familiare o espo­ste ad esserlo;

d) le persone non in grado, per incapa­cità, di tutelare i propri interessi;

e) gli immigrati e i loro nuclei familiari, nonché i nuclei familiari degli emigrati in con­dizioni di incapacità;

f) i nuclei familiari durante le malattie che rendono inidonee le persone che provve­dono alla cura dei minori e di altri componenti del nucleo familiare abbisognevoli;

g) i nuclei familiari nei loro rapporti con la scuola;

h) le persone e i nuclei familiari che hanno problemi concernenti l'istituto familiare (separazione, tutele, curatele, affidamenti, ado­zione speciale, affiliazione, ecc.).

 

Art. 3.

(Caratteri delle prestazioni)

Le prestazioni di assistenza sociale devo­no, per qualità di estensione, sempre essere rapportate alle caratteristiche di ogni singolo caso e devono altresì tener conto delle parti­colari esigenze del cittadino, delle sue con­dizioni familiari e dell'ambiente in cui è abi­tuato a vivere.

I servizi di assistenza sociale devono ope­rare di preferenza nell'ambito dei nuclei fa­miliari e avere strutture, modalità di attuazione

e continuità tali da assicurare il superamento delle situazioni o delle condizioni che hanno determinato le prestazioni e, ove necessario, anche il consolidamento dei risultati raggiunti.

 

Art. 4.

(Organi erogatori)

L'assistenza sociale è svolta attraverso gli organi indicati nella presente legge, a favore degli aventi diritto che risiedono in luogo sul quale ricade la competenza territoriale dell'or­gano medesimo.

In caso di urgenza gli interventi sono at­tuati dall'organo nel cui territorio si trova occa­sionalmente il cittadino, ma le relative spese vengono addebitate a quello erogatore compe­tente.

L'autorità giudiziaria affida la diagnosi e il trattamento dei minori disadattati di sua com­petenza ai servizi sociali di cui all'art. 36 della presente legge.

Le spese per prestazioni di assistenza so­ciale sono obbligatorie.

 

Art. 5.

(Classificazione delle prestazioni)

Le prestazioni di assistenza sociale com­prendono:

a) la prevenzione;

b) il reperimento e la diagnosi;

c) il trattamento, con le modalità e le estensioni nel tempo previste dall'ultimo com­ma dell'articolo 3.

Tutte le prestazioni devono realizzarsi con la partecipazione diretta dell'avente diritto. In particolare a questi, o a chi lo rappre­senta, è riconosciuta la facoltà di scegliere la prestazione, purché tale scelta non produca ingiustificato aggravio di oneri, e di rifiutare le prestazioni medesime in tutto o in parte.

 

Art. 6.

(Prestazioni economiche temporanee)

A coloro i quali, per temporanea incapa­cità e impossibilità, non sono in grado di pro­curarsi con le proprie forze i mezzi per la sussistenza, debbono essere erogate prestazio­ni economiche in denaro e, in casi eccezionali, in tutto o in parte, in natura.

Tali prestazioni sono corrisposte anche a fa­vore di coloro i quali sono:

a) in attesa di pensione sociale;

b) privi di mezzi di sussistenza perchè le persone tenute agli alimenti, o comunque obbligate e in grado di provvedere, non adem­piono i loro obblighi.

Le prestazioni economiche, che per le per­sone in attesa di pensione INPS non possono superare l'ammontare della pensione medesi­ma e, di massima, la durata di mesi tre, de­vono essere integrate da prestazioni di ser­vizi che rendano autosufficiente al più presto la persona e il loro nucleo familiare.

Nei casi previsti sub a) e b) è fatto salvo il diritto di rivalsa dell'ente erogatore, che de­ve obbligatoriamente essere esercitato, rispet­tivamente sull'INPS e sull'obbligato.

 

Art. 7.

(Prevenzione)

L'azione di prevenzione è attuata dagli or­gani di cui alla presente legge sia direttamen­te sia sollecitando l'intervento di altri organi ed enti, anche non assistenziali.

Sul piano generale, individuale o familiare, essa è diretta a:

a) assicurare ad ogni persona le condi­zioni necessarie per il proprio sviluppo e l'in­serimento nella famiglia e nella società;

b) rimuovere le cause personali, fami­liari e socio-ambientali disadattanti;

c) promuovere la tutela in sede giuri­dica delle persone non in grado di proteggere e difendere i propri interessi;

d) ricercare idonee famiglie adottive per i minori, compresi i disadattati, che siano privi dell'assistenza dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi.

e) ricercare idonee famiglie, anche tra non parenti, per l'affidamento educativo dei mi­nori, la permanenza dei quali non sia consiglia­bile per accertata inidoneità dei genitori e dei nuclei familiari, ovvero non sia possibile per temporanea incapacità dei medesimi;

f) fornire alla magistratura i dati risul­tanti da inchieste sociali utili alla soluzione di problemi concernenti l'istituto familiare (ado­zione, adozione speciale, affidamento, affiliazio­ne, curatela, tutela, separazione, ecc.) ;

g) offrire prestazioni a domicilio di ausi­liari familiari nei casi in cui, per parte della giornata, il nucleo familiare non possa provve­dere all'assistenza dei soggetti abbisognevoli;

h) promuovere periodicamente l'aggior­namento delle norme vigenti sulla prevenzione degli infortuni nelle abitazioni, nelle scuole, nel lavoro e in ogni altra sede;

i) promuovere norme anti-infortunistiche sugli oggetti per i minori, ivi compresi i ma­teriali di gioco;

l) favorire le migliori condizioni sanita­rie e ambientali della popolazione e la sua edu­cazione sanitaria;

m) informare i giovani e gli adulti sui problemi relativi all'assistenza sociale.

 

Art. 8.

(Segnalazione)

Provvedono alla segnalazione delle perso­ne prive di adeguata assistenza da parte del loro nucleo familiare e dei disadattati:

a) i genitori e gli esercenti la patria po­testà;

b) il personale sanitario pubblico e pri­vato;

c) il personale addetto ai servizi di assi­stenza;

d) il personale delle pubbliche e private istituzioni prescolastiche, scolastiche e para­scolastiche;

e) il personale di pubblica sicurezza;

f) i magistrati.

La segnalazione deve essere fatta all'or­gano che ha la competenza di cui al prece­dente articolo 4.

Le persone sopra indicate, ad eccezione di quelle di cui alla lettera a), sono tenute ad ef­fettuare la segnalazione entro 10 giorni dal mo­mento nel quale sono venute a conoscenza del caso, a motivo del loro ufficio, e a mezzo del superiore diretto se sono dipendenti dalla pub­blica amministrazione.

Ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pub­blico servizio inadempienti si applicano le nor­me di cui all'articolo 328 del codice penale. Ogni cittadino ha facoltà di segnalare i casi comunque venuti a sua conoscenza. L'identità della persona che effettua la se­gnalazione, sia per obbligo sia per esercizio di facoltà, non può essere rivelata per alcuna ragione.

 

Art. 9.

(Reperimento organizzato)

Indipendentemente dalle segnalazioni, deve essere svolto, attraverso una ricerca sistema­tica e periodica su tutta la popolazione, il re­perimento organizzato dei soggetti disadattati, dei minori e delle persone in situazioni di bi­sogno e devono essere individuate le cause e le condizioni ambientali disadattanti.

La periodicità minima del reperimento è semestrale, le Regioni, cui compete stabilire modalità ed estensione, possono disporre pe­riodicità più frequenti.

Parimenti vanno reperiti inadempienti all'obbligo scolastico o che frequentano con ir­regolarità non giustificata la scuola.

Oltre coloro che esercitano la patria pote­stà o i poteri tutelari, rispondono dell'inadempi­mento anche i datori di lavoro e i dirigenti delle istituzioni di utilità sociale.

Il servizio di reperimento notifica a tutti i responsabili la rilevata inadempienza, dando otto giorni di tempo per l'avviamento del mi­nore alla scuola, decorsi inutilmente i quali, deferisce il caso al giudice tutelare del luogo in cui si trova il minore.

Entro i cinque giorni successivi al deferi­mento il giudice applica ai responsabili l'am­menda di cui all'articolo 731 del codice penale.

Le disposizioni degli articoli 174, 182, 184, 185, 186 del regio decreto 5 febbraio 1928, n. 557, sono abrogate.

 

Art. 10.

(Diagnosi e indicazioni di trattamento)

La diagnosi e le indicazioni di trattamento, se relative ai minori, devono essere comuni­cate a chi esercita la patria potestà e i poteri tutelari; al curatore, se si riferiscono a perso­na inabilitata.

Le indicazioni di diagnosi e di trattamento formulato hanno valore vincolante ai fini am­ministrativi e tecnici per gli organi chiamati ad intervenire, tenuto presente quanto previsto dall'ultimo comma dell'articolo 5.

 

Art. 11 (1).

(Affidamenti adottivi ed educativi)

L'accertamento della idoneità dei nuclei fa­miliari di origine e quello della idoneità delle famiglie affidatarie, di cui alle lettere d) e) dell'articolo 7, devono essere operati dagli organi indicati dall'art. 35 della presente legge, con le tecniche pedagogiche e di servizio sociale.

Agli effetti delle prestazioni mutualistiche e previdenziali l'affidato è equiparato al figlio legittimo.

 

Art. 12.

(Accoglimento in istituto)

I soggetti disadattati, quando per validi mo­tivi non sono possibili e vengono sconsigliati la permanenza nella famiglia di origine ov­vero gli affidamenti ad altre famiglie, dovran­no essere avviati ad istituti per normali, a meno che non sia, nel loro interesse, diversa­mente consigliato.

I minori non possono essere ospitati in istituti destinati, o che accolgono di fatto an­ziani, anche se presso detti istituti esistessero sezioni separate.

La destinazione in istituti di rieducazione è vietata per i minori di anni 14.

 

Art. 13.

(Tipi di istituto)

Gli istituti si distinguono in:

a) focolari: comunità educative per mi­nori, aventi caratteristiche familiari che pos­sono accogliere un massimo di otto soggetti, le cui attività si svolgono tutte e sistematica­mente nell'ambito sociale esterno;

b) pensionati: comunità destinate ad adulti o ad anziani, ospitanti un massimo di 12 soggetti, i quali partecipano sistematica­mente alla vita sociale esterna;

c) esternati: i cui ospiti rientrano in fa­miglia ogni giorno;

d) semi-internati: i cui ospiti rientrano in famiglia ogni fine settimana;

e) internati aperti: i cui ospiti frequen­tano la scuola e il lavoro all'esterno e svol­gono le attività del tempo libero presso isti­tuzioni o aziende esterne, inserite nell'ambiente sociale esterno;

f) internati chiusi: i cui ospiti svolgono attività scolastiche, lavorative e di tempo li­bero, in tutto o per la maggior parte all'interno dell'istituto medesimo.

Gli ospiti degli istituti di cui alle lettere c), d), e), f), sono ripartiti in gruppi non superiori a 15 soggetti; ogni gruppo è affidato a educa­tori che abbiano conseguito la specializzazione presso apposita scuola.

Ciascun tipo di istituto deve:

1) accogliere soggetti provenienti dallo stesso contesto sociale nel quale è situato;

2) adottare misure atte a favorire il man­tenimento e il consolidamento di vincoli af­fettivi tra i soggetti ospitati e i loro nuclei familiari;

3) adoperarsi perchè i soggetti possano reinserirsi nelle famiglie di origine o essere affidati in adozione o per educazione se minori, e, infine, pervenire ad una autonoma sistema­zione nella società.

 

Capo II.

Disposizioni per gli impediti e i disadattati.

 

Art. 14.

(Pensione sociale)

Ai disadattati psichici, fisici e sensoriali. che hanno compiuto il diciottesimo anno di età e sono in situazione di incapacità totale e permanente al lavoro, viene corrisposta la pen­sione sociale e prevista dall'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153. Questa verrà mag­giorata ove ai medesimi sia riconosciuta la necessità di un accompagnatore o di un assi­stente permanente.

 

Art. 15.

(Prestazioni abilitative e riabilitative)

Ai disadattati sono specialmente forniti trattamenti abilitativi e riabilitativi che com­prendono:

a) le prestazioni educative, mediche, psi­cologiche e di servizio sociale;

b) la educazione e la rieducazione psico­motoria, gestuale e sensoriale;

c) ogni altra idonea prestazione;

d) la fornitura di apparecchi individuali.

I trattamenti di cui sopra hanno inizio, quale che sia l'età del soggetto, appena il ser­vizio diagnostico e di trattamento ne ha accer­tato la necessità.

I trattamenti sono diretti ad eliminare o a ridurre in tutta la misura del possibile o a compensare le difficoltà, affinché i soggetti possano inserirsi nella vita sociale e nel la­voro.

Per quanto concerne l'adattamento e il ria­dattamento professionale sarà data applica­zione all'omonima raccomandazione n. 99 della Conferenza internazionale del lavoro.

I trattamenti abitativi sono effettuati di norma senza allontanare il soggetto dal suo nucleo familiare; possono perciò avere luogo a seconda delle necessità, ambulatorialmente presso le istituzioni prescolastiche o scolastiche, presso i laboratori protetti e a domicilio

Nel caso che il soggetto sia accolto in istituto e non sia possibile attuare le prestazioni in esternato, i trattamenti sono effettuati nell'istituto stesso.

 

Art. 16.

(Istituzioni prescolastiche e scolastiche normali)

Ai disadattati che ne siano in grado è assi­curala la frequenza, insieme con i soggetti non disadattati, della scuola materna, elemen­tare, media inferiore e superiore, dell'univer­sità e di ogni altra scuola di ordine e grado. Devono essere predisposti gli adattamenti materiali ed i mezzi per rendere possibile detta frequenza.

La frequenza delle istituzioni prescolasti­che è facoltativa, ma le eventuali domande di ammissione alle scuole materne, pubbli­che o private, devono essere accolte in via prioritaria.

L'istituzione delle sezioni e classi speciali presso le istituzioni prescolastiche normali, di cui agli articoli seguenti, deve favorire atti­vità e apprendimenti comuni e l'educazione morale e sociale reciproca tra i normali e gli altri.

 

Art. 17.

(Istituzioni prescolastiche speciali)

Previo accertamento da parte dei servizi diagnostici e di trattamento, i disadattati di età inferiore ai sette anni, per i quali la frequenza di cui all'articolo precedente sia dannosa, sono inseriti in sezioni speciali, che, istituite presso le scuole materne normali, pubbliche o private, non possono nel loro complesso superare il 50 per cento delle sezioni normali.

Il numero massimo dei bambini disadattati in ciascuna scuola materna normale non deve superare i 24 e ad ogni sezione non possono essere iscritti più di 8 bambini.

Per i casi più gravi, sempre che la fre­quenza delle sezioni speciali sia dannosa, sono istituite scuole materne speciali autonome.

Ad ogni sezione di cui al comma prece­dente non possono essere iscritti più di 10 bambini.

Il numero massimo di sezioni per ciascuna scuola materna speciale autonoma è di 6.

I soggetti dovranno essere sottoposti ad attenta e continua vigilanza anche da parte del personale scolastico al fine di inserire, ap­pena possibile, quelli delle scuole materne speciali e quelli delle sezioni speciali in quelle normali.

Le istituzioni prescolastiche speciali fun­zionano per undici mesi all'anno e garantiscono una permanenza di almeno otto ore giornaliere, compreso il servizio di refezione.

 

Art. 18.

(Classi e scuole elementari speciali)

Previo accertamento dei servizi diagnostici e di trattamento, i disadattati dall'età di anni 6 e per la durata massima di sei anni, per i quali non è proficua la frequenza di cui all'articolo 16 della presente legge, sono inseriti in classi spe­ciali presso le scuole elementari normali.

Nei grossi centri le classi speciali sono istituite a cicli completi presso una delle scuo­le elementari della zona.

Ad ogni sezione non possono essere iscrit­ti più di 10 bambini.

Può essere istituito al massimo il 50 per cento di classi speciali in rapporto a quelle normali; inoltre il numero massimo di allievi disadattati in ciascuna scuola elementare nor­male deve essere di 80.

Per i casi più gravi, sempre che la fre­quenza delle classi speciali non sia proficua, sono istituite scuole elementari speciali auto­nome.

Ad ogni classe delle scuole di cui al com­ma precedente non possono essere iscritti più di 10 bambini.

Il numero massimo di classi per ciascuna scuola elementare speciale autonoma è di 8. I soggetti dovranno essere sottoposti ad attenta e continua osservazione anche da parte del personale scolastico al fine di inserire, ap­pena possibile, gli alunni delle scuole elemen­tari speciali autonome nelle classi speciali e quelli delle classi speciali in quelle normali. Le classi e scuole elementari speciali fun­zionano per undici mesi all'anno e garantisco­no una permanenza di almeno otto ore giorna­liere, compreso il servizio di refezione.

Nel periodo di chiusura delle scuole ele­mentari normali la frequenza è facoltativa.

 

Art. 19.

(Programmi e attrezzature delle classi e delle scuole elementari speciali)

Con decreto del Presidente della Repub­blica, su proposta del ministro della pubblica istruzione, di concerto con il ministro della sanità e dell'assistenza sociale, saranno ema­nati entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge i programmi delle classi e scuole elementari speciali per insufficienti mentali e gli adattamenti per i disadattati fisici e sensoriali.

I programmi dovranno essere indicativi e prevedere:

a) attività volte a sviluppare la padro­nanza corporale e l'abilità gestuale e sensoriale, al fine di assicurare un'educazione psico-mo­toria e sensoriale di base, quale condizione di appoggio per gli apprendimenti successivi;

b) attività dirette alla formazione della personalità, all'espressione dell'io, alla rela­zione con gli altri, all'integrazione nel mondo sociale e, nel limite del possibile, anche a for­nire le tecniche di base della vita intellettuale (lettera, scrittura, calcolo) ;

c) attività pratiche dirette all'acquisizio­ne della conoscenza dell'ambiente e dei mezzi per risolvere i problemi fondamentali della vita quotidiana;

d) attività prelavorative di addestramen­to, individuali e collettive, attività artigianali e lavori in serie.

Le scuole e le classi elementari speciali devono essere dotate di attrezzature idonee allo svolgimento del programma.

 

Art. 20.

(Scuole medie inferiori)

Previo accertamento dei servizi diagnostici e di trattamento, i disadattati per i quali non è proficua la frequenza della scuola media in­feriore normale, sono iscritti in classi speciali presso dette scuole medie.

A dette classi speciali accedono altresì i minori che hanno terminato la frequenza delle classi elementari speciali e che sono in grado, con un insegnamento differenziale, di appren­dere quanto previsto dal programma vigente della scuola media inferiore.

Ad ogni sezione non possono essere iscritti più di 15 allievi. Può essere istituito al massi­mo il 50 per cento di sezioni speciali in rap­porto a quelle normali; inoltre il massimo degli allievi disadattati in ciascuna scuola media normale deve essere di 90.

Per i disadattati fisici e sensoriali più gra­vi, sempre che la frequenza delle classi spe­ciali non sia proficua, sono istituite scuole me­die speciali autonome.

Ad ogni classe della scuola di cui al com­ma precedente non possono essere iscritti più di 10 allievi.

Il numero massimo di classi per ciascuna scuola media speciale autonoma è di otto.

Le classi e scuole medie inferiori funzio­nano per undici mesi all'anno e garantiscono una permanenza di almeno otto ore giorna­liere, compreso il servizio di refezione.

Nel periodo di chiusura delle scuole medie inferiori normali, la frequenza è facoltativa.

 

Art. 21.

(Scuole pre-professionali speciali)

Previo accertamento dei servizi diagnostici e di trattamento, per gli insufficienti mentali per i quali non sono proficue le soluzioni di cui al precedente articolo 20, sono istituiti, quale prosecuzione della scuola dell' obbligo, corsi pre-professionali della durata di due anni.

A detti corsi pre-professionali accedono gli allievi che hanno terminato con qualsiasi esito il ciclo elementare di cui all'articolo 18 della presente legge.

Il calendario e l'orario scolastico sono uguali a quelli previsti dall'articolo 20.

 

Art. 22.

(Scuole professionali speciali)

Previo accertamento dei servizi diagnostici e di trattamento, per i disadattati che non sono in grado di proseguire gli studi superiori o di accedere ai normali istituti professionali, sono istituite sezioni speciali presso i normali istituti professionali e, quando ciò non sia consiglia­bile, scuole professionali speciali.

La durata minima è di due anni e quella massima di sei.

A dette sezioni speciali e scuole professio­nali speciali accedono inoltre gli insufficienti mentali che hanno frequentato i corsi pre-pro­fessionali.

Per i soggetti di cui ai precedenti commi, la frequenza delle sezioni speciali e delle scuole professionali speciali rientra nell'obbligo sco­lastico.

I corsi pre-professionali di cui all'artico­lo 21 della presente legge sono parte inte­grante delle sezioni speciali presso scuole pro­fessionali normali e delle scuole professionali speciali.

Del consiglio di amministrazione delle scuole professionali speciali devono far parte rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli imprenditori nonché rappre­sentanti dei disadattati fisici e sensoriali e delle famiglie dei disadattati psichici.

Le scuole professionali speciali assicurano inoltre i servizi seguenti:

a) orientamento professionale;

b) qualificazione e riabilitazione anche nei confronti dei lavoratori invalidi;

c) ricerche di mercato e analisi delle professionali.

Il calendario è l'orario scolastico sono uguali a quelli previsti dall'articolo 20.

Art. 23.

(Programmi e attrezzature dei corsi pre-pro­fessionali e delle scuole professionali speciali)

Con decreto del Presidente della Repub­blica, su proposta del ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i mi­nistri della pubblica istruzione e della sanità e dell'assistenza sociale, sarà emanato, entro un anno dalla entrata in vigore della presente leg­ge, il programma dei corsi pre-professionali e della scuola professionale speciale.

Il programma dovrà essere indicativo e tale da assicurare:

a) la continuità del programma di cui all'articolo 19 della presente legge sia negli scopi educativi, con una maggiore accentuazione de­gli aspetti sociali, sia nel consolidamento della cultura di base;

b) le attività volte a sviluppare la padro­nanza corporale e l'abilità gestuale al fine dell'addestramento lavorativo;

c) la preparazione per l'inserimento nel lavoro normale e, ove ciò non sia possibile, la preparazione per l'avviamento ai laboratori protetti.

I corsi pre-professionali e la scuola profes­sionale speciale devono essere dotati di attrez­zature idonee allo svolgimento dei programmi.

 

Art. 24.

(Scuole presso istituzioni ospedaliere, oppure a domicilio)

Il provveditore agli studi, d'intesa con la direzione delle istituzioni ospedaliere, provvede alle istituzioni di classi o pluriclassi della scuo­la dell'obbligo per i minori ricoverati.

L'insegnamento sarà diretto, a seconda dei casi, allo svolgimento del programma o a te­nere gli allievi aggiornati su parte del pro­gramma stesso.

Per i minori impediti nelle loro condizioni personali alla frequenza della scuola ordinaria o speciale dell'obbligo, il provveditore agli stu­di, d'intesa con il nucleo familiare, provvede a che sia loro impartito l'insegnamento a do­micilio.

 

Art. 25.

(Inserimento nel lavoro normale)

L'inserimento nel lavoro viene ricercato dalle scuole professionali di cui all'articolo 22 della presente legge in collaborazione con gli uffici di collocamento al lavoro ed i servizi so­ciali di cui alla presente legge.

 

Art. 26.

(Laboratori protetti)

Previo accertamento dei servizi diagnostici e di trattamento, i disadattati, le cui possibilità non permettono l'inserimento nel lavoro nor­male, sono avviati ai laboratori protetti.

I laboratori protetti esplicano attività lavo­rativa adatta alle possibilità dei soggetti e prov­vedono, ogni qualvolta ciò sia possibile, all'inse­rimento dei loro lavoratori nel lavoro normale. I laboratori protetti sono sottoposti alla vigi­lanza dell'ispettorato del lavoro e della commis­sione di cui all'articolo 28.

Ai lavoratori dei laboratori protetti si ap­plicano integralmente le norme professionali, mutualistiche e infortunistiche degli operai delle aziende comuni.

Il lavoro dei laboratori protetti verrà assi­curato con le consuete norme del lavoro co­mune.

Per assicurare la necessaria quantità di la­voro, è consentito, a richiesta dei laboratori protetti, che nelle gare degli enti pubblici e nei lavori a trattativa privata, essi vengano in­vitati e godano, a parità delle altre condizioni, di un diritto di priorità.

Le attività industriali e commerciali dei laboratori protetti sono esenti da ogni onere fiscale, ivi compresa l’IGE.

Ai lavoratori dei laboratori protetti viene corrisposto dal datore di lavoro un salario uguale a quello minimo dei lavoratori dell'in­dustria.

Lo Stato è tenuto a corrispondere al datore di lavoro una differenza fra il salario versato e quello corrispondente al rendimento, in misura fissa, pari al 40 per cento del salario minimo delle rispettive categorie.

Nei laboratori protetti sono istituite sezioni per i disadattati gravissimi, presso le quali po­tranno essere svolte anche attività solo occu­pazionali.

Ai disadattati che per le loro condizioni non possono lasciare il domicilio, i laboratori protetti provvedono a fornire il lavoro e l'at­trezzatura a domicilio.

Lo Stato contribuisce alle spese per gli adattamenti delle attrezzature che devono es­sere modificate per poter essere utilizzate dai disadattati.

 

Art. 27.

(Barriere architettoniche)

Gli edifici pubblici o aperti al pubblico e le istituzioni pre-scolastiche, scolastiche e assi­stenziali di nuova edificazione devono essere costruiti in conformità alla circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 4809 del 19 giugno 1968, relativa al rispetto delle norme sulle barriere architettoniche.

A quelli edificati o appaltati all'entrata in vigore della presente legge devono essere ap­portate le possibili varianti per uniformarli alle prescrizioni del comma precedente.

Gli istituti di nuova costruzione non do­vranno superare i 200 posti.

Le norme di attuazione saranno emanate entro un anno dall'entrata in vigore della pre­sente legge dai ministri competenti.

 

Art. 28.

(Commissioni provinciali permanenti)

Gli accertamenti connessi ai precedenti ar­ticoli 25 e 26 sono eseguiti da commissioni provinciali permanenti la cui composizione sarà definita dalle norme regolamentari della pre­sente legge.

Di ciascuna commissione dovrà far parte un rappresentante del servizio sociale del luogo in cui il soggetto risiede e un rappresentante di ciascuna delle seguenti categorie: associa­zioni del disadattati fisici, associazioni dei dis­adattati sensoriali, associazioni delle famiglie dei disadattati psichici.

Le commissioni provinciali di cui al pre­sente articolo esercitano la vigilanza sulle scuole pre-professionali e professionali spe­ciali e sull'inserimento dei lavoratori disadat­tati nel lavoro normale e nei laboratori protetti. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale esercita l'alta vigilanza sulle attività previste dal presente articolo.

 

Capo III.

Impugnazioni.

 

Art. 29.

(Ricorsi alle Commissioni regionali permanenti)

Le decisioni di cui al precedente articolo possono essere impugnate dai soggetti, dagli esercenti la patria potestà, dai tutori e dai cu­ratori mediante ricorso alle Commissioni regio­nali permanenti.

La composizione di dette commissioni sarà definita dalle norme regolamentari della pre­sente legge. Di essi saranno chiamati a far parte i rappresentanti dei servizi e delle asso­ciazioni, secondo il disposto del primo capo­verso dell'articolo precedente.

 

Art. 30.

(Ricorsi all'autorità giudiziaria)

Il soggetto che, ritenendosi in diritto, viene escluso dalle prestazioni di cui alla presente legge ovvero le riceve, ma senza il rispetto di quanto disposto dall'articolo 5, ultimo comma, può proporre ricorso davanti all'autorità giudi­ziaria.

 

TITOLO II

DELL'ORGANIZZAZIONE

 

Capo I.

Competenze degli organi dell'Assistenza sociale.

 

Art. 31.

(Istituzione della direzione generale della Assistenza sociale presso il Ministero della sanità)

E' istituita presso il Ministero della sanità la direzione generale dell'Assistenza sociale. Il Ministero della sanità assume quindi la nuova denominazione di «Ministero della sanità e dell'assistenza sociale».

Alla direzione generale per l'Assistenza so­ciale sono attribuite le seguenti competenze:

a) definire l'indirizzo programmatico dell'assistenza sociale;

b) svolgere e promuovere ricerche per accertare i bisogni e le cause relative;

c) definire i livelli di efficienza, ai quali in materia di assistenza sociale devono atte­nersi i comuni e i consorzi e le istituzioni di utilità sociale;

d) organizzare i servizi sociali per gli emigrati all'estero in situazione di bisogno;

e) emettere i provvedimenti relativi al riconoscimento giuridico delle istituzioni e as­sociazioni di utilità sociale che esercitano, a livello interregionale e nazionale, attività in ma­teria di assistenza sociale;

f) vigilare che gli enti gestori dei ser­vizi sociali e delle istituzioni di utilità sociale adempiano le disposizioni della presente legge e quelle emanate dal Ministero della sanità e dell'assistenza sociale.

Al Ministero della sanità e dell'assistenza sociale sono vietate le prestazioni dirette in denaro o in natura o in servizi sociali, escluse quelle di cui alla lettera d) del presente articolo.

Con la trasformazione del Ministero della sanità in Ministero della sanità e dell'assistenza sociale decadono le attribuzioni in materia di assistenza e beneficenza della Presidenza del Consiglio dei ministri, degli altri Ministeri e degli organi da essi dipendenti: dette attribu­zioni sono esercitate, nei limiti previsti dalla presente legge, dal Ministero della sanità e dell'assistenza sociale.

Al Ministero dell'interno sono conservati i servizi di primo intervento alle popolazioni colpite da pubbliche calamità.

 

Art. 32.

(Articolazione regionale dell'assistenza sociale)

In relazione al disposto del precedente arti­colo vengono istituiti in ogni regione, come articolazione periferica del Ministero della sanità e dell'assistenza sociale, gli uffici regio­nali dell'assistenza sociale.

Agli uffici regionali dell'assistenza sociale sono affidati i seguenti compiti:

a) fornire al Ministero della sanità e dell'assistenza sociale i dati relativi alla situazione regionale;

b) svolgere ogni altra attività richiesta dal Ministero della sanità e dell'assistenza so­ciale. L'ufficio regionale dell'assistenza sociale è l'organo tecnico del commissario del Governo in materia di assistenza sociale;

c) amministrare i fondi stanziati dallo Stato per il settore dell'assistenza sociale e curarne l'assegnazione agli enti gestori.

 

Art. 33.

(Compiti delle Regioni)

Ogni consiglio regionale nomina l'asses­sore all'assistenza sociale.

Alle regioni sono affidate le seguenti com­petenze in materia di assistenza sociale:

a) emanazione di norme legislative nell'ambito della presente legge-quadro;

b) definizione degli indirizzi programma­tici nell'ambito regionale;

c) coordinamento delle attività assisten­ziali svolte nell'ambito regionale;

d) esecuzione di ricerche per accertare i bisogni e le cause relative;

e) definizione di livelli di efficienza più favorevoli ai cittadini di quelli stabiliti ai sensi della lettera c) dell'articolo 31;

f) riconoscimento delle istituzioni e as­sociazioni di utilità sociale che esercitano nel territorio regionale attività in materia di servizi sociali;

g) controllo sull'adempimento da parte degli enti gestori di servizi sociali e delle istituzioni di utilità sociale delle norme ema­nate dallo Stato e dalle regioni in materia di assistenza sociale;

h) organizzazione di corsi di aggiorna­mento del personale addetto all'assistenza sociale.

Alle regioni sono vietate:

1) l'emanazione di disposizioni in mate­ria di beneficenza;

2) l'istituzione e il funzionamento di enti di qualsiasi natura;

3) le prestazioni in denaro o in natura o in servizi sociali ai cittadini.

 

Art. 34.

(Compiti delle province)

Alle province è affidata l'assistenza tecnica a favore degli enti gestori e delle istituzioni di utilità sociale.

E' fatto per contro divieto di svolgere fun­zioni operative o istituire enti assistenziali.

 

Art. 35.

(Compiti dei comuni e dei consorzi tra comuni)

Presso ogni comune con popolazione da 50.000 a 100.000 abitanti è istituita l'unità socio­assistenziale locale.

I comuni con popolazione inferiore ai 50.000 abitanti devono consorziarsi fra loro per istituire l'unità di cui al comma precedente, la quale ha sede nel comune che ha il maggior numero di abitanti ed eserciterà le funzioni su una popolazione che raggruppata non deve su­perare i 100.000 abitanti.

L'unità socio-assistenziale locale provvede alle prestazioni economiche temporanee e alla istituzione e gestione dei servizi di assistenza sociale.

Gli uffici dell'unità socio-assistenziale lo­cale sono diretti dall'assessore all'assistenza sociale e, nel caso di consorzio, dalla persona designata dall'assemblea dei sindaci.

Il coordinamento degli uffici e delle attività relative è affidato ad un capo divisione, la cui qualifica professionale sarà precisata con de­creto del Ministero della sanità e dell'assistenza sociale.

I comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti sono ripartiti in zone territo­riali aventi ciascuna almeno 50.000 abitanti.

I servizi sociali comunali o consortili prov­vedono entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge, alla prevenzione di cui all'articolo 7, al ricevimento delle segnalazioni di cui all'articolo 8, al reperimento organizzato di cui all'articolo 9, all'istituzione e al funziona­mento dei servizi diagnostici e di trattamento di cui all'articolo 10 ed ai trattamenti di cui agli articoli 11 (affidamenti adottivi ed educa­tivi), 12 (accoglimento in istituto) e 15 della presente legge (trattamenti abilitativi e riabili­tativi) e all'erogazione delle prestazioni econo­miche temporanee di cui all'articolo 6.

I servizi comunali e consortili, provvedono altresì alle destinazioni di cui agli articoli 17, 18, 20, 21, 22 (istituzioni pre-scolastiche, sco­lastiche e professionali), 26 (laboratori protetti) e collaborano agli inserimenti di cui agli arti­coli 16, 24, 25.

Per le prestazioni, esclusi l'accertamento e l'erogazione delle prestazioni economiche, i comuni e i consorzi fra comuni possono ricor­rere alle istituzioni di utilità sociale che rispon­dono ai livelli di efficienza stabiliti dal Mini­stero della sanità e dell'assistenza sociale e dalle regioni.

Le rette sono corrisposte in base alle nor­me regolamentari della presente legge.

 

Art. 36.

(Competenze del Ministero della pubblica istruzione)

Nulla è innovato circa la competenza del Ministero della pubblica istruzione per quanto concerne le istituzioni pre-scolastiche, scolasti­che e professionali.

L'osservanza dell'obbligo scolastico deve essere assicurata nelle forme previste dalla presente legge a tutti i soggetti, indipendente­mente dall'entità e dalla natura della menoma­zione psico-fisica o del disadattamento.

 

Art. 37.

(Trasferimenti delle competenze)

Le competenze attuali degli enti e degli organi della pubblica amministrazione in mate­ria di interventi a favore degli impediti fisici, psichici, sensoriali e dei disadattati sociali sono trasferite agli organi previsti dalla presente legge.

Gli enti che svolgono attualmente solo le attività trasferite ai sensi del comma preceden­te, sono soppressi, nei modi e nei termini pre­visti dal successivo articolo 54.

 

Capo II.

Servizi sociali.

 

Art. 38.

(Struttura dei servizi sociali)

I servizi sociali sono l'organo tecnico con cui l'unità socio-assistenziale provvede all'assi­stenza sociale nei casi di sua competenza, in base alle norme vigenti e alle disposizioni della presente legge.

I servizi sociali sono strutturati in modo da poter trattare tutti i casi assistenziali di competenza dell'unità socio-assistenziale.

I servizi sociali operano in gruppi di lavoro (équipe) con piena parità, sul piano tecnico, dei singoli operatori e con la ricerca di solu­zioni concordate e coordinate.

Le conclusioni dei gruppi di lavoro sono sottoscritte da tutti i componenti.

Per ciascun gruppo viene designato un re­sponsabile sul piano amministrativo.

 

Art. 39.

(Creazione e funzionamento delle istituzioni e degli istituti)

Le unità socio-assistenziali assicurano che nel loro territorio operino le istituzioni pre­scolastiche, professionali, i laboratori protetti e gli istituti previsti dal piano approvato dal­la regione e conformi alle disposizioni della presente legge e ai livelli di efficienza che saranno stabiliti dal Ministero della sanità e dell'assistenza sociale e dalle regioni, ai sensi dell'articolo 31 lettera c) e dell'articolo 33 lettera e).

Le istituzioni pre-scolastiche e scolastiche possono essere statali o private come dalle vigenti disposizioni.

Le scuole pre-professionali e professionali speciali e i laboratori protetti possono essere costituiti e gestiti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dalle unità socio-as­sistenziali locali e da istituzioni pubbliche o private di utilità sociale di cui all'articolo. 42.

Gli istituti possono essere costituiti e ge­stiti dalle unità socio-assistenziali locali e da istituzioni e associazioni pubbliche o private di utilità sociale.

Gli istituti devono fornire almeno trime­stralmente al servizio sociale competente no­tizie sui soggetti accolti, i trattamenti effet­tuati e su ogni altro elemento richiesto.

Il servizio sociale può prendere visione delle cartelle personali che devono essere te­nute aggiornate dagli istituti.

L'utilizzazione degli istituti, delle istituzio­ni e delle associazioni pubbliche o private di utilità sociale avviene previa stipulazione di convenzioni con l'unità socio-assistenziale so­ciale interessate.

La convenzione è soggetta all'approvazio­ne della regione.

 

Art. 40.

(Comitati consultivi)

Sono istituiti:

a) presso il Ministero della sanità e dell'assistenza sociale il comitato consultivo na­zionale dell'assistenza sociale;

b) presso ciascuna regione, il comitato consultivo regionale dell'assistenza sociale.

Dei comitati devono fare parte rappresen­tanti delle categorie indicate dal secondo com­ma dell'articolo 28, rappresentanti delle or­ganizzazioni sindacali dei lavoratori e dei da­tori di lavoro, rappresentanti dei Ministeri che hanno le competenze previste dalla presente legge e i rappresentanti delle istituzioni e del­le associazioni di utilità sociale.

 

Art. 41.

(Istituzioni pubbliche ed ecclesiastiche)

Le istituzioni pubbliche di assistenza e be­neficenza che non rientrano nelle previsioni dell'articolo 3 della legge 12 febbraio 1968, n. 132, sono devolute di diritto ai comuni in cui hanno la loro sede operativa.

Salva la vigilanza spettante al Ministero della sanità e dell'assistenza sociale e alle re­gioni, nulla è innovato in quanto concerne il regime giuridico amministrativo degli istituti ed enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, purché essi soddisfino i livelli di efficienza stabiliti dal Ministero della sanità e dell'as­sistenza sociale e dalle regioni.

 

Art. 42.

(Istituzioni ed associazioni di utilità sociale)

Sono istituzioni di utilità sociale gli am­bulatori idonei al trattamento, i focolari, i pen­sionati, gli istituti, i centri di addestramento, di abilitazione e riabilitazione, i laboratori pro­tetti e gli altri centri che svolgono attività di assistenza sociale.

Le istituzioni di cui al comma precedente possono anche essere di iniziativa privata pur­ché abbiano personale, locali ed attrezzature conformi ai livelli di efficienza stabiliti dal Mi­nistero della sanità e dell'assistenza sociale e dalle regioni.

Sono associazioni di utilità sociale le as­sociazioni e federazioni fra associazioni di utenti dell'assistenza sociale e di loro fami­liari o di esperti o di persone interessate ai problemi dell'assistenza sociale.

Le associazioni non possono essere rico­nosciute di utilità sociale se non dopo aver svolto per almeno tre anni attività diretta allo studio dei problemi assistenziali o alla ricerca delle situazioni e delle condizioni di incapa­cità o alla promozione di servizi sociali.

Le associazioni di utilità sociale possono costituirsi parte civile in tutti i giudizi riguar­danti reati commessi ai danni di qualsiasi mi­nore o incapace.

Il riconoscimento dell'erezione in istitu­zione o associazione di utilità sociale avviene mediante decreto rispettivamente del Presi­dente della Repubblica o del presidente della giunta regionale a seconda che l'istituzione operi sul piano nazionale o internazionale ov­vero su quello della regione.

 

Art. 43.

(Registri delle istituzioni e delle associazioni di utilità sociale)

E' istituito, presso ogni assessorato regio­nale all'assistenza sociale, il registro regiona­le delle istituzioni ed associazioni di utilità sociale.

Sono iscritte in tale registro tutte le isti­tuzioni ed associazioni di utilità sociale rico­nosciute dalla regione.

L'iscrizione avviene a cura della regione ed è contemporanea alla promulgazione del decreto di erezione.

E' istituito presso il Ministero della sanità e dell'assistenza sociale il registro nazionale delle istituzioni ed associazioni di utilità so­ciale, riconosciute con decreto del Presidente della Repubblica.

Il Ministero della sanità e dell'assistenza sociale provvede a far iscrivere le istituzioni e le associazioni operanti nell'ambito nazio­nale all'atto della promulgazione del decreto di erezione.

Oltre alla vigilanza dei servizi sociali co­munali o consortili, l'organo che ha provve­duto al riconoscimento delle istituzioni di uti­lità sociale, deve provvedere almeno ogni tre mesi a controllarne l'attività e il funziona­mento mediante sopraluogo.

 

Art. 44.

(Cessazione totale o parziale delle attività di istituzioni o associazioni)

Il Ministero della sanità e dell'assistenza sociale e l'assessorato regionale all'assistenza sociale, il primo per le istituzioni ed associa­zioni iscritte nel registro nazionale, il secon­do per le istituzioni ed associazioni iscritte nel registro regionale, possono disporre d'uf­ficio la cessazione parziale dell'attività o la soppressione delle istituzioni ed associazioni di utilità sociale quando ne viene constatato il cattivo funzionamento o l'inosservanza dei fini statutari o la violazione delle norme di legge o l'inadempienza degli obblighi assi­stenziali.

Nei casi sopra previsti, il Ministero della sanità e dell'assistenza sociale e l'assessore regionale all'assistenza sociale possono pre­ventivamente disporre la nomina di un com­missario, il quale resta in carica per un pe­riodo non superiore a dodici mesi.

 

Art. 45.

(Inventari e bilanci)

Le amministrazioni delle istituzioni ed as­sociazioni di utilità sociale devono tenere un esatto ed aggiornato inventario di tutti i beni mobili ed immobili ed uno stato patrimoniale dei diritti, crediti, debiti, ed obbligazioni, coi titoli relativi.

 

Art. 46.

(Rette assistenziali)

Nelle convenzioni stipulate fra l'unità so­cio-assistenziale locale e le istituzioni di uti­lità sociale, la retta giornaliera deve essere calcolata in misura che tenga conto di tutte le spese necessarie per il mantenimento, il ve­stiario, i servizi assistenziali o di ogni altro onere.

Le rette devono essere versate entro 90 giorni dalla scadenza del periodo a cui si ri­feriscono. In caso di ritardo, le istituzioni di utilità sociale hanno diritto agli interessi legali. Le unità socio-assistenziali locali non pos­sono versare alle istituzioni di utilità sociale alcuna somma al di fuori delle rette previste dalle convenzioni.

La retta deve essere uguale per tutte le istituzioni di utilità sociale che operano nel territorio della medesima unità socio-assistenziale locale e che forniscono uguali prestazio­ni assistenziali.

Le unità socio-assistenziali locali inviano per parere entro il 31 dicembre di ogni anno all'ufficio regionale del Ministero della sanità e dell'assistenza sociale e al comitato consul­tivo regionale dell'assistenza sociale, le ta­belle delle rette differenziate in base alla qua­lità delle prestazioni.

La regione può erogare alle istituzioni di utilità sociale, che operano nel territorio di loro competenza, incentivi per la trasformazio­ne o creazione di nuovi istituti, ambulatori, scuole o altri servizi.

 

Capo III.

Personale dei servizi sociali.

 

Art. 47.

(Istituzione dei ruoli organici dell'assistenza sociale

presso il Ministero della sanità e dell'assistenza sociale)

Il Governo è delegato ad emanare, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repub­blica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro della sanità e dell'assistenza sociale, le norme di isti­tuzione dei ruoli organici del personale apparte­nente alla Direzione generale dell'assistenza sociale istituita presso il Ministero della sanità e dell'assistenza sociale.

 

Art. 48.

(Norme sul personale)

I funzionari della carriera direttiva della Direzione generale dell'assistenza sociale, de­gli assessorati regionali, provinciali e comu­nali all'assistenza sociale e delle unità assi­stenziali sociali sono scelti esclusivamente fra coloro che, funzionari rispettivamente dello Stato, delle regioni, della provincia e dei co­muni, o provenienti dagli enti assistenziali in genere e da quelli di cui all'articolo 54, o per­sone ammesse per concorso, siano in possesso di uno dei seguenti titoli: laurea in giurispru­denza, scienze politiche, scienze sociali, me­dicina, pedagogia, psicologia, sociologia, e di titolo di studio equipollente rilasciato dalle scuole di servizio sociale o di formazione di educatori specializzati.

I funzionari aventi funzioni direttive pres­so la Direzione generale dell'assistenza socia­le, gli assessorati regionali, provinciali e co­munali all'assistenza sociale e l'unità socio­-assistenziale locale devono seguire, almeno ogni due anni, corsi di aggiornamento della durata minima di cinquanta ore effettive.

I corsi di cui al comma precedente sono organizzati dalle regioni.

 

Art. 49.

(Personale operativo)

Il personale delle unità socio-assistenziali locali e delle istituzioni di utilità sociale in rapporto alle varie esigenze è così costituito:

a) pedagogisti;

b) educatori ad insegnanti specializzati, sia in riferimento allo specifico tipo di disa­dattamento, sia in relazione alla particolare ma­teria o attività (in particolare, educazione fisica specializzata, lavoro manuale, musica e canto), sia in rapporto ai vari ordini di scuola;

c) medici nelle varie specializzazioni;

d) psicologi;

e) assistenti sociali;

f) assistenti sanitarie visitatrici;

g) fisioterapisti;

h) logopedisti;

i) ortottici;

l) maestri di lavoro specializzati;

m) orientatori professionali;

n) infermieri;

o) ausiliarie familiari.

Il personale su indicato è integrato dall'al­tro personale specializzato necessario.

Il personale, non in servizio all'entrata in vigore della presente legge presso enti ed or­gani pubblici, viene assunto dagli enti pub­blici mediante pubblico concorso.

 

Art. 50.

(Scuole di preparazione del personale)

Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge il Presidente della Repubblica su proposta del Ministro della pubblica istru­zione di concerto con i Ministri della sanità e dell'assistenza sociale e del lavoro e della previdenza sociale, emanerà il decreto per l'istituzione in ogni capoluogo di regione ed in collegamento con i centri universitari del­le scuole previste dalla presente legge non contemplate dalle leggi in vigore, nonché dei corsi per l'aggiornamento del personale e per il riconoscimento delle qualifiche non ancora riconosciute.

 

 

TITOLO III.

DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

 

Art. 51.

(Finanziamenti)

Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge provvedono:

i Ministeri della sanità e dell'assistenza sociale, della pubblica istruzione, del lavoro e della previdenza sociale, con i fondi che saranno stanziati negli stati di previsione del­le spese dei suddetti Ministeri per gli eser­cizi finanziari successivi e quello dell'appro­vazione della presente legge;

le regioni con mezzi propri;

i comuni con mezzi propri e con quelli che verranno loro erogati dai Ministeri com­petenti e dalle regioni.

 

Art. 52.

(Delega al Governo per l'istituzione della Direzione generale dell'assistenza sociale)

Il Governo è delegato ad emanare entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge le norme per l'istituzione e la struttu­razione della Direzione generale dell'assisten­za sociale in seno al Ministero della sanità e dell'assistenza sociale.

 

Art. 53.

(Regolamenti di attuazione)

Con decreto del Presidente della Repub­blica su proposta del Ministro della sanità e dell'assistenza sociale, sarà emanato il re­golamento di attuazione della presente legge entro due anni dalla sua entrata in vigore.

 

Art. 54.

(Soppressione degli enti assistenziali)

Con decreti del Presidente della Repub­blica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro della sanità e dell'assistenza sociale, entro tre anni dalla promulgazione della presente legge, sa­ranno successivamente soppressi gli enti pub­blici che svolgono, a qualsiasi titolo, attività di assistenza sociale. Il relativo personale sarà assorbito dai nuovi uffici.

Qualora tali enti svolgano anche attività di altra natura verranno sottratte alla loro com­petenza le sole attività di assistenza sociale, che saranno trasferite agli organi previsti dalla presente legge.

Le province e gli enti sopprimendi conti­nueranno a svolgere le loro attività in mate­ria di assistenza sociale fino all'emanazione del decreto di cui al primo comma del pre­sente articolo.

 

Art. 55.

(Prestazioni più favorevoli)

Per i primi cinque anni di applicazione della presente legge sono conservate le nor­me di legge in vigore che siano per i citta­dini aventi diritto più favorevoli di quelle pre­viste negli articoli precedenti.

 

Art. 56.

(Onerosità e gratuità delle prestazioni)

La regione emanerà apposite norme per indicare quali prestazioni dovranno essere ese­guite onerosamente e per fissare il livello eco­nomico entro il quale i soggetti e il loro nucleo familiare hanno diritto all'esonero dal paga­mento di qualsiasi corrispettivo.

 

Art. 57.

(Organi che svolgono i compiti delle regioni non costituite)

Ove non costituite, i compiti delle regioni in materia di assistenza sociale sono affidati alle amministrazioni provinciali territorialmente interessate.

 

Art. 58.

(Norme abrogate)

Sono abrogate le disposizioni contrarie a quelle della presente legge.

 

Art. 59.

(Entrata in vigore della legge)

La presente legge entra in vigore 60 giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta uf­ficiale della Repubblica.

 

 

 

 

(1) Come ha dichiarato l'on. Foschi, questo articolo non è stato inserito nella proposta di legge per una omissione materiale.

Art. 10 bis (Assistenza familiare)

L'assistenza familiare deve:

a) favorire l'accettazione dell'avente diritto agli interventi assistenziali da parte del suo nucleo familiare e la sua permanenza in famiglia;

b) svolgere opera di sostegno nei confronti dell'avente diritto, al fine di favorire la sua maturazione personale;

c) svolgere ogni attività, anche sollecitando l'inter­vento di organi ed uffici non assistenziali, al fine di favorire l'inserimento familiare, scolastico, sociale e lavorativo;

d) provvedere alla tutela giuridica delle persone e dei nuclei familiari privi di risorse economiche o non in grado di esercitare la tutela dei propri diritti o interessi;

e) esercitare ogni altra attività sull'ambiente al fine di assicurare l'inserimento familiare, scolastico, sociale e lavorativo degli aventi diritto agli interventi assistenziali.

Nei casi di temporanea impossibilità del nucleo fami­liare di provvedere agli aventi diritto agli interventi assi­stenziali, devono essere previste prestazioni a domicilio da parte di personale specializzato.

 

www.fondazionepromozionesociale.it