Prospettive assistenziali, n. 10, aprile-giugno 1970

 

 

ATTUALITÀ

 

REAZIONI ALLA PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE E. FOSCHI (N. 1676)

 

 

Come è stato riferito nel numero prece­dente il 21 aprile 1970 ha avuto luogo la prima presentazione al Senato della Repubblica della proposta di legge di iniziativa popolare «Inter­venti per gli handicappati psichici, fisici, senso­riali ed i disadattati sociali», sottoscritta da 66.420 cittadini. La seconda presentazione ha avuto luogo il 24 giugno 1970. Sono disponibili fascicoli contenenti altre 70.000 firme.

Purtroppo non da tutti sono state comprese le finalità delle proposte di legge di iniziativa popolare (1) e cioè:

- provocare un dibattito sui problemi degli handicappati e dei disadattati e della ristrutturazione del settore assistenziale;

- vincere l'indifferenza dei poteri legi­slativo ed esecutivo e l'assoluta passività dei partiti, dei sindacati, dei gruppi politici nei con­fronti delle persone emarginate o segregate;

- unire nella lotta gli handicappati ed i disadattati e le persone interessate superando la separazione delle «categorie».

E' doloroso affermare che nel mondo poli­tico l'unico che abbia pienamente compreso lo spirito della proposta di iniziativa popolare sia stato il Ministero dell'Interno, che ha messo in atto, e con estrema sollecitudine, misure difen­sive.

 

 

Proposte di legge del Ministero dell'Interno

 

Infatti scoprendo improvvisamente la sua «vocazione assistenziale» (2) il Ministero dell'Interno ha presentato nel giro di pochi giorni ben quattro proposte di legge:

- 13-1-1970 - Senato n. 1054 - «Aumento del contributo dello Stato a favore dell'Ente nazionale per la protezione e assistenza dei sor­domuti e delle misure dell'assegno di assistenza ai sordomuti»;

- 14-1-1970 - Camera n. 2190 - «Dispo­sizioni in materia di assistenza ai ciechi civili»;

- 14-1-1970 - Camera n. 2191 - «Conver­sione in legge del D.L. 14-1-1970, n. 2, concer­nente provvidenze a favore dei mutilati e inva­lidi civili»;

- 21-1-1970 - Camera n. 1069, riguardan­te il passaggio al Ministero dell'Interno della vigilanza sull'Unione italiana ciechi, vigilanza oggi di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il Ministero dell'Interno ha infatti compreso da molti, troppi anni, che la società si può ma­nipolare come si vuole a condizione di poter dominare il settore dell'esclusione: infanzia ab­bandonata, handicappati e disadattati, malati, anziani, e cioè le persone non produttive.

Il Ministero dell'Interno ha in definitiva com­preso l'importanza politica del settore assisten­ziale, mentre gli altri gruppi politici, in partico­lare quelli della sinistra, si sono disinteres­sati totalmente o quasi del settore dell'esclu­sione (3).

Non stupisce quindi che la proposta di ini­ziativa popolare abbia colto di sorpresa e molto impreparati i partiti politici, e in particolare quelli della sinistra che non solo non ne hanno compreso lo spirito e le finalità, ma hanno ap­poggiato le reazionarie contromisure del Mini­stero dell'Interno. Ne è prova significativa l'ap­provazione da parte di tutti i gruppi parlamen­tari avvenuta il 19 maggio 1970 della propo­sta di legge sui ciechi civili che, come è stato detto, è stata presentata dal Ministero dell'Interno il 14 gennaio 1970. Si noti che, a causa delle crisi di Governo, le Commissioni Interni della Camera e del Senato hanno sospeso la loro attività praticamente dal 10 febbraio al 20 aprile. Pertanto, caso assolutamente eccezio­nale e forse unico, la proposta di legge sui cie­chi civili è stata approvata dopo appena trenta giorni di attività parlamentare (4).

Appare evidente lo scopo del Ministero dell'Interno di continuare a tenere divise, dominan­dole, le varie «categorie» di handicappati e di imporre gli E.C.A. quali unità socio-assistenziali locali (5).

Tale azione può condurre sia a resistenze per il trasferimento alle Regioni delle compe­tenze in materia di assistenza sociale (l'arti­colo 117 della Costituzione prevede la delega alle Regioni della beneficenza pubblica), sia, per il rafforzamento degli enti di categoria (Unione italiana ciechi, Ente nazionale sordomuti, ecc.), la costituzione di enti regionali per ciascuna «categoria» di handicappati.

Ciò avrebbe come conseguenza il perdurare della esclusiva visione settoriale e «terapeuti­ca» dei problemi degli handicappati in partico­lare e degli.esclusi in generale e non potrebbero essere attuati concreti interventi diretti a re­sponsabilizzare la comunità, la cui partecipazio­ne verrebbe ad essere praticamente resa impos­sibile (6).

Infatti com'era stato rilevato nella riunione della segreteria per la raccolta delle firme svol­tasi il 14 dicembre 1969, «è necessario soprat­tutto che i cittadini siano messi in condizione di rendersi conto che l'inserimento sociale degli handicappati e dei disadattati dipende anche dal­la loro accettazione (ad esempio, la frequenza delle classi speciali presso le scuole comuni diventa positiva solo se i genitori dei bambini normali accettano gli handicappati; l'inserimento nel lavoro normale diventa possibile solo se i lavoratori non handicappati accettano quelli handicappati; i gruppi famiglia di handicappati possono sorgere nelle comuni abitazioni se tutti gli inquilini li accettano, ecc.)».

 

Altre reazioni di «destra»

 

Particolarmente significativa la presa di po­sizione contro la proposta 1676 da parte dell'U.N.E.B.A. (Unione Nazionale Enti di Assistenza e Beneficenza), che asserisce di raggruppare 12.750 enti di iniziativa o natura privata e quasi tutti diretti da religiosi.

Nell'articolo «Una amara sorpresa» appar­so sul numero 10 del 1969 dell'organo ufficiale dell'U.N.E.B.A. «Azione assistenziale», viene attaccata violentemente la proposta Foschi n. 1676 soprattutto con il solito vecchio e trito argomento del rispetto delle volontà dei fonda­tori degli istituti di assistenza.

Da osservare che nell'articolo non vi è una sola parola di critica alla proposta di legge 1676 in relazione alla sua anche asserita ina­deguatezza a rispondere ai bisogni dei cittadini aventi diritto agli interventi socio-assistenziali. Maurizio Giordano, autorevole collaboratore dell'UNEBA, giunge addirittura a chiedere su Orientamenti Sociali, rivista dell'Istituto Catto­lico di Assistenza Sociale (N. 11-12/1969) un in­dennizzo per il passaggio, previsto nella pro­posta n. 1676, delle istituzioni pubbliche di assi­stenza e beneficenza ai Comuni.

Sono inoltre note le richieste degli Enti Co­munali di Assistenza (E.C.A.) che vorrebbero, pur essendo una dei più inefficienti organi assi­stenziali, accrescere le loro competenze, come risulta dal Convegno di Salerno del 1969 della loro associazione di categoria (A.N.E.A.).

Le posizioni di cui sopra (dell'UNEBA e dell'ANEA) coincidono - evidentemente non a ca­so - con quella del Ministero dell'interno.

Al riguardo è utile segnalare che il Dr. Be­lisario, Direttore generale dell'Assistenza pub­blica del Ministero dell'interno, intervenendo a nome del Ministro Restivo al Convegno dell'U­NEBA svoltosi a Roma dall'11 al 13 maggio 1970, dopo aver affermato che gli istituti religiosi per minori e per anziani sono ottimi, ha dichiarato che se vogliono salvare il loro patrimonio ideale (e forse o soprattutto non solo quello ideale), essi devono seguire le direttive del Ministero dell'interno!

 

Reazioni di «sinistra»

 

Non sono mancate le reazioni del settore della sinistra (7).

Ci sembra che queste reazioni derivino da un forte senso di colpa degli ambienti che si sono sempre proclamati i difensori dei più de­boli e che mai si erano occupati seriamente degli emarginati e dei segregati.

La mancanza di conoscenza del problema sembra anche dimostrata dalle prese di posi­zione contraddittorie sulle due proposte di legge.

Sono significative le affermazioni contenu­te nel documento «Per un sistema di sicurezza sociale. Bozza provvisoria di documento di una Commissione di studio del Gruppo di Lavoro per la sicurezza sociale della Direzione del P.C.I.», maggio 1970, in cui si afferma al pun­to 11: «Occorre a questo punto fare alcune ri­flessioni critiche circa la maturazione di questa problematica all'interno del movimento operaio organizzato e sul ruolo svolto nel passato in particolare dagli Enti locali.

«Abbiamo constatato che un notevole nu­mero di amministratori, proprio per la debo­lezza dell'elaborazione ideologica e politica, avevano onestamente recepito certi indirizzi pseudo-scientifici, tutt'altro che neutri, e li avevano ritenuti validi. Essi si erano affidati ai “tecnici” nella gestione dell'universo assi­stenziale, diventandone i portavoce e batten­dosi per rafforzare le istituzioni di ricovero, le classi differenziali, le scuole speciali nonché la proliferazione di équipes medico-psico-pe­dagogiche, ecc. e concretamente rafforzando il potere del gruppo dei tecnici.

«Così abbiamo assistito ad una pandemia di posti-ricovero, ad una frammentazione ec­cessiva e ad una specializzazione esasperata dell'intervento sociale; un indirizzo che ten­deva a razionalizzare, a costruire la "gabbia d'oro" dell'esclusione.

«Oggi occorre rivedere autocriticamente come si è operato anche sulla base delle spin­te che vengono da quel gruppo di operatori sociali che vivono il dramma del loro ruolo di "emarginatori sociali", e riconoscere che l'unica via di lavoro e di lotta consiste nel re­stringere al massimo l'area dell'intervento istituzionalizzato».

Per quanto concerne l'Astrolabio, si rileva che nel numero del 23 novembre 1969, Bandi­nelli dopo aver confermato le aspre critiche mosse alla proposta di legge n. 1676, afferma­va di ritenere che «molto utile sia invece la raccolta di 50.000 firme promossa dall'Unione italiana per la promozione dei diritti del minore attorno al suo progetto di legge sugli handicap­pati».

In relazione agli articoli su L'Avanti ci sem­bra sufficiente rilevare, a dimostrazione della scarsa maturazione sull'argomento, che l'edizio­ne del 30 aprile 1970 portava pomposamente in rilievo che il compagno socialista Corona pre­sidente della Commissione interna della Camera dei Deputati, si era attivamente adoperato per l'approvazione della proposta di legge sui cie­chi civili presentata dal Ministero dell'Interno! A questo riguardo si deve osservare che la proposta stessa è stata approvata con i voti fa­vorevoli di parlamentari di tutti i partiti, com­presi quelli di sinistra.

 

Lo scherzo di cattivo gusto dell'On. D'Aquino

 

L'On. D'Aquino e altri deputati del M.S.I., senza aver interpellato alcuna associazione o persona che si era interessata della stesura del­la proposta di legge di iniziativa popolare o del­la raccolta delle firme, hanno presentato in data 19 gennaio 1970 alla Camera dei Deputati la proposta di legge n. 2208 «Provvedimenti le­gislativi per i minorati psichici, fisici, sensoriali, per i disadattati sociali, spastici o comunque subnormali» (e già il titolo denota una ben scar­sa conoscenza del problema).

La proposta è stata copiata per il 95% dal testo della proposta di legge di iniziativa popo­lare e per il 5% sono state apportate modifi­che. Si noti che dove la proposta è stata copiata ciò è stato fatto senza molto riflettere tanto che la proposta del M.S.I. comprende anche la definizione delle competenze alle Regioni in ma­teria di interventi per gli handicappati ed i di­sadattati!

E' però significativo notare che uno dei punti centrali della proposta di legge di inizia­tiva popolare è stato modificato. Pretende in­fatti la proposta D'Aquino che le funzioni ope­rative non siano affidate in esclusiva ai Comuni o consorzi di Comuni ma contemporaneamente alle provincie ed ai comuni, senza però che sia chiaro chi dei due organi sia tenuto a provve­dere.

Poiché l'On. D'Aquino e altri hanno presen­tato al Parlamento un testo di legge di cui si so­no appropriati senza essere richiesti, chiediamo che ritirino la proposta «non loro» n. 2208, e invitiamo la Presidenza della Camera dei Depu­tati di rifiutare di mettere all'ordine del giorno la presa in considerazione di detta proposta.

 

Osservazioni conclusive

 

Gli attacchi di sinistra alle due proposte di legge hanno evidenziato la necessità di af­frontare le cause ambientali e soprattutto quel­le sociali del disadattamento.

Nella relazione della proposta di legge di iniziativa popolare avevamo scritto al punto 5.4: «Molte ricerche confermano che condizioni so­cio-economiche, socio-culturali e igienico-sanita­rie sfavorevoli (zone depresse, rioni popolari non integrati, baraccati, immigrati, profughi, ecc.) sono la fonte di numerosi disadattamenti e di alcune forme di handicap. Molti casi di ritardi intellettivi, che spesso giungono ad avere con­seguenze analoghe all'insufficienza dell'intelli­genza, sono dovuti a queste condizioni. In que­sti casi l'azione sociale non può limitarsi a prov­vedere ai soggetti colpiti, ma deve intervenire per rimuovere le cause del disadattamento al fine soprattutto di prevenire ulteriori vittime.

I pubblici poteri hanno il dovere, nell'elabo­razione degli interventi sociali, di dare priorità assoluta alla rimozione delle condizioni disadat­tanti e di impostare le nuove iniziative (costru­zione di case popolari, redazione di piani urba­nistici, nuovi insediamenti industriali, ecc.) te­nendo conto in primo luogo delle esigenze della persona umana e della famiglia».

Ci sembra però evidente che sia illusorio ritenere che una legge, comunque formulata, possa rimuovere le cause del disadattamento che è una conseguenza - come è noto - della politica socio-economica.

Né d'altra parte si può sostenere che poi­ché i disadattati sono la conseguenza di cause sociali disadattanti, essi devono essere abban­donati a loro stessi. Sarebbe come sostenere che al colpito di silicosi non si devono assi­curare prestazioni, poiché è sull'ambiente di lavoro che occorre intervenire.

Le proposte di legge sono state presentate salo per assicurare il diritto a determinate pre­stazioni, creare strutture che facilitino la parte­cipazione dei cittadini alla gestione dei servizi, abolire tutti gli Enti che frazionando gli inter­venti non danno in definitiva alcuna valida pre­stazione.

Ma soprattutto le due proposte di legge hanno lo scopo di aprire un dibattito nel paese sui problemi degli handicappati e dei disadat­tati che renda tutti consapevoli sull'urgente ne­cessità di adeguati interventi legislativi e sul fatto che l'approvazione di una legge, pur per­fetta che sia, non risolve i problemi fondamen­tali della sua applicazione e naturalmente quel­lo della rimozione delle cause.

 

 

 

(1) Uguali considerazioni possono essere fatte a riguardo della proposta di legge Foschi n. 1676/Camera.

(2) Si osservi che la «vocazione assistenziale» del Ministero dell'Interno è quella indicata nella relazione da esso redatta per il Parlamento in occasione della presenta­zione del bilancio dello Stato del 1963 (e non del 1869), che così si esprime: «L'assistenza pubblica ai biso­gnosi (...) racchiude in sé un rilevante interesse generale in quanto i servizi e le attività assistenziali concorrono a difendere il tessuto sociale da elementi passivi e paras­sitari (...)».

Vedasi anche la relazione redatta dal Ministero dell'interno contro la proposta di legge n. 1676, che è stata riportata nel numero precedente di questa rivista.

(3) Il solo settore in cui è stata sviluppata una ana­lisi politica è quello psichiatrico, soprattutto per l'azione condotta dall'Associazione per la lotta contro le malattie mentali.

(4) La proposta di legge sui ciechi civili ha lo scopo di annullare i contrasti fra l'Unione Italiana Ciechi e l'Opera Nazionale Ciechi civili, per cui è stata decisa la soppressione di quest'ultimo ente e il passaggio del per­sonale al Ministero dell'Interno, che acquisisce maggiori poteri anche per il fatto che l'accertamento del diritto alla pensione è stato affidato a Commissioni prefettizie (e non sanitarie) e l'erogazione della stessa è fatta dal Ministero dell'Interno ai prefetti e successivamente da questi agli E.C.A. (e non dall'organo che eroga la pensione sociale).

(5) Vedasi la relazione del Ministero dell'Interno contro la proposta Foschi n. 1676.

(6) Da notare che «La settimana del sordomuto» organo dell'Ente Nazionale dei Sordomuti ha affermato nel numero del 18 aprile 1970:

«Per quanto poi in particolare attiene i sordomuti d'Italia dobbiamo ribadire che per legge essi sono rap­presentati dall'Ente Nazionale Sordomuti che è la loro Associazione di categoria, da loro stessi voluta e soste­nuta ed è pertanto più che evidente che nessuno all'in­fuori dell'ENS medesimo può perorare e tutelare i diritti dei sordomuti ed ancora più arrogarsi la facoltà di pro­porre sostanziali modifiche alla legislazione vigente senza neanche aver interpellato l'ENS in via preventiva.

«D'altra parte, e con ragione, la categoria dei sordi per tradizione vuole mantenersi indipendente da qual­siasi altra categoria non per un sentimento di vano orgo­glio o per un eccessivo senso di amor proprio, ma esclu­sivamente perchè vuole decidere del proprio destino, risolvendo i problemi che la riguardano nella piena con­sapevolezza del proprio dovere e della propria respon­sabilità, come già ha sempre fatto per il passato».

(7) L'Astrolabio del 2 e del 23 novembre 1969, dell'8 febbraio e del 3 maggio, Rinascita del 10 aprile, l'Unità del 22 aprile, L'Avanti del 7 e del 9 maggio 1970.

Si noti che l'Unità aveva in precedenza appoggiato la proposta di legge di iniziativa popolare, L'Avanti anche quella Foschi n. 1676.

 

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