Prospettive
assistenziali, n. 11-12, luglio-dicembre 1970
DOCUMENTI
A.N.I.E.P.
ASSOCIAZIONE NAZIONALE TRA INVALIDI PER
ESITI DI POLIOMIELITE
Roma, dicembre 1970
P R O T E S T I A M O
Ai CITTADINI
Al GOVERNO
Ai PARLAMENTARI
Alla STAMPA
PREMESSA
Mentre alla Camera il Comitato
ristretto (costituito l'11 marzo 1969) per il coordinamento delle proposte di iniziativa parlamentare sugli invalidi civili, concludeva
la stesura di un testo che corrispondeva alle più autentiche istanze della
categoria, il Consiglio dei Ministri ha approvato il 3 dicembre
1970 un disegno di legge che costituisce un semplice provvedimento di rifinanziamento e di proroga della precedente normativa la
quale è stata ripetutamente definita dal Governo stesso «insufficiente e transitoria».
Il disegno di legge governativo
ratifica carenze ampiamente denunciate e documentate
nell'ambito dell'istruzione
della qualificazione professionale e del
lavoro
della lotta contro l'emarginazione
sociale
e ripropone principi e criteri
assistenziali che sono in stridente contrasto con
con
con l'Ordinamento regionale
con la dignità dei cittadini.
In sede politica si assunse
esplicitamente l'impegno «di giungere ad una definitiva e organica soluzione
dei problemi di inserimento della categoria e di
riforma dell'intero sistema assistenziale» (riforma sollecitata anche da un
vasto movimento di opinione pubblica e dalla presentazione di una proposta di
legge di iniziativa popolare), ed ecco che, scavalcando il Parlamento e per le
solite vie burocratiche, espressione di farisaico paternalismo, di
anacronistiche tendenze autoritarie, accentratrici e conservatrici, si presenta
un disegno di legge che sancisce di fatto con la sua impostazione
esclusivamente economico-sanitaria,
la situazione di marginalità sociale
degli handicappati
il persistere dell'ancoraggio dell'assistenza
ai concetti irrazionali della povertà e del bisogno
del «decoro nazionale»
dell'autoritarismo
di ben definiti interessi, economici o
di prestigio, di dicastero.
Si impone una nuova gestione
dell'assistenza che deve essere decentrata
partecipata ai cittadini
corresponsabilizzata agli utenti
sottratta all'arbitrio ed alla speculazione
pubblica e privata
finalizzata al superamento delle categorie e
all'eliminazione dei correlativi enti pubblici:
tutto ciò presuppone una radicale riforma
della politica dei servizi sociali di cui risulta evidente e ovvia la
valutazione dei tempi tecnici.
Ma intanto non si può accettare che vengano proposti o imposti provvedimenti legislativi che non
solo non contengono indicazioni evolutive, ma addirittura costituiscono un
chiaro tentativo di reazione e di regressione rispetto alle esigenze di diritto
e di progresso civile.
Occorre rendersi conto che il
discorso non è sproporzionato alla circostanza
perchè, anche se la classe politica non ne è ancora consapevole, il problema
della Sicurezza Sociale costituisce un tema centrale e cruciale della politica
italiana perchè fa riferimento a tutti i cittadini esclusi ed emarginati, dagli
handicappati agli anziani, ai carcerati, agli orfani, agli immigrati, ai
disadattati.
E non a caso è stato scritto in un
documento del Ministero dell'Interno che l'assistenza è un settore troppo
delicato ed importante per essere lasciato alla libera iniziativa parlamentare.
Così si continua a fare. Ma vi sono anche le «ragioni» della gestione di circa
ottocento miliardi che vengono spesi per l'assistenza e beneficenza pubblica.
IL PROVVEDIMENTO
GOVERNATIVO
Il disegno di legge «a favore» dei
mutilati e invalidi civili approvato dal Consiglio dei Ministri non offre
nessuno spunto di novità, ma piuttosto gravi motivi di protesta. Il nucleo
centrale del provvedimento è costituito dall'ormai scontata e misera assistenza
economica di L. 12.000 mensili (il cui impegno globale peraltro va dilatandosi vertiginosamente), concessa
agli invalidi poveri e più o meno gravi, soggetta a poliziesche revisioni e
tale insomma da cristallizzare situazioni di bisogno e di passività.
Si parla ancora
di stato di bisogno, come condizione
di tutte le prestazioni,
di recuperabilità
e di irrecuperabilità
l'istituzionalizzazione è la
metodologia degli interventi sanitari
la pesantezza burocratica e il
centralismo sono i criteri informatori.
Solo vagamente si prevedono, ma con
uno stanziamento irrisorio, interventi nell'ambito della qualificazione
professionale di cui godranno soprattutto «i diligenti».
Per alcuni aspetti il disegno di
legge è addirittura peggiorativo rispetto alla legge precedente: non si
prevedono più accertamenti clinico-diagnostici
per valutare se i soggetti sono recuperabili; in sede di visita sanitaria collegiale
l'invalido non può avere un medico di sua fiducia; non si parla più di
stanziamenti per l'istituzione di nuovi Centri medico-sociali e per la
formazione di personale specializzato.
PROPOSTE
Tutto ciò premesso e facendo esplicito
riferimento al testo elaborato, sulla base della proposta di legge n. 1986, dal
Comitato ristretto della Camera, ci sembra assolutamente necessario ribadire l'esigenza che occorre
spostare l'incidenza degli interventi pubblici sulla creazione di effettive
condizioni di riabilitazione, anziché insistere con provvedimenti pietistico-protettivi che non risolvono nulla.
Enunciamo quindi i principali temi di emendamento e di trasformazione del disegno di legge
governativo:
1) Concessione immediata
dell'assistenza sanitaria generica, farmaceutica e ospedaliera agli invalidi
che ne siano sprovvisti.
2) Distinzione dell'assistenza
economica in permanente e transitoria a seconda
delle capacità e del grado di invalidità dei soggetti; assegno di
accompagnamento ai minori.
3) Istruzione e lotta contro il
ritardo scolastico (trasporti, esenzioni, borse di studio ecc.).
4) Più incisivi interventi
nell'ambito della qualificazione e del lavoro (laboratori e sistemi di lavoro
protetto, assegno di incollocamento,
organizzazione dei servizi).
5) Facilitazioni per la vita di
relazione (trasporti, casa, barriere architettoniche) .
6) Soppressione o trasformazione
confederativa dell'Ente pubblico degli Invalidi Civili.
7) Infine, come provvedimenti
irrinunciabili: a) formazione di personale
specializzato e riconoscimento dei titoli; b) transitorietà della legge che
dovrebbe avere una validità massima di due anni e comunque non oltre
all'attribuzione alle Regioni di tutti i compiti socio-assistenziali.
Vogliamo chiaramente ribadire che la nostra non è una protesta settoriale, ne una
contestazione ideologica, ma una netta e decisa presa di posizione culturale e
politica nei confronti dell'attuale impostazione della assistenza.
Ogni difficoltà fisica, economica e
di partecipazione sociale produce emarginazioni, disadattamento e isolamento:
gli ammalati mentali si internano, i ragazzi difficili o non maturi si mettono nelle
classi differenziali, gli anziani si ricoverano, gli handicappati si assistono.
Tutto ciò dimostra che l'attuale
società non è ancora fatta a misura dell'uomo, ma è piuttosto condizionata dai
miti dell'efficientismo, della produttività e del consumo.
Di qui scaturisce l'esigenza di una
lotta politica per una alternativa di autogestione dei
servizi e di preminenza del ruolo degli Enti locali all'attuale espressione
dell'assistenza e beneficenza pubblica.
La responsabilità dell'ingiustizia,
del sopruso e del rifiuto è di tutti i cittadini, ma per corretta interpretazione
costituzionale e democratica è anzitutto e immediatamente alla coscienza e alle
funzioni della classe politica e amministrativa che ne deve rendere conto.
dott. Gianni Selleri
Presidente Nazionale A.N.I.E.P.
DELLA DEMOCRAZIA
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