Prospettive
assistenziali, n. 13, gennaio-marzo 1971
NOTIZIARIO DEL CENTRO
ITALIANO PER L'ADOZIONE INTERNAZIONALE
COS'È L'ADOZIONE INTERNAZIONALE
Si parla spesso oggi dell'adozione
internazionale (ossia di bambini provenienti da paesi in via di sviluppo) come
fatto curioso, o come caso eccezionale pur nell'affermazione di certi valori.
Ma essa non pretende certo di rappresentare una soluzione per i problemi del
Terzo Mondo, né un'alternativa di fronte alle lentezze
burocratiche dei nostri Tribunali.
Il suo più vero significato è
l'affermare, al di sopra di ogni altra
classificazione, il diritto alla famiglia per qualsiasi bambino.
La famiglia che adotta un bambino
nega l'esistenza o il mito del legame di sangue. Ma chi diventa genitore di un
bambino di razza e nazionalità diversa, implicitamente respinge e supera nel
modo più concreto anche le altre barriere che tuttora
separano gli uomini.
In tal modo questa
adozione acquista la sua dimensione provocatoria ed il suo significato
di testimonianza.
Nel più ampio discorso della
solidarietà con i paesi depressi, della fratellanza tra tutti gli uomini,
queste adozioni contribuiscono a stimolare la presa
di coscienza di molti sull'urgenza di questi problemi.
Nel 1967 si è costituito in Italia
il Centro Italiano Adozione Internazionale, con lo scopo di realizzare adozioni
di questo tipo nel nostro paese. Fino ad oggi sono state
realizzate un centinaio di adozioni di bambini
provenienti dall'India e dalla Corea, ed ora il Centro si è messo in contatto
anche con le Filippine.
In India si sono ottenuti importanti
risultati: in seguito a riunioni ed incontri organizzati dal C.I.A.I. tra giuristi ed operatori sociali indiani con
l'intervento dell'allora presidente del C.I.A.I. dr. Cicorella, la stampa dedicò numerosi articoli al problema,
sollecitando l'interesse dell'opinione pubblica indiana. Si costituì
un'associazione volta a promuovere l'adozione, che ora porta
avanti in India il discorso lottando per l'approvazione di un nuovo progetto
di legge.
Il Centro dedica anche parte
notevole della sua attività alla raccolta di notizie e documentazione sulle
adozioni internazionali. Principale fonte di dati sono gli Stati Uniti, unico
paese in cui si realizzano adozioni di questo tipo già da quindici anni.
Bambini provenienti dall'India, Corea, Vietnam, ecc. vengono
adottati in diversi paesi europei tramite varie organizzazioni.
Ecco come parlano della propria
famiglia i coniugi Miyakawa, genitori di cinque
figli, l'ultima dei quali adottata dalla Corea:
«Perfettamente naturale nella nostra famiglia interrazziale già all'origine, per
cui le considerazioni che tutti siamo uguali sono ovviamente scontate. Come esseri umani che credono nella socialità e come
cristiani che credono nello spirito di carità nel senso di amore gli uni verso
gli altri, non vogliamo essere una famiglia chiusa, ma quanto più possibile una
famiglia comunità aperta.
Offrendo il nostro amore di genitori
e di fratelli a un bimbo, abbiamo voluto cercare chi
aveva meno probabilità non solo di avere una famiglia, ma di sopravvivere.
Anche noi crediamo nella necessità e
nel valore della testimonianza. Prima verso i nostri
figli, che cresceranno più preparati avendo vissuto
con noi nel reale contatto umano, fratelli coi fratelli, e poi verso la
società.
La nostra personale esperienza ci ha
convinti che la società non solo ha eccessive
difficoltà a riconoscere ed a accettare la possibilità di un amore realizzato
fra persone di diverse razze, ma spesso se ne dimostra partecipe, anche se una
inevitabile curiosità, talvolta pedante, ma derivata più che altro da non
conoscenza di costumi o di leggi geografiche, può sembrare in un primo tempo
pettegolezzo o malignità.
Noi però siamo sempre stati
accettati e molte volte appunto ci è parso che anche
chi non ci conosceva fosse felice di accogliere quello che la nostra gioia
poteva testimoniare. Così per quel che riguarda l'adozione internazionale,
crediamo che non ci sia difficoltà da parte della società ad accettare tutti i
nostri figli, se noi sapremo essere veramente una
famiglia.
Non è infatti
la società che con una sua ratifica rende nostri i figli, ma siamo noi che li
inseriamo in essa con la sicurezza che viene dall'amore. Dobbiamo dire che i problemi astratti che inevitabilmente ci si pone
alla vigilia di ogni adozione vengono poi automaticamente risolti mano a mano
che le circostanze ce li presentano a partire dal giorno in cui un nuovo figlio
entra con la sua presenza esigente in casa. Sappiamo ora che la prima
esperienza di adozione ci ha maturati perchè mentre
un tempo consideravamo naturale pensare a un bimbo piccolo e sano adesso stiamo
aspettando una bimba grande e handicappata.
Mio marito ed io abbiamo
avuto la fortuna di viaggiare abbastanza fin da giovanissimi e spesso in paesi
lontani e diversi, insieme o prima ancora di conoscerci, e sempre abbiamo
trovato nella gente di quelle terre amicizia e fraternità, che hanno reso
affascinanti le nostre esperienze.
C'è quindi in noi anche un
sentimento di riconoscenza che non è solo diretto a determinate persone, ma
che sentiamo verso tutti. Ci auguriamo che i nostri figli possano sviluppare in
se stessi e far nascere negli altri questo sentimento».
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