Prospettive
assistenziali, n. 14, aprile-giugno 1971
DOCUMENTI
CONVEGNO NAZIONALE
DEGLI ASSESSORI REGIONALI ALL'ASSISTENZA
DUE
DOCUMENTI FONDAMENTALI PER
Pubblichiamo
due documenti di fondamentale importanza per la riforma del settore assistenziale, approvati al Convegno nazionale degli
Assessori regionali all'assistenza (Bergamo, 27 aprile 1971).
I
CARATTERISTICHE ATTUALI DEL SISTEMA ASSISTENZIALE OBIETTIVI E SOGGETTI - LINEE DI INTERVENTO
1. Premessa
Gli Assessori all'assistenza delle
Regioni a statuto ordinario e speciale esprimono una serie di
indirizzi comuni sui temi e sui principi che devono caratterizzare la
riforma dell'assistenza, nell'ambito della più vasta
prospettiva di un sistema di sicurezza sociale, secondo quanto si evince dai
principi fondamentali della Costituzione espressi dagli artt.
3, 4, 31 e
In particolare affermano che il
dettato costituzionale non solo sancisce il diritto positivo
di tutti i cittadini al minimo vitale, ma, per chi si trova nell'impossibilità
di lavorare, fissa addirittura l'entità considerata in diretto rapporto al
tenore di vita del lavoratore.
L'affermazione reale di questi
principi comporta non solo una profonda innovazione concettuale del significato
di assistenza e beneficenza pubblica, ma un diverso
impiego di risorse nel campo sociale.
La figura dell'assistito muta
radicalmente: da un ruolo passivo e protetto, esso acquista un ruolo dinamico
che lo rende partecipe della dialettica culturale e
politica del mondo del lavoro.
L'intervento assistenziale
deve cioè garantire un corretto rapporto tra singoli e collettività: tutto ciò
si realizza attraverso un servizio pubblico, che assicuri un eguale livello di
prestazione per tutti i cittadini.
Nessuna programmazione sia sanitaria
che della scuola, del territorio e della casa, può prescindere da un
coordinamento con la programmazione assistenziale, se
si vuole evitare l'artificioso determinarsi di nuove carenze e la non
soddisfazione di quelle tradizionali.
La finalità precipua dell'intervento
assistenziale è il recupero dell'uomo e la sua
affermazione globale, e pertanto i servizi sociali e la loro organizzazione si
devono concretare in soluzioni non emarginanti, ma promozionali e di recupero
verso una socializzazione dell'individuo.
In una concezione moderna la
beneficenza pubblica si identifica con i servizi
sociali; a questa stregua la potestà legislativa riservata alla Regione, dall'art.
117 della Costituzione, deve essere interpretata come competenza esclusiva nel
campo dell'assistenza e servizi sociali.
2. Le caratteristiche
attuali del sistema assistenziale
L'offerta prestata dall'attuale
sistema assistenziale è, da una parte di mera ed
insufficiente prestazione economica, erogata discrezionalmente ai poveri e
suppletiva di deficienze di altri settori; e dall'altra di prevalenti
interventi «speciali» di tipo chiuso, con evidenti risultati di emarginazione.
Il ruolo storico
infatti assegnato all'intervento assistenziale nel nostro paese comporta
finalità prevalentemente difensive, punitive, tese a sottoporre a controllo
quelle situazioni individuali e collettive risultate pericolose o conflittuali
rispetto all'ordine sociale.
Tale intervento assistenziale
ha come conseguenza la estraneazione dei soggetti da
liberi e attivi rapporti sociali, isolandoli in istituzioni emarginanti, con
un centro coordinatore identificato nel Ministero dell'Interno.
3. Obiettivi e
soggetti
Il generale risveglio della
coscienza civile configura le attività di assistenza,
di servizio sociale in modo nuovo.
L'intervento assistenziale,
anziché limitarsi a riparare le conseguenze più evidenti delle sperequazioni e
degli squilibri che esplodono nel mondo del lavoro, della scuola, della
famiglia, deve diventare momento di rilevazione, analisi, denunzia di bisogni
sociali.
In questa luce assume significato il
discorso della prevenzione, quale intervento teso alla rimozione delle cause
economiche, delle strozzature istituzionali, dei meccanismi sociali che
consentono il permanere di stati di bisogno non soddisfatti.
Di qui l'affermazione che
l'intervento preventivo si attua preliminarmente fuori dalla
tradizionale sfera dell'azione assistenziale e si colloca in tutti quegli
ambiti e livelli decisionali dove si esprimono indirizzi globali di sviluppo
della comunità.
Poiché l'obiettivo che ci si propone
è di soddisfare queste esigenze, risulta che i
soggetti delle scelte fondamentali in materia di assistenza sociale e servizio
sociale sono i cittadini stessi, e l'istanza primaria che li esprime: vale a
dire l'Ente locale che garantisca il massimo di partecipazione popolare (anche
attraverso i sindacati e le forze sociali, ecc.) all'individuazione dei
bisogni, al riconoscimento ed alla rimozione delle loro cause, alfa
programmazione della loro soddisfazione, all'organizzazione ed alla gestione
delle strutture o attività. Perciò
I rapporti tra lo Stato e le Regioni
per la materia di assistenza e beneficenza devono
essere definiti con una legge nazionale approvata dal Parlamento. Tale legge deve garantire
a tutti i cittadini italiani un uguale livello di
prestazione; evitare l'accrescersi
degli squilibri sociali e territoriali esistenti nel paese e così riequilibrare
i divari che attualmente si registrano tra le varie Regioni; abrogare la normativa vigente in materia
di assistenza e beneficenza la cui sopravvivenza ridurrebbe le Regioni ad un
ruolo subalterno rispetto a quello svolto da altri circuiti assistenziali.
4. Linee di intervento
La legge-cornice
di riforma deve conferire alla Regione la piena potestà legislativa ed
amministrativa.
Le Regioni hanno poteri specifici
che possono essere così indicati:
- approntamento della legislazione
regionale in materia di assistenza sociale e servizi
sociali;
- individuazione della tipologia
delle prestazioni e dei servizi, nonché dei loro standards qualitativi e requisiti qualitativi;
- predisposizione,
con il concorso primario dei comuni, consorzi di comuni, province, del
programma regionale dei servizi sociali;
- concorso alla
formazione della programmazione nazionale del settore; ripartizione delle
risorse tra gli enti locali;
- preparazione, attraverso strutture
formative regionali, del personale dei servizi sociali assistenziali;
- assistenza tecnica ai servizi
sociali;
- vigilanza sulle
attività ed i requisiti delle fondazioni ed istituzioni private;
- controllo sulle
attività e requisiti delle fondazioni e istituzioni private convenzionate con
l'Ente locale.
A livello di Governo sarà
individuata una sola competenza ministeriale, per tutta la materia che è
oggetto di leggi della Repubblica e che non viene
demandata alle Regioni; poiché la finalità del sistema si sposta dalla
neutralizzazione della pericolosità sociale alla garanzia dei diritti sociali
del cittadino, tale competenza non sarà del Ministero dell'interno.
In attesa che il Parlamento approvi le
norme sulle procedure della programmazione, tutti gli attuali stanziamenti
destinati, sotto varie forme, ad attività assistenziali, devono confluire in un
unico fondo nazionale transitorio, da ripartirsi fra le Regioni, sulla base
dei criteri stabiliti dall'art. 8 della legge finanziaria regionale n. 281 del
16-5-1970.
I comuni e le province attuano la
programmazione regionale.
I comuni esercitano la gestione dei
servizi direttamente o attraverso Consorzi di più comuni, possono
convenzionarsi con enti privati per l'esecuzione dei singoli compiti assistenziali, attraverso il pagamento dei costi di gestione
ed escludendo qualsiasi forma di contributo all'incremento dei patrimoni.
Dovranno essere sciolti gli enti
pubblici nazionali e gli enti autarchici istituzionali (esempio: ECA - IPAB)
che a qualsiasi titolo svolgano attività nel campo
assistenziale.
I poteri ed i compiti oggi
attribuiti a tali enti, nonché i patrimoni ed i
finanziamenti relativi dovranno essere trasferiti alle Regioni che non gestiranno
direttamente i servizi di assistenza sociale.
II
CRITERI PER L'ELABORAZIONE DI UN
DECRETO DELEGATO IN MATERIA DI ASSISTENZA
Gli Assessori all'assistenza delle
Regioni a statuto ordinario e speciale in sede di esame
e proposta di linee per un decreto delegato in materia di assistenza e
beneficenza pubblica, constatano che non può essere attuata una delega valida e
operativa se con ogni urgenza non si provvede all'emanazione di una legge di
riforma, o quanto meno di una legge stralcio, che sciolga gli Enti pubblici
nazionali e quelli autarchici istituzionali (quali gli ECA e gli IPAB) che a
qualsiasi titolo svolgono attività nel campo assistenziale
I poteri e i compiti oggi attribuiti
a tali Enti, nonché i patrimoni e i finanziamenti
relativi dovranno essere trasferiti alle Regioni,
le quali peraltro. nel mentre avranno compiti
programmatori, non gestiranno direttamente i servizi di assistenza sociale.
Sono trasferite alle Regioni le
funzioni di tutela e di vigilanza, esercitate dagli organi centrali e/o
periferici dello Stato, in materia di assistenza e
beneficenza pubblica.
Il
personale degli
organi centrali e periferici dello Stato che attualmente esercitano
le funzioni di tutela e di vigilanza in materia di assistenza e beneficenza
pubblica, è trasferito alle Regioni
sulla base delle loro necessità.
Gli uffici dello Stato preposti a
tale attività vengono soppressi.
È
riservato allo Stato, a norma dell'art. 17 della legge 16 maggio 1970, n.
Fino a che non sarà approvata la
legge di riforma, tutti i fondi attualmente iscritti nel bilancio dello Stato
per finanziare gli interventi in materia di assistenza
e beneficenza pubblica, sono trasferiti ad un Fondo speciale iscritto nel
bilancio del Ministero del Tesoro e destinato ad essere ripartito tra le
Regioni secondo i criteri contenuti nell'art. 8 della legge finanziaria
regionale n. 281 del 16 maggio 1970.
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