Prospettive
assistenziali, n. 14, aprile-giugno 1971
NOTIZIARIO DELL'UNIONE
ITALIANA PER
SERVIZIO DI ASSISTENZA SCOLASTICA
Si
riporta la lettera del 4 maggio 1971 inviata dall'Unione a:
- Al Sindaco di Torino
- Agli Assessori e ai Consiglieri
Comunali di Torino
e per conoscenza:
- Al Ministro del Lavoro
- All'Assessore regionale alla
cultura, formazione e assistenza scolastica
- Alle Confederazioni Sindacali
e alle ACLI di Torino
Con lettera del 27 aprile 1971 (n.
1191 gab.), il Sindaco di Torino rispondeva ad un
telegramma di questa Unione con le seguenti parole:
«Ricevo il Suo telegramma in data
odierna. Le segnalo subito che non ritengo di dover aderire a quanto da Lei
richiesto, anche perché non intendo delegare ad altri i compiti decisionali che
mi competono».
Il telegramma di questa
Unione era così formulato: «Chiediamo rinvio incontro Comune con
Patronato scolastico per rinnovo convenzione assistenza scolastica a dopo
incontro richiesto dai sindacati-confederali al quale questa Unione
chiede partecipare».
La richiesta era evidentemente
quella di poter illustrare al Sindaco di Torino il
parere di questa Unione prima che incominciassero le trattative fra il Comune
di Torino e il Patronato scolastico e quindi di apportare un contributo di
studio e di esperienza ad un problema più importante; la richiesta era stata
avanzata nella linea delle dichiarazioni programmatiche del 5-10-'70 della
Giunta comunale e precisamente in base alla seguente affermazione (pag. 4): «Il
raccordo con
La partecipazione non può certamente essere intesa come consenso alle decisioni prese,
ma come concorso dei cittadini e dei gruppi organizzati alle scelte politiche
(art. 2 dello statuto della Regione Piemonte).
È evidente che questa
Unione non ha mai inteso sottrarre i poteri decisionali a chicchessia,
ma rivendica il diritto costituzionalmente garantito (art. 4, 2° comma della
Costituzione) di «svolgere un'attività e una funzione che concorra al
progresso materiale o spirituale della società».
Ciò premesso, per quanto concerne il servizio di assistenza scolastica, la cessione di detto
servizio al Patronato scolastico costituirebbe ad avviso di questa Unione:
1) una decisione retriva e reazionaria, di rinuncia a un servizio sociale, contraria all'attuale tendenza a demandare per legge alle Regioni e agli
Enti locali I'assistenza scolastica (art. 117 della Costituzione);
2) un grave atto antisindacale del
Comune di Torino che alle richieste (forse eccessive) di alcuni
suoi dipendenti risponde in definitiva con la rinuncia a un servizio e mette ben
1.300 lavoratori in condizioni peggiori delle attuali, cioè in condizioni di
trattative future decisamente negative nei confronti di un nuovo datore di
lavoro, quale il Patronato scolastico che non ha margini contrattuali;
3) il rafforzamento di un ente di
cui le forze politiche e sociali più avanzate hanno chiesto la soppressione
(vedansi la proposta di legge di iniziativa popolare
n. 1167/Senato; la proposta di legge n. 1676/Camera sottoscritta dagli onorevoli
Foschi, Donat-Cattin, Bodrato
e da altri 115 deputati DC; la proposta di legge del PSI n. 3181/Camera, il
documento pubblicato sul n. 5, marzo 1971 del notiziario del gruppo di lavoro
per la sicurezza sociale della Direzione del PCI, le conclusioni del convegno
di Forze Nuove tenutosi a Roma il 25-2-1971, il documento approvato dagli
Assessori regionali all'assistenza nella riunione di Bergamo del 27 aprile
1971, le conclusioni dell'Associazione Nazionale Patronati scolastici,
dell'Associazione Italiana Maestri Cattolici, ecc.);
4) un precedente di particolare
importanza di mancata preventiva informazione ai cittadini dei programmi del
Comune, informazione che è «il presupposto della partecipazione» (art. 8 dallo Statuto
della Regione Piemonte);
5) una fuga del Comune da pressioni
di base, dei quartieri, delle famiglie: le richieste dei miglioramenti dei
servizi di assistenza scolastica non premeranno più
sul Comune..., ma saranno deviate verso un Ente non controllabile come il
Patronato e impedirebbe ogni possibilità futura di partecipazione dei cittadini
in materia.
In relazione alle strette connessioni con i servizi
di assistenza scolastica, si coglie l'occasione per ricordare che il Comune di
Torino, in violazione delle leggi
attuali, non ha ancora attuato il servizio di medicina scolastica di cui ai
D.P.R. 11 febbraio 1961, n. 264 e 22 dicembre 1967, n. 1518.
In base ai D.P.R. sopra citati, il
Comune di Torino doveva approntare i servizi di medicina scolastica in tutte le
scuole pubbliche e private di ogni ordine e grado ed
estenderli agli istituti educativo-assistenziali e medico-psico-pedagogici.
Il servizio di medicina scolastica
comprende, per quanto concerne l'aspetto igienico-sanitario:
la profilassi, la medicina preventiva, la vigilanza igienica, il controllo
dello stato di salute di ogni allievo e degli
insegnanti.
Per quanto riguarda invece l'aspetto
psico-pedagogico, il Comune di Torino doveva provvedere
al trattamento dei minori con difficoltà, ivi compresi gli handicappati
psichici, fisici e sensoriali che frequentano le scuole o istituti assistenziali
pubblici o privati e soprattutto svolgere l'azione di prevenzione del
disadattamento.
Gli interventi devono essere diretti
(art. 34) anche a ridurre le carenze delle famiglie e
dell'ambiente in genere.
L'applicazione dei D.P.R. citati
costituirebbe da un lato l'avvio concreto del Servizio Sanitario Nazionale, con
particolare riguardo agli aspetti preventivi e, d'altro lato, introdurrebbe il
Comune nella scuola, con ampi compiti decisionali.
Detti compiti potrebbero naturalmente
essere svolti non con finalità selettive, ma mediante interventi
di aiuto agli allievi, insegnanti, famiglie e ambiente per consentire il pieno
sviluppo fisico, psichico e sociale dei ragazzi.
In particolare, mentre compete in
base alle vigenti nome di legge al Ministero della
pubblica istruzione l'istituzione di classi speciali e differenziali, è
compito delle équipes scolastiche, di cui tre
elementi (psicologo, neuropsichiatra infantile e
assistente sociale) devono dipendere dal Comune e un elemento (il direttore
didattico) dipende dal Ministero della pubblica istruzione, provvedere
all'invio dei ragazzi in dette classi, ma ciò solo nei casi previsti dall'art.
30 del D.P.R. 22 dicembre 1967, n. 1518.
Da notare che gli interventi dei
servizi di medicina scolastica possono però essere
attuati in modo da dare agli allievi, agli insegnanti, alle famiglie un aiuto
che eviti l'invio in classi differenziali e limiti l'invio in classi speciali
dei ragazzi con insufficienza mentale grave o gravissima.
Inutile sottolineare
che l'istituzione di un servizio di medicina scolastica non selettivo e gestito
dal Comune rappresenterebbe un passo importante per la democratizzazione della
scuola, oltre che, come già detto, un avvio concreto del Servizio Sanitario
Nazionale.
Di fronte a queste prospettive, il
Ministero della pubblica istruzione ha illegittimamente stipulato convenzioni
con il Comune di Torino e altri enti quali l'ONMI e
l'Ente Nazionale per
In particolare si citano le 19
convenzioni stipulate dal Ministero della Pubblica istruzione con
Dette convenzioni, oltre che stipulate
illegittimamente (la legge affida il servizio ai Comuni e non al Ministero
della Pubblica istruzione), hanno scopi esclusivamente di agnostico-selettivi.
Inoltre le équipes sono compensate in modo tale da
avere una rilevante convenienza economica a istituire
classi differenziali e speciali (vedasi l'art. 11), per l'istituzione di
ognuna delle quali ricevono il compenso di L.
100.000.
Si tenga presente che il compenso
complessivo per il reperimento e la diagnosi spettante a ciascuna équipe può essere di lire 225.000 - 325.000 per classe
differenziale o speciale, compenso che, come quello
sopra indicato, avvantaggia economicamente le équipes,
che sono quindi portate a chiedere un sempre maggior numero di classi speciali
e differenziali.
Ai sensi dell'art. 10 del D.P.R. 22
dicembre 1967, n. 1518, il Comune di Torino doveva approntare il proprio
regolamento nel servizio di medicina scolastica entro il 20 giugno 1969 e questa Unione chiede che la sua redazione venga fatta con
la partecipazione delle forze politiche e sociali interessate e tenendo conto
della legge 30 marzo 1971, n. 118.
Circa il funzionamento del Patronato
scolastico centrale di Torino, elementi concreti possono essere tratti dalla
lettera, di cui si allega copia, inviata da questa Unione
l'8 aprile u.s. al Provveditore agli Studi e ai Componenti della Commissione di
tutela.
Con i migliori saluti.
RACCOMANDATA R. R.
Torino, 8 aprile 1971
- Al Provveditore agli Studi di Torino
- Ai componenti della Commissione di
Tutela del Patronato scolastico centrale di Torino
LORO SEDI
1) Con lettera del 1° dicembre 1970
indirizzata al Presidente del Patronato scolastico centrale di Torino e al
Provveditore agli Studi di Torino nella Sua qualità di Presidente della
Commissione di Tutela (lettera rimasta fino ad oggi
senza risposta) in merito all'acquisto fatto dal Patronato scolastico centrale
di Torino della «Colonia» di Levone, questa Unione rilevava che, esaminata la legge 4 marzo 1958,
n. 261 e il D.P.R. 16-5-'61, n. 636, non aveva riscontrato l'esistenza di norme
di legge che consentissero l'acquisto e la gestione di istituti di assistenza.
L'intervento del Patronato
scolastico è limitato dall'art. 1 della legge 4 marzo 1968, n. 261, «All'assistenza degli alunni bisognosi
frequentanti la scuola nell'adempimento
dell'obbligo scolastico».
L'art. 2 della legge suddetta
precisa inoltre che il Patronato scolastico «istituisce e gestisce dopo-scuola,
inter-scuola, ricreatori e colonie» esclusivamente allo scopo di «superare le
condizioni di natura economica-sociale che rendono difficile l'adempimento
dell'obbligo e anche possono gravemente compromettere il rendimento scolastico».
La lettera inviata dall'Unione
proseguiva affermando che la legge prescrive che le
attività del Patronato scolastico devono essere prestate esclusivamente agli
alunni bisognosi frequentanti la scuola dell'obbligo scolastico e che dette
attività devono aver carattere integrativo e non sostitutivo dell'azione
educativa della scuola. Detta lettera concludeva come
segue: «Le disposizioni di legge non consentono pertanto, ad avviso di questa Unione, la creazione e gestione dell'istituto di Levone, istituito per accogliere in internato insufficienti
mentali di Torino».
2) Si porta a conoscenza del Presidente
e dei componenti della Commissione di tutela gli ulteriori
elementi in possesso di questa Unione.
a) Con circolare del 14-10-1970 (Prot. 600/ A29b), il
Patronato scolastico centrale di Torino scriveva che le attività assistenziali per l'anno scolastico 1970-71 dovevano essere
limitate per il seguente motivo: «Lo scorso anno, infatti, sono state spese oltre L. 35.000.000
e non sarà possibile superare tale
limite nella speciale considerazione che il Patronato scolastico sta allestendo
una Colonia pre-montana, a gestione permanente,
riservata agli alunni subnormali gravi».
b) Come risulta
dal bilancio preventivo del Patronato scolastico centrale di Torino, sono state
previste uscite per la colonia di Levone di Lire
82.945.000 per l'anno 1970-71 (L. 80.085.000
risultano stanziate nel bilancio precedente). Da notare che la somma totale
delle uscite ordinarie e straordinarie previste nell'esercizio del Patronato
scolastico centrale per il 1970-71 è di lire 202.130.000, per
cui le sole spese di Levone ammontano ad
oltre il 40%.
c) Da documenti pubblici in nostro possesso risulta:
«In data 13-3-1969 davanti al notaio
Giovanni Mazzola (repertorio 113864) veniva stipulato
un contratto di compra vendita di immobile, in Levone
Canavese, tra il Patronato scolastico centrale di Torino nella persona del suo
Presidente ing. Agostino Daniele Derossi, dirigente
industriale, e le proprietarie dell'immobile, signora Bertoto
Nella ved. Sanpietro
ispettrice scolastica e signora Bertot Alessandra ved. De Luigi dottoressa in farmacia, dietro pagamento in
contanti della somma di L.
d) Dallo stesso verbale risulta: «le
necessità che spingono il Patronato scolastico di Torino a procedere
all'acquisto del fabbricato e alla sua sistemazione a
colonia permanente (almeno per il periodo invernale) per gli alunni subnormali
gravi e per il periodo estivo per gli alunni bisognosi di clima submontano. Nella provincia di Torino
infatti non esiste un ente che si interessi ai bambini subnormali gravi
in internato per una sana educazione al fine del loro inserimento nel tessuto
sociale». E sempre dallo stesso verbale: «
e) Quanto alla validità
dell'acquisto e gestione di un istituto per subnormali a Levone
si rileva in primo luogo che esso sorge in località isolata, per
cui l'istituto altro non è che un ghetto (forse anche di lusso) in cui
vengono isolati dalla società dei bambini «colpevoli» di essere subnormali e
quindi «non degni» di utilizzare i servizi per tutti i cittadini. Questa Unione
non comprende come questa possa essere un'attività
integrativa dell'azione educativa
della scuola.
Se il Patronato scolastico centrale
di Torino voleva fare qualche cosa per i bambini subnormali che frequentano la scuola dell'obbligo, poteva utilizzare la colonia di Loano, effettuando
soggiorni di vacanza di bambini normali e subnormali, come effettuato con
successo dall'AAI di Udine presso il soggiorno alpino di Lauco
nell'estate 1970.
Ma, se si trattasse di bambini
subnormali che frequentano la scuola dell'obbligo, non si
spiegherebbero le affermazioni della prof.ssa Loreti
Ricci circa la possibilità di richiedere alla Provincia di Torino il
versamento di una retta e la precisazione della circolare del 14-10-1970 che la
colonia pre-montana di Levone
sarebbe stata «a gestione permanente».
Tutto ciò premesso e considerato, questa Unione chiede che venga modificata la destinazione
della colonia di Levone.
Si resta in
attesa di cortese risposta e si porgono i migliori ossequi.
IL PRESIDENTE
Cons.
Emilio Germano
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