Prospettive assistenziali, n. 14, aprile-giugno 1971

 

 

DOCUMENTI

 

PER LA RIFORMA DELLA ASSISTENZA E L'ISTITUZIONE DI UN SERVIZIO DI ASSISTENZA SOCIALE (1)

 

 

Il Gruppo di lavoro per la Sicurezza Sociale del P.C.I., nel corso della riunione nazionale indetta dal 5 al 7 febbraio, ha esaminato e discusso in assemblea plenaria e in una apposita Commissione alcuni aspetti essen­ziali di riforma del settore assistenziale, in collegamento alla riforma sani­taria e alla nuova realtà istituzionale determinatasi con la costituzione delle Regioni.

 

 

È stato rilevato il ritardo con il quale il nostro Partito ha affrontato i problemi della assistenza sociale; si è sottolineata l'esigenza di ulteriori verifiche ed incontri per meglio definire la stru­mentazione della nostra proposta di riforma; è stata confermata la utilità del dialogo e della collaborazione con altre forze politiche, sociali­ste e cattoliche, disposte ad avanzare e soste­nere positive elaborazione di riforma.

In considerazione del dibattito svoltosi, sot­toponiamo alla più ampia consultazione del Par­tito alcuni punti di riforma della assistenza so­ciale, ritenuti qualificanti.

 

1) Contenuti nuovi dell'Assistenza Sociale

L'intervento assistenziale, avente oggi carat­tere prevalente di prestazioni economiche ero­gate discrezionalmente ai poveri e di interventi di tipo chiuso (ricoveri in Istituti) si riforma es­senzialmente attraverso un sistema di servizi sociali assistenziali nei quali prevalga il momen­to dei servizi aperti e del diritto di ogni cittadino a disporre della più ampia gamma dei servizi so­ciali e a partecipare alla loro gestione.

Appare quindi chiaro che non si intende asso­lutamente operare per la razionalizzazione del sistema attuale attenuandone le incongruenze e gli sprechi, ma che si propone qualcosa di più incisivo: l'avvio di una vasta battaglia politica, culturale e ideologica.

Al ruolo attuale svolto dall'assistenza sociale - consistente da un lato nel controllo di tutti quei comportamenti considerati devianti e che possono essere motivo potenziale di turbamento dell'ordine pubblico e, dall'altro, in una valvola di sfogo di un sistema sociale tendenzialmente produttore di ampie zone di emarginazione so­ciale - contrapponiamo un ruolo alternativo che mira sostanzialmente a condizionare il tipo di ac­cumulazione capitalistico e a modificare la desti­nazione delle risorse economiche prodotte. Ciò è realizzabile attraverso: a) la produzione di un sistema di servizi sociali capace di soddisfare la domanda di tali servizi da parte della popolazio­ne in modo collettivo e non attraverso consumi individuali; b) la predisposizione di interventi sociali (servizi sociali e prestazioni economiche) capaci di salvaguardare la dignità, la libertà, il pieno sviluppo della personalità di tutti quei cit­tadini, minori e adulti, che si trovano in partico­lari condizioni limitanti le loro capacità psico­fisiche o lavorative.

Tutto ciò richiede la partecipazione democra­tica alla gestione del sistema a tutti i livelli, oc­casione di potere reale delle classi lavoratrici, maturazione di una coscienza critica da parte del­la popolazione nei confronti dell'organizzazione sociale, possibilità effettiva di superamento di barriere e pregiudizi eretti nel tempo da una pra­tica di governo e di potere della D.C.

L'assistenza sociale è chiamata pertanto a svolgere il ruolo di congiunzione tra le varie po­litiche sociali (sanità, previdenza, istruzione, po­litica del territorio ecc.) e quindi ad occupare un posto non secondario nella realizzazione di tali politiche.

La conoscenza dei bisogni di servizi sociali della popolazione, la prevenzione di tali bisogni, il soddisfacimento della domanda di servizi so­ciali, la promozione della gamma più estesa di tali servizi, la specializzazione dell'intervento in particolare nei confronti della maternità e dell'infanzia, della gioventù, dei lavoratori, degli in­validi, degli handicappati, degli anziani e di tutte quelle categorie di cittadini che esprimono co­munque l'esigenza di servizi sociali, anche di ca­rattere economico, sono i nuovi compiti dell'in­tervento di assistenza sociale, che si realizza at­traverso la garanzia del diritto a tutti i cittadini di accedere ad un Servizio pubblico di Assisten­za Sociale.

 

2) Elementi per una legge-cornice di riforma dell'assistenza sociale

In base agli artt. 117 e 118 della Carta Costi­tuzionale le competenze legislative e ammini­strative in materia di assistenza sociale sono delle Regioni.

La legge-cornice nazionale deve perciò limi­tarsi ad enunciare solo i relativi principi fonda­mentali nonché i vincoli dei poteri dello Stato, lasciando all'autonomia politica delle singole As­semblee Regionali di disporre la legislazione di dettaglio.

I Comuni sono i naturali gestori di tutto l'in­tervento sociale-assistenziale, singolarmente o attraverso appositi consorzi. Tale gestione deve essere intesa come l'occasione per garantire la più vasta partecipazione popolare nella promo­zione e nel controllo dei singoli servizi.

 

3) Poteri delle Regioni

Da queste premesse, che ribadiscono la pie­na competenza legislativa e amministrativa delle Regioni, i poteri delle stesse possono essere co­sì indicati:

- approntamento della legislazione regiona­le in materia di servizi sociali assistenziali;

- individuazione delle tipologie e degli stan­dards di servizi sociali assistenziali, nonché del­lo strumento organizzativo a livello territoriale (Unità locale dei servizi sociali assistenziali);

- predisposizione, concertata obbligatoria­mente con i comuni, del programma regionale dei servizi sociali assistenziali che concorrerà al­la formazione del programma nazionale di set­tore;

- gestione del Fondo Regionale per i servizi sociali assistenziali che dovrà essere ripartito ai Comuni sulla base di una negoziazione tra gli stessi e la Regione e sulla base del programma regionale dei servizi sociali assistenziali;

- erogazione della pensione sociale e delle pensioni di invalidità di carattere non assicurati­vo-previdenziale e di tutte le altre forme di pre­stazioni economiche assistenziali;

- preparazione, attraverso strutture forma­tive regionali, del personale dei servizi sociali assistenziali;

- promozione nella costituzione delle Unità locali dei servizi sociali assistenziali;

- orientamento, assistenza tecnica e con­trollo dell'attività di tutte le strutture di servizi sociali assistenziali;

- vigilanza sulle prestazioni assistenziali erogate dalle Istituzione Private di Assistenza e Beneficienza.

 

4) Momento nazionale

Ferme restando le attribuzioni alle Regioni, si riconosce l'esigenza di un livello nazionale di decisioni politiche sul problema. A questo fine si ritiene opportuna la costituzione di un Comitato Nazionale per i servizi sociali assistenziali, inte­so come l'organo democratico di promozione e iniziativa del Servizio di Assistenza Sociale. Tale Comitato, presieduto dal Ministro della Sanità, dovrebbe essere composto dagli Assessori all'Assistenza delle Regioni sia a Statuto ordinario che speciale e da un adeguato numero di esperti, designati dalle Regioni stesse.

Il Comitato Nazionale per i servizi sociali pro­porrà alle sedi competenti (CIPE - Parlamento - Governo), lo schema di Piano dei servizi sociali, recependo i piani regionali di settore; l'aliquota delle risorse da destinare al Servizio; i parame­tri di ripartizione di tali risorse alle Regioni; svolgerà e stimolerà attività di studi e di ricer­che di assistenza tecnica in materia; avanzerà proposte per l'organico ministeriale incaricato dell'esecuzione dei suoi deliberati.

Vanno quindi soppresse le Direzioni generali, gli uffici burocratici dei Ministeri, delle Amministrazioni autonome dello Stato, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e degli Enti pubblici previdenziali che attualmente svolgono funzioni in materia assistenziale.

Il Ministero dell'Interno, nonché tutti gli altri Ministeri che svolgono attività assistenziali, de­ve essere pertanto privato di tutte le competenze che attualmente gli sono attribuite in questa ma­teria.

A livello di Governo viene individuata una sola autorità politica nel Ministro della Sanità che assume la denominazione di Ministro della Sanità e della Assistenza Sociale.

Vanno convogliate in un unico Fondo Nazio­nale, inserito in un apposito capitolo del Bilancio dello Stato, tutte le attuali voci per attività assi­stenziali iscritte nei bilanci dei vari Ministeri, compresa la Presidenza del Consiglio; le risorse finanziarie impiegate nel pagamento delle pre­stazioni economiche per invalidità temporanea e permanente di carattere non assicurativo-previ­denziale e nel pagamento della pensione sociale.

 

5) Compiti dei Comuni

I Comuni o i Consorzi di Comuni concorrono alla formazione del Piano regionale dei servizi sociali e sono tenuti ad assicurare la presenza di tutti quei servizi sociali assistenziali rispon­denti alle esigenze della popolazione dei rispet­tivi territori. I servizi devono garantire al mas­simo un intervento di tipo aperto e personale e (imitare, per converso, ogni intervento di tipo istituzionalizzante.

Il complesso dei servizi sociali assistenziali del Comune o del Consorzio di Comuni costitui­sce la Unità Locale dei servizi sociali, intesa co­me circoscrizione territoriale analoga a quella della Unità Sanitaria Locale. Si ritiene anzi oppor­tuna la loro coincidenza territoriale in modo da consentire la saldatura tra interventi sanitari e interventi sociali assistenziali.

Il Comune o Consorzio di Comuni nel suo ter­ritorio realizza le finalità del Servizio di Assisten­za Sociale attraverso la gestione della Unità Lo­cale (complesso di servizi sociali) con il concor­so del Comitato Locale rappresentativo delle po­polazioni interessate. La partecipazione popolare troverà la sua esplicazione più concreta nella ge­stione sociale delle singole istituzioni e strutture operative delle Unità Locali.

 

6) Estinzione di Enti assistenziali

Vanno estinti gli Enti nazionali di assistenza sociale (ONMI, ex GIL ecc.), gli enti autarchici territoriali di assistenza (ECA, centri comunali assistenziali, altri organismi assistenziali), gli Enti autarchici non territoriali di assistenza so­ciale (istituzioni pubbliche di assistenza e bene­ficenza regolate con la legge delle Opere Pie del 17 luglio 1890, n. 6972).

 

7) Trasferimento dell'attuale dotazione di beni e di personale al Servizio di Assistenza Sociale

Le disponibilità materiali di beni e di servizi degli Enti posti in liquidazione passano diretta­mente ai Comuni o alle Regioni.

I patrimoni finanziari, mobiliari, immobiliari degli Enti nazionali da collegarsi a investimenti di tipo remunerativo sono incamerati dal Fondo Nazionale per i servizi sociali assistenziali.

Il personale statale degli Enti nazionali di as­sistenza sociale, degli Enti autarchici territoriali e non territoriali di assistenza sociale è trasfe­rito, a domanda, alle dipendenze dello Stato, del­le Regioni e dei Comuni.

A tale personale sono garantiti i diritti acqui­siti (anzianità e trattamento economico) (2).

 

 

 

(1) Da Sicurezza Sociale, Notiziario del Gruppo di lavoro per la Sicurezza Sociale della direzione del P.C.I., n. 5, marzo 1971, pp. 40-42.

(2) Avvertenza: Occorre tenere presente che questa piattaforma è stata elaborata agli inizi del mese di feb­braio: va quindi ora vista e interpretata alla luce dei fatti recentemente avvenuti (es. esplosione crisi dell'ONMI) e di più aggiornate posizioni assunte dal Partito (articolo sull'Unità del 7-3-1971) sulla riforma assistenziale. Vanno al­tresì valutate le iniziative nel frattempo prese da altre for­ze politiche (in particolare il progetto di legge presentato dal P.S.I.: Avanti! del 6 marzo 1971) e le proposte di rifor­ma della assistenza che risultano essere in corso di prepa­razione da parte di un gruppo di Regioni.

 

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