Prospettive
assistenziali, n. 14, aprile-giugno 1971
SPECCHIO NERO
L'ARMA BENEMERITA VERSO I SUOI ORFANI E PIÙ BENEMERITA VERSO
LE SUE VEDOVE
Al Gen. FORLENZA
Comandante Gen.
dell'Arma C.C. - ROMA
e per conoscenza:
AI
presidente dell'O.N.A.O.M.A.C. - ROMA
Alla direzione
dell'O.N.M.I. - MILANO
Al Giudice tutelare
dei minori - MILANO
La sottoscritta Sig.ra
A. vedova di G. T. App. dell'Arma CC. abitante in M. in via
S. 107, si pregia portare a conoscenza e sottoporre alle Vostre opinioni,
alcuni punti di vista maturati dopo lunga esperienza propria e di altre vedove
assistite dall'Opera Nazionale Assistenza Orfani militari Arma Carabinieri.
Espongo
In un periodo lungo otto anni, ho
avuto modo di constatare che l'assistenza elargita
dall'ONAOMAC agli orfani dei carabinieri, sarebbe più efficace applicarla con
criteri moderni consoni ai tempi d'oggi, con più coerenza e senso umanistico.
1°
punto di vista: Quando
un militare dell'Arma decede, lasciando moglie e figli in tenera età ed in necessità di essere assistiti, non si dovrebbe completare
la distruzione del nucleo familiare con conseguenti danni morali, staccando i
figli dalla madre per assisterli in collegio dove non potranno mai trovare
quell'affetto che soltanto può dare una madre. (I bambini
hanno bisogno più di ogni assistenza materiale, quella morale ed affettiva).
In questo caso l'assistenza dovrebbe
essere elargita in famiglia ed in misura pecuniaria pari a quella che si versa
per l'assistenza in collegio e non soltanto per i 9 mesi dell'anno scolastico
ma per tutti i 12 mesi dell'anno solare. I collegi dovranno essere riservati
soltanto a quei casi in cui non c'è altra soluzione.
2° - L'ONAOMAC dispone
di due collegi, di cui uno per le elementari in Calambrone
di Pisa ed uno per le medie in S. Mauro (To). Non
disponendo di strutture proprie necessarie ad assistere i giovani che devono
proseguire negli studi superiori, a questi orfani si dovrebbe concedere, in
primo luogo, il diritto di scegliersi di propria volontà il corso di studi che
si desidererebbe seguire; in secondo tempo chi ha la possibilità di restare in
famiglia e poter seguire gli studi, si conceda l'assistenza in famiglia in modo
equo pari alla somma versata dall'ONAOMAC per ciascun assistito.
Ho il dovere di segnalare a quali
inconvenienti dannosi sono soggetti tutti gli orfani che intraprendono gli
studi superiori.
L'ONAOMAC, tutrice degli orfani, non
disponendo di collegi e scuole proprie e quindi non avendo questi ragazzi un
posto fisso dove poter svolgere gli studi dall'inizio alla fine del corso,
sono costretti senza un preciso perché ad essere trasferiti da un posto
all'altro, di anno in anno, con notevole danno morale
e intralcio nello studio. Essendo differenti i sistemi di insegnamento
da una scuola all'altra, conseguentemente i ragazzi si trovano svantaggiati
dovendo iniziare dal punto di partenza e, non sempre riuscendoci, restando in
tal modo danneggiati anche moralmente. Questo dato di fatto è necessario
vagliarlo bene, poiché risulta contrario ai fini
preposti dall'Opera; se gli orfani si devono assistere, lo si deve fare con
coerenza e spirito di responsabilità.
Un punto di vista alquanto
giustificato sarebbe quello di permettere, ai familiari degli assistiti in
collegio, qualora si recano a visitare i bambini, di
permettere il libero accesso senza alcuna proibizione a tutti i locali: aule,
dormitori, sale da giochi, finanche in cucina.
Altro punto di vista sarebbe quello
di elargire a favore degli orfani un assegno annuale in misura equa per
permettere loro di rimpiazzare quei capi di vestiario indispensabili al decoro
della propria persona.
Mi limito a far osservare che tali
provvedimenti se applicati tornerebbero vantaggiosi per l'Arma benemerita e
diffondendo in pari tempo un senso di fiducia e di serenità in tutti gli
assistiti che all'ONAOMAC dovrebbero vedere un porto a cui approdare.
Facendo voti che la presente trovi
comprensione e si dia ad essa un giudizio favorevole
su quanto esposto in breve e con modesta obiettività.
Chiedo scusa e Le porgo deferenti
ossequi.
(Lettera firmata)
OPERA NAZIONALE ASSISTENZA ORFANI MILITARI ARMA CARABINIERI (O.N.A.O.M.A.C.)
Roma, 29 settembre 1970
N. 14120/71 di prot.
Risposta al foglio n. 1454/6 Ass. del 24 corr.
OGGETTO: Esposto
della signora A., vedova dell'App. dei Carabinieri G.
T.
AL COMANDO GENERALE
DELL'ARMA DEI CARABINIERI
Ufficio Assistenza -
ROMA
e, per conoscenza:
ALLA SPETT.LE DIREZIONE DELL'O.N.M.I. - MILANO
ALL'ILL.MO SIGNOR GIUDICE TUTELARE presso il Tribunale Civile e
Penale di MILANO
Molte circostanze
contenute nell'esposto datato 16 settembre
L'O.N.A.O.M.A.C., a partire dall'anno scolastico 1963-64, assiste i tre
figli della A. e precisamente P. di anni 15, R. di anni 14 e D. di anni 11.
P. venne
ammesso al Collegio di Calambrone di Pisa (di
proprietà dell'Opera) nell'anno scolastico 1963-64 per frequentarvi la 3ª
classe elementare.
L'anno successivo, in seguito ad
insistente richiesta della madre, P. venne trasferito
al Collegio convenzionato «S. Antonio» in Busnago
(Milano); lo stesso anno vi furono ammessi anche i fratelli R. e D. per frequentare
le scuole elementari.
Nell'anno scolastico 1965-66 i tre
fratelli T. furono trasferiti nel
Collegio di S. Mauro Torinese, Casa Madre dell'Opera per le seguenti
ragioni:
- P. e R. per frequentarvi le scuole
medie;
- D. per frequentare le scuole
elementari statali del Comune di S. Mauro Torinese (il nostro Collegio non
aveva le elementari) . L'assegnazione del ragazzo a S.
Mauro fu adottata in via del tutto eccezionale in seguito ad insistenti
pressioni della madre. Successivamente fu dimesso dal Collegio per enuresi
(sic!) ed alla vedova venne concessa l'assistenza in famiglia in ragione di L. 20.000 mensili.
Nell'anno scolastico 1969-70 P. e R.
T., terminati i corsi di scuola media in S. Mauro Torinese, passarono al
Collegio dei PP. Somaschi in Torino - Fioccardo per frequentarvi l'istituto Professionale di
Stato. Durante l'anno hanno studiato poco o nulla e tenuto
condotta tanto riprovevole da costringere i Padri Somaschi
a rifiutarne l'ulteriore ammissione nel loro Collegio.
La vedova A. è affetta da
grafomania.
È una donna indiscreta e soprattutto
petulante: essa chiede e giudica a suo modo con insistenza, presumendo sempre
di essere stata defraudata di qualche cosa e di avere diritto di ottenere
quanto desidera senza curarsi se l'Opera sia o meno in
grado di esaudire le sue richieste che spesso suole adombrare con un tono di
impertinenza pettegola e maligna.
Ha sempre ottenuto concessioni ed
agevolazioni particolari per i suoi figli e continua a pretendere sempre di più
come quando interpreta le esigenze strutturali e funzionali dell'Opera come
autentici abusi e soverchierie.
Vuole che i figli siano accolti ora
in un collegio ora in un altro anche quando non esistono le condizioni
necessarie per ammetterveli (mancanza di corsi adatti; rifiuto dei dirigenti di
accoglierli dato i precedenti dei ragazzi, ecc.).
E seguendo sempre il moto del suo
aspro carattere e delle deformazioni mentali che sono
alla base della sua grafomania, spesso si reca nei collegi ove si trovano i
figli e pretende di ottenere vitto ed alloggio a tempo indeterminato
minacciando di elevare proteste se non viene esaudita.
In tutti questi ultimi anni ha
spesso provocato vive lagnanze da parte dei dirigenti dei collegi che
accoglievano i suoi figli perché essa pretendeva mettere il naso dovunque
(lezioni, camerate, cucine, ricreazioni, ecc.) usando maniere sbrigative e
sgarbate e fornendo un pessimo esempio ai propri figli ed agli altri ragazzi
per il fatto che non sapendo frenare i propri impulsi soleva abbandonarsi
teatralmente a qualche sfuriata - senza un motivo valido - in
presenza dei ragazzi stessi.
Talune manifestazioni della A. - che infastidiscono perfino i figli - hanno un
fondo chiaramente morboso. Infatti durante il tempo in
cui i figli sono stati a Busnago, a S. Mauro Torinese
ed a Torino-Fioccardo, si è mantenuta in continuo
contatto con i Collegi sia per mezzo del telefono, sia con frequenti visite ai
figli sopportando spese per viaggi, gite ecc. in contrasto con le sue dichiarate precarie condizioni
economiche e di salute. Ed al riguardo è doveroso aggiungere che in occasione
di visite ai collegi - contravvenendo alle disposizioni interne degli istituti
- ha fornito ai figli il denaro necessario per acquistare sigarette, giornali a
fumetti, pubblicazioni non adatte ai ragazzi ed altre cose futili, consentendo
loro di alimentare anche qualche piccolo vizio.
Il
P. è stato, fra l'altro, trovato in possesso di giornali anarchici che introduceva nel Collegio di Torino-Fioccardo.
La signora A. spesso catoneggia in materia di assistenza;
ma essa non si è ancora resa conto che ha guastato l'animo dei figli per le sue
idee, per le sue inframmettenze, per le sue debolezze. Ed
infatti i figli sono pigri, abulici, insofferenti della disciplina, non
tollerano la religione, non traggono profitto dagli studi col risultato che
durante l'anno scolastico testè decorso sono stati
entrambi respinti nonostante l'interessamento dei PP. Somaschi.
Quest'Opera avrebbe dovuto restituirli
entrambi alla famiglia sia per il rifiuto opposto alla loro riammissione nel
Collegio da parte dei PP. Somaschi, sia per lo
scarso profitto tratto dagli studi nel corso dell'anno scolastico
1969-70. Tuttavia essendo prevalso il principio di non abbandonarli a se stessi
prima di considerarli irreversibili dal punto di vista educativo, l'Opera li ha
trasferiti al Collegio di Montepulciano (Siena) nella speranza che riescano a conseguire un titolo di studio. Ma è l'ultimo tentativo che viene compiuto prima di giungere alla determinazione di
allontanarli dai nostri Collegi, e far posto a ragazzi più meritevoli di
assistenza, data la loro condotta e le idee che denunciano il loro animo
guastato dalle intemperanze e dalle manie della madre (sic!).
In sintesi, la signora A. non
sapendo come reagire alla decisione adottata dai PP. Somaschi
di non volere mai più i figli nei loro collegi, con l'esposto a cui la presente
fa riferimento ha inteso protestate a suo modo contro presunte forme di
persecuzioni svolte a danno dei suoi ragazzi che in verità non meriterebbero
l'assistenza dell'Opera. E fedele all'idea che essa debba
intervenire in qualche modo nel governo dell'O.N.A.O.M.A.C.
per farne uno strumento al servizio delle sue opinioni, che sono delle smoderate
ed esagerate idee del proprio valore e dei propri disegni, intenderebbe, con
le sue iniziative e con l'azione che svolge nei confronti dei figli portare nei
collegi dell'Opera i metodi della contestazione.
IL GENERALE DI BRIGATA (R)
V. Presidente del Consiglio d'Amministrazione
(Eugenio
Piccardo)
BAMBINI COME CAVIE
Ripubblichiamo
l'ultima parte di un coraggioso articolo comparso sulla rubrica «medicina» de Il Giorno (25 marzo 1971), in cui il prof. Giulio A. Maccacaro
spiega come anche in Italia per verificare gli effetti dei nuovi tarmaci e
nella sperimentazione medica in generale il paziente è spesso adoperato come un
topo; e come poveri, minorati, bambini siano fra le vittime
preferite.
Di esperimenti condotti su bambini ne
ricordo uno compiuto presso l'istituto d'igiene e
Carlo Sirtori,
direttore generale dell'Istituto Gaslini di Genova,
non è secondo né a loro né ad altri quando decide di «usare» i bambini
ricoverati nelle cliniche universitarie convenzionate e ospitate dal Gaslini. Un bel giorno egli sente l'urgenza di fotografare
il virus dell'epatite virale. Allora prende 3 bimbi (S. P. femmina
anni 2; D. L. femmina anni
3; C. T. maschio anni 8) ricoverati al Gaslini per questa grave malattia e a ciascuno, perforando
l'addome, asporta un pezzetto di fegato da guardare al microscopio elettronico.
Per essere più sicuro di riuscire nell'intento - racconta
C. Sirtori su «Gazzetta Sanitaria» 1970, p. 266, da
lui diretta - «ero ricorso ad un espediente farmacologico: prima della biopsia somministrai ai primi
due bimbi 8 milligrammi per chilogrammo di peso al giorno di azatioprina per tre giorni e al terzo bimbo 8 per cinque
giorni (...). L'azatioprina poteva nel nostro caso
ridurre i poteri immunitari e rendere pertanto più agevole la maturazione del
virus».
Ripeto per il profano di cose
mediche: tre bambini vengono ricoverati nella clinica
genovese perché il loro fegato è infettato da un virus non di rado letale: non
c'è farmaco per questa malattia: la cura consiste nel proteggere il fegato da
altre cause lesive e favorire contemporaneamente lo svilupparsi di quelle
difese naturali - cioè immunitarie - che sole possono portare a guarigione.
Invece Sirtori fa somministrare ai tre bimbi del Gaslini una sostanza che paralizzi tali difese perché il
virus possa svilupparsi più rigogliosamente nel fegato e sia più facile
fotografarlo in quel pezzetto dello stesso fegato che egli strapperà tre o
cinque giorni dopo.
È chiaro che nessuna di queste
operazioni configura il più piccolo vantaggio terapeutico e diagnostico, anzi
un gravissimo rischio per: S. P. femmina anni 2, D. L. femmina anni
RIVOLTA DEI MINORI RINCHIUSI NEL CARCERE DI CATANIA E MANCANZE DEL DIRETTORE GENERALE MANCA
Come i giornali hanno ampiamente
riferito, il 6 maggio 1971 è scoppiata una «rivolta» nel carcere di Catania,
nel braccio riservato ai minorenni.
I giornali non hanno però riferito che
da mesi 105 ragazzi erano stipati in locali assolutamente inidonei, che
solamente 12 agenti erano addetti alla custodia dei minori e che nessun
educatore lavorava nell'istituto.
L'orario di lavoro degli agenti era
massacrante (12-14 ore giornaliere) con le evidenti ripercussioni negative sui
ragazzi che è facile dedurre specie per quanto
riguarda l'azione che, invece di essere rieducativa,
era di esasperazione per i ragazzi e gli agenti.
I giornali non hanno neppure
riferito che in celle di punizione erano rinchiusi tre ragazzi fra i quali un
bambino di 14 anni.
Ma soprattutto occorre mettere in rilievo che il Direttore generale degli istituti
di prevenzione e pena del Ministero di Grazia e Giustizia, dottor Manca, era
stato informato dalla Procura della Repubblica per i minori di Catania da oltre
due mesi della insostenibile e disumana situazione e che nessuna iniziativa è
stata presa dal dr. Manca.
Ricordiamo infine che alla Procura
della Repubblica di Catania il dottor G. Senzani, a
seguito dell'inchiesta condotta sugli istituti di rieducazione, aveva inviato
il 26 aprile 1969 un esposto «per notizie di cui si è avuta conoscenza nella
prigione scuola di Acireale: dichiarazioni registrate
riguardanti abusi di mezzi di correzione (ragazzi nudi in cella di rigore) e
dichiarazioni registrate riguardanti sevizie della Polizia e dei C.C. sui ragazzi
per farli confessare (sale in bocca, scarafaggi sulla pancia)», come era stato
riportato su «Prospettive assistenziali», n. 7, p. 20.
UNA EMARGINAZIONE CHE COSTA MILIARDI
Dal notiziario della
rivista «Neuropsichiatria Infantile» n. 114, pag. 737:
Quattro istituti specializzati per
bambini subnormali verranno costruiti in Italia per
una spesa - iscritta nel bilancio 1971 dello Stato - di 5 miliardi di lire.
Il Ministro della Sanità on. Mariotti ha anche annunciato
che nello stesso bilancio è iscritta la cifra di 3 miliardi e mezzo di lire per
sanare la situazione debitoria per l'assistenza ai
bambini spastici, mentre altri 2 miliardi sono stati aggiunti al normale
stanziamento annuale destinato a questo settore.
Non appena saranno varate le unità
sanitarie locali, nell'ambito di una legge quadro del Ministero della Sanità, l'assistenza ai minorati psichici sarà
devoluta alle regioni.
www.fondazionepromozionesociale.it