Prospettive assistenziali, n. 15, luglio-settembre 1971

 

 

DOCUMENTI

 

«NORME SULL'ASSISTENZA PUBBLICA E SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE-QUADRO SUGLI ENTI ASSISTENZIALI»

REDATTO DAL MINISTRO DELL'INTERNO (giugno 1971)

 

 

CAPO PRIMO

PRINCIPI GENERALI E DI METODO

 

Art. 1

(Finalità dell'assistenza pubblica e limiti della legge)

L'assistenza pubblica è il complesso dei ser­vizi sociali e degli interventi attuati ai sensi dell'art. 38 della Costituzione e volti al migliora­mento delle condizioni morali e materiali di co­loro che comunque versino in situazione di dif­ficoltà, per inabilità o inadeguatezza di mezzi, al fine di garantire ai destinatari un'esistenza con­sona alla dignità della persona umana e promuo­verne l'inserimento nella vita produttiva della collettività.

Detti servizi ed interventi sono esplicati se­condo i principi generali di metodo o di organiz­zazione, stabiliti dalla presente legge.

Nulla è innovato, peraltro, alle disposizioni concernenti le attività aventi per scopo esclusivo o prevalente la tutela della salute, l'istruzione pubblica, la giustizia, il lavoro e la previdenza sociale.

 

Art. 2

(Principio della personalizzazione)

Le prestazioni di assistenza pubblica devono essere conformi al rispetto della personalità dell'assistito, concorrere alla sua elevazione mora­le in seno alla famiglia e alla società e tendere ad eliminare le cause del bisogno e a prevenirne la continuità nonché a favorire il recupero e lo sviluppo delle capacità individuali.

Gli organi e gli enti che esercitano attività di assistenza pubblica curano l'individuazione e lo studio delle singole situazioni di necessità e de­terminano l'intervento in relazione alle condizio­ni familiari e ambientali del destinatario.

Il trattamento assistenziale è disposto, per quanto possibile, tenuto conto della scelta o del­le preferenze manifestate dall'interessato.

 

Art. 3

(Caratteri dell'assistenza pubblica)

Le prestazioni di assistenza pubblica devono avere carattere essenzialmente preventivo.

La prevenzione si attua mediante servizi so­ciali diretti:

1) a facilitare la conoscenza delle struttu­re e delle risorse disponibili;

2) a fornire adeguata consulenza per il su­peramento di situazioni personali o familiari di disadattamento sociale;

3) ad orientare le richieste di intervento verso gli organismi idonei al soddisfacimento delle necessità segnalate;

4) ad aiutare la famiglia, favorendone, per quanto possibile, la coesione, anche mediante interventi domiciliari, volti a sopperire a parti­colari necessità di persone non autosufficienti;

5) ad attuare ogni possibile intervento per l'inserimento degli assistiti nella vita produttiva. Le prestazioni sono attuate nel tempo, nelle forme e nella misura più convenienti e possono essere continuative ai fini del consolidamento dei risultati raggiunti.

 

Art. 4

(Metodi dell'assistenza ai minori)

L'assistenza rivolta a persone di età minore deve contribuire alla formazione evolutiva degli assistiti, alla loro educazione ed istruzione e al­la loro preparazione alla vita sociale.

Detta assistenza è prestata preferibilmente in forma domiciliare, mediante l'erogazione di aiuti economici a chi sostenga il carico familiare.

Nei casi in cui l'intervento domiciliare non sia possibile o risulti inutile in relazione alle parti­colari condizioni di indigenza della famiglia ov­vero all'abbandono morale o materiale del mino­re per cause inerenti alle persone cui è commes­sa la patria potestà o la tutela, l'assistenza è prestata mediante l'ospitalità in idoneo istituto, regolarmente autorizzato.

Ai minori ospitati in istituti assistenziali deve essere garantita l'istruzione almeno fino al ter­mine della scuola dell'obbligo.

Ai fini dell'inserimento degli assistiti nelle at­tività produttive, gli istituti possono avviarli a corsi di qualificazione professionale.

Ai meritevoli può essere assicurato il mante­nimento per la prosecuzione degli studi superiori.

 

Art. 5

(Metodi dell'assistenza agli anziani)

L'assistenza rivolta a persone anziane deve tendere a non turbare le loro consuetudini di vita, ad evitarne l'isolamento e ad agevolare la loro permanenza nella famiglia.

A tali fini le prestazioni sono effettuate preferi­bilmente in forma domiciliare.

Qualora l'intervento domiciliare non sia pos­sibile o risulti inutile, in relazione alle partico­lari condizioni di indigenza della famiglia ovvero all'abbandono morale o materiale dell'anziano, per la mancanza, l'incuria o l'incapacità delle persone obbligate agli alimenti, l'assistenza è prestata mediante l'ospitalità in case di riposo, regolarmente autorizzate.

Nei casi di ospitalità deve essere consentita la convivenza dei coniugi nella stessa comunità assistenziale.

 

Art. 6

(Istituti di ospitalità assistenziale)

Negli istituti educativo-assistenziali per mino­ri e nelle case di riposo per anziani deve essere assicurato un trattamento di ospitalità sempre conforme alle esigenze igienico-sanitarie, ali­mentari ed etico-sociali.

I responsabili dei detti istituti sono tenuti a promuovere e ad attuare i provvedimenti idonei a rendere quanto più possibile confortevole la vita comunitaria, mediante un razionale assetto della struttura edilizia e dei locali nonché la dotazione di efficienti servizi, attrezzature ed arredi.

Non è consentita la convivenza promiscua di persone sane ed inferme.

La disciplina interna dell'istituto deve essere improntata al carattere della comunità familiare e non può in alcun caso prevedere misure co­strittive della libertà degli assistiti.

Gli istituti di cui al presente articolo si val­gono di personale specializzato nelle attività di servizio sociale.

 

Art. 7

(Operatori assistenziali)

Gli operatori assistenziali devono adempiere i propri compiti con sensibilità e spirito di soli­darietà verso gli assistiti, usando, specie nei con­tatti diretti, comportamenti volti a rendere sol­lecita, qualificata e proficua la prestazione do­vuta.

I servizi ispettivi presso gli enti assistenziali pubblici e privati devono essere svolti con cri­teri di indirizzo, collaborazione e consulenza tec­nica verso gli organi responsabili, al fine di pro­muovere ogni opportuno miglioramento organiz­zativo e funzionale, nell'interesse degli assistiti, nonché al fine di eliminare le cause di deficien­ze e irregolarità riscontrate.

 

 

CAPO SECONDO

FUNZIONI DELLO STATO

 

Art. 8

(Funzione statale di indirizzo e coordinamento)

In materia di assistenza pubblica, spetta allo Stato la funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle Regioni a sta­tuto ordinario, che attengono ad esigenze di ca­rattere unitario, anche con riferimento agli obiet­tivi del Programma economico nazionale ed agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali.

Detta funzione è esercitata mediante delibe­razioni collegiali di Governo oppure altre attivi­tà, sotto la direzione del Presidente del Consi­glio dei Ministri e sotto la sua responsabilità, oltre che del Ministro dell'Interno.

A tali fini le Regioni comunicano al Ministero dell'Interno:

a) i dati sul finanziamento delle Unità co­munali dei servizi sociali di assistenza; sulle in­tegrazioni finanziarie a favore degli enti assisten­ziali pubblici locali e sugli interventi finanziari per l'assistenza di minori, di inabili e di anziani e per l'assistenza estiva ed invernale ai minori che si trovino in condizioni di bisogno;

b) periodiche notizie sullo sviluppo dei ser­vizi sociali assistenziali;

c) informazioni sui programmi concernenti le attività per la formazione e la qualificazione degli operatori sociali a servizio degli istituti assistenziali.

Gli organi statali e le Amministrazioni regiona­li si forniranno, reciprocamente ed a richiesta, informazioni, dati statistici ed ogni altro elemen­to utile allo svolgimento delle proprie funzioni.

 

Art. 9

(Altre funzioni statali)

Spettano, altresì, allo Stato in materia di assi­stenza pubblica, le seguenti funzioni:

1) questioni di ordine internazionale e rap­porti con organismi stranieri e internazionali;

2) vigilanza e finanziamento degli enti pub­blici assistenziali che operano in tutto il terri­torio nazionale o nel territorio di più Regioni;

3) interventi in caso di calamità ai sensi della legge 8 dicembre 1970, n. 996 o per altre esigenze di carattere eccezionale o straordi­nario;

4) interventi di protezione sociale disposti con leggi dello Stato per i ciechi civili, i sordo­muti, i mutilati ed invalidi civili, i profughi ita­liani e stranieri, i rimpatriati, gli orfani dei caduti per servizio, le donne già dedite alla prostitu­zione, le famiglie dei militari richiamati o trat­tenuti alle armi;

5) assistenza degli stranieri, in relazione al­le convenzioni internazionali;

6) autorizzazione agli acquisti degli enti pubblici assistenziali, ai sensi della legge 21 giu­gno 1896, n. 218;

7) studi, sperimentazione e assistenza tec­nica in materia di servizi sociali;

8) controversie in materia di spedalità; as­sistenza sanitaria e farmaceutica alle categorie post-belliche nonché agli infermi bisognosi non assistiti da altri enti, fino a quando non interven­gano le disposizioni relative al Servizio sanita­rio nazionale.

Ai compiti previsti nel presente articolo prov­vede l'Amministrazione dell'Interno.

I controlli di cui al punto 2) sono esercitati dagli organi della predetta Amministrazione, competenti in relazione alla sede amministrativa dell'ente, ai sensi della vigente legislazione.

Restano ferme le attribuzioni degli organi cen­trali dell'Amministrazione stessa nei confronti dei seguenti enti nazionali rappresentativi di ca­tegorie assistibili ed enti con particolare disci­plina, in conformità alle disposizioni che li ri­guardano: Ente Nazionale per la Protezione e l'Assistenza dei Sordomuti, Unione Nazionale Mutilati per Servizio, Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi Civili, Ente Nazionale di La­voro per i Ciechi, Ordine Mauriziano, Fondazione Gerolamo Gaslini, Opere Laiche Palatine Puglie­si, Ente Giuliano Autonomo di Sardegna.

 

Art. 10

(Consiglio Nazionale per l'Assistenza Pubblica)

È istituito il Consiglio Nazionale per l'Assi­stenza Pubblica, che è presieduto dal Ministro dell'Interno o, per sua delega, da un Sottosegre­tario di Stato per l'interno ed è composto:

a) da un Sottosegretario di Stato per cia­scuna delle seguenti Amministrazioni: Ministero degli Affari Esteri; Ministero del Tesoro; Mini­stero del Bilancio e della Programmazione Eco­nomica; Ministero di Grazia e Giustizia; Ministe­ro della Pubblica Istruzione; Ministero del La­voro e della Previdenza Sociale; Ministero della Sanità;

b) dagli Assessori regionali preposti ai ser­vizi assistenziali;

c) dal Direttore Generale dell'Assistenza Pubblica;

d) dal Direttore Generale dell'Amministra­zione per le Attività Assistenziali Italiane e In­ternazionali;

e) da tre esperti in materia di assistenza, nominati dal Ministro dell'Interno.

Un funzionario in servizio presso la Direzione Generale dell'Assistenza Pubblica, con qualifica non inferiore a quella di vice prefetto, esercita le funzioni di segretario.

Il Consiglio Nazionale è nominato con decreto del Ministro dell'Interno ed elegge nel suo seno il vice presidente.

Il componenti di cui alla lettera e) durano in carica cinque anni e possono essere confermati.

Il Consiglio formula proposte ai fini della pro­grammazione e del coordinamento, a livello na­zionale, delle attività assistenziali pubbliche e private.

Esprime, altresì, parere in ordine:

1) agli elementi occorrenti al Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica ai fini del Programma economico nazionale, in par­ticolare per quanto concerne il settore assisten­ziale e dei servizi sociali;

2) a problemi generali inerenti all'assisten­za pubblica o privata, che il Ministero dell'Inter­no, altri Ministeri, le Regioni ovvero organismi assistenziali a carattere nazionale ritengano di sottoporre all'esame dei Consiglio.

 

 

CAPO TERZO

FUNZIONI DELLE REGIONI

 

Art. 11

(Potestà legislativa regionale)

La potestà legislativa spettante alle Regioni in materia di assistenza pubblica ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione è esercitata in conformità dei principi stabiliti dalla presente legge.

Gli stessi principi valgono per la legislazione delle Regioni a statuto speciale.

La Regione Siciliana, che ha potestà legislati­va primaria, osserva la presente legge fino a quando non disciplini autonomamente la predetta materia.

 

Art. 12

(Programmazione regionale dei servizi sociali di assistenza)

La Regione cura la programmazione dei servizi sociali di assistenza, in relazione alle necessità, agli interessi e alle condizioni socio-economiche locali.

Il programma indica i criteri e le modalità per il coordinamento nell'ambito regionale delle atti­vità assistenziali pubbliche e private e per il razionale assetto delle strutture operative.

 

Art. 13

(Altre funzioni regionali)

La Regione provvede alle seguenti altre fun­zioni in materia di assistenza pubblica:

a) qualificazione e specializzazione degli operatori sociali a servizio degli istituti assisten­ziali;

b) riconoscimento giuridico delle istituzio­ni pubbliche assistenziali che operano esclusi­vamente nel territorio regionale, sempreché sia accertato che l'istituzione da riconoscere abbia finalità prevalenti di assistenza pubblica, suffi­cienza di mezzi patrimoniali e adeguatezza di organizzazione;

c) riforme statutarie delle istituzioni pre­dette, sempreché le riforme stesse rispondano ad esigenze di economia della gestione o di coordinamento e specializzazione delle presta­zioni assistenziali;

d) controlli sulle istituzioni predette, rispet­tandone l'autonomia e limitando il controllo di merito, da attuarsi nella forma della richiesta motivata di riesame, agli atti più rilevanti della gestione;

e) coordinamento e integrazione finanziaria per gli interventi relativi al ricovero di minori, adulti inabili e anziani, nonché per gli interventi relativi all'assistenza estiva ed invernale dei mi­nori;

f) integrazione finanziaria degli enti assi­stenziali pubblici operanti in sede locale, anche mediante la distribuzione di materiale assisten­ziale;

g) vigilanza, controlli e integrazione finan­ziaria delle Unità comunali dei servizi sociali di assistenza.

I controlli, di cui alle lettere d) e g) sono esercitati dallo stesso organo regionale che è competente in materia di controlli sul Comune dove l'ente assistenziale ha sede, con le moda­lità stabilite dalla Regione.

 

Art. 14

(Autorizzazione e vigilanza della Regione per gli istituti assistenziali pubblici di ospitalità)

Gli istituti assistenziali pubblici che intendano, a qualsiasi titolo, esercitare assistenza in forma di ospitalità per i minori, gli adulti inabili e gli anziani devono essere previamente riconosciuti idonei a tale funzione mediante formale autoriz­zazione dell'Autorità regionale.

La Regione, avuto riguardo ai criteri indicati nell'art. 6 della presente legge nonché a quelli desumibili dal Regolamento approvato con r.d. 15 aprile 1926, n. 718, stabilisce:

1) i requisiti di ordine morale e sociale rela­tivi ai responsabili dell'iniziativa;

2) le condizioni inerenti all'idoneità dei lo­cali, dei servizi igienico-sanitari e delle attrezza­ture;

3) i livelli di capacità economico-finanziaria adeguati allo scopo.

La Regione determina, altresì, le modalità per l'autorizzazione e le forme della vigilanza e degli interventi atti a garantire l'adeguatezza dell'ospi­talità assistenziale e la tutela degli interessi de­gli assistiti.

 

 

CAPO QUARTO

NORME SULL'UNITÀ COMUNALE DEI SERVIZI SOCIALI DI ASSISTENZA

 

Art. 15

(Unità comunale dei servizi sociali di assistenza)

In ogni Comune l'Unità comunale dei servizi sociali di assistenza, avente personalità giuridica pubblica e propria amministrazione eletta dal Consiglio comunale, provvede:

1) ad attuare servizi sociali di assistenza in favore di persone e famiglie che comunque ver­sino in situazione di difficoltà;

2) a promuovere, in relazione alle condizioni socio-economiche locali, il coordinamento ed il perfezionamento delle attività assistenziali pub­bliche e private nel Comune;

3) a svolgere le attività assistenziali già di pertinenza del Comune e della Provincia, eccet­tuate quelle inerenti all'assistenza sanitaria, far­maceutica, ospedaliera e psichiatrica;

4) a realizzare interventi di assistenza im­mediata in caso di calamità naturale o catastrofe;

5) a curare l'esecuzione degli interventi di protezione sociale in favore di particolari catego­rie, previsti da leggi dello Stato.

Le attività di cui al presente articolo sono svolte dall'Unità comunale anche in favore di stranieri assimilati ai cittadini italiani agli effetti dell'assistenza ovvero appartenenti a Stati con i quali sussistono rapporti di reciprocità.

 

Art. 16

(Servizi sociali di assistenza)

I servizi sociali di assistenza, di cui al punto 1) dell'articolo precedente, sono attuati secondo le finalità e i criteri indicati negli articoli 2 e 3 della presente legge.

A tali effetti, l'Unità comunale:

a) studia le condizioni sociali e le risorse economiche del luogo, assumendo e rilevando tutte le informazioni e le notizie utili per risol­vere singole situazioni di difficoltà e per indiriz­zare convenientemente richieste di intervento;

b) organizza un segretariato sociale per l'in­formazione, la consulenza e l'orientamento degli assistiti;

c) attua ogni opportuna forma di collabora­zione e di intesa con gli organi periferici del Mi­nistero del Lavoro e della Previdenza Sociale, per agevolare l'ammissione dei lavoratori ai corsi di lavoro, di addestramento, di qualificazione o ri­qualificazione professionale;

d) cura gli opportuni collegamenti con gli Istituti autonomi delle case popolari e con altri enti ed organi operanti nel settore dell'edilizia economica, per assecondare il soddisfacimento delle esigenze alloggiative;

e) promuove, nelle località in cui si verifichi un notevole afflusso di immigrati per motivi di lavoro, l'organizzazione di corsi gratuiti di orien­tamento ambientale, destinati a facilitare l'ap­prendimento degli usi e delle condizioni econo­miche e sociali dei luoghi di immigrazione;

f) promuove, per coloro che intendano tra­sferirsi all'estero per motivi di lavoro, l'avvia­mento agli istituti, centri o corsi che curano la preparazione linguistica e la informazione am­bientale degli emigranti;

g) agevola, ove ne sia il caso, l'affidamento di minori a famiglie moralmente e socialmente idonee, riferendone al giudice tutelare;

h) effettua prestazioni di assistenza di base, mediante l'erogazione di aiuti economici alle fa­miglie, volti precipuamente all'inserimento degli assistiti nel contesto sociale.

Le prestazioni di cui alla lettera h) sono effet­tuate previa la valutazione delle condizioni fami­liari ed ambientali degli assistiti affinché il trat­tamento assistenziale sia determinato per cia­scun caso. L'Unità verifica, anche attraverso vi­site domiciliari e contatti diretti, l'utilità degli in­terventi disposti e ne promuove, quando occorra, la modifica o la cessazione.

 

Art. 17

(Attività di coordinamento)

Il coordinamento, di cui al punto 2) dell'arti­colo 15 è attuato dall'Unità comunale promuo­vendo contatti ed intese con gli organi responsa­bili degli istituti assistenziali pubblici e privati e prestando consulenza ed ausilio per lo studio in comune delle questioni da risolvere, per la con­clusione di accordi e per l'adozione di provvedi­menti adeguati agli interessi degli assistiti.

L'Unità comunale, in relazione alle necessità della popolazione, fa proposte al Consiglio comu­nale per la promozione di iniziative dirette alla realizzazione di nuove strutture assistenziali o al potenziamento di quelle esistenti.

L'Unità comunale ha la sorveglianza delle locali istituzioni pubbliche assistenziali: a tale effetto, il Presidente dell'Unità medesima o un suo dele­gato può esaminare l'andamento e gli atti delle dette istituzioni, riferendone all'organo regionale di controllo.

L'Unità comunale corrisponde e collabora, al­tresì, con tutti gli organi e gli enti pubblici che esplicano azione di assistenza, sul piano nazio­nale o locale; fornisce ad essi, quando occorra, ogni utile elemento informativo sulle condizioni individuali e familiari dei destinatari dell'assi­stenza; segnala richieste di intervento e riceve notizia dei provvedimenti adottati per i casi se­gnalati.

 

Art. 18

(Interventi mediante ricovero e gestione di istituti)

In relazione alle disposizioni di cui al punto 3 dell'art. 15, l'Unità comunale:

a) provvede al ricovero di minori in normali condizioni di salute nonché di adulti inabili al lavoro e di anziani, soltanto nei casi accertati di assoluta necessità, rispettivamente presso isti­tuti educativo-assistenziali e case di riposo, re­golarmente autorizzati;

b) provvede al ricovero di minori, di adulti inabili al lavoro e di anziani, che siano segnalati dall'Autorità di Pubblica Sicurezza in quanto espo­sti all'abbandono e sempreché sia accertata l'im­possibilità di provvedere altrimenti al loro man­tenimento, rispettivamente presso istituti edu­cativo-assistenziali e case di riposo, regolarmen­te autorizzati;

c) provvede all'assistenza estiva ed inver­nale di minori presso colonie climatiche e centri similari;

d) provvede, quando occorra, alla gestione di asili-nido comunali, di istituti educativo-assi­stenziali, di colonie climatiche e centri similari per minori, di case di riposo, centri diurni, ricrea­tivi e culturali per anziani, di asili notturni. L'Unità comunale del capoluogo della Provin­cia cura le attività inerenti al mantenimento dei fanciulli illegittimi abbandonati o esposti all'ab­bandono nel locale centro assistenziale a tali fini destinato.

 

Art. 19

(Interventi assistenziali straordinari)

L'assistenza immediata, di cui al punto 4 dell'art. 15 è attuata nelle forme e nei modi ritenuti più adeguati alla entità della calamità naturale o dell'evento straordinario che lo determina.

Per le provvidenze occorrenti, l'Unità comunale assume dirette intese con l'Amministrazione del Comune e presta ogni collaborazione e servizio che siano richiesti, nella contingenza, dagli Orga­ni dello Stato.

Art. 20

(Onere delle prestazioni assistenziali dirette)

L'onere delle prestazioni assistenziali di cui alla lettera h) dell'art. 16 e alle lettere a), b) e c) dell'art. 18 è assunto dall'Unità comunale dei servizi sociali di assistenza del Comune, alla cui anagrafe della popolazione residente è iscritto l'assistito.

L'Unità comunale è tenuta ad erogare le pre­stazioni predette anche nei confronti dei non iscritti all'anagrafe, quando l'intervento sia de­terminato da particolari condizioni di necessità e di urgenza.

 

Art. 21

(Consorzi tra Unità comunali)

In relazione a particolari esigenze di organiz­zazione e di funzionamento le Unità comunali possono riunirsi in consorzio.

La Regione determina le modalità per la costi­tuzione e cessazione del consorzio.

 

Art. 22

(Comitato Amministrativo dell'Unità comunale)

L'Unità comunale è amministrata da un Comi­tato, composto dall'Assessore comunale per l'as­sistenza, che lo presiede, e da quattro componen­ti nei Comuni al cui Consiglio sono assegnati fino a venti consiglieri, da sei in quelli al cui Consiglio sono assegnati da trenta a cinquanta consiglieri, da otto negli altri Comuni.

Il Comitato amministrativo è eletto dal Consi­glio comunale nella prima seduta successiva alla elezione del Sindaco e della Giunta Municipale e, comunque, non oltre un mese dalla detta ele­zione.

Per la elezione dei componenti del Comitato ciascun consigliere scrive nella propria scheda un nome solo e sono proclamati eletti coloro che hanno raccolto il maggior numero di voti, purché non inferiore a due nei Comuni il cui Consiglio è composto da venti membri, a tre nei Comuni il cui Consiglio è composto da trenta a cinquanta membri e a quattro nei Comuni il cui Consiglio ha da sessanta a ottanta membri. A pa­rità di voti è proclamato eletto il più anziano di età.

Nel Comitato deve essere rappresentata la mi­noranza. A tale fine qualora nella votazione non sia riuscito eletto alcun esponente della mino­ranza, dovrà essere chiamato a far parte del Co­mitato, in sostituzione dell'ultimo eletto come esponente della maggioranza, quello della mino­ranza che ha ottenuto il maggior numero di voti.

L'elezione deve essere effettuata con unica votazione e con l'intervento di almeno la metà dei consiglieri assegnati al Comune.

L'assessore comunale per l'assistenza non prende parte alla votazione.

Il Comitato amministrativo dura in carica per lo stesso tempo assegnato dalla legge al Consi­glio comunale che lo ha eletto e rimane in fun­zione fino all'insediamento del Comitato eletto dal nuovo Consiglio.

 

Art. 23

(Mezzi di funzionamento dell'Unità comunale)

L'Unità comunale provvede al raggiungimento dei propri fini con le rendite del patrimonio, con i beni genericamente destinati ai poveri ai sensi dell'art. 630 del Codice Civile, con i contributi annualmente assegnati dalla Regione, dalla Pro­vincia, dal Comune e con le elargizioni di altri enti o di privati.

Il contributo annuale del Comune è commisu­rato, tenuto conto delle effettive possibilità del bilancio:

a) ad una somma adeguata alle esigenze, nel Comune, relative al mantenimento degli inabili al lavoro e alle altre attività assistenziali in favo­re di minori e di anziani;

b) all'importo dei contributi già concessi an­nualmente all'Ente Comunale di Assistenza per le attività assistenziali;

c) all'importo del contributo già erogato an­nualmente alla Provincia per l'assistenza dei fan­ciulli illegittimi abbandonati o esposti all'abban­dono;

d) alle eventuali somme che il Comune, senza ulteriore espansione del disavanzo econo­mico del bilancio, possa erogare per consentire all'Unità comunale di svolgere più adeguatamen­te le attività istituzionali.

La quota di cui alla lettera a), per il primo anno di applicazione della presente legge, non può essere inferiore alla media delle spese so­stenute dal Comune per i suddetti servizi nel triennio antecedente alla sua entrata in vigore.

Il contributo annuale della Provincia è commi­surato ad una somma adeguata alle esigenze dell'assistenza per i fanciulli illegittimi abbandonati o esposti all'abbandono, segnalate dalle Unità comunali, in relazione anche alla popolazione re­sidente.

Per il primo anno di applicazione della presente legge, il contributo di cui al comma precedente non può essere inferiore alla media delle spese sostenute dalla Provincia per il predetto servizio nel triennio antecedente all'entrata in vigore della legge medesima. Le quote destinate alle Unità comunali, sono tra esse ripartite dall'Am­ministrazione provinciale in ragione della popo­lazione residente.

 

Art. 24

(Gestione e controlli delle Unità comunali)

La Regione disciplina i casi di ineleggibilità e incompatibilità, la validità delle adunanze e delle deliberazioni nonché quanto altro attiene alla ge­stione amministrativa delle Unità comunali.

La Regione stabilisce, altresì, le forme e i modi della vigilanza e dei controlli, osservato il principio della richiesta motivata di riesame al fine del controllo di merito sugli atti più rilevanti della gestione.

 

Art. 25

(Successione dell'Unità Comunale dei Servizi Sociali di Assistenza all'Ente Comunale di Assistenza)

Con l'entrata in vigore della presente legge l'Ente comunale di assistenza, istituito in ogni Comunale con la legge 8 giugno 1937, n. 847, è soppresso; gli amministratori restano in carica fino all'insediamento del Comitato dell'Unità co­munale dei servizi sociali di assistenza.

L'Unità comunale dei servizi sociali di assisten­za si intende sostituita all'Ente comunale di assi­stenza in qualsiasi disposizione legislativa o re­golamentare vigente all'atto dell'entrata in vigore della presente legge.

Sono di diritto trasferiti all'Unità comunale il patrimonio dell'Ente comunale di assistenza del rispettivo Comune, le attribuzioni all'Ente me­desimo spettanti a qualsiasi titolo e l'amministra­zione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza ad esso affidata.

Gli immobili permanentemente destinati dal Comune all'esercizio delle attività assistenziali che l'Unità comunale assume per effetto della presente legge sono affidati in gestitone all'Unità medesima.

Sono, altresì, affidati in gestione all'Unità co­munale del capoluogo della provincia, gli immo­bili permanentemente destinati dall'Amministra­zione provinciale alle attività assistenziali già di sua competenza.

I rapporti tra il Comune e l'Unità comunale e quelli tra l'Amministrazione provinciale e l'Unità comunale in ordine alla gestione di cui al quarto e quinto comma sono regolati mediante appo­sita convenzione, soggetta all'approvazione, ri­spettivamente, dell'Organo che esercita il con­trollo sugli atti del Comune e della Provincia.

 

Art. 26

(Prima costituzione dei Comitati amministrativi)

I Comitati amministrativi delle Unità comunali dei servizi sociali di assistenza devono essere costituiti entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

I detti Comitati durano in carica per lo stesso periodo di tempo dei Consigli comunali che han­no proceduto alla nomina.

 

 

CAPO QUINTO

NORME SULLE ISTITUZIONI PUBBLICHE ASSISTENZIALI

 

Art. 27

(Riconoscimento giuridico delle Istituzioni Pubbliche Assistenziali - Esclusioni)

Le fondazioni e le associazioni che hanno esclusive o prevalenti finalità di assistenza con­seguono, a domanda, la personalità giuridica di istituzioni pubbliche assistenziali.

Non sono comprese tra le istituzioni pubbliche assistenziali:

a) le società regolate dal Codice Civile;

b) i comitati di soccorso ed altre istituzioni temporanee mantenute col contributo dei soci e con oblazioni di terzi;

c) le scuole materne, gli asili infantili e gli istituti similari con finalità di educazione e di istruzione per i minori da tre a sei anni di età. Gli enti di cui alla lettera c) riconosciuti co­me istituzioni pubbliche di assistenza e benefi­cenza cessano da tale qualità con l'entrata in vigore della presente legge e sono sottoposti alla vigilanza degli organi competenti in mate­ria di pubblica istruzione.

 

Art. 28

(Statuto delle Istituzioni Pubbliche Assistenziali)

Ogni istituzione pubblica assistenziale ha un proprio statuto, che ne determina la denomina­zione, la sede, l'entità della dotazione patrimo­niale, gli scopi, i modi di attuazione dell'assi­stenza, gli organi e l'ordinamento.

Quando si tratta di associazione, lo statuto deve anche disciplinare i diritti e gli obblighi degli associati e le condizioni della loro am­missione.

Lo statuto è approvato dall'autorità che con­ferisce la personalità giuridica e con lo stesso procedimento.

 

Art. 29

(Riforme statutarie delle Istituzioni pubbliche assistenziali)

Le istituzioni pubbliche assistenziali curano che i rispettivi statuti siano sempre adeguati alle attività svolte e alle necessità di funziona­mento e promuovono, a tali fini, le occorrenti riforme.

Le dette istituzioni possono essere affidate in gestione, mediante concentramento, all'Unità co­munale dei servizi sociali di assistenza, raggrup­pate sotto unica amministrazione, fuse tra loro, trasformate nelle finalità, riunite in consorzio o in federazione, estinte.

 

Art. 30

(Disciplina delle Istituzioni pubbliche assistenziali)

La Regione stabilisce le modalità per il rico­noscimento giuridico e per le riforme statutarie delle istituzioni pubbliche assistenziali; discipli­na i casi di ineleggibilità e incompatibilità, la va­lidità delle adunanze e delle deliberazioni nonché quanto altro attiene alla gestione amministrativa delle istituzioni predette; determina, altresì, le forme e i modi per i controlli sulle istituzioni medesime.

Ai fini di cui al comma precedente, la Regione osserva i criteri indicati nell'art. 13 della pre­sente legge.

 

Art. 31

(Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza in atto esistenti)

Le istituzioni pubbliche di assistenza e benefi­cenza esistenti all'atto dell'entrata in vigore del­la presente legge assumono la denominazione di istituzione pubbliche assistenziali e conservano autonomia giuridica e di funzionamento.

Quelle istituzioni, i cui scopi non siano più rispondenti agli interessi dell'assistenza pubbli­ca locale o che non abbiano mezzi economici adeguati, possono essere trasformate, fuse o estinte.

L'Unità comunale dei servizi sociali di assi­stenza procede alla ricognizione degli scopi, dei mezzi e delle attività delle istituzioni di cui al secondo comma e formula proposte alla regione, sentite le amministrazioni interessate, per l'ado­zione dei detti provvedimenti.

 

 

CAPO SESTO

NORME SULL'ASSISTENZA PRIVATA

 

Art. 32

(Istituzioni assistenziali private)

Le iniziative e le attività di assistenza promos­se e realizzate da privati hanno autonomia di azione e di sviluppo ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 38 della Costituzione.

I promotori o gli amministratori debbono co­municare al Prefetto della provincia in cui opera l'istituzione privata, gli atti costitutivi e il pro­gramma delle attività assistenziali.

 

Art. 33

(Garanzie per l'esercizio dell'assistenza privata)

Ove i privati intendano, a qualsiasi titolo, eser­citare assistenza in forma di ospitalità per i mi­nori, gli adulti inabili e gli anziani, devono chie­dere l'autorizzazione del Prefetto della provincia in cui l'iniziativa sarà attuata.

Ai fine dell'autorizzazione, il Prefetto accerta l'esistenza dei requisiti morali e sociali dei re­sponsabili, l'idoneità dei locali, dei servizi e del­le attrezzature nonché l'adeguatezza delle condi­zioni economico-finanziarie dell'istituzione, avuto riguardo ai criteri stabiliti nell'art. 6 della pre­sente legge.

Il Prefetto può disporre, in ogni tempo, visite ispettive presso le comunità assistenziali gesti­te da privati.

Quando nelle dette comunità si verifichino abusi della pubblica fiducia ovvero violazioni dell'ordine pubblico o dal buon costume o dell'igie­ne e della sanità, il Prefetto diffida i responsabili a rimuovere entro un termine prestabilito le ir­regolarità rilevate, sentito il Medico provinciale per i casi riguardanti l'igiene e la sanità.

La preventiva diffida non è richiesta se ricor­rano ragioni di urgente necessità, in relazione alla gravità delle irregolarità rilevate.

Decorso il termine inutilmente, il Prefetto può, con provvedimento motivato, disporre la chiusu­ra della comunità assistenziale.

 

Art. 34

(Abrogazione)

Sono abrogate tutte le disposizioni legislative e regolamentari incompatibili con la presente legge.

 

 

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