Prospettive assistenziali, n. 15, luglio-settembre
1971
NOTIZIARIO
DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE FAMIGLIE ADOTTIVE E AFFIDATARIE
UNA PROPOSTA PER
Non occorre molto tempo a chi si
accosta ai problemi dell'adozione e a chi in particolare intende personalmente
adottare un bambino per scoprire a proprio danno le carenze
di cui le attuali strutture peccano: scarsità di personale specializzato,
assenza di tecniche adeguate per la selezione delle famiglie adottive e per
l'abbinamento dei fanciulli ai nuovi genitori, mancanza di una adeguata
assistenza e consulenza nel difficile periodo successivo all'adozione stessa,
eccetera.
Un certo numero di riunioni tenutesi
presso l'A.N.F.A.A. di Torino su questo problema ha
portato al superamento della tesi puramente selettiva e alla delineazione di
un programma di maturazione delle coppie aspiranti
all'adozione e di un successivo appoggio nell'inserimento del bimbo adottato
nella nuova famiglia. Si trattava cioè di proporre un
modello alternativo all'attuale lavoro di selezione degli aspiranti
all'adozione condotto in modo forzatamente affrettato e superficiale. È nata
in questo modo, dalla discussione tra i tecnici e le famiglie già adottive, l'idea di costituire dei gruppi di discussione che,
preparando all'adozione, divenissero momento di automaturazione
e, dove occorresse, di autoselezione da parte delle
singole coppie.
Si sono organizzati così tre gruppi
sperimentali, ognuno dei quali è composto da due
famiglie già adottive, tre famiglie aspiranti all'adozione, uno psicologo ed
un'assistente sociale.
Esaminiamo i singoli ruoli assunti
all'interno del gruppo.
I genitori adottivi portano la loro
esperienza a livello umano, esponendo le difficoltà incontrate e superate e
quelle che ancora devono risolvere. In questo modo le famiglie aspiranti
entrano a far parte di una serie di rapporti interpersonali, nel gruppo,
fondati sulla comunicazione dell'esperienza, alla luce della quale vengono discussi, a livello di realtà, i problemi, anzitutto
concreti, dell'adozione futura e, di riflesso, quelli motivazionali, educativi
e teorici.
Anche se ciò non ha in sé una importanza particolare i tre gruppi sperimentali sono
stati costituiti curando di includere in ognuno due famiglie che portino
un'esperienza complementare di adozione, ad esempio famiglia con adozione
«difficile» (es. di bambini grandicelli, e, o, con handicaps fisici o mentali o del carattere) e famiglia con
adozione con meno problemi.
La comunicazione dell'esperienza costituisce il nucleo fondamentale del lavoro del gruppo, fondamentale
è quindi il ruolo delle famiglie adottive. Lo psicologo e l'assistente
sociale hanno il compito di curare, mediante l'utilizzazione delle loro
conoscenze professionali sulle strutture e sulla dinamica
dei gruppi che i gruppi stessi raggiungano il loro scopo (maturazione e autoselezione). Si tratterebbe in teoria di una co-conduzione, ma in realtà il modello di funzionamento è
più complesso poiché deve tener conto del ruolo
primario (leader a) che normalmente viene assunto da una delle due famiglie
adottive. Nei tre gruppi si è assistito così allo strutturarsi
di ruoli e di dinamiche diverse le une dalle altre e di cui verrà fatto il
punto al termine dell'esperimento. Fin da ora si può comunque
sottolineare la complessità di tali dinamiche che discende dal fatto che i
gruppi sono atipici e che non sono condotti secondo la metodologia dei gruppi
terapeutici (come pure, in teoria, richiederebbe il loro fine che coinvolge
sempre un problema di motivazione), ma dei gruppi di discussione (livello
dell'ego, per una serie di motivi pratici e di principio). Il porre come
oggetto del gruppo la comunicazione dell'esperienza non esclude inoltre che, in
momenti opportuni, lo psicologo presenti anche aspetti teorici inerenti all'adozione.
Il chiarimento degli aspetti della
motivazione profonda è invece demandato, e solo nei casi in cui la situazione
lo impone, a colloqui di coppia e individuali con lo psicologo, al di fuori del
gruppo.
L'assistente sociale svolge, e ciò è
molto importante, un lavoro preliminare di preparazione al gruppo informando
le famiglie aspiranti sulle modalità e le finalità che il gruppo stesso si propone: in tal modo la famiglia viene coinvolta
direttamente e può assumere un ruolo attivo e consapevole. Si recherà inoltre
presso le singole famiglie per condurre un'osservazione più sistematica della dinamica familiare specie nel caso in cui esistano altri
figli tra cui inserire il bimbo adottivo.
Il problema dell'abbinamento
bimbo-famiglia per ora esula dalle finalità e dalle possibilità effettive dei
gruppi di maturazione.
Non è possibile per ora prevedere la
durata del ciclo di incontri che, in ogni caso, sarà
in funzione dei differenti tempi di maturazione e dei differenti problemi inerenti
a ciascun gruppo. Grosso modo si tenderà a non
superare il limite dei dieci incontri, salvo eccezioni. Resta chiara
l'opportunità di non diluire al di là dei sette o
dieci giorni l'intervallo tra un incontro e l'altro ad evitare che si disperda
il clima di coesione a discapito dell'efficacia del gruppo.
Collateralmente si sono programmate
riunioni che favoriscono uno scambio di idee tra figli
di famiglie già adottive e figli di famiglie aspiranti all'adozione.
Lo stadio avanzato della
sperimentazione ci fa presumere di poter comunicare entro breve tempo dati più concreti e informazioni più precise.
L'Amministrazione per le attività assistenziali italiane e internazionali si è dichiarata
interessata all'iniziativa, disponibile ad offrire una consulenza tecnica ed
a pubblicare i risultati.
ESENZIONE
DALLA TASSA DI REGISTRO DEGLI ATTI RELATIVI ALL'ADOZIONE
SPECIALE
Con lettera in data 28-7-1971 (Prot. 401756/71), il
Ministero delle Finanze, Direzione generale delle tasse e delle imposte
indirette sugli affari, Divisione XI, ha comunicato a questa Associazione
che tutti gli atti relativi all'adozione speciale sono esenti dalla tassa di
registro.
È stata pure
confermata l'esenzione dalla tassa di bollo, già stabilita con la circolare n. 12/515224, Divisione
XVI del 1° marzo 1969.
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