Prospettive assistenziali, n. 15, luglio-settembre
1971
NOTIZIARIO
DEL CENTRO ITALIANO PER L'ADOZIONE INTERNAZIONALE
ANALISI DI DUE ANNI DI ATTIVITÀ
In poco meno di due anni di attività svolta in qualità di assistente sociale presso
il Centro italiano per le adozioni internazionali (C.I.A.I.)
ho avuto occasione di vedere circa 80 coppie che chiedevano di adottare un
bimbo asiatico, indiano o coreano. Ritengo possa essere interessante descrivere
brevemente la prassi usata da questo ente per la
selezione degli aspiranti genitori adottivi e far seguire alcuni dati di
carattere statistico riguardanti l'anno 1970 che forse possono chiarire
maggiormente il tipo di lavoro attuato in questo settore.
La richiesta di un bambino in
adozione perviene al CIAI (che ha sede a Milano in
viale Brenta 7) a mezzo di una lettera; meno frequentemente
attraverso contatti diretti, personali o telefonici. Tale lettera è solitamente
di carattere generico e contiene ben pochi elementi che permettano
di orientarsi sulle attitudini dei richiedenti: tuttavia spesso si riesce a
identificare, già da questo primo documento, persone che non hanno i requisiti
di base richiesti dalla legge 5 giugno 1967, n. 431, sull'adozione speciale. In
questi casi la risposta del CIAI contiene una descrizione
dettagliata delle caratteristiche richieste dalla adozione
speciale e chiarisce quindi i motivi che non consentono di prendere in considerazione
la domanda stessa.
A tutte le altre richieste viene risposto con una lettera il cui contenuto informa
sulla natura particolare di questo tipo di adozione, sulle difficoltà
prevedibili, sugli oneri che gli aspiranti genitori adottivi devono sostenere
per le pratiche da svolgere nel Paese d'origine del bambino e per il viaggio di
trasferimento dello stesso in Italia. Inoltre, si invita
la coppia a presentare domanda generica di adozione presso il Tribunale per i
minorenni competente dal punto di vista territoriale e si chiede di compilare
un modulo che deve essere rispedito al CIAI
accompagnato da un certificato penale di entrambi i coniugi, da uno stato di
famiglia e da un certificato medico di buona salute.
A volte è solo dopo la lettura
delle notizie contenute nel modulo che si è in grado di identificare
un'altra aliquota di richiedenti che chiaramente non posseggono i requisiti
richiesti dalla legge succitata.
Quando si è ben certi a proposito
di questo punto, si invitano i coniugi a un primo
colloquio con un rappresentante qualificato del CIAI,
colloquio che viene realizzato in gruppo con due o tre coppie e che ha
carattere sostanzialmente informativo: lo scopo principale di questo incontro
è di aiutare i coniugi a considerare più concretamente l'esperienza che
desiderano affrontare, fornendo loro il maggior numero possibile di notizie e
richiamando la loro attenzione sugli aspetti peculiari dell'adozione
interrazziale. In questo primo contatto non avviene da parte del Centro alcuna
vera e propria selezione: tuttavia un certo numero di coppie, messe in grado di
valutare realisticamente la problematica inerente a questo tipo di adozioni, rinuncia spontaneamente a far proseguire la
richiesta.
L'autoselezione
è più facile là dove gli aspiranti genitori adottivi hanno la possibilità di
entrare in contatto con un gruppo che discute i problemi inerenti
all'adozione anche sulla base di esperienze dirette.
Anche in questo caso il gruppo dimostra la sua piena
validità perché non solo favorisce un confronto non impegnativo delle
motivazioni e delle attitudini tra le coppie, ma consente ai coniugi di
prendere essi stessi delle decisioni prima che i loro problemi siano affrontati
in un vero e proprio colloquio di selezione. Questo evita, a volte, di arrivare
a un rifiuto da parte del CIAI
che risulta comunque sempre frustrante.
Dopo il primo colloquio
informativo, a coloro che intendono proseguire nella
richiesta viene proposto un incontro con un operatore sociale o con uno
psicologo: a volte, se la località di residenza della coppia è molto lontano da
Milano, il CIAI chiede la collaborazione di esperti
che operano nelle varie città e province. In ogni caso questa fase della
selezione consiste in uno o più colloqui con i coniugi, insieme e
separatamente, e in una visita domiciliare. Inoltre, gli aspiranti genitori
adottivi vengono messi in contatto, là dove è
possibile, con famiglie che hanno già iniziato un'esperienza di adozione
internazionale. Questi incontri sono estremamente
importanti e non sostituibili da colloqui anche con più persone qualificate ed
esperte in materia di adozione. È solo in tal modo, infatti, che si può ovviare
in buona parte al rischio del «bambino idealizzato e mitizzato» dagli aspiranti
genitori adottivi. Questo è solo uno dei vantaggi, del resto intuibili,
derivanti da questi incontri con singole coppie o con gruppi. D'altro canto la
sensibilità, l'esperienza e l'apertura sociale di alcune
coppie che vivono concretamente l'adozione aiutano in larga misura, anche se
non possono sostituirlo, il tecnico nella sua valutazione.
La coppia, qualunque sia la
località di residenza e anche nel caso sia risultata
idonea a parere dei collaboratori «decentrati», viene invitata nuovamente al CIAI per un colloquio di sintesi: solo dopo questa
ulteriore verifica l'équipe si riunisce per decidere
se accettare o meno la domanda della coppia.
Non di rado, prima di questa
decisione, si ricorre alla consulenza di persone particolarmente qualificate
se l'operatore sociale desidera chiarire problemi che vanno al
di là della sua competenza e preparazione prima di dare un parere sulla
idoneità degli aspiranti genitori adottivi.
Un capitolo a sé meriterebbe la
modalità di comunicazione di un eventuale rifiuto. Rimangono parecchi dubbi sulla opportunità di fornire chiarificazioni a un certo
livello quando non esiste la possibilità in seguito di aiutare concretamente (e
a volte con una vera e propria psicoterapia) queste persone. Forse solo
l'esperienza e la collaborazione di tutti coloro che
operano nel settore e si trovano ad affrontare questo problema, potrebbe
indicare la via più corretta per rendere il meno frustrante possibile una
risposta negativa.
Ciò che, a mio avviso, è fin d'ora chiaro è che non si può e non si deve in nessun caso
«giocare a rimpiattino» o scaricare su altri la responsabilità di eventuali
nuovi e sempre più frustranti rifiuti.
Per le coppie ritenute idonee
dalla équipe del CIAI,
allargata naturalmente ai collaboratori che sono intervenuti per ciascun caso,
comincia l'attesa. Attesa dell'abbinamento prima, del
bambino poi. I tempi della prima e della seconda sono piuttosto variabili e quasi sempre indipendenti dalla volontà o dalla operatività
del CIAI. Durante questi mesi i contatti con gli
aspiranti genitori adottivi sono frequenti e vengono
sollecitati sia dal Centro, sia dai coniugi stessi. Questi ultimi, nella grande maggioranza, sentono nelle persone che li hanno seguiti,
una partecipazione profonda alle loro ansie e ai loro dubbi. L'attesa vissuta
«insieme» costituisce forse il periodo in cui ci si conosce e ci si capisce
meglio.
Le domande di adozione
pervenute al CIAI nel 1970 assommano a un totale di 263: da
questa rilevazione sono escluse le richieste (fatte telefonicamente o di
persona) di cui non vi è documentazione scritta.
Entro questo numero si possono
fare, in primo luogo, tre grosse distinzioni:
a) 192 casi si sono
esauriti a livello di corrispondenza o hanno
richiesto contatti personali brevi e non approfonditi;
b) 37 coppie sono risultate inidonee a diversi livelli di selezione;
c) 34 coppie hanno
superato la selezione e sono risultate idonee.
I primi 192 casi a esito negativo possono essere raggruppati come segue:
80 coppie, dopo
aver fatto richiesta scritta di adozione di un bambino
e aver ricevuto risposta da parte del CIAI con
lettera di chiarimento e modulo da compilare, hanno rinunciato spontaneamente
(non sempre motivando il loro ripensamento) a proseguire nel loro progetto;
48 coppie hanno
subito rivelato di non avere i requisiti minimi indispensabili. La loro inidoneità
era riferibile a: 1) superamento dei limiti di età
richiesti dalla legge sulla adozione speciale; 2) richieste inadeguate (a
questo proposito va tenuto presente che il CIAI generalmente non ritiene di proporre bambini che
abbiano superato i 3 o eccezionalmente i 4 anni di età);
33 coppie hanno espresso il
desiderio irrinunciabile di adottare bambini di Paesi con i quali il CIAI non ha accordi o contatti regolari;
21 persone singole o non
costituenti un nucleo familiare completo (nubili, celibi, vedovi, coppie non
sposate);
7 coniugi italiani residenti
all'estero;
3 coppie
inidonee per motivazioni contrastanti con lo spirito e le finalità
dell'adozione speciale.
Le 37 coppie risultate inidonee
dopo selezioni a vario livello comprendono:
9 casi di inidoneità
o rinuncia spontanea dopo il primo colloquio informativo in gruppo;
21 casi di inidoneità
o rinuncia spontanea dopo i colloqui svolti con un operatore sociale o con uno
psicologo;
7 casi di inidoneità
dopo il colloquio di verifica con un esperto interpellato dal CIAI in qualità di consulente.
Le 34 coppie la cui richiesta è
stata accettata hanno sostenuto, come si è detto, un primo colloquio di
gruppo, colloqui di selezione da parte di operatori
sociali, contatti e scambi con famiglie adottive e, nella quasi totalità dei
casi, un ulteriore colloquio di verifica con un esperto in materia di
adozione.
Le 263
richieste sono pervenute al CIAI dalle seguenti regioni:
16 Piemonte (9 da Torino); 71 Lombardia (29 da Milano, 14 dalla provincia di Milano,
8 da Bergamo); 2 Trentino Alto Adige; 4 Friuli e Venezia Giulia; 23 Veneto (8
da Vicenza, città e provincia); 20 Liguria (12 da Genova, città e provincia);
18 Emilia e Romagna; 15 Toscana (8 da Firenze, città e provincia); 2 Umbria; 33
Lazio (24 da Roma); 1 Abruzzo; 2 Marche; 15 Campania (8 da Napoli); 8 Puglie; 3 Calabria; 18 Sicilia; 5 Sardegna; 7 altre
nazioni.
In questa tabella sono state
specificate solo le maggiori concentrazioni numeriche attorno a una determinata città o provincia.
MARISA IANNACCARO
www.fondazionepromozionesociale.it