Prospettive assistenziali, n. 16, ottobre-dicembre
1971
DOCUMENTI
CONFERENZA MONDIALE
SULL'ADOZIONE E SULL'AFFIDAMENTO FAMILIARE
Promossa dal Comitato internazionale
di intesa fra le associazioni di genitori adottivi e
organizzata dal Centro Studi Sangemini, ha avuto luogo
a Milano dal 16 al 19 settembre 1971 la prima Conferenza mondiale sull'adozione
e sull'affidamento familiare.
I lavori sono stati presieduti dalla
signora Angie Brooks,
Segretario di Stato aggiunto della Liberia e nel 1969 presidente della XXIV
sessione dell'ONU.
Oltre 800 i delegati (operatori
sociali, dirigenti di «agenzie» di adozione, genitori
adottivi) convenuti da 42 paesi.
La parte più interessante dei lavori
della Conferenza è stata la discussione dei due
documenti conclusivi che ha evidenziato due posizioni nettamente contrastanti,
anzi opposte.
La prima posizione, che ha raccolto
i consensi quasi unanimi degli italiani e di una minoranza dei rappresentanti
dei paesi stranieri (1), considerava l'adozione come un intervento di emergenza sociale diretto a dare una famiglia ai bambini
che ne sono privi, precisando che essa non poteva essere utilizzata o
strumentalizzata come la soluzione permanente per impedire o affievolire la necessaria e urgente azione diretta all'eliminazione delle
cause sociali determinanti gli abbandoni, cause che sono provocate dagli
attuali sistemi politici fondati in tutti i paesi del mondo sulla sopraffazione
e sullo sfruttamento dell'uomo.
È dunque necessaria un'azione per
giungere a sistemi sociali a misura dell'uomo, della famiglia
e della comunità: ciò esige una inversione di tendenza e l'attuazione di una
politica sociale in cui l'uomo sia considerato un soggetto di diritti e non,
come oggi, un semplice oggetto di produzione e di consumo.
L'attuazione di una siffatta
politica porterebbe ad una diminuzione e al limite alla eliminazione
dell'individualismo, del consumismo, della miseria, dell'ignoranza, della
mancanza di servizi (sanità, scuola, casa, lavoro ecc.), fattori che condizionano
e spesso obbligano le persone a lasciare i loro figli.
L'adozione, intesa quale intervento di emergenza sociale, deve essere giuridicamente tutelata
e al riguardo non si sono manifestati contrasti di fondo con coloro che hanno
approvato il secondo documento.
Questo gruppo, composto
principalmente da partecipanti di paesi stranieri, in maggioranza responsabili
di «agenzia» di adozione o di organismi ufficiali,
invece ha rifiutato ogni discorso sulla collocazione dell'adozione nell'ambito
della politica sociale. Come era apparso fin dalle
prime battute del convegno, essi hanno affrontato il problema dell'adozione
con un atteggiamento trionfalistico. di
glorificazione dell'adozione quale panacea di tutti i mali, limitandosi a
proporre «un'azione forte e coordinata di aiuto economico e sociale preventivo
alle famiglie e alle madri in difficoltà», senza risalire alle cause politiche,
economiche, sociali, culturali o di altra natura che provocano dette
difficoltà.
Un altro scontro fra i due gruppi si
è avuto sulla richiesta, avanzata nel primo documento, del superamento «dell'arcaico
istituto giuridico dell'adozione semplice, di cui si chiede la soppressione in
quanto basata sulla concezione patrimoniale, dinastica e contrattuale e quindi
diretta a difendere interessi non meritevoli di tutela
giuridica».
Il secondo gruppo
infatti ha affermato la necessità della conservazione dell'adozione
semplice (o tradizionale) , in quanto vi erano da tutelare giuridicamente,
secondo alcuni, le situazioni dei bambini che potevano trarre benefici patrimoniali
e, secondo altri dello stesso gruppo, gli inserimenti di minori in famiglie « adottive
» non determinati da «colpe» dei genitori.
Questa affermazione ha riproposto lo scontro insanabile fra i due gruppi.
Il primo gruppo, infatti, fa
risalire le cause dell'abbandono unicamente o principalmente alle carenze sociali per cui i genitori che lasciano i figli ne
sono le vittime; il secondo invece, pur affermando la necessità di
miglioramenti delle condizioni sociali, attribuisce l'abbandono alla colpevole
volontà dei genitori.
Pur partendo da queste posizioni
contrastanti, anzi inconciliabili, tutti hanno concordato sulla
inderogabile necessità di interventi a protezione dei minori soli,
specialmente di quelli grandicelli e di quelli
handicappati, mediante l'istituzione o l'adeguamento dell'adozione
legittimante e irrevocabile, che assicuri il loro inserimento in idonee
famiglie con prole o senza prole, con riconoscimento giuridico agli adottanti
e agli adottati della pienezza di genitori e di figli.
Pure unanime è stata la decisione
che nella adozione non siano stabilite discriminazioni
di razza, di nazionalità, di religione o di altra natura, che il preminente
interesse del minore non venga eluso dagli organi amministrativi e giudiziari
da interpretazioni distorte dal tabù del legame del sangue o dalla volontà di
soddisfare richieste contrastanti con gli interessi dei minori, siano esse
avanzate dai genitori d'origine o dagli aspiranti adottanti.
In particolare è stato da tutti
riconosciuto il valore dell'adozione dei bambini di razza diversa che dimostra
in concreto la infondatezza dei pregiudizi razziali,
ma al riguardo è emerso che la adozione dei bambini dei paesi cosiddetti sottosviluppati
può essere o meno collocata in una azione politica per ridurre ed eliminare le
disuguaglianze esistenti nei vari paesi.
Vi è anche da segnalare che nel
primo documento si richiedeva che le leggi venissero modificate nel senso «che
sia respinta pertanto la possibilità di richiedere ed ottenere minori con
identità, caratteristiche o qualità prescelte; a tal fine la richiesta degli
adottanti dovrebbe concretizzarsi non in una domanda di adozione
(che manifesta la volontà di ottenere un minore), bensì come una semplice
offerta di disponibilità».
Questa richiesta va riferita in particolare
alla inaccettabile formulazione dell'art. 314/20 del
codice civile italiano che prevede «La domanda (di adozione
speciale) può fare menzione espressa del minore che i richiedenti intendono
adottare», norma che è diretta a favorire gli adottanti che vogliono bambini
selezionati e che viene utilizzata per il mercato (di pagamento o di favore)
dei bambini soli.
Contrastanti sono state anche le
conclusioni sull'affidamento familiare a scopo educativo.
Nel primo documento viene ribadito infatti che «l'affidamento familiare va
inteso anch'esso come soluzione di emergenza e non come alibi alla
conservazione delle cause sociali disadattanti»,
mentre nel secondo documento l'affidamento familiare viene considerato «come
una soluzione atta a prevenire l'istituzionalizzazione».
Unanimi sono state le seguenti
considerazioni: l'affidamento familiare non deve essere praticato
quando un aiuto alla famiglia d'origine ne permetterebbe la conveniente
permanenza, non può essere effettuato in alternativa all'adozione, dal che ne
risulterebbe una riaffermazione del superato tabù del legame del sangue e il
mancato riconoscimento dei diritti dei minori. Inoltre è stato da tutti
accolto il principio che, nei casi in cui l'affidamento familiare implichi
rapporti con la famiglia d'origine, vi devono essere
una sua piena accettazione da parte della famiglia affidataria
e adeguate prestazioni dei servizi sociali e delle strutture comunitarie
(soprattutto la scuola), al fine di evitare che il minore si venga a trovare
nella deleteria situazione di subire l'ostile contrapposizione fra le due
famiglie o di non essere accettato dalla comunità.
Circa il ruolo degli operatori
sociali, le posizioni sono nuovamente apparse contrastanti: da una parte dei
partecipanti è stato richiesto che essi operino «in collaborazione con la
comunità consentendone un'effettiva partecipazione sia a livello decisionale,
sia a livello operativo»; dall'altro gruppo invece è
stata richiesta «una stretta collaborazione di tutte le autorità politiche e
medico-sociali qualificate per risolvere tutti i problemi posti dalla
situazione del bambino».
Circa il ruolo delle famiglie
adottive è emerso che gli uni, proprio perché avendo accolto uno o più bambini
in adozione sono stati messi di fronte alle cause dell'abbandono, ritengono
necessaria, anzi doverosa, una loro partecipazione
politica attiva alla rimozione delle cause sociali disadattanti;
gli altri invece ritengono che il loro ruolo sociale si sia esaurito avendo
dato una famiglia ad uno o più bambini e che quindi, avendo essi compiuto il
loro dovere, competa alle autorità giuridiche e medico-sociali risolvere i
problemi dell'infanzia. Essi, in nome di una valutazione esclusivamente
umanitaria dell'adozione, hanno costantemente rifiutato ogni discorso politico
(la stessa parola «politica» li inorridiva) sulle cause dell'abbandono e sul
ruolo della famiglia.
Dal che purtroppo è derivata
l'impossibilità di aprire un dibattito sul ruolo della famiglia: se essa cioè può soddisfare le esigenze di sviluppo dei figli
(adottivi o procreati) rimanendo chiusa in se stessa o se essa invece deve
essere aperta alle istanze dei suoi membri e della comunità.
*
* *
Al termine dei lavori sono stati
approvati all'unanimità due documenti.
Il primo è un indirizzo di omaggio al S. Padre così formulato:
Presenta a Sua Santità il Papa Paolo
VI la espressione del suo più profondo rispetto;
Lo ringrazia di aver voluto farle
l'onore di inviare un rappresentante ufficiale che ha
espresso la posizione della Chiesa Cattolica a favore dell'adozione in termini
che sono stati profondamente apprezzati;
Esprime il desiderio che questa
presa di posizione così favorevole nei riguardi
dell'infanzia abbandonata sia diffusa in tutto il mondo e messa in pratica e
attiri l'attenzione degli educatori sulla nozione che gli istituti di
assistenza che accolgono i bambini senza famiglia dovrebbero essere, in
mancanza di soluzioni migliori, considerati dolorosi ripieghi;
Attira rispettosamente
*
* *
Nella considerazione dell'assenza o
dell'inadeguatezza in molti paesi di norme per l'adozione legittimante dei
bambini soli e dell'aumento considerevole delle adozioni internazionali e interrazziali,
all'unanimità è stato dato mandato alla Presidente, signora Angie
Brooks, di presentare e illustrare la seguente
risoluzione alle Nazioni Unite:
Riunitasi a Milano dal 16 al 19 settembre 1971 sotto la presidenza
della signora Angie Brooks
con l'intento di trovare una strategia comune relativa all'adozione e
all'affidamento familiare;
Preso
atto delle opinioni
espresse dai congressisti sui seguenti argomenti:
a) Politica sociale in tema di adozione e affidamento familiare;
b) Adozione e società moderna: una
sfida;
c) Figli di sangue e figli adottivi;
d) Legislazione in materia di adozione e adozione internazionale: nuove proposte di
legge;
e) Adozione interrazziale: problemi e prospettive;
f) Aspetti psico-sociali
e giuridici dell'affidamento familiare;
g) Operatori sociali e comunità:
dialogo o rottura?
Constatato che sono soprattutto i bambini a
soffrire dei disastri nazionali, delle guerre e delle
sperequazioni sociali;
Considerato che il numero delle adozioni nazionali
e internazionali è in progressivo aumento;
Considerato che a causa delle carenze e dei contrasti tra le legislazioni dei diversi
Paesi sorgono crescenti problemi giuridici e legali pregiudizievoli per i
minori;
Considerato infine l'interesse storico delle
Nazioni Unite nei riguardi dei problemi dei minori i cui diritti sono stati
sanciti dalla Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo;
Chiede alle Nazioni Unite di promuovere
una Conferenza internazionale allo scopo che sia definita
una Convenzione mondiale sulla legislazione in materia di adozione, alla quale
sia prevista la partecipazione non solo delle autorità governative, ma anche
di esperti nelle varie discipline umane e sociali interessate e di
rappresentanti di associazioni di genitori adottivi.
Alla suddetta risoluzione è stato
allegato il seguente memorandum:
L'ultimo seminario sull'adozione
internazionale si tenne a Leysin,
Svizzera, nel maggio 1960, seguito dalla convenzione dell'Aia.
Si trattava esclusivamente di
conferenze europee alle quali non partecipavano delegazioni di
altri paesi.
Negli ultimi dieci anni le
condizioni economico-sociali sono cambiate, sì da
rendere obsolete molte raccomandazioni fatte alla conferenza di Leysin.
Fra i cambiamenti vi sono:
1) la rottura da legami familiari
tradizionali,
2) l'urbanizzazione
delle famiglie rurali che ha cambiato il comportamento e i valori culturali,
3) i sempre più
frequenti rapporti tra razze, religioni e gruppi etnici,
4) i cambiamenti nelle varie
religioni e nei valori morali,
5) l'aumento demografico superiore
alle risorse disponibili,
6) la distribuzione inadeguata delle
risorse mondiali.
Questi cambiamenti sociali hanno
creato necessità diverse per i bambini.
Per affrontare queste nuove
condizioni si stanno sviluppando atteggiamenti e procedure nel campo
dell'adozione, benché siano rimaste immutate molte restrizioni legali che
creano impedimenti all'adozione.
Queste restrizioni legali, che
dovrebbero essere cambiate, comprendono:
a) norme che richiedono un'età minima
elevata per i genitori adottanti,
b) richiesta della prova di impossibilità ad avere figli propri da parte degli
aspiranti adottanti,
c) norme restrittive per permettere l'adozione a genitori che hanno già figli,
d) limite del numero dei bambini che
una famiglia può adottare,
e) conservazione del diritto legale del genitore naturale ad intrattenere rapporti col bambino
dopo l'adozione legale,
f) conservazione della reciproca
responsabilità legale di sostentamento fra genitori naturali ed il figlio dopo
l'adozione,
g) richiesta che i genitori naturali
conoscano l'identità dei genitori adottivi, che include in alcuni
paesi la necessità che i genitori naturali appaiano in tribunale con i genitori
adottivi.
Considerando i fatti sopra esposti,
si fa istanza alle Nazioni Unite perché accettino la risoluzione presa
durante
Conclusioni
Infatti, come abbiamo cercato di
illustrare, alcuni ritengono che l'abbandono sia un fatto che si può ridurre
con l'aiuto economico e sociale alle famiglie d'origine lasciando inalterati gli attuali sistemi politici; altri invece sono del parere
che occorra, nello stesso tempo, provvedere all'inserimento familiare dei
minori soli e lottare per una profonda trasformazione degli attuali sistemi
politici che, nessuno escluso, essendo fondati sullo sfruttamento dell'uomo,
determinano le cause che provocano gli abbandoni dei minori.
Allegato A
Documento n. 1 I partecipanti alla Conferenza
mondiale sull'adozione e l'affidamento familiare, tenutasi a Milano il 16-19
settembre 1971 e promossa dal Comité International
d'Entente des Associations des Foyers Adoptifs e dal Centro
Studi Sangemini, 1) Considerato che l'attuale sistema sociale, fondato sulla violenza
e sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, provoca una massiccia istituzionalizzazione
dei minori per cui milioni di bambini in tutti i
paesi del mondo sono parzialmente o totalmente privi delle indispensabili
cure familiari con gravissime e spesso irreparabili conseguenze sul loro
sviluppo fisico, psichico e intellettuale e sul loro attiva inserimento
sociale; Denunciano questa situazione contraria ai
più elementari principi di giustizia e alle affermazioni della Dichiarazione
dei Diritti del Fanciullo; 2) Affermano che l'adozione deve essere intesa come intervento di emergenza diretto a dare una famiglia ai bambini che
ne sono privi, ma che essa non può essere utilizzata e strumentalizzata come
la soluzione permanente e per impedire o affievolire la necessaria ed
urgente azione diretta all'eliminazione delle cause sociali determinanti le
situazioni di abbandono; in particolare affermano che la
predetta azione non può limitarsi all'aiuto economico o sociale alle
famiglie e persone in difficoltà, ma deve esplicarsi nella creazione di
servizi diretti a prevenire tali difficoltà. 3) Affermano che la finalità, gli effetti e le procedure
dell'adozione devono essere tali da soddisfare le esigenze preminenti dei
minori soli, pertanto deve essere superato l'arcaico istituto giuridico
dell'adozione semplice, di cui si chiede la soppressione in quanto basata
sulla concezione patrimoniale, dinastica e contrattuale e
quindi diretta a tutelare interessi non meritevoli di tutela
giuridica; chiedono che sia istituita o adeguata
nelle sue norme l'adozione legittimante, riservata esclusivamente ai minori
soli, ai quali, tramite idonei strumenti di reperimento e di accertamento della
loro situazione di abbandono, sia assicurato l'inserimento in idonee famiglie
con o senza prole, in cui il diritto gli riconosca la pienezza di figlio; raccomandano che: a)
non siano stabilite discriminazioni di razza, nazionalità, religione o di
ogni altra natura; b) il preminente
interesse del minore non venga eluso dagli organi amministrativi e
giudiziari con interpretazioni giuridiche distorte dal tabù del legame di sangue,
dalla volontà di soddisfare egoistiche richieste degli aspiranti adottanti; c) sia respinta pertanto, ad esempio,
la possibilità di richiedere ed ottenere minori con identità, caratteristiche
o qualità prescelte; a tal fine la richiesta degli adottanti dovrebbe
concretizzarsi, non in una domanda di adozione (che manifesta la pretesa di
ottenere un minore), bensì come una semplice offerta di disponibilità; si impegnano affinché sia favorita l'adozione
legittimante dei minori grandicelli e di quelli handicappati
o disadattati; affermano la necessità che alla famiglia adottiva siano
assicurate le stesse condizioni di stabilità, di tranquillità e di altra
natura che hanno le altre famiglie; chiedono che la dichiarazione di adottabilità abbia luogo considerando
esclusivamente la situazione del minore indipendentemente dalla volontà e
dall'accertamento di eventuali «colpe» della famiglia d'origine; 4) affermano che l'affidamento familiare va inteso anch'esso come
soluzione di emergenza e non come alibi alla
conservazione delle cause sociali disadattanti; che esso non può essere effettuato
quando l'aiuto economico e sociale alla famiglia d'origine ne consentirebbe
la conveniente permanenza del minore; che d'altra parte non può essere
effettuato in alternativa all'adozione, dal che ne risulterebbe una
riaffermazione del superato tabù dei legami di sangue e il mancato
riconoscimento dei diritti del minore; che gli affidamenti familiari con
rapporti del minore con la famiglia d'origine siano diretti al più rapido
possibile reinserimento del minore nella famiglia stessa, il che richiede un
accettante intervento della famiglia affidataria e
idonee prestazioni da parte dei servizi sociali e delle strutture
comunitarie; 5) considerate le negative esperienze verificatesi anche nei paesi
più attrezzati, richiedono un'idonea preparazione del personale tecnico necessario
ed un numero adeguato di operatori sociali e di
magistrati; detto personale dovrà operare in collaborazione con la comunità
consentendone un'effettiva partecipazione sia a livello decisionale sia a
livello operativo; 6) fanno appello a tutte le forze politiche e sociali e agli
organismi internazionali e nazionali affinché: a) affrontino alla radice le cause determinanti le situazioni di abbandono o le carenze che colpiscono i minori, b) istituiscano l'adozione
legittimante o l'affidamento familiare e li adeguino ai principi suesposti,
mediante azioni adeguate a risolvere i problemi dell'infanzia sola in uno
spirito di partecipazione delle comunità mondiali, nazionali e locali. |
Documento n. 2 I partecipanti alla Conferenza
mondiale sull'adozione e l'affidamento familiare, tenutasi a Milano dal 16 al
19 settembre 1971, per iniziativa del Comitato Internazionale d'Intesa della Associazione delle Famiglie Adottive e dal Centro
Studi Sangemini, Considerando le molteplici cause che, nel nostro
mondo moderno, provocano la massiccia istituzionalizzazione dei minori,
privando così milioni di bambini di tutti i paesi del mondo di un nucleo familiare
indispensabile al loro sviluppo, e sottolineando
anche le conseguenze molto gravi, e spesso irreparabili che essa implica per
il loro sviluppo fisico, psicologico e intellettuale e per il loro
inserimento attivo nella società. Denunciano questa situazione contraria ai
più elementari principi della giustizia e ai termini della Dichiarazione dei
Diritti del Fanciullo. Sottolineano perciò la necessità assoluta di lottare con tutti i
mezzi contro le cause profonde di questa situazione attraverso un'azione
forte e coordinata d'aiuto economico e sociale preventivo alle famiglie e
alle madri in difficoltà. Affermano che l'adozione appare come la migliore
soluzione giuridica e sociale per la protezione dei minori privi di un
nucleo familiare normale, permettendo loro di crescere e di svilupparsi
nelle stesse condizioni degli altri bambini e di raggiungere la maggiore età
nella pienezza delle loro possibilità. Dichiarano che l'adozione può essere pronunciata
solo nell'interesse superiore del bambino ad esclusione
degli interessi degli adulti, di qualsiasi natura essi siano. Raccomandano che l'adozione con la sua forma
più evoluta possa essere permessa anche in presenza
di bambini legittimi. Raccomandano infine che l'adozione, così come
già la prevedono alcune legislazioni sotto forma di adozione
legittimante o adozione plenaria, comportando la rottura dei legami
anteriori, conferisca irrevocabilmente al bambino adottato, nel seno della
famiglia adottante, tutti i diritti del figlio legittimo e che i genitori
adottivi siano investiti a suo riguardo di tutti i diritti e obblighi dei
genitori legittimi; che essa sia praticata senza alcuna discriminazione di
razza, di nazionalità, di religione, di origine sociale o qualsiasi altra
natura; che nell'interpretazione e nell'applicazione della legge, gli
organismi competenti tengano conto esclusivamente dell'interesse preminente
del bambino, e sia incoraggiata l'adozione dei bambini più grandi e dei
bambini handicappati. Affermano che l'affidamento familiare deve
essere considerato anche come una soluzione atta a prevenire la spedalizzazione e l'istituzionalizzazione, ma che non
deve essere praticata come soluzione di comodo, quando un aiuto alla
famiglia o alla madre permetterebbe il mantenimento del bambino nel suo
ambiente naturale, o quando l'adozione sarebbe in definitiva la soluzione
più favorevole; che deve essere effettuato secondo
criteri che garantiscano al bambino le migliori possibilità di inserimento
sociale e effettivo e che nel caso particolare in cui implichi rapporti del
minore con il suo nucleo d'origine, deve comportare un incoraggiamento ad una
attiva partecipazione da parte della famiglia affidataria e al mantenimento
dei legami naturali come pure di prestazioni adeguate da parte dei servizi
sociali. Domandano una stretta collaborazione di tutte
le autorità giuridiche e medico sociali qualificate per risolvere tutti i
problemi posti dalla situazione del bambino. Fanno
appello a tutte
le forze politiche, sociali e religiose, agli organismi locali, nazionali e
internazionali al fine di rimuovere le cause stesse dell'abbandono o delle carenze familiari pregiudizievoli per il minore e che
siano istituite le forme più evolute di adozione o affidamento familiare
conformemente ai principi sopra enunciati, al fine che siano risolti i
problemi dell'infanzia abbandonata in uno spirito di partecipazione della
comunità a livello locale nazionale e mondiale. |
(1) La maggioranza
dei partecipanti alla Conferenza erano
italiani. Per questo motivo i partecipanti degli altri paesi si sono
opposti alla votazione dei due documenti. È stato pertanto avanzata la
proposta, accolta dall'assemblea, di considerare il primo documento come
espressione del parere della minoranza dei
partecipanti dei paesi presenti e il secondo documento come espressione del
parere della maggioranza dei partecipanti dei paesi presenti. I due documenti
sono riportati nell'allegato A di questo articolo.
www.fondazionepromozionesociale.it