Prospettive assistenziali, n. 16, ottobre-dicembre
1971
DOCUMENTI
LE
RAGIONI PER LE QUALI SI RESPINGE LO SCHEMA DI DECRETO DELEGATO SULL'ASSISTENZA
PREDISPOSTO DAL GOVERNO (1)
Lo schema di decreto delegato sulla «beneficenza pubblica» interpreta nel modo più
restrittivo la materia che l'articolo 117 della Costituzione ha inteso
definire con questo termine, presumendo che esso riguardi soltanto le attività
di soccorso agli indigenti, nonostante lo si trovi solitamente usato nella
Legislazione sia passata che recente come sinonimo di assistenza e quindi comprensivo
di tutte le attività che oggi rientrano nella definizione di assistenza
sociale.
L'assistenza sociale (e la
beneficenza pubblica) è ancora oggi intesa come
attività diretta a mantenere in situazione di emarginazione sociale le persone
in difficoltà, recuperando al lavoro quelle per cui si ritiene sia possibile.
Questo era ed è un concetto del
Ministero dell'interno che nella relazione del bilancio dello Stato del 1969
(non del 1869!) affermava: «l'assistenza pubblica ai bisognosi... racchiude in
sé un rilevante interesse generale in quanto i servizi e le attività assistenziali concorrono a difendere il tessuto sociale da
elementi passivi e parassitari, favorendo il dignitoso inserimento degli
assistiti nella vita produttiva della collettività».
Ne deriva la suddivisione in
categorie (ciechi, sordomuti, invalidi fisici, insufficienti mentali, legittimi,
nati fuori del matrimonio, orfani ecc.) in quanto gli interventi sarebbero
prevalentemente, se non esclusivamente, tecnici dovendosi appunto provvedere
al recupero o alla rieducazione; ne deriva anche l'assenza di
interventi per coloro che sono ritenuti «irrecuperabili».
Le persone appartenenti alle
categorie definite con criteri meno arcaici, e cioè
non in base alla situazione giuridica (legittimi, illegittimi), ma in base all'handicaps (ciechi, sordomuti, invalidi psichici e fisici)
non devono (perché per definizione non ne sarebbero in grado) usufruire dei
servizi sociali comunitari (sanità, scuola, casa, lavoro ecc.) fino a quando
non siano recuperati.
Di qui il sorgere di
istituzioni «doppione», cioè riservate a dette categorie e il
proliferare di enti, istituzioni pubbliche e private e la preoccupazione di
mantenerle in funzione per isolare socialmente le persone non produttive (si
pensi ad esempio agli innumerevoli istituti di ricovero).
In questa linea si pone lo schema di
decreto delegato sulla beneficenza pubblica, ancor più che gli altri schemi di
decreto delegato, essendo l'assistenza, come precisa chiaramente il Ministero dell'interno, il settore deputato a raccogliere
le persone espulse e non accettate dagli altri settori (sanità, scuola, casa,
lavoro, ecc.) e a mantenerle in condizioni di non nuocere alle attuali
strutture.
Si comprende quindi perché la delega
alle regioni prevista dal Ministero dell'interno si
riferisca soltanto a quella parte dell'assistenza che costituisce l'eredità
delle vecchie concezioni paternalistiche trascurando proprio quelle funzioni
che metterebbero in grado le regioni di istituire e far funzionare i servizi
sociali rivendicati dai lavoratori.
Il limite del provvedimento è sia
qualitativo che quantitativo. Dal punto di vista
qualitativo, si tratta semplicemente del trasferimento dallo Stato alle regioni
di alcune competenze frammentarie, senza alcuna
ricerca di organicità: le regioni ne sarebbero quindi vincolate a ricalcare gli
attuali schemi dell'assistenza per categorie, e private di qualsiasi
possibilità di razionalizzare il meccanismo delle prestazioni.
È implicita in questa
impostazione del decreto anche la prefigurazione d'una competenza legislativa
marginale da parte delle regioni.
Dal punto di vista quantitativo,
l'elenco delle funzioni amministrative statali che secondo l'articolo 1 sarebbero oggetto di delega comprende soltanto parte delle
funzioni attualmente esercitate dal Ministero dell'interno (nell'allegato 1
sono indicate le principali competenze dei Prefetti in materia che il governo
col decreto delegato conserva ai Prefetti stessi, nonché quelle competenze che
rimangono agli altri Ministeri), escludendone altre (compresa quella di vigilanza
sulle istituzioni assistenziali private), e dimenticando completamente non
solo tutte quelle che fanno capo agli altri Ministeri ed alla Presidenza del
Consiglio, ma anche quelle che lo Stato gestisce attraverso gli enti pubblici
nazionali da esso dipendenti e finanziati (come l'ONMI, l'Ente nazionale per
l'assistenza agli orfani dei lavoratori, l'Opera nazionale pensionati d'Italia,
ecc.).
Conseguentemente, l'art. 8 prevede
la riduzione di stanziamenti statali relativi al solo Ministero
dell'interno, ed i capitoli di spesa interessati costituiscono nel loro
insieme meno della metà di quanto lo stesso Ministero spende attualmente in
assistenza (circa 51 miliardi su 103).
Non è possibile valutare in termini
economici precisi la portata del provvedimento, perché sia l'art. 8 che l'art. 9 sono in bianco per la parte riservata ai dati
numerici.
Per tutte queste ragioni il decreto
delegato sulla beneficenza pubblica è inaccettabile nella formulazione proposta
dal Ministero dell'interno.
Le alternative
da rivendicare devono essere tali da consentire alle regioni di muoversi nella
prospettiva di un sistema coordinato di servizi sociali per tutti anziché in
quella ormai superata dell'assistenza per categorie, nella prospettiva di una
radicale inversione di tendenza nella politica sociale, che si ponga come
obiettivo il superamento dell'intervento assistenziale tradizionale.
Ne deriva in primo luogo la
necessità del trasferimento integrale alle regioni di
tutte le competenze assistenziali (o
di beneficenza pubblica) e delle altre materie indicate nell'art. 117 della
Costituzione in modo che sia resa inderogabile l'emanazione di leggi-quadro
che, nel rispetto della Costituzione, delle autonomie locali e delle competenze
delle regioni, devono essere tali da consentire alle regioni l'emanazione di
provvedimenti diretti a trasformare profondamente il settore assistenziale.
Tale trasformazione postula talune fondamentali condizioni che la regione dovrà
attuare nelle materie di sua competenza e promuovere per quelle che rimarranno
di competenza dello Stato; fra le principali si indicano:
- un adeguato trasferimento di
stanziamenti dai consumi privati ai consumi
collettivi;
- l'unificazione di tutti i servizi
ed interventi sociali a livello sia politico che
tecnico, onde evitare il riprodursi dei fenomeni di divisione e settorializzazione;
- la gestione dei servizi a livello
locale (unità locale dei servizi e comprensori) come risposta alle esigenze
che si manifestano nella zona, con la previsione di una serie di controlli politici e con l'attribuzione alle regioni
delle funzioni di programmazione e coordinamento;
- il riconoscimento del diritto alla
protezione sociale attraverso taluni strumenti fondamentali quali: la piena
occupazione e per coloro che non possono svolgere
appieno un'attività o sono usciti, per qualsiasi ragione dal ciclo produttivo,
un sistema di garanzie economiche sostanziali che assicuri il minimo vitale;
- un complesso
sistema di servizi sanitari, curativi e riabilitativi, configurato in modo da
assicurare l'armonico sviluppo fisico e psichico della persona in tutti gli
ambienti in cui essa è inserita; ciò pone il problema di uno stretto raccordo e
di un'impostazione unitaria tra servizi sanitari e sociali;
- la scuola come momento di informazione e di formazione a carattere globale e
permanente, servizio collettivo soggetto a controllo politico mediante la
partecipazione dei lavoratori: in tale quadro si colloca l'esigenza della scuola
a tempo pieno, di un'edilizia scolastica rinnovata, di un preciso rapporto col
territorio, della riduzione del numero di allievi per classe, dell'abolizione
delle classi differenziali, dell'inserimento nelle scuole comuni degli invalidi
fisici, psichici, sensoriali, ecc.
Vi è pure l'esigenza di provvedere
al più presto alla formazione, aggiornamento e riqualificazione, su un piano
generalizzato, del personale a cui verranno affidati
compiti inerenti all'attuazione del sistema dei servizi sociali. È necessario
superare, in questo quadro, l'artificiosa distinzione tra personale amministrativo
e tecnico, per l'affermarsi della figura professionale dell'operatore sociale,
che, in relazione ai bisogni sociali e alle risposte
programmate, esercita specifiche funzioni;
- l'assetto del territorio nel senso
di dare importanza al complesso delle attrezzature sociali
rispetto al contesto della residenza e delle attività produttive e non
viceversa; ciò è possibile solo nella misura in cui si individui un modello
alternativo di sviluppo urbano fondato sul riequilibrio sostanziale delle tipologie
di insediamento, secondo una diversa logica dei rapporti sociali e della
distribuzione delle risorse;
- l'impostazione della ricerca
scientifica destinata a fini sociali, servizio per la
collettività e non strumento della produzione monopolistica.
In concreto si chiede:
a) il passaggio alle regioni di tutte
le competenze assistenziali (eccezion fatta soltanto
per «le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività delle regioni
che attengono ad esigenze di carattere unitario» che restano allo Stato)
attualmente esercitate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal
Ministero dell'interno e degli altri Ministeri compreso il settore rieducativo attualmente di competenza del Ministero di
Grazia e Giustizia, ferma restando ben inteso la competenza dell'autorità
giudiziaria.
b) il passaggio alle regioni delle
funzioni, finanziamenti, beni e personale degli enti pubblici assistenziali nazionali e locali, compresa l'A.A.I.
e il fondo amministrato da detto ente
proveniente dalla gestione UNRRA e gli altri enti assistenziali finanziati in
tutto o in parte dagli utenti quali l'ENAOLI o l'ONPI;
c) la permanenza alla competenza
statale delle prestazioni economiche a carattere permanente (assegni, sussidi,
pensioni sociali) a favore dei ciechi, sordomuti, invalidi fisici e psichici,
ultra sessantacinquenni e per altre categorie essendo necessaria l'omogeneità
e l'uguaglianza dell'intervento economico, da rapportarsi al minimo vitale,
per tutte le persone prive di sufficienti risorse economiche.
Alle regioni dovrebbe invece
competere l'accertamento, in base alle norme stabilite dalle leggi nazionali,
della sussistenza o meno delle condizioni per l'erogazione delle prestazioni
economiche a carattere permanente.
Allegato n. 1
PRINCIPALI COMPETENZE DEI PREFETTI IN MATERIA DI BENEFICENZA
PUBBLICA CHE DOVREBBERO ESSERE CONSERVATE AI PREFETTI STESSI
IN BASE ALLO SCHEMA DI DECRETO DELEGATO PREDISPOSTO DAL GOVERNO
Legge 17 luglio 1890
n. 6972 e successive modificazioni.
Art. 2 - Potere del prefetto di
decretare la chiusura degli istituti pubblici e privati di assistenza
e beneficenza.
Art. 25 - Possibilità del Prefetto di
intervenire in tutti i giudizi in cui sia interessata
la pubblica beneficenza.
Art. 44 - In ogni provincia il Prefetto
incarica un consigliere di Prefettura di vigilare sull'osservanza delle leggi
in materia di pubblica assistenza e beneficenza. (Detto
consigliere è a capo dell'Ufficio V costituito in ogni Prefettura per le
attività di assistenza e beneficenza).
Art. 51 - Il Prefetto può promuovere
d'ufficio la fondazione di nuove istituzioni.
Art. 52 bis - Il Prefetto deve curare il
coordinamento delle varie forme di assistenza e beneficenza
e dei vari modi di erogazione nei singoli comuni e province.
Art. 52 ter -
Al Prefetto è commessa la protezione dell'infanzia abbandonata del
circondario.
Art. 82-83 - L'azione popolare deve
essere fatta in contraddittorio con il Prefetto.
R.D. 5 febbraio 1891
n. 99.
Art. 3 - Il Prefetto provvede
a istruire le pratiche per il riconoscimento della personalità giuridica
pubblica e privata delle associazioni e delle fondazioni.
Art. 82-83 - Poteri
del consigliere di Prefettura addetto all'ufficio V. (Vigilanza, statistica
ecc.).
R.D. 4 febbraio 1915
n. 148
Art. 132 - Il Prefetto nomina i
commissari, previa convocazione degli abitanti, nei casi di opposizione
di interessi fra comune e parrocchiani.
Legge 1° dicembre 1966
n. 1081
Art. 1 - Un Vice-Prefetto, designato dal
Prefetto, fa parte del Comitato provinciale dell'ONMI. Fa altresì parte del
Comitato provinciale dell'ONMI il direttore dell'Ufficio provinciale.
R.D.L. 8 maggio 1927
n. 798
Art. 8 - Nei casi di urgenza
il Prefetto può disporre il ricovero dei minori nati fuori del matrimonio in
stato di abbandono.
Art. 17 - In ogni provincia è nominata
dal Prefetto una Commissione di assistenza presieduta
dal Consigliere di Prefettura addetto all'assistenza e beneficenza che «deve
visitare almeno una volta ogni bimestre i brefotrofi, le case di ricezione e
gli analoghi istituti che provvedono all'assistenza degli illegittimi».
Legge 30 marzo 1971 n.
118.
Art. 6 - Il Prefetto nomina le
Commissioni provinciali per l'accertamento dell'invalidità
fisica o psichica. Compiti in materia sono attribuiti altresì al CPAB,
che è presieduto dal Prefetto.
Allegato n. 2
In contrasto con
Infatti non è illegittimamente previsto il
trasferimento alle regioni delle competenze assistenziali svolte dagli altri
ministeri. Al riguardo si sottolinea che:
-
-
- alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono
sottoposti alcuni enti assistenziali, fra i quali: l'ENAL,
- il Ministero del lavoro ha competenza sull'assistenza alla
famiglia. e in particolare alle famiglie dei
lavoratori, sull'assistenza relativa alle migrazioni interne (lavoratori e relative
famiglie), sull'invio di minori in colonie, sull'assistenza alle famiglie
delle emigrate all'estero, dei lavoratori rimpatriati e dei loro familiari,
sull'assistenza ai lavoratori infortunati, sulle scuole per la preparazione e
il perfezionamento degli assistenti sociali, sull'assistenza agli orfani dei
lavoratori, agli anziani del lavoro e agli invalidi del lavoro, vigila
sull'ENAOLI e sull'ONPI;
- il Ministero di Grazia e Giustizia esercita
funzioni in materia di assistenza sociale ai carcerati, ai liberati dal
carcere e ai loro familiari, in materia di rieducazione dei minorenni (istituti
di rieducazione e uffici di servizio sociale) e in materia di gratuito
patrocinio;
- al Ministero delle Finanze spetta l'erogazione di sussidi assistenziali per mezzo della ripartizione degli utili
delle lotterie nazionali; vigila sull'ente nazionale di assistenza per gli orfani
ed i figli dei militari della Guardia di Finanza;
- il Ministero degli esteri provvede all'assistenza
degli emigranti e loro familiari, dei connazionali indigenti rimpatriati,
degli studenti stranieri e vigila sulla fondazione figli degli italiani
all'estero;
- al Ministero della difesa è affidata la vigilanza dell'Opera
nazionale di assistenza per gli orfani dei militari
dell'arma dei carabinieri, dell'Opera di assistenza per gli orfani dei militari
di carriera dell'esercito, dell'istituto Andrea Doria
per gli orfani dei marinai morti in guerra, dell'Opera nazionale per i figli
degli aviatori;
- al Ministero dei lavori pubblici compete l'intervento di pronto
soccorso per pubbliche calamità e la gestione dei ricoveri, l'edilizia relativa
alle istituzioni di beneficenza, la vigilanza sull'istituto nazionale delle
case popolari per i ciechi, sull'istituto autonomo per le case popolari per i
mutilati e invalidi per servizio, sull'istituto per lo sviluppo dell'edilizia
sociale, sull'istituto nazionale case popolari per le vittime civili di guerra
e sull'istituto nazionale case popolari (vedere al riguardo la
legge 30-3-1971 n. 118) ;
- al Ministero della marina mercantile spetta l'assistenza e il
ricovero di orfani di marittimi, l'assistenza alla
gente di mare e ai lavoratori portuali, l'assistenza (case di riposo, orfanotrofi)
ed i sussidi ai pescatori;
- dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni dipende sia
l'istituto postelegrafonici che ha competenze
assistenziali, sia l'ufficio coordinamento attività sociali e assistenziali;
- dal Ministero della pubblica istruzione dipendono i convitti
nazionali e gli educandati, l'istituto Kirner per
l'assistenza ai professori delle scuole medie e ai loro congiunti; l'ente nazionale
di assistenza magistrale.
(1) Documento
approvato il 23-9-1971 dai SINDACATI
CGIL, CISL, UIL, dalle ACLI, dall'UNIONE ITALIANA PER
www.fondazionepromozionesociale.it