Prospettive assistenziali, n. 17, gennaio-marzo
1972
NOTIZIE
PRECISAZIONE DELL'EISS
Caro Dr. Germano,
la ns/
Direzione Centrale mi ha fatto notare con disappunto quanto pubblicato a pag. 3
del n. 16 di Prospettive Assistenziali dove la proposta di legge per il
finanziamento dell'EISS è annoverata fra le richieste corporative di alcune
associazioni di categoria e di gruppi politici che cercano con tutti i mezzi di
conservare le attuali posizioni di potere.
Il disappunto è motivato dal fatto
che l'Ente non ritiene di poter essere fatto oggetto di questi rilievi. Infatti la sua politica, finalizzata al superamento
dell'emarginazione sociale, è orientata in concreto nella direzione di offrire
ai cittadini dei servizi sociali di base, studiando e sperimentando dei
modelli che, con l'apporto delle équipes di operatori
impegnati in tutte le regioni, si vanno via via
definendo per convertirli successivamente in standards.
È quanto è stato già fatto per il servizio di segretariato ed è quanto si sta
facendo per il servizio sociale professionale di zona.
Così operando l'Ente è parte attiva
della riforma assistenziale e ne fa propri gli
obiettivi della creazione di servizi destinati a tutti i cittadini e da essi
partecipati e della costruzione delle unità locali dei servizi. Attorno a
questo secondo obiettivo, a livello di sperimentazione del modello teorico, è impegnato soprattutto il Centro Immigrati Meridionali, che
da tempo, nonostante la denominazione, si è orientato ad operare a favore di
tutti i cittadini di una zona urbana, opportunamente scelta, con alcuni
servizi di base, superando in tal modo la fase iniziale di attenzione
prioritaria agli immigrati dal Sud.
Inoltre le ns/
posizioni assunte all'interno del
Il problema è di riconoscere
all'ente privato, nel quadro prospettico sopra descritto, uno spazio proprio e
allora gli verrà agevolmente anche riconosciuto il diritto di avere un
finanziamento da parte dell'ente pubblico, ossia, in ultima analisi, dei cittadini,
per cui si opera, quando non si verifichino, tra le
altre, le tendenze numerate alla medesima pag. 3 della Rivista, che cioè si
vogliano dividere gli emarginati, settorializzare gli
interventi e creare servizi «doppione», tutte cose che riteniamo aliene dalle
ns. intenzioni e dalle conseguenti, sia pur modeste, realizzazioni. Con tali
premesse quindi crediamo proprio di non poter essere annoverati fra gli enti
strumentalizzati da gruppi politici che cercano con tutti i mezzi di
conservare le attuali posizioni di potere.
L'occasione è gradita per un
incontro almeno epistolare, dato che è mancata da
qualche tempo quella di un incontro personale.
Distinti saluti.
DON
LUCIANO ALLAIS
CHI DIFENDE L'ONMI?
Riceviamo
e pubblichiamo la lettera del dottor Michele Castelli.
Egregio Sig. Direttore,
sul n. 15 (luglio-settembre 1971) di
«Prospettive Assistenziali» (pagg. 35-36) sono state
svolte alcune considerazioni critiche, peraltro non firmate, su un mio articolo
pubblicato sulla rivista «Maternità e Infanzia» n. 3 (marzo 1971).
In proposito tengo a precisare che:
1) la mia pubblicazione non può
essere valutata genericamente come un tentativo di «difendere l'operato dell'O.N.M.I.», di «attaccare il pretore inquirente»
e specificatamente come una tardiva, e quindi sospetta, negazione dei poteri
di vigilanza dell'O.N.M.I. «dopo lo scoppio dello scandalo». Infatti
da anni io sostengo le mie tesi circa i poteri di vigilanza e di controllo
dell'O.N.M.I. ed ho già avuto occasione di pubblicarle sul giornale «La vita
dell'O.N.M.I.» n. 12 del 1969 (pag. 8) di cui Le
accludo copia perché Lei abbia l'opportunità di sincerarsi personalmente delle
mie affermazioni;
2) le mie tesi sui poteri di
vigilanza e controllo dell'O.N.M.I. sugli istituti per minori, proprio perché
meditate da tempo e responsabilmente elaborate, sono state motivate sul piano
storico, politico e giuridico. Questo non significa che non si possa da esse dissentire. Non posso, però, accettare che
siano valutate alla stregua di un « infondato tentativo », senza alcuna motivazione
e con affermazioni dogmatiche («... invero il R.D.L. 5-9-1938, n. 2008, non ha
sottratto alcuna competenza all'O.N.M.I.»). Lo stile delle
valutazioni immotivate e delle affermazioni dogmatiche è ormai
definitivamente tramontato.
Concludo Sig. Direttore facendoLe
una domanda: è possibile risolvere i gravi e complessi problemi che
travagliano il nostro Paese se la classe politica dirigente non ha l'intenzione
di risolverli? Le esemplificazioni sono purtroppo numerose ed eloquenti: le
riforme di struttura non attuate, le programmazioni rimaste sulla carta, le
regioni realizzate con enorme ritardo e boicottate nel loro effettivo
funzionamento. In questa deliberata volontà di non rinnovare e di non
procedere in avanti secondo gli interessi nazionali, trovano logica e naturale
giustificazione carenze di ogni genere ed il
perpetuarsi di enti necessariamente inutili ed inefficienti.
Per cui denunciamo pure tali carenze e le omissioni di qualsiasi tipo, ma nel contempo
mettiamo nel dovuto rilievo «l'omissione di atti d'ufficio» da parte della
classe politica dirigente. È infatti tale fondamentale
omissione a qualificare il sistema, mentre tutte le altre ne sono il logico
corollario.
La prego di voler pubblicare queste
mie precisazioni, più che in ossequio alle disposizioni vigenti sulla stampa,
per un leale e corretto dibattito che concretamente contribuisca
ad accelerare il lento cammino della riforma dell'assistenza.
*
* *
Siamo d'accordo nel non accettare le affermazioni
dogmatiche e senza alcuna motivazione. Ci sembra però
di avere sufficientemente motivato nel n. 15 che la legge affida sia all'ONMI
che al Ministero dell'Interno la vigilanza sulle istituzioni pubbliche e
private di assistenza.
A
conferma del fatto che il R.D.L. 5-9-1938 numero 2008 non ha sottratto alcuna
competenza all'ONMI stanno le varie raccolte di leggi
e pubblicazioni sull'assistenza. Vedasi al riguardo, ad esempio G. SARNO, Codice della beneficenza e dell'assistenza
sociale, Ed. Giuffré,
Milano, 1964, pagg. 1302 e
Infine
segnaliamo che la tesi di M. Castelli è stata sostenuta dagli avvocati
difensori nel processo contro Gotelli, Cini e Gueli ed è stata respinta dal pretore Infelisi,
come da sentenza riportata in questo numero.
Per
quanto concerne «la deliberata volontà politica di
non rinnovare» ci sembra che sia indispensabile un'azione concreta e non solo
intellettuale da parte di tutti i gruppi (spontanei o organizzati)
interessati. L'azione, per essere concreta deve a nostro avviso essere
ancorata a situazioni concrete di lotta, facendo
convergere su di esse tutte le forze disponibili (personale interno, utenti,
parenti di utenti, cittadini, gruppi).
Ad
esempio sarebbe più che mai necessaria un'azione del personale interno
dell'ONMI di denuncia delle carenze esistenti con
concrete proposte di servizi alternativi. Ma in questa azione,
per non cadere nel corporativismo si dovrebbero coinvolgere tutte le forze
sopra indicate.
Questo
metodo di azione, oltre a consentire una maturazione
personale e collettiva di tutti coloro che vi prendono parte, consentirebbe la
costruzione dal basso di quei servizi che la gente vuole e supererebbe di
fatto i pericoli della razionalizzazione tecnocratica.
CONVEGNO DELLE SEGRETERIE REGIONALI, CGIL, CISL, UIL
Con la promozione
del convegno (tenutosi a Milano il 25 gennaio 1972 sul tema «Linee di iniziativa sindacale per la riforma dell'assistenza in
Lombardia»), «le segreterie regionali della CGIL, CISL e UIL hanno voluto
richiamare l'attenzione dell'intero Movimento sindacale lombardo sulla situazione
esistente nel campo dell'assistenza sociale affinché, nella logica delle lotte
dei lavoratori per un organico processo di riforma del nostro paese, si
potessero esprimere delle specifiche linee sindacali per una riforma dell'assistenza
in Lombardia» (1).
Anche se le varie comunicazioni
hanno evidenziato l'uno o l'altro aspetto della complessa problematica dell'assistenza
è apparso peraltro «evidente quanto la maggioranza degli effetti, con le
relative esigenze di intervento, siano da collegarsi a
cause che si sono originate all'interno e all'esterno dei luoghi di lavoro e
che hanno provocato squilibri, ingiustizie sociali e pesanti sfruttamenti. Tale
situazione non fa che accrescere quella consapevolezza che, maturata nel mondo
del lavoro in termini di unità di classe dei
lavoratori, tende a portare avanti quelle politiche delle riforme in cui la
stessa riforma dell'assistenza deve essere considerata non come un episodio
isolato ma componente indispensabile da ricollegarsi alle altre riforme della
sanità, della casa, dell'urbanistica, del fisco, della scuola, dei trasporti,
il tutto inquadrato in un rinnovato impegno per la programmazione ed in una politica
attiva dell'occupazione».
Per quanto concerne la situazione
attuale è stato affermato: «Mentre i condizionamenti scatenati dalla logica
capitalistica, con i ben noti sprechi e le distorsioni nella struttura dei consumi, e l'incapacità dello Stato di esprimere un
proprio ruolo nello sviluppo del Paese, hanno provocato delle gravi situazioni
patologiche nel tessuto sociale, si può rilevare come gli arcaici interventi
assistenziali si siano limitati con drammatici vuoti, sfruttamenti ed
insufficienze gravissime a comprimere risultanze pericolose o conflittuali
per l'ordine sociale, emarginando, così, i prodotti delle contraddizioni del
sistema.
Nel disorganico campo assistenziale hanno finito per proliferare settorialmente
gli oltre 40 mila enti con esasperati assetti verticistici
e devianti. Essendo questa la situazione non si è potuto
evitare l'inserimento di interventi speculativi e strumentalismi
vari, in un intreccio di corporativismi cointeressati a conservare situazioni
anacronistiche, completamente scollati dal contesto sociale e da un controllo
pubblico partecipato.
Disatteso il dettato costituzionale in ordine al diritto all'eguaglianza dei cittadini, al
lavoro, alla protezione della maternità, dell'infanzia, degli inabili, la
logica seguita è stata quella di modesti e dispersivi interventi economici a copertura
di altrettante carenze di altri settori attuando nel contempo segreganti
servizi assistenziali in istituti chiusi».
L'analisi delle possibilità aperte
dall'istituzione delle Regioni ha portato i promotori
a dichiarare: «Nel prendere atto degli obiettivi che la
stessa Regione ha prefigurato nel porre l'uomo e la solidarietà al centro della
nuova società, recependo, per quanto riguarda l'assistenza, il concetto del
diritto sociale che rifiuta il precedente concetto caritativo e di beneficenza
mirando, in tal modo, all'attuazione di un vero e proprio «Servizio
Sociale», il movimento sindacale afferma fin da ora che sarà con
Nel condividere l'azione di rottura
nei confronti dei vari Enti Pubblici e autarchici centralizzati, il Sindacato
dice, inoltre, che non può essere con
È stata propugnata una gestione non
settoriale dell'assistenza ed infatti è stato
precisato: « L'intervento dei servizi assistenziali deve essere globale nel
senso che deve essere coordinato con tutti gli altri servizi senza la creazione
di artificiose barriere.
I termini letteralmente inventati, a
suo tempo, per inquadrare quelle iniziative assistenziali
o sanitarie, più o meno sporadiche ed occasionali, volti a recepire parziali
interventi peraltro insufficienti, devono essere sostituiti da una globale
considerazione dei bisogni.
Le strutture devono aderire alle
varie realtà locali con la necessaria interdipendenza, complementarietà e
polivalenza.
Il servizio assistenziale,
così come quello sanitario, non può essere disgiunto dagli altri servizi
pubblici e alle scelte politiche in genere (trasporti, scuola, urbanistica
ecc.).
Per un sistema organico dei servizi
si pone, pertanto, l'esigenza della risoluzione del binomio utente-spazio ancorato
all'esigenza di una società moderna capace di
adeguarsi al rapido mutare della domanda sociale.
Partecipazione e attuazione dei
servizi, esaltanti le autonomie promozionali, gestionali
e di controllo, richiedono il superamento degli attuali schematismi
istituzionali dei comuni mediante l'aggregazione di diversi comuni in un
assetto territoriale omogeneo, il mantenimento di altri che già presentano
determinate dimensioni, il frazionamento di altre ancora in aree sub-comunali».
Molto limitati, ed alcuni ancora
nella logica dell'emarginazione (come ad esempio la richiesta di case albergo
per anziani), sono stati gli obiettivi indicati: «Nell'affrontare la politica
dei servizi sociali, che più precisamente sarà indicata nelle comunicazioni,
dovrà, innanzitutto, essere ricercata una politica
attiva volta a recuperare e a reintrodurre nella comunità quei soggetti che
risultano isolati da determinati fenomeni urbanistici e da evoluzioni sociali
economiche e territoriali nella loro globalità. Noi vogliamo
dei servizi sociali che affrontino, pertanto, i problemi a monte in termini di
prevenzione e non costituiscano comodo alibi della cronicizzazione dei
problemi non risolti.
Occorre battere il meccanismo segregativo e dessocializzante
che opera nella vita della comunità per mezzo di una attività
assistenziale che abbia come fondamentale criterio ispiratore la previsione
delle situazioni di bisogno.
In concreto ciò significa che:
- per gli anziani occorrerà preoccuparsi
di pensioni adeguate, del problema della loro abitazione o delle
case-albergo, dei necessari servizi sanitari, di assistenza
domiciliare ecc.
- Per la donna occorre garantire, in
seguito ad una sua scelta autonoma, la possibilità di avvalersi
di asili nido onde evitare una dessocializzazione
imposta dai carichi familiari.
- Per l'infanzia si dovranno evitare
meccanismi selettivi e forme di estraniazione che,
determinando spesso dei traumi, contribuiscono ad emarginare dalla società
anche nell'età adulta.
- Per i subnormali ed i disadattati
si dovrà cercare di superare, nel limite del
possibile, gli handicaps di ordine fisico, mentale e
sociale con il rifiuto di una impostazione meramente segregativa.
Tutto questo non disgiunto da una
preparazione e partecipazione degli operatori sociali
che stronchi inutili parcellizzazioni del lavoro, condizioni ideali per
favorire situazioni autarchiche, monopoli professionali e gerarchie fasulle.
In tale contesto
occorrerà prevedere anche forme nuove di intervento quali sussidi economici ed
una concezione dell'assistenza familiare che miri al riconoscimento dello
status di operatore sociale al familiare che concretamente si deve preoccupare
dell'assistenza».
(1) Le parti fra
virgolette sono tratte dalla relazione introduttiva.
COMITATO DI QUARTIERE DI VANCHIGLIETTA-VANCHIGLIA
(TORINO)
L'Assemblea promossa dal Comitato di
quartiere Vanchiglietta-Vanchiglia, tenutasi il 7
marzo
chiede
- che questi diritti vengano riconosciuti in concreto a tutte le persone
comprese quelle con handicap fisici, psichici e sensoriali;
- che
pertanto i servizi sociali (scuola, sanità, lavoro, ecc.) siano aperti a tutti
e usufruibili da tutti;
- che
nell'ambito di questi servizi le persone handicappate ricevano le prestazioni
specialistiche di cui hanno bisogno.
Più specificatamente l'Assemblea
chiede che nei quartieri e in particolare nel quartiere di Vanchiglietta-Vanchiglia
gli handicappati siano inseriti nei servizi esistenti o da istituire (asili
nido, scuole materne e dell'obbligo), tenendo conto delle sperimentazioni positive avviate in tale direzione a Torino (scuola materna
di Via Medici, scuola elementare di Via Bossoli) e in altre città (es.
Moncalieri).
Pertanto per i ragazzi del quartiere
di Vanchiglietta-Vanchiglia (ed eventualmente per
quelli dei quartieri limitrofi) che attualmente
frequentano la scuola di C.so Lombardia e il Centro Educativo di Via Bologna
77 dovrebbero essere predisposti i locali, personale e mezzi necessari per
l'inserimento in una scuola comune del quartiere stesso.
L'Assemblea ravvisa inoltre la
necessità che nel quartiere sia istituito un centro di
addestramento professionale per handicappati e non handicappati in linea con
la delibera recentemente approvata dal Consiglio Comunale di Torino. Detto
centro dovrebbe preparare handicappati e non handicappati per l'inserimento
nelle aziende comuni.
Inoltre è necessaria l'istituzione
nel quartiere di un laboratorio protetto per i soggetti non in grado, oggi, di
essere inseriti dai corsi di addestramento
professionale nelle aziende comuni.
Il suddetto laboratorio dovrebbe
comprendere anche l'attuale centro occupazionale che è provvisoriamente sito
presso i locali della Parrocchia di S. Croce.
Tali servizi dovrebbero tener conto delle particolari esigenze degli handicappati e predisporre
i relativi interventi.
Parimenti i centri ricreativi,
sportivi, ecc. (da istituire) dovrebbero essere aperti anche per gli
handicappati e, a tal fine fra l'altro, dovrebbero essere costruiti senza
«barriere architettoniche», come pure tutti gli edifici scolastici e di interesse sociale (vedasi la circolare del Ministero dei
lavori pubblici n. 4809 del 15-6-1968 e la legge 30-3-1971 n. 118).
È indispensabile che le famiglie e i
cittadini sensibili partecipino e possano partecipare
alle scelte e alla conduzione di tutti quei servizi di cui sopra per una
maggior integrazione sociale e per garantire che tali servizi siano confacenti
alle loro reali necessità.
Per evitare il ricovero in istituto
degli handicappati privi di famiglia o con famiglia
impossibilitata per qualsiasi motivo a tenerli, è necessario che:
- se il ricovero è determinato da
motivi economici, si garantisca alla famiglia il minimo «vitale
economico»;
- se il
ricovero è determinato dalla mancanza di servizi idonei e accessibili, essi
siano istituiti come sopra indicato;
- se il ricovero è determinato dalla
mancanza della famiglia, o da sue carenze educative o
causato dall'età adulta dell'handicappato (o dall'anzianità dei genitori dell'handicappato)
si provveda, a seconda delle situazioni:
- all'adozione;
- all'affidamento familiare a scopo
educativo;
- all'accoglimento in focolari per
6-8 persone, siti in alloggi sparsi nelle comuni ex case di abitazione.
L'Assemblea chiede pertanto che non vengano più costruiti, e che anzi vengano soppressi gradualmente
con la massima urgenza possibile, tutti gli istituti a carattere di internato
e i centri riservati esclusivamente agli handicappati.
Per portare avanti le richieste
sopra indicate l'Assemblea chiede l'appoggio concreto delle forze politiche,
sindacali e associative e chiede concrete iniziative alla Regione, alle
Province ed ai Comuni.
Richiesta a breve termine del Quartiere
In considerazione al fatto che
all'inizio dell'anno scolastico 72-73 si renderanno libere sei aule nella
scuola prefabbricata di Piazza Chiaves, l'Assemblea
chiede che siano adibite a classi speciali per i bambini che frequentano la
scuola di C. Lombardia, il Centro educativo di Via Bologna
o altre scuole.
Chiede inoltre al Comune di
accelerare i tempi per il funzionamento del Centro Sociale di Via S. Ottavio e
di decentrare il personale necessario.
Questo per poter finalmente dare
inizio all'Unità locale dei servizi.
Lo stesso decentramento si richiede
alla Provincia per quanto riguarda il personale specializzato (psicologi,
pedagogisti, educatori) per integrare gli interventi
sperimentali dei servizi in Vanchiglia-Vanchiglietta.
CONVEGNO DELLA REGIONE LOMBARDA
Promosso dalla Giunta regionale
della Lombardia (Assessorato Assistenza) e dalla III Commissione Consiliare
Sanità e Sicurezza Sociale, si è tenuto il 5-6 febbraio
Le tematiche
affrontate sono state le seguenti:
a) prevenzione ed
individuazione ai fini operativi dei settori di vita associativa interessati;
b) programmazione assistenziale
ed intervento economico;
c) preparazione del personale
tecnico;
d) proposte di intervento
a breve e medio termine.
Nel convegno è emersa l'acquisizione
sul piano culturale delle analisi che più volte
abbiamo espresso su Prospettive assistenziali, come ad esempio che:
- «l'attuale sistema assistenziale è caratterizzato, da una parte da una
insufficiente prestazione economica, erogata discrezionalmente ai poveri e
suppletiva di deficienze di altri settori, dall'altra, da prevalenti interventi
"speciali" di tipo chiuso con evidenti risultati di emarginazione»;
- per un cambiamento reale vi è «la
necessità di riscoprire il ruolo dell'ente locale come interlocutore
essenziale, nel quadro di una autentica partecipazione»;
- di attribuire tutte le competenze
operative agli enti locali e per quanto è possibile ai Comuni;
- occorre «studiare e identificare
le principali patologie della struttura sociale, accentuando l'attuazione sui
nuclei primari, tra i quali segnatamente la famiglia, la scuola, il lavoro»;
- per poter superare l'emarginazione
occorre «fare i conti con il sistema assistenziale vigente,
con i centri di potere politici, economici, tecnocratici che l'egemonizzano,
con il corporativismo di categoria che in esso prestano la loro attività, con
la rassegnata passività dell'utenza, con l'insensibile disinteresse ed
estraneità alla problematica della società civile, della cultura e dell'opinione
pubblica, delle stesse organizzazioni sociali e politiche»;
- «in questa fase l'iniziativa
autonoma o coordinata della Regione, espressa dagli enti locali e soprattutto
dai Comuni, è essenziale per raggiungere lo scopo: si possono
infatti anticipare quei servizi sociali che comincino a rendere obsoleto
e inutile e quindi più facilmente demolibile il sistema attuale di assistenza
e beneficenza pubblica. Pertanto un indirizzo che spinga
i Comuni ad anticipare autonomamente le riforme, affrontando in prima persona
l'apprestamento dei servizi sociali, è valido per creare una linea di impegno
per la riforma, per costruire esperienze e quadri tecnici di tipo nuovo e
capillarmente distribuiti nonché per dimostrare la validità dell'Ente locale».
*
* *
Ci sembra che questa sia la strada
da battere per costruire i servizi dal basso e per verificare l'effettiva
volontà politica delle Regioni, delle Province e dei
Comuni e le capacità di lotta delle forze sindacali e sociali.
Per ottenere tutto ciò è
indispensabile e urgente la formazione, aggiornamento e riconversione degli
operatori sociali, che, come è stato anche ribadito
nel convegno, devono aver luogo in appositi centri promossi dalle Regioni e gestiti
dagli enti locali, con il controllo democratico delle forze sociali.
Pubblichiamo le quattro mozioni
conclusive:
I
Commissione
prevenzione
La prevenzione come tale deve
tendere ad eliminare ogni soluzione assistenziale dei
problemi. Conseguentemente si ritiene che il concetto di assistenza
debba essere rifiutato, per privilegiare il momento preventivo rispetto a
quello riparatore.
Si deve quindi tendere ad un sistema
di sicurezza sociale che significhi una globalità di interventi
atti ad incidere sulle strutture sociali che generano i bisogni.
I bisogni nascono storicamente in un
rapporto dialettico tra individuo e strutture sociali, e per tale ragione la
prevenzione deve sempre rinnovarsi nella sua concretezza storica. Questo significa
la necessità ad una presa di coscienza attraverso la
mobilitazione politica; ed è la lotta politica che rende i bisogni palesi.
Nella lotta per la prevenzione si identificano come forze motrici i lavoratori che operano
nelle fabbriche, nelle campagne e nei quartieri per difendere in prima persona
il diritto ad una scuola, ad un modo di vita, ad un lavoro che non siano
invalidanti.
L'azione di queste forze motrici in
primo luogo e di tutti i cittadini si esplica
attraverso organismi di partecipazione popolare, con funzioni di iniziativa e
di controllo politico, e per mezzo di una consultazione obbligatoria.
Pur individuando i punti di rottura
dell'azione preventiva nella problematica dello sfruttamento nel lavoro, della
speculazione edilizia, dell'organizzazione autoritaria della scuola, si
ritiene che un intervento globale sia indispensabile
per dare una soluzione coerente e positiva alle gravi situazioni che fino ad
oggi hanno creato i presupposti di intervento assistenziale.
In questa prospettiva assume particolare rilevanza il ruolo del comune nella gestione
dei servizi di sicurezza sociale.
II
Commissione
programmazione assistenziale ed intervento economico
La relazione della seconda
Commissione Programmazione illustrata al Convegno da Emanuele Ranci Ortigosa si attiene agli indirizzi dei documenti regionali
rappresentandone un originale approfondimento teorico ed uno sviluppo operativo.
La Commissione l'approva in tutta la sua sostanza e sottolinea
quali finalità dell'azione assistenziale:
- le esigenze di sviluppo della
persona come soggetto libero e responsabile, con una irrinunciabile
dimensione sociale;
- di conseguenza la necessità che
ogni servizio raggiunga la persona nel suo contesto
familiare ed ambientale, valorizzandolo adeguatamente.
In particolare si vogliono qui
richiamare i seguenti punti illustrati nella relazione:
1) analisi dell'origine sociale del
bisogno, critica del sistema assistenziale vigente,
proposta di un'alternativa globale mediante una politica di prevenzione e la
creazione di una rete di servizi sociali di base. Questa tematica
deve essere oggetto di sensibilizzazione dell'opinione pubblica attraverso i
canali di informazione più idonei, a cominciare dalla scuola;
2) incostituzionalità del decreto
delegato e necessità di iniziative legislative e
amministrative regionali per superarne i limiti e per consentire alla Regione
e all'Ente locale di programmare e gestire una organica ed unitaria politica
dei servizi, con le adeguate misure di superamento di quelle strutture (IPAB,
ECA, Patronati, strutture periferiche dell'ONMI e degli altri enti nazionali)
che ne impediscono lo sviluppo coerente, come anche con la acquisizione alla
Regione della vigilanza sugli enti privati; sempre in questa prospettiva si
sollecita una iniziativa regionale per lo svincolo dei bilanci degli enti
locali dagli oneri cosiddetti obbligatori a favore di enti burocratici
assistenziali.
3) urgenza di una legge-quadro
statuale di principi nuovi che completi il trasferimento alle Regioni di tutte
le competenze che loro spettano costituzionalmente, che garantisca loro
adeguate risorse finanziarie e provveda alla soppressione di tutti gli enti assistenziali nazionali, definendo rigorosamente, nel pieno
rispetto del dettato costituzionale, le residue competenze ministeriali, da
unificarsi in un unico Ministero diverso da quello degli interni, e da
esplicarsi a mezzo di una Commissione formata da rappresentanti delle Regioni,
con garanzie di presenza per le minoranze.
La legge-quadro dovrà affermare il
principio che l'assistenza è un diritto di tutti ed ha finalità di sviluppo e socializzazione della persona, di prevenzione, sostegno e
recupero attraverso la prestazione dei servizi sociali aperti;
dovrà affermare il diritto alla non
segregazione e la competenza sull'assistenza privata libera con poteri di
vigilanza e di convenzionamento nei termini ed alle
condizioni già affermate nel documento del Consiglio Regionale.
Si auspica che
4) superamento di ogni
tentazione tecnocratica per quanto riguarda la gestione dei servizi di base,
che dovranno essere comunali o consortili ed ammettere una reale
partecipazione decisionale delle comunità di base, come anche esperienze di
autogestione. È importante sottolineare che lo sviluppo delle attrezzature
materiali e delle qualificazioni professionali relative a servizi sociali come
gli asili nido, la scuola a tempo pieno (preparatoria e dell'obbligo), l'insieme
dei servizi sanitari di base, i centri di igiene
mentale, la edilizia popolare con tipologie e servizi integrativi per anziani
soli e per gruppi parafamiliari di orfani, abbandonati, handicappati,
disadattati, eccetera, i semi-internati aperti, lo sviluppo ed una migliore
regolamentazione degli affidi e delle adozioni, la ristrutturazione e depenalizzazione
della rieducazione minorile, debbono avere priorità assoluta sui servizi di
pura consulenza, informazione e segretariato sociale.
Assolutamente prioritaria deve
quindi essere la riqualificazione delle strutture e dei servizi esistenti, a
cominciare dalla scuola, grazie ad una gestione sociale aperta e ad una organica ed unitaria politica dei servizi di cui gli
organi politici dovranno assumersi la responsabilità, superando ogni
settorialismo;
la liquidazione dell'attuale sistema
assistenziale deve avvenire non dopo, ma contestualmente allo sviluppo della
rete dei servizi sociali di base, garantendo la continuità delle prestazioni
necessarie e valide.
Si conferma l'indicazione circa
l'importanza di creare le condizioni per cui possono
costituirsi a tal fine comitati democratici di iniziativa, con i compiti
espressi nella relazione.
Va effettuato
l'accertamento dei deflussi annui di ricovero area per area e categoria per
categoria, al fine di fissare, di concerto fra Regioni e Enti locali nelle
singole aree, gli obiettivi intermedi di progressiva riduzione delle
istituzionalizzazioni vecchie e nuove collegandoli ai programmi operativi di
sviluppo degli asili nido, delle scuole, della edilizia popolare, ecc.
Lo stesso processo, con tempi
abbreviati perché ne sussistono le condizioni, dovrà
svolgersi per la totale eliminazione delle classi differenziali e delle scuole
speciali, con la offerta di servizi decentrati di categoria;
5) in questa logica di
programmazione democratica
La politica assistenziale
sopra delineata non potrà tuttavia avere successo se non vengono
contemporaneamente realizzate le riforme nazionali della previdenza (per
garantire a tutti il minimo vitale), della sanità, della scuola, dell'urbanistica,
dei tributi, delle autonomie locali.
III
Commissione
preparazione personale
I partecipanti al Gruppo di Lavoro «Preparazione
del personale per i servizi sociali» approvano la relazione predisposta dalla
Commissione Regionale incaricata di preparare la relazione relativa alla
problematica inerente la preparazione del personale
dei servizi sociali.
Il problema degli operatori sociali si inserisce nel quadro generale della riforma dei servizi
sociali. L'attuale sistema assistenziale, caratterizzato
dalla molteplicità degli organismi di diversa natura giuridica e diversa
rilevanza organizzativa e finanziaria, e che si basa sui principi della categorizzazione dell'intervento assistenziale e della
organizzazione verticistica e burocratica, si
riflette sulla condizione e sul ruolo professionale e funzionale dell'operatore
sociale, che viene considerato come strumento di condizionamento, subordinato
agli interessi della classe dominante ed emarginato dai processi di
elaborazione della politica sociale.
Il nuovo ruolo dell'operatore
sociale deve rispondere ai principi ed alle scelte di radicale riforma del
sistema assistenziale, che deve trovare nella garanzia
del diritto di tutti i cittadini ai servizi sociali e nella partecipazione e
controllo alla gestione degli stessi da parte della collettività, gli irrinunciabili
obiettivi.
In questa prospettiva il problema degli operatori sociali va affrontato in stretta relazione
da una parte con gli obiettivi, e dall'altra con la strategia della riforma.
Questo risultato è conseguibile in primo
luogo attraverso la determinazione di nuovi contenuti professionali, che
trovano nell'unificazione, almeno per grandi settori, delle figure
professionali, superando l'attuale frammentazione delle stesse, il supporto per
l'esaltazione della partecipazione dell'operatore sociale ai processi di
trasformazione delle istituzioni, delle strutture sociali oltreché
dell'autoaffermazione di individui e gruppi.
Momento determinante
del processo di realizzazione del nuovo ruolo sociale dell'operatore è la
riforma delle strutture formative che deve fondarsi da una parte
sull'intervento diretto della Regione, in termini di gestione diretta o di promozione,
e dall'altra nella determinazione di indirizzi generali di formazione e
qualificazione professionale. Punti qualificanti possono essere:
1) formazione
polivalente di base con particolare rilevanza delle materie sociali;
2) criteri di formazione che siano
uguali ai vari livelli per tutta la realtà nazionale;
3) integrazione
della formazione teorica con una sperimentazione pratica a diretto contatto con
i servizi sociali in un dialettico rapporto tra operatori e collettività.
In questo disegno generale di
riforma devono inserirsi immediatamente le iniziative periodiche e permanenti
riferite alla qualificazione, riconversione, orientamento del personale
attualmente operante nel sistema assistenziale al
fine di consentirne una utilizzazione nei settori di intervento che presentano
più urgenti necessità di iniziative e di potenziamento.
Questi impegni, con il riferimento
specifico relativo alla assicurazione che la copertura
dei servizi sociali sia garantita da operatori che godano di tutti i diritti
tipici dei lavoratori, dovranno costituire occasione di immediate iniziative
della Regione, che, individuata e valutata la dimensione del problema, dovrà
realizzare i necessari strumenti per la sua risoluzione.
IV
Commissione a breve e
medio termine
L'intervento a breve e medio termine
va inteso da un lato come l'immediata necessità e possibilità di azione sull'attuale sistema assistenziale, anche in
carenza di norme di legge, dall'altro come espressione di una precisa volontà
politica per il concretizzarsi della leggequadro di riforma.
Ogni intervento immediato acquista
pertanto significato di scelta politica che non deve ostacolare, ma anzi
prefigurare e anticipare, le direttive di riforma.
Gli enti locali,
comune, consorzi
di comuni, hanno già strumenti sufficienti per operare un salto qualitativo
indirizzando diversamente la spesa nel settore dell'assistenza così da fornire
precise alternative e radicali fratture con l'attuale assetto, ciò può
avvenire a condizione che si possegga l'effettiva volontà politica di incidere
gradualmente, ma irreversibilmente, sull'attuale
realtà dei servizi, troppo spesso sottratta ad ogni controllo, sollecitando ed
utilizzando la partecipazione popolare come strumento di pressione prima e di
gestione sociale poi.
La municipalizzazione degli
interventi sociali non è di per sé garanzia di democraticità e di effettiva partecipazione se a monte non si procede a
rivalutare l'ente comune quale organismo di sensibilizzazione e di direzione
delle istanze popolari e delle organizzazioni sociali e culturali: più potere
gestionale al Comune vuole significare più potere ai cittadini, in un processo
di effettiva democraticizzazione del governo della
cosa pubblica.
In questa luce
Inoltre si ribadisce
il concetto, già espresso ad ogni livello, di un intervento della Regione che
comunque non sia di gestione diretta e di imposizione di moduli operativi di
servizio. La libertà dal bisogno è prevalentemente condizionata dalla indipendenza economica quale presupposto fondamentale
per la libertà di scelta del servizio.
La dialettica non può essere
accentrata unicamente sul tema dell'istituto per pochi bisognosi, ma deve
investire tutta la gamma dei servizi sociali che acquistano
il valore di un diritto per tutti i cittadini.
Tale concezione dei servizi impone
una programmazione democratica che utilizzi anche le strutture a carattere privatistico, ma sappia nel
contempo fissare precisi parametri tesi a rompere la dicotomia tra intervento
pubblico e privato, per riaffermare precisamente il significato pubblico di
ogni intervento sociale.
Condizioni fondamentali per la
strategia della Regione nei rapporti con l'ente locale sono: la politica della
partecipazione, del decentramento, della programmazione, del finanziamento, dei
controlli, degli standards.
Concretamente il dialogo per
l'attuazione di un piano di servizi sociali vede unicamente due interlocutori:
a)
Il no all'istituto non vuole
significare la distruzione degli istituti senza alcuna alternativa,
ma il rifiuto di nuove costruzioni, l'impegno di trasformazione di quelle
esistenti, su parametri fissati dalla politica degli standards,
a condizione che sappiano utilizzare le attuali risorse economiche e strutturali
per aprirsi all'esterno ed eliminare ogni aspetto segregante ed emarginante.
Questo obiettivo deve essere imposto
dall'Ente locale, con la collaborazione sia della Regione
sia della Provincia e rappresenta un banco di prova da un lato per misurare l'incisività
della lotta politica dei rappresentanti popolari e delle forze sindacali, e per
appurare le effettive possibilità di un utilizzo di strutture private, che comunque
non possono essere ritenute sostitutive o competitive verso quelle pubbliche.
Se dunque in questa logica si può e
si deve prevedere l'utilizzo dell'istituzione privata, non si può in alcun modo
prevedere l'impiego dei servizi offerti da Enti nazionali che, per la loro
stessa natura, sono inconciliabili con ogni istanza di democratizzazione, di
decentramento e di efficienza; prova ne sia il fallito
tentativo di fare aderire, in attesa dello scioglimento la gestione ed i
servizi dell'ONMI alla nuova realtà della politica degli asili-nido,
inequivocabilmente ratificata da una legge nata da precise istanze popolari.
Il processo di desegregazione e di non selezione dei
cittadini deve trovare immediato riscontro in profonde trasformazioni negli
altri settori della vita comunitaria (istruzione, sanità. urbanistica,
trasporti, ecc.) così da non creare artificiosi alibi che di fatto condizionano
ed incrementano la spirale dell'esclusione.
Parlare di prevenzione assistenziale oggi rischia di essere utopistico nella
misura in cui non riusciamo a superare le continue reazioni intese a determinare
l'allineamento dei processi di riforma alla logica di un sistema basato sullo
sfruttamento e non sulla valorizzazione delle risorse umane; superare tutti
questi ostacoli nei vari campi di riforma è un pre-requisito per le possibilità
di superare, insieme, la realtà e il sistema assistenziali attuali.
COLLETTIVO INTERSINDACALE E INTERASSOCIATIVO SULL'ASSISTENZA
Proseguendo nella sua attività il
Collettivo intersindacale e interassociativo sull'assistenza (1) ha svolto una intensa attività diretta a portare avanti il discorso
contro l'emarginazione degli anziani partendo dall'azione rivendicativa del
personale dell'istituto di Corso Unione Sovietica di Torino e collegando nella
lotta tutte le forze interessate: personale interno, sindacati ospedalieri,
sindacati enti locali, segreterie confederali provinciali, ricoverati, parenti,
comitati di quartiere, associazioni.
Da segnalare due cortei: il primo
alla prefettura per chiedere il blocco della delibera che prevede l'aumento
delle rette, delibera fino ad oggi (14-3-72) non ancora approvata dal Comitato
provinciale di assistenza e beneficenza pubblica, il
secondo lungo le vie piazze principali del quartiere Mercati generali per sensibilizzare
i cittadini.
Pubblichiamo la
documentazione più significativa diffusa.
Documento n. 1
(Manifesto di cm. 100x70)
Circa 1200 anziani
vivono nell'Istituto di riposo di Corso Unione Sovietica. Chi sono? Come vivono?
Sono lavoratori che sono stati sfruttati tutta la vita e che ora o troppo
poveri, o troppo malati, o con famiglie in condizioni disagiate, sono
costretti ad entrare nel Ricovero. La maggioranza di
loro (circa 970) sono malati e hanno bisogno di visite mediche ed assistenza
continua. La situazione invece è:
- una decina di medici impegnati
poche ore al giorno;
- un personale di circa 300 persone
di cui solo una decina con diploma di infermiere;
- attrezzature mediche costosissime
(ad es. la sala operatoria) acquistate con grande pubblicità e col denaro pubblico e
non utilizzate;
- le iniziative per migliorare le
capacità di movimento e di parola dei ricoveri sono scarse, male organizzate,
affidate a volontari.
Anche gli anziani che entrano in
buone condizioni di salute presto si ammalano, perché
credono di non avere più uno scopo per vivere. La vita stessa all'interno del
Ricovero è organizzata in modo da far credere questo. Non ci sono
sale di ritrovo, neppure sedie nei corridoi, gli anziani sono costretti
a vivere accanto al loro letto.
L'unico spaccio con bar è un locale
piccolo e sporco e i prezzi sono troppo alti per le tasche dei ricoverati.
Ad ogni momento viene
ricordato all'anziano che tutto ciò che riceve è regalato e che lui non ha
nessun diritto di chiedere e ancor meno di discutere sull'organizzazione dell'istituto.
Le condizioni del personale sono pessime.
Le paghe sono basse, l'orario è superiore alle 40 ore,
nessun inquadramento di categoria, è comandato e controllato dalle suore.
Dato il tipo di lavoro, il personale
dovrebbe essere particolarmente preparato sia dal punto di vista
infermieristico, sia dal punto di vista psicologico, ma non si vuole
specializzare quello che già c'è (ed è già pratico) per non pagarlo di più, ed
anche in questi giorni sono in corso assunzioni di
inesperti per pagarli poco.
L'esasperazione del personale, per
tutto questo, ricade poi sul modo di trattare il ricoverato.
Tutta la situazione che abbiamo descritto
dipende dal fatto che l'Istituto è organizzato come un'industria: il personale
è sfruttato e i ricoverati sono una merce che procura guadagno. La preoccupazione
del Consiglio di Amministrazione (scaduto tra l'altro
da un anno e mezzo) è quella di far quadrare il bilancio investendo ad esempio
il grosso patrimonio (più di 20 miliardi) in case, piuttosto di pensare di organizzare
un più moderno servizio per gli anziani.
Del Consiglio di Amministrazione
tra l'altro fanno parte anche persone nominate dal Comune, ma il loro
comportamento non è diverso da quello degli altri Amministratori. Recentemente
è stato addirittura deciso di aumentare per il '72 le rette già alte (per i
cronici verranno quasi raddoppiate) senza che a questo
aumento corrisponda un miglioramento del servizio.
Noi riteniamo che l'anziano deve
avere la possibilità, perché è un suo diritto, di vivere in maniera
indipendente e di partecipare alla vita sociale.
Per questo deve avere una pensione
giusta e un servizio di assistenza che non lo
rinchiuda in un Ricovero ma lo raggiunga a casa sua e crei nel Quartiere dei
luoghi d'incontro per vincere l'isolamento.
Ma per giungere a questa situazione si
deve incominciare a migliorare immediatamente l'Istituto di Corso Unione
Sovietica.
Per questo istituto
noi chiediamo:
- qualificazione
del personale esistente e accettazione delle richieste di miglioramento del
personale stesso;
- aumento del numero dei medici e
servizio medico più efficiente;
- sale di riunioni perché i
ricoverati possano incontrarsi liberamente e organizzare insieme il loro
tempo;
- rinnovo del Consiglio di Amministrazione;
- creazione di una Commissione di
Controllo costituita da familiari dei ricoverati, rappresentanti del personale
e dei ricoverati stessi e cittadini, che possa entrare
a controllare il funzionamento dell'Istituto.
Documento n. 2
(volantino)
No all'aumento delle
rette
Sì alle richieste del
personale
Sì alla Commissione di
controllo
Il personale dell'Istituto di riposo
è sceso in sciopero.
Ancora una volta il senso di
responsabilità del personale e l'attaccamento agli ospiti dell'Istituto ha
fatto in modo che si scegliesse una forma di lotta da non danneggiare i
ricoverati. Nei primi due giorni infatti lo sciopero
si è limitato ad Assemblee interne di due ore al mattino.
Tutti devono sapere che attualmente il personale viene assunto con uno stipendio
mensile di L. 78.000, che da un anno e mezzo si
attende il riassetto.
Il personale chiede aumenti salariali ma non vuole che i costi vengano a ricadere sugli
anziani e i loro parenti. I soldi occorrenti non devono
essere ricavati da un aumento delle rette, ma dal patrimonio di miliardi
accumulato dall'Opera Pia o eventualmente da un intervento del Comune.
Anzi, sarebbe ora che il Comune si occupasse in prima
persona dell'Assistenza agli anziani senza più delegarla alle «Opere Pie».
Per soddisfare le esigenze sia del
personale che degli anziani dobbiamo muoverci su 4 obbiettivi
fondamentali:
- sia bloccato l'aumento delle rette
- sia approvato il riassetto del personale
e le richieste di carattere normativo, cioè l'istituzione
delle commissioni paritetiche di assunzione, consultive e di disciplina;
- il personale possa qualificarsi
con appositi corsi tenuti durante l'orario di lavoro;
- il Consiglio di Amministrazione
e le autorità tutorie dell’Istituto consentano l’istituzione di una Commissione
di controllo aperta ai cittadini, composta da parenti degli anziani, da ospiti
dell'Istituto, da membri del comitato di quartiere e del gruppo intersindacale
e interassociativo sull'assistenza. Questa commissione deve avere libero
accesso in qualsiasi momento all'Istituto per constatare le condizioni di vita
degli ospiti e proporre i cambiamenti necessari.
Per raggiungere questi obiettivi è
necessaria l'unità di tutti: parenti, anziani, personale, cittadini.
Discutiamo e presentiamo queste
richieste: domenica 30 gennaio, alle ore 15. Assemblea aperta
a tutti all'interno dell'Istituto di Riposo di Corso Unione Sovietica 220.
Chiediamo la partecipazione:
- dell'Assessore all'assistenza
della Regione Sig. Vietti;
- dell'Assessore all'assistenza
della Provincia Sig. Teppati;
- dell'Assessore all'assistenza del
Comune Sig. Notaristefano;
- del Presidente del Consiglio di Amministrazione Sig. Zurletti
con i Consiglieri: Signori Allia, Bonadè
Bottino, Pia, Quassolo, Vannini,
Cerutti;
- della Direzione Amministrativa
Sanitaria dell'istituto di Riposo.
Comitato di
quartiere Mercati Generali - Personale interno dell'Istituto di Riposo -
Gruppo di Assistenza CGIL, CISL, UIL, ACLI - Unione
per
Documento n. 3
Mozione conclusiva
dell'assemblea del 30-1-1972 approvata all'unanimità
L'Assemblea di parenti, di
ricoverati e del personale aperta a tutta la
cittadinanza tenutasi in data 30 gennaio 1972, all'interno dell'Istituto di Riposo
per la vecchiaia di C.so Unione Sovietica n. 220, rilevato il disinteresse più
completo degli Assessori all'Assistenza del Comune, della Provincia e della
Regione e del Consiglio di Amministrazione che sebbene ufficialmente invitati
non sono intervenuti all'assemblea pur conoscendo l'urgenza e la gravità dei
problemi che riguardano l'Assistenza Sociale o Sanitaria dell'anziano
1) chiede che siano accettate tutte
le rivendicazioni del personale presentate in un documento a parte.
2) Rivendica il diritto alla istituzione di una Commissione di Controllo aperta ai
cittadini, composta dai parenti degli anziani da rappresentanti del sindacato
pensionati, da membri del Comitato di Quartiere e del Gruppo Intersindacale e
Interassociativo sull'Assistenza. Questa Commissione deve avere libero accesso
in qualsiasi momento all'Istituto per constatare le condizioni di vita degli
ospiti e proporre i cambiamenti necessari.
3) Chiede che venga
bloccato l'aumento delle rette e che i fondi eventualmente necessari ai
miglioramenti dei servizi vengano reperiti nel patrimonio dell'Opera Pia oppure
che il Comune intervenga già fin d'ora direttamente fornendo personale e
servizi.
4) Chiede che i tre delegati
comunali al Consiglio di Amministrazione siano persone
realmente competenti e fungano da concreto tramite tra la Commissione di
Controllo e il Consiglio di Amministrazione stesso, secondo i nuovi criteri
della politica dell'anziano.
5) Chiede che il Comune assuma in
proprio l'Assistenza agli anziani senza più affidarla
alle Opere Pie.
Documento n. 4
(volantino)
Agli ospiti e al
personale dell'Istituto di Riposo per la vecchiaia di C.U. Sovietica 220
Dopo l'affollatissima Assemblea
Pubblica di domenica 30 gennaio è proseguita l'azione unitaria di tutte le
forze che si muovono per cambiare radicalmente l'assistenza che viene oggi portata all'anziano.
La mozione finale approvata
nell'Assemblea è stata, come stabilito, fatta
conoscere ai giornali, ai partiti, agli Assessori all'Assistenza del Comune,
della Provincia e della Regione.
All'Assessore del Comune, Notaristefano, la mozione è stata portata a mano, da una
delegazione di circa 50 persone, giovedì 10 febbraio.
Nell'incontro di sabato 19 febbraio Notaristefano si è impegnato davanti ai presenti a:
- fare iscrivere al più presto
all'ordine del giorno del Consiglio Comunale il rinnovo del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto (i membri del Comune sono
stati nominati lunedì 28 febbraio) ;
- fare avvenire al
più presto nel Consiglio Comunale stesso una discussione sul problema
dell'Assistenza all'anziano e sostenere in questa discussione la richiesta della Commissione
di Controllo.
Ricordiamo che questa Commissione,
composta di parenti degli ospiti, di membri del Sindacato Pensionati, del
Comitato di Quartiere, del gruppo intersindacale e interassocciativo
sull'assistenza, deve poter andare in ogni momento in qualunque luogo
dell'Istituto per controllare le condizioni di vita dei ricoverati.
Mercoledì 9 febbraio si è riunito il
Consiglio di Amministrazione dimissionario
dell'Istituto. Esso ha deliberato per il personale:
- l'indennità di presenza nella
misura richiesta di 700 lire al giorno uguali per
tutti (ma ai 6 o 7 funzionari di grado più elevato è stato concesso un premio
supplementare) ;
- l'acconto sul riassetto.
Queste delibere, per diventare
esecutive, devono essere approvate dalla Prefettura.
Il Consiglio di Amministrazione
non ha invece concesso:
- la commissione di controllo;
- le commissioni paritetiche di assunzione, consultiva e di disciplina;
- il bando di concorso per il capo
personale;
- il blocco delle rette.
Noi riteniamo che proprio in questo
momento si richieda la maggiore unità di intenti fra
personale, parenti e forze esterne.
Il personale ha ottenuto alcune
delle cose richieste, ma solo se si realizzerà il controllo dei cittadini
sull'Istituto, e se il personale otterrà le commissioni paritetiche, potrà
cambiare veramente la situazione.
Per quanto riguarda la discussione
che ci è stata promessa che avverrà in Consiglio Comunale
essa deve dare una risposta alle seguenti domande:
- Ha o no intenzione
il Comune di assumersi la responsabilità dell'assistenza agli anziani,
così come lo obbligano a fare le leggi vigenti, e senza continuare a fare solo
il pagatore di rette?
- Ha o no intenzione il Comune di
applicare nei fatti, creando nuovi centri di assistenza
domiciliare, la nuova politica dell'anziano su cui l'Assessore si dice tanto
d'accordo?
- Ha o no intenzione il Comune di
fare concretamente, e non solo con ordini del giorno, tutte le pressioni
possibili sul Consiglio di Amministrazione e sulla
Prefettura perché: non vengano aumentate le rette, sia accettata la commissione
di controllo, sia accettato il riassetto del personale?
- Che
atteggiamento assume il Comune di fronte al problema della qualificazione del
personale dell'Istituto?
Anche altri istituti di Torino
incominciano a muoversi: nel pensionato di Via Bricca
(che fa parte dell'Opera Pia del Ricovero di C.so Casale) è stato proposto di
rifiutare il pagamento dell'aumento delle rette.
Per tutti gli istituti di riposo di
Torino portiamo avanti le richieste:
No gli aumenti delle rette
Sì alle richieste del personale
Sì alla commissione di controllo
No alla emarginazione
degli anziani.
Le riunioni per organizzare il movimento
si fanno tutti i sabati alle ore
Comitati
di Quartiere Mercati Generali e Borgo Po - Collettivi intersindacali e interassociativo
sull'assistenza (CGIL - CISL - UIL - ACLI - Unione italiana per la promozione dei diritti del minore e per la lotta contro
l'emarginazione).
Documento n. 5
Comunicato sindacale
L'agitazione del personale
dipendente da istituti di assistenza agli anziani ha
stimolato l'interesse ai problemi assistenziali da parte delle Organizzazioni
Sindacali, dei Consigli di quartiere e di altre forze sociali.
In particolare i lavoratori comunali
sono solidali con il personale e con i ricoverati dell'Istituto di Corso
Unione Sovietica nella rivendicazione di una politica più adeguata alle
esigenze degli anziani e aderiscono alle istanze
presentate nelle loro recenti assemblee.
Da parte loro, pur
consapevoli che
esistono responsabilità di altri organismi e istituzioni (Regioni, Istituti di
Previdenza, ecc.), richiedono all'Amministrazione Comunale un chiarimento sulla
politica che si continua a tenere nei confronti degli anziani.
In questo momento il Comune sembra
essere vittima delle decisioni delle Opere Pie: l'istituto di Riposo di Corso
Unione Sovietica e quasi tutti gli istituti di ricovero hanno
infatti deliberato aumenti di retta.
In realtà: che cosa ha fatto il
Comune per creare alternative al ricovero, tali da:
- potersi sottrarre al ricatto degli
istituti di riposo per anziani?
- realizzare un intervento assistenziale non emarginante?
Nel Bilancio preventivo 1972 sono
previsti i seguenti stanziamenti:
a) rette per mantenimento di anziani ed inabili L.
2.300.000.000;
b) sussidi a ricoverati senza
pensione: lire 20.000.000;
c) sussidi sostitutivi di ricovero:
lire 150.000.000 che consentano di erogare sussidi mensili nella misura attualmente prevista di lire 10.000 solo a 1.250 anziani (
d) Centri di assistenza
generica (sic): lire 50.000.000 (di cui presumibilmente almeno la metà è da
destinarsi ai servizi di base in zona Vanchiglia e
solo i rimanenti a 4 Centri di Assistenza domiciliare agli anziani).
Le cifre previste in Bilancio non
consentono di concretizzare l'impostazione della politica sociale enunciata
dalla Giunta Municipale nelle Dichiarazioni Programmatiche in
ordine alla realizzazione di servizi alternativi al ricovero.
Mentre si richiamano in proposito
gli impegni assunti dalla Giunta, per i quali si rende necessario porre le
premesse con appositi stanziamenti di bilancio, si
sottolinea l'esigenza di raggiungere prontamente i seguenti obiettivi:
- destinazione di una percentuale di alloggi comunali, attualmente gestiti dall'IACP, agli anziani;
- estensione ad un
maggior numero di cittadini del sussidio integrativo del reddito aumentandone
l'entità, in modo da rendere possibile una scelta diversa dal ricovero;
- potenziamento dei Centri di assistenza domiciliare agli anziani, da strutturare
organicamente nel quadro del decentramento dei servizi sociali nei quartieri.
Tali Centri, oltre a rappresentare strumenti di partecipazione dei cittadini
ed offrire servizi di aiuto domestico e di assistenza
infermieristica, dovrebbero essere integrati da altri servizi cittadini
(mense, pasti caldi a domicilio, ecc.) ;
- abolizione di interventi
elemosinieri e paternalistici (es.: erogazione di
pacchi dono e caramelle in occasione delle festività, che nel 1970 è costata
Lit. 10.322.256) ;
- l'opportuna
qualificazione del personale da utilizzare per la realizzazione di una politica
innovativa;
- ristrutturazione dei servizi o
interessati all'assistenza sociale.
Torino, 6-3-1972.
I delegati di
Ripartizione
e le Segreterie CISL
- CGIL Enti locali
Documento n. 6
Documento sul problema
degli Anziani
1) Situazione attuale
Oggi in generale ed in particolare a
Torino l'assistenza agli anziani è affidata dai Comuni (che ne hanno l'obbligo
di legge per quelli poveri) alle Opere Pie e agli
istituti privati ed è erogata quasi esclusivamente negli istituti cosiddetti
di riposo. Un giudizio sul tipo di assistenza
prestata in questi istituti si può riassumere in 3 punti:
- ai ricoverati viene
offerta una assistenza sanitaria insufficiente e di tipo tradizionale (cioè
senza interventi preventivi e riabilitativi);
- manca una qualsiasi forma
organizzata di vita sociale e di relazione, l'anziano è escluso da qualsiasi
forma di partecipazione alla vita sociale;
- la struttura edilizia degli
Istituti di Riposo elimina la dimensione privata della
vita degli ospiti e separa anche fisicamente questi ultimi dal quartiere nel
quale l'istituto si trova.
Da questo quadro di massima emergono
i caratteri e la funzione originaria che avevano un tempo queste Istituzioni:
ricoveri per vecchi istituiti con finalità «benefiche» ed espressione della
difesa di una società intollerante che tendeva a
segregare gli individui indesiderabili, le persone sole ed in condizioni di
miseria. Ma ancora oggi si può facilmente verificare
che sono i lavoratori che sono stati più sfruttati durante la loro vita e che
appartengono alle classi inferiori che trascorrono la vecchiaia in un Istituto.
Ci sembra dunque un dato oggettivo il carattere
discriminante dell'Assistenza agli Anziani così come oggi viene svolta.
A questa situazione si contrappone
una nuova concezione che non considera più l'anziano come una persona a cui è dovuto un aiuto in quanto «bisognoso» ma come un
cittadino che la società deve porre in condizione di esercitare un proprio
diritto: il diritto di continuare a svolgere un ruolo attivo nella comunità
nella quale vive.
2) I punti focali del
problema
La grande
portata del problema dell'Assistenza agli anziani (si calcola che entro breve
tempo i cittadini italiani oltre i 60 anni saranno circa 11 milioni) richiede:
- che il problema sia
affrontato con un ampio ricorso alle modalità e agli strumenti della programmazione,
e non sia più quindi abbandonato all'iniziativa privata;
- che cambi
l'atteggiamento della società rispetto all'anziano.
Un atteggiamento che continui a
considerare l'anziano diverso dagli altri cittadini in quanto non più
produttivo porterebbe al massimo alla costruzione di istituti
moderni e ben attrezzati che non eliminerebbero ma anzi perfezionerebbero
l'attuale forma di segregazione. L'obiettivo di fondo
deve essere quello di ritardare il decadimento fisico e psichico
dell'individuo. E poiché i motivi di questo decadimento non si possono solo
spiegare con il fattore «vecchiaia» ma vanno anche
ricercati nelle strutture economiche e sociali, nel sistema di rapporti che
legano la persona alla famiglia e alla comunità, nelle condizioni psicologiche
e fisiche dell'individuo, gli interventi per ritardare e al limite impedire il
decadimento devono andare in tutte queste direzioni. È innanzitutto
fondamentale il ruolo della capacità economica dell'anziano. Raggiunta l'età
della pensione, la riduzione drastica del salario pone
l'anziano in condizione di inferiorità, non gli permette, in molti casi, di
pagare l'affitto di casa aprendogli le porte del ricovero. L'attuazione di una
riforma della casa che consideri la casa come servizio sociale da pagare in
proporzione al salario (o alla pensione), l'aumento dei minimi pensionabili e
l'aggancio delle pensioni alla dinamica dei salari
permetterebbero di risolvere, da questo punto di vista, il problema
dell'indipendenza economica della persona anziana.
Riguardo al ruolo svolto dalla
famiglia in questo settore ci sembra sbagliato fare
ricadere su di essa la responsabilità dell'emarginazione dell'anziano. La famiglia
è attualmente impotente ad affrontare da sola le
nuove esigenze spesso non è neppure in possesso delle conoscenze, soprattutto
sociali e politiche, necessarie per decidere in quale direzione muoversi e cosa
chiedere.
È compito della società farsi carico
della soluzione del problema dell'anziano. Questa
soluzione non va ricercata in una particolare «riforma per le persone anziane» ma nell'attuazione di tutta una serie di riforme
radicali che riguardano tutti i problemi che intervengono nella vita non solo
dell'anziano ma di tutti i cittadini. Ci sembra che questa prospettiva elimini
la concezione emarginante dei problemi degli anziani, concezione che invece
sarebbe conservata se si realizzassero servizi specialistici e centralizzati
ad uso esclusivo delle persone anziane.
3) Gli interventi
Se è vero che la soluzione del
problema degli anziani va ricercata nell'attuazione di tutta una serie di
riforme, questa constatazione non può essere un motivo di rinuncia ma un punto
di partenza per definire una serie di interventi di
base a breve e media scadenza, tutti indirizzati agli obbiettivi finali già
tratteggiati.
Un aspetto fondamentale degli
interventi deve essere quello preventivo, volto cioè
ad eliminare le cause del decadimento fisico e psichico dell'anziano.
Un altro aspetto è quello della
partecipazione della base alla elaborazione ed alla
attuazione degli interventi. A questo proposito è fondamentale l'unità
d'azione fra i lavoratori degli attuali istituti di riposo, gli anziani e i
loro parenti e le altre forze organizzate. Questa unità significa infatti:
- aumentare la forza di tutto il
movimento;
- porre le basi di una gestione da
basso dei futuri servizi decentrati di assistenza;
- unificare delle forze che, pur
avendo gli stessi interessi di classe, sono spesso
artificiosamente divise dalla stessa struttura segregante dell'istituzione.
Gli interventi specifici devono
secondo noi essere indirizzati ai seguenti obiettivi:
a) creare un servizio di assistenza domiciliare che metta a disposizione
dell'anziano un insieme di prestazioni integrate presso la sua dimora.
Questo servizio dovrebbe consentire:
- di assicurare
all'utente un'esistenza libera e sicura anche se parzialmente protetta;
- di salvaguardare l'unità del
nucleo familiare;
- di favorire la
permanenza dell'utente nel proprio ambiente naturale conservando i propri ruoli
e responsabilità;
- di rompere
l'eventuale isolamento sociale e sostenere psicologicamente l'anziano, inserendolo
nella vita del quartiere;
- di realizzare una maggiore
personalizzazione delle prestazioni;
- di evitare il ricovero in
istituto.
Le prestazioni da effettuare
si possono distinguere in quelle di natura economica (garanzia, con sussidi
differenziati, del minimo vitale), di natura sanitaria (cure riabilitative,
cure infermieristiche, ecc.), di natura socio-assistenziale (pulizia della
casa, aiuto nella preparazione dei pasti, svolgimento di pratiche
amministrative, ecc.).
b) Nel contesto
della programmazione sanitaria e ospedaliera si dovranno creare
adeguate strutture decentrate di tipo preventivo, curativo e riabilitativo.
Questi servizi rispondono all'esigenza di prevenire lo stato di cronicità e di
riabilitare l'anziano invalido.
c) Impedire la
trasformazione degli Istituti per anziani in ospedali per lungodegenti (psicogerontocomi, gerontocomi, ospedali geriatrici).
Questa trasformazione non
modificherebbe l'attuale tendenza degli Istituti a segregare i propri ospiti
dalla vita esterna anche se permetterebbe di
migliorare il livello, ora molto basso, dell'assistenza sanitaria prestata
all'anziano. Innanzitutto bisogna interpretare correttamente
il concetto di lungodegenza: questo tipo di
ricovero, non riservato alle sole persone anziane, non deve durare per anni o
addirittura per tutta la vita, ma il tempo sufficiente a curare casi di
malattia acuta, anche se a lungo decorso. Inoltre l'opposizione agli ospedali
per lungodegenti rientra in un discorso più vasto: quello dell'opposizione a
qualunque struttura ospedaliera monodisciplinare (ospedali
psichiatrici, sanatori, ecc.).
Si fa
sempre più strada infatti la consapevolezza che l'intervento sanitario
ospedaliero deve essere sempre più strettamente collegato al territorio, e
deve avere un carattere flessibile, dipartimentale e interdisciplinare.
L'assistenza ospedaliera ai longodegenti deve quindi
essere assicurata con sezioni per longodegenti negli
ospedali di zona.
In prospettiva bisogna evitare il
ricovero in istituto anche per gli anziani cronici oggi considerati
«irrecuperabili». Per essi la soluzione va secondo noi
ricercata nell'ambito di piccole comunità o di piccoli pensionati in case
normali. L'assistenza sanitaria negli istituti, in
attesa del loro svuotamento, potrà essere migliorata facendo pressioni sul
Comune affinché la assuma in proprio convenzionandosi direttamente con lo INAM.
Questa soluzione ci sembra che vada anche nella direzione della futura riforma
sanitaria.
d) Le prospettive delineate nei
punti precedenti, tutte volte a difendere l'indipendenza ed il ruolo attivo
dell'anziano nella vita sociale, non risolvono ancora pienamente il problema se
non viene realizzata tutta una serie di riforme come
spiegato nel punto 2.
Inoltre queste prospettive
richiedono ancora:
- la costruzione
di case adatte ad essere abitate da anziani soli o in comunità;
- applicazione della recente legge
sulla casa, e problema dell'eliminazione delle barriere architettoniche, utilizzazione dei patrimoni - spesso rilevanti - delle opere
pie;
- la creazione di
strutture comunitarie di quartiere per risolvere il problema del tempo libero. Queste strutture, utilizzate da
tutta la comunità, e non solo dagli anziani, devono essere concepite e gestite
dalla base.
4) La formazione del
personale
Parallelamente alla realizzazione degli interventi sopra indicati è della
massima importanza il problema della qualificazione del personale. Questa
qualificazione deve innanzi tutto avvenire per il personale che già lavora
negli Istituti di riposo esistenti.
Il periodo di tempo impiegato dai
lavoratori in servizio per la loro qualificazione deve essere considerato a
tutti gli effetti come tempo di lavoro. Una volta qualificato, il personale non solo vedrà aumentato
il suo potere contrattuale, ma potrà lavorare nei servizi decentrati che via via saranno realizzati contemporaneamente allo svuotamento
degli istituti.
La preparazione dovrà essere sia
tecnica che sociale, e non solo scolastica, ma in
stretto rapporto con il lavoro svolto. Per questo è necessario che il
personale stesso e gli utenti dei servizi controllino i contenuti e
l'organizzazione dei corsi.
Sottolineiamo in particolare l'esigenza del seguente
personale specializzato:
- personale per l'assistenza
sociale;
- personale per l'assistenza medica
e sanitaria;
- personale per le funzioni di riabilitazione,
in particolare fisioterapisti, logoterapisti,
massaggiatori ecc. Data la carenza di questo tipo di personale è urgente un
impegno immediato in questa direzione.
Il problema della qualificazione del
personale riguarda tutto il settore dell'Assistenza.
Segreterie
Provinciali di Torino CGIL, CISL e UIL
Documento n. 7
Carta rivendicativa
sul problema degli Anziani
È
urgente e indispensabile
che il Consiglio Comunale discuta il problema degli anziani.
Il
Comune di Torino:
- non deve continuare a delegare l'assistenza agli anziani agli istituti
pubblici e privati che funzionano come aziende private.
Infatti il loro fine principale è il pareggio del
bilancio e non la garanzia di condizioni sociali di vita delle persone ospiti;
- non può disinteressarsi al fatto
che molti ricoveri sono causati dalla mancanza di mezzi economici degli anziani.
Il
Comune deve
pertanto in primo luogo assicurare il
minimo economico vitale, integrando le pensioni contributive e sociali;
- deve intervenire per soddisfare le richieste del personale e
nello stesso tempo evitare l'aumento
delle rette;
- deve appoggiare il riconoscimento delle commissioni di
controllo in tutti gli istituti per anziani;
- deve fare in modo che l'INAM si assuma integralmente il «costo
dell'assistenza sanitaria agli anziani ricoverati» e non si limiti a
versare l'esigua somma di Lire 30.000-35.000 all'anno
agli istituti di assistenza. Poiché evidentemente I'assistenza
generica, specialistica e farmaceutica agli anziani costa di più di 100 lire al giorno, la differenza in più viene attualmente pagata con
la retta dall'anziano o dal Comune;
- deve incominciare a far funzionare propri servizi decentrati per
gli anziani autosufficienti o cronici in modo che essi possano restare nella
loro abitazione o almeno in piccoli pensionati di quartiere (al massimo di
15-20 posti) inseriti nelle comuni case di abitazione.
Per
realizzare ciò il Comune di Torino deve dare una attuazione
non emarginante alla recente legge sulla casa e richiedere l'uso di parte
delle strutture degli istituti di ricovero.
Occorre inoltre che i patrimoni
degli istituti pubblici di assistenza (quello
dell'Istituto di C. Unione Sovietica è di 20 miliardi) siano utilizzati per
mettere a disposizione del Comune alloggi e piccoli pensionati per anziani.
Il Comune inizi la costruzione di ospedali di zona dove tutti i cittadini e gli anziani in
particolare possono ricevere le cure ambulatoriali o ospedaliere loro
necessarie.
Queste
iniziative vengono richieste perché si incominci a
costruire concretamente l'unità locale dei servizi, raccordando la prevenzione
alla cura e alla riabilitazione.
Iniziative immediate
richieste al Comune di Torino per il quartiere Mercati Generali e da
generalizzare in tutta la città
1. Svuotamento progressivo degli
istituti con il blocco delle ammissioni, con sussidi economici agli anziani,
con l'assistenza domiciliare, con l'assegnazione di alloggi,
ecc.
2. Trasformazione dell'ospedale geriatrico attualmente in
costruzione dall'INRCA - per il quale il Comune ha regalato il terreno - in
ospedale di zona con un reparto geriatrico.
3. Creazione di un
poliambulatorio per il quartiere Mercati Generali gestito dal Comune (con
convenzione con l'INAM) che fornisca anche cure ambulatoriali per gli anziani
della zona, compresi quelli ricoverati in C.so U. Sovietica.
4. Creazione nel
quartiere stesso di strutture comunitarie per risolvere il problema del tempo
libero. Queste strutture, utilizzate da tutta la comunità e non solo
dagli anziani, devono essere programmate e gestite dalla base.
5. Istituzione da parte del Comune
di Torino di corsi di aggiornamento e qualificazione
del personale attualmente in servizio negli istituti e di corsi di formazione
di nuovo personale.
Richieste immediate
alla Regione Piemonte
a) nessuna istituzionalizzazione
di strutture segreganti;
b) nessuna autorizzazione alla costruzione di nuovi istituti per anziani
autosufficienti (case di riposo, case-albergo, ecc.), ma utilizzazione della
recente legge sulla casa per la creazione di alloggi o di piccoli pensionati
(per anziani sani o lungodegenti) inseriti nelle comuni case di abitazione;
c) programmazione per la creazione
di servizi decentrati che precostituiscano le Unità Locali dei servizi
(sanitari e sociali), gestite dai Comuni e democraticamente controllate;
d) blocco delle delibere degli istituti di assistenza
concernenti l'aumento delle rette.
Direttivo Sindacale Unitario del Personale Istituto di Riposo - CGIL - CISL - UIL - ACLI
- Unione italiana per la promozione dei diritti del minore e per la lotta
contro l'emarginazione sociale - Comitati di Quartiere: Mercati Generali,
Borgo Po, Regio Parco.
(1) Vedasi Prospettive assistenziali, n. 16, pagg.
62 e 63.
www.fondazionepromozionesociale.it