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LA BEFFA DEL DECRETO DELEGATO SULLA BENEFICENZA |
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Sul supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 30 del 2-2-72 è stato pubblicato il D.P.R. 15-1-72, n. 9, con il titolo che sa di beffa: «Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di beneficenza pubblica e del relativo personale». Sa di beffa in quanto più propriamente, come si evince dal testo che pubblichiamo integralmente, si dovrebbe parlare di « non trasferimento p. Spiega Coppola (1) in un suo studio di cui riportiamo alcuni stralci in questo stesso numero della rivista che: «l'applicazione del decreto delegato nella sua attuale formulazione realizzerà un quadruplice e costoso sistema di interventi e servizi assistenziali: il primo regionale, il secondo privato (controllato dal Ministero dell'interno), il terzo direttamente gestito dai vari ministeri ed il quarto condotto dagli enti pubblici nazionali. Questi tre ultimi sistemi, impermeabili l'uno all'altro e indipendenti, si scontreranno inoltre con la politica regionale in materia sanitaria, scolastica e di assetto del territorio, creando conflitti di competenze e confusioni facilmente immaginabili». Evidentemente tutto ciò è vero; pensiamo però che la situazione non sia neppure tale da determinare una completa sfiducia, atteggiamento che poi favorirebbe l'inattività delle Regioni. Infatti le Regioni possono attuare interventi nei vari settori della casa, dell'assetto del territorio, del lavoro, della formazione professionale, dell'assistenza sanitaria e ospedaliera in modo da ridurre e al limite superare la richiesta di assistenza. Prese di posizione politiche da parte delle Regioni potrebbero orientare in modo nuovo l'azione dei Comuni e delle Province, ad esempio applicando in modo non emarginante le leggi vigenti (in particolare le recenti leggi sulla casa, sugli asili nido, le disposizioni sulla medicina scolastica e utilizzando soprattutto gli spazi consentiti dall'attuale ordinamento). Una prima presa di posizione da parte delle Regioni è il ricorso alla Corte costituzionale per la dichiarazione di illegittimità costituzionale (2) del decreto delegato sull'assistenza. Al riguardo si segnala che le Regioni Emilia-Romagna e Lombardia hanno presentato ricorso alla Corte costituzionale per la illegittimità costituzionale di alcune disposizioni del predetto decreto. In particolare il ricorso della Regione Emilia-Romagna riguarda il mancato trasferimento alle Regioni delle competenze relative agli enti pubblici nazionali e alle istituzioni con sfera di azione ultraregionale; alle attribuzioni dei comitati di soccorso; alle istituzioni private; alle pensioni ed assegni a carattere continuativo per i ciechi civili, i sordomuti, gli invalidi civili (3); agli interventi a favore degli orfani per servizio e all'assistenza delle persone di cui alla legge 20-2-1958, n. 75; all'accettazione di lasciti e donazioni; alle competenze conservate ai Comitati di assistenza e beneficenza pubblica dall'art. 9 del decreto in oggetto. Il ricorso presentato dalla Regione Lombardia concerne: l'art. 1, comma 2°, lettere a) e h); l'art. 3, comma 1°, punti 1, 2, 3, 4 e 5; gli art. 4, 8, 9, 13 e 14. La Regione Liguria ha presentato a sua volta alla Corte costituzionale ricorso per la illegittimità costituzionale dell'art. 13, punto 2, del decreto delegato sull'assistenza sanitaria e ospedaliera poiché alle Regioni è stata trasferita solamente la competenza amministrativa (art. 18 della Costituzione) relativa all'assistenza sanitaria degli invalidi civili e degli altri soggetti di cui alla legge 30-3-1971, n. 118. La Regione Liguria ha asserito giustamente che dette competenze dovevano essere trasferite alle Regioni in base all'art. 117 della Costituzione (competenze amministrative e legislative). Al riguardo si osserva che gravissimi sarebbero gli inconvenienti che sorgerebbero se le Regioni non avessero anche la competenza legislativa sugli handicappati, anche perché i problemi di assistenza sociale e sanitaria sono inscindibili. Per l'importanza notevole dell'atto giuridico e soprattutto per l'alto significato politico sarebbe necessario che le altre Regioni presentassero alla Corte costituzionale un ricorso di adesione a quelli avanzati dalle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Liguria. Si sottolinea che il valore politico di detti ricorsi adesivi rimarrebbe intatto anche nel caso che la Corte costituzionale li respingesse per motivi procedurali (sul piano giuridico è controversa la ricevibilità dei ricorsi adesivi).
(1) CELSO COPPOLA, Una vicenda esemplare. Il decreto delegato per la beneficenza pubblica, in Prospettive sociali e sanitarie, n. 5, 1972. (2) Vedasi FRANCO BASSANINI, Regioni: doccia scozzese sui decreti delegati, in Relazioni sociali, n. 2, febbraio 1972, pag. 25 e segg. (3) Noi riteniamo invece che gli assegni a carattere continuativo debbano essere di competenza dello Stato per evitare le «gabbie assistenziali». Alle Regioni dovrebbe essere trasferita la competenza relativa agli accertamenti concernenti la sussistenza o meno delle condizioni stabilite dalle leggi dello Stato per l'erogazione degli assegni stessi.
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Prospettive assistenziali
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