Prospettive assistenziali, n. 18,
aprile-giugno 1972
NOTIZIE
Che cosa chiediamo |
Come risponde l'Amministrazione
Provinciale di Torino |
1. Decentramento dei servizi in modo che in ogni quartiere siano
istituite le strutture comunitarie di base e sia destinato il personale necessario per i servizi sanitari, sociali,
scolastici, per l'abitazione, il lavoro, il tempo libero, ecc. |
1. Espulsione dal contesto sociale e spesso
dalla città e dalla stessa Regione dei minori in situazione di abbandono,
degli anziani, degli handicappati fisici e psichici, delle persone
costrette a chiedere l'assistenza per la mancanza di servizi. Ad esempio i
minori ricoverati in istituto dalla Provincia sono oltre 1.000. |
2. Prestazioni domiciliari (economiche e di servizi agli anziani,
ai minori handicappati e non handicappati, ai dimessi degli ospedali psichiatrici,
ecc., per evitare il ricovero in istituti e per il
reinserimento sociale di quelli attualmente istituzionalizzati. |
2. Creazione sulla carta di 11 settori psichiatrici, di cui solo
due parzialmente funzionanti: l'amministrazione provinciale infatti non fornisce il personale necessario e non istituisce
le indispensabili strutture (ospedali di zona, comunità alloggio, ambulatori,
ecc.) per un servizio serio ed efficace. |
3. Focolari per 6-8 ragazzi siti in alloggi sparsi nelle comuni case
di abitazione per minori per i quali non è
effettivamente possibile evitare il ricovero. |
3. Acquisto di
due ville in collina per un ghetto di
lusso per i 50 ragazzi già ricoverati a Villa Azzurra. |
4. Controllo democratico di tutti i servizi sociali,
compresi quelli della Provincia di Torino. |
4. Le due ville, ad esempio, sono
situate a due km. dall'ultima fermata dell'autobus
per cui è addirittura difficile arrivarci. |
5. Massima utilizzazione del denaro
pubblico. |
5. Le due ville (per 50 ragazzi)
sono costate oltre 600 milioni. Con
la stessa spesa si potevano fare in Torino dei
focolari per 150 ragazzi. |
6. Non emarginazione degli handicappati e creazione di servizi
(scolastici, sanitari, abitativi, ricreativi) aperti a tutti e specializzati
al loro interno. |
6. Le due ville sono destinate
solo a subnormali gravi. L'Amministrazione provinciale ha
inoltre proposto l'acquisto del Castello di Vinovo per farne un laboratorio
protetto per 200-250 ragazzi, scartando le altre soluzioni proposte. |
7. Applicazione
non emarginante della recente legge
sulla casa per creazione di focolari per minori e di piccoli pensionati
per le persone dimesse dagli ospedali psichiatrici (in gran parte
anziani mai stati malati di mente o guariti). Inserimento sparso di queste
strutture nelle comuni case di abitazione. |
7. Nessun impegno dell'Amministrazione provinciale al riguardo
della politica che sarà portata avanti dai suoi rappresentanti nel Consiglio di amministrazione dell'Istituto autonomo per le case
popolari. Sono anzi tenute in piedi, e fatte
passare per moderne, istituzioni come il Centro di igiene
mentale, l'istituto provinciale per l'assistenza all'infanzia e il Servizio
di medicina scolastica. |
8. Affidamenti familiari retribuiti a scopo educativo dei minori
per i quali non è possibile la permanenza in
famiglia o l'adozione. |
8. Alla delibera sull'affidamento
familiare, approvata dal Consiglio Provinciale, viene
data una applicazione irrilevante
(sono solo 2 gli operatori sociali incaricati a tempo parziale), lasciando
inutilizzati 200 milioni e soprattutto lasciando abbandonati a se stessi le
famiglie e gli educatori che già hanno dei bambini in affidamento o sono
disponibili per accoglierne. |
9. Aggiornamento professionale degli operatori
sociali che lavorano negli attuali servizi in modo che siano
qualificati per i servizi alternativi e formazione dei nuovi operatori sociali
necessari (fisioterapisti, logopedisti, istruttori
tecnici, assistenti sociali, ecc.). Ad esempio per la mancanza di
fisioterapisti molti bambini spastici non saranno mai in grado di camminare. |
|
10. Riconoscimento della partecipazione dei cittadini e delle forze
sociali alla elaborazione delle decisioni e alla
gestione dei servizi come previsto dallo Statuto della Regione Piemonte. |
10. La parola «partecipazione»
viene pronunciata spesso dall'Amministrazione provinciale di Torino, ma
tutto resta lì come prima. |
DI FRONTE ALL'URGENZA DEI PROBLEMI E
ALLE GRAVISSIME CONDIZIONI CHE PROVOCANO DANNI SPESSO IRREPARABILI ALLE
PERSONE, È URGENTE UN DIBATTITO POLITICO
IN SENO AL CONSIGLIO PROVINCIALE DI MODO CHE LE VARIE FORZE POLITICHE
ASSUMANO LE LORO RESPONSABILITÀ. QUESTO DIBATTITO DEVE ESSERE PRECEDUTO E
SEGUITO DA DIBATTITI PUBBLICI.
Chiediamo
ai gruppi e alle persone interessate a lottare contro l'emarginazione sociale
di prendere contatto con una delle Associazioni firmatarie
ACLI - Associazione
Giuristi Democratici - Associazione Italiana Assistenza Spastici - Associazione
Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie - Associazione per la lotta contro le
Malattie Mentali - Centro Maran-Atà - Centro
Immigrati Meridionali - Centro Tutela Minorile - Comitati di Quartiere: Borgo
Po, Cit Turin, Lingotto
Ippodromo, Mercati Generali, Regio Parco, Vallette, Vanchiglia
Vanchiglietta - Gruppo Giovani di Moriondo
e Gruppo Abele - Scuola Onarmo (Direttore
e allievi) - Scuola Sfes (Allievi del I anno)
- Scuola Unsas (Allievi del III anno) - Unione Italiana
per
(1) Questo volantino è
stato diffuso in Torino e provincia.
CONVEGNO DI BOLZANO SULL'EMARGINAZIONE
Organizzato da CGIL, CISL/SGB,
UIL/ASGB, ACLI, KVW si è tenuta il 25 marzo
«Le Confederazioni Sindacali CGIL -
CISL/SGB - UIL/ASGB ritengono loro dovere assumere una precisa posizione nei
confronti di tutti i problemi legati all'emarginazione dei cittadini, a
qualunque categoria appartengano.
Ritengono pertanto di dover far
presente alle autorità competenti ed alla pubblica opinione, il proprio parere
in merito alla progettata costruzione (nel comune di Laives)
di un Istituto Medico-Psico-pedagogico
(IMPP) per minori handicappati psichici.
Le Confederazioni hanno buone
ragioni per ritenere, in base a quanto è già accaduto
in altre province, che una struttura tradizionalmente concepita, per quanto
ricca ed efficiente, si concreta in forme di reclusione, e rappresenterebbe in
realtà un rifiuto della società nei confronti degli handicappati, avallato da
una scientificità che in sostanza respinge ogni integrazione.
Le Confederazioni pensano che una istituzione qual è quella in progetto, finisca col
condizionare irreparabilmente anche la successiva opera tecnico-riabilitativa
ostacolando lo sviluppo dei servizi decentrati in tutto l'ambito territoriale
della Provincia, utilizzabili da tutti i cittadini (“normali” e “subnormali”)
in maniera cosiddetta “aperta”, unica risposta valida da parte della Giunta
Provinciale e delle altre autorità competenti ai problemi di socializzazione comuni
a tutti. Le Confederazioni ritengono che la progettata costruzione di un IMPP
non può non essere preceduta da:
a) un'immediata ed approfondita
discussione dei criteri di fondo che devono ispirare
tal genere di intervento pubblico;
b) dal tempestivo reperimento e
formazione di personale tecnico-riabilitativo;
c)
dall'opera di formazione di una profonda coscienza sociale del problema;
condizioni, tutte, che sole permettono di muovere
quanto prima possibile verso strutture veramente
aperte che consentano l'utilizzazione dei normali mezzi educativi (asili,
scuole, laboratori, istituti, semiconvitti, ecc.) assieme a tutti gli altri
membri della società.
Ritengono inoltre che
Le Confederazioni protestano infine
per non essere state consultate nell'attuale fase di progettazione di un IMPP
e per un approfondito esame del problema degli handicappati, consapevoli come
sono che il problema tocca in modo particolare la
classe dei lavoratori, più esposti delle persone facoltose al pericolo
dell'emarginazione dei loro figli, attuata purtroppo con i loro stessi
contributi. Le Confederazioni ribadiscono in sostanza il loro rifiuto a
qualunque intervento che non sia finalizzato alla
piena integrazione di tutti gli handicappati e invitano la pubblica
amministrazione a consultare i lavoratori su tutti i problemi che, come questo,
direttamente li riguardano».
Documento sottoscritto dall'ANFFas
«La sezione provinciale altoatesina
dell'ANFFaS è venuta a conoscenza
con profondo piacere della presa di posizione delle Segreterie Provinciali
delle tre grandi Confederazioni Sindacali sul tema generale dell'assistenza
agli handicappati e ad ogni categoria di emarginati nella nostra provincia. L'ANFFaS si dichiara pienamente d'accordo sull'impostazione
del problema come è stata prospettata dalle Confederazioni,
anche a proposito del costruendo IMPP, tema sul quale è quantomeno
indispensabile un vasto dibattito all'interno della pubblica opinione, un
dibattito che abbia come protagonisti in prima persona le forze del mondo dei
lavoratori.
È ormai risaputo quale sia lo stato di carenza di servizi in favore degli
handicappati in Alto Adige. Una carenza contro la
quale noi della ANFFaS ci scontriamo quotidianamente
nello svolgimento dei compiti supplettivi ai quali
siamo costretti per non relegare ulteriormente i nostri figli già colpiti
dalla malattia.
Ma questi compiti supplettivi l'ANFFaS non ha
intenzione né la capacità di continuarli a gestire nella convinzione che questi
sono compiti che in base alla nostra Costituzione e alle norme di ogni civile società sono di diretta competenza degli enti
pubblici.
È per noi dell'ANFFaS
ormai tema ricorrente, fine di ogni nostra azione,
quello di fare in modo che gli enti pubblici si assumano fino in fondo la loro
responsabilità in questo settore, non dando troppo comodamente risposta ai
nostri problemi con occasionali elargizioni.
Le carenze
sono soprattutto a livello di personale specializzato, quasi inesistente,
mentre quello che opera in provincia ci ha dato dimostrazioni in modi non
certo esenti da critiche.
Le carenze
sono di strutture (scuole, laboratori, scuole materne), le carenze sono
terapeutiche e riabilitative.
Noi siamo della profonda convinzione
che i nostri figli possano e debbano sviluppare il meglio
della loro personalità e delle loro possibilità, come è loro diritto,
nell'ambito del loro ambiente naturale, nella loro famiglia con gli altri
ragazzi, ampliando le loro possibilità di socializzazione con l'assistenza
specializzata che deve intervenire dove e quando è necessario, ma non
rispondendo alle necessità di sviluppo personale e sociale dei nostri figli
offrendo loro solamente un isolamento a vita, l'emarginazione.
Con questi obiettivi noi genitori di
ragazzi handicappati combattiamo riscoprendo gli stessi
obiettivi nel documento sindacale, chiediamo alle Confederazioni un
impegno fattivo nella lotta contro l'emarginazione e a favore di servizi specializzati
e socializzati per gli handicappati».
A Torino, il 28 marzo u.s., responsabili dell'Associazione
nazionale amici villaggi del fanciullo d'Italia hanno tenuto una conferenza sui
villaggi S.O.S.
Ai partecipanti della riunione è
stato distribuito a cura dell'Unione italiana per la promozione
dei diritti del minore un ciclostilato contenente l'articolo: «I villaggi
S.O.S.: ghetti di lusso»,
pubblicato in Prospettive assistenziali,
n. 15, luglio-settembre 1971, pag. 48 e segg.
La distribuzione dei volantini ha
costretto gli organizzatori ad entrare nei dettagli dei villaggi SOS e non
limitarsi a fare, come certamente avrebbero preferito, un discorso generico.
Dalla relazione introduttiva e dal
dibattito è emerso principalmente che:
-
- non è esatto che «i villaggi SOS
assistono i fanciulli in stato di abbandono per la morte
o l'abbandono dei genitori» come scritto nell'opuscolo «I Villaggi SOS: obiettivi,
sviluppo, organizzazione».
Se tutti i minori ricoverati fossero nella situazione suddetta, essi (e più precisamente
quelli di età inferiore agli otto anni) dovrebbero essere dichiarati in stato
di adottabilità e affidati per l'adozione speciale, tanto più che è risultato
che i villaggi SOS non accolgono bambini con handicaps
o disadattamenti medi o gravi.
Al riguardo vi è da osservare che di
fronte alla proposta fatta da un interveniente circa la necessità di fornire
servizi domestici al nucleo familiare d'origine affinché i bambini orfani di un
genitore continuassero a vivere in famiglia, uno dei
conferenzieri, responsabile di un villaggio SOS, ha sentenziato che nel caso
di decesso della madre i bambini non soffrono ad essere separati dal padre «poiché
i padri oggi sono fuori casa per almeno dieci ore al giorno»!
«L'educatore» suddetto dimentica fra
l'altro che le ore lavorative si sono ridotte della metà circa negli ultimi 70
anni; rileviamo soprattutto la tentata svalorizzazione
del ruolo paterno in contrasto con l'indirizzo della pedagogia, della
psicologia e di tutte le scienze umane e sociali.
Questa svalorizzazione
della figura paterna è una delle caratteristiche dei villaggi SOS, nei quali un
solo uomo deve assicurare il ruolo paterno per 100-200 ragazzi, mentre per
ogni 8-10 minori vi è «una mamma SOS»;
- la linea politica portata avanti
dai villaggi SOS «più amici, più villaggi, più bambini» (come scritto in uno dei tanti
opuscoli) è in netto contrasto con l'azione portata avanti dai gruppi che
lottano contro l'emarginazione sociale, linea che si può riassumere in «più amici, meno istituti, meno bambini in
assistenza».
*
* *
Di fronte alle precise
contestazioni, la manifestazione promossa a Torino
dai villaggi SOS è fallita, anzi ha messo in evidenza la non rispondenza
dell'iniziativa ai bisogni personali, familiari e sociali dei bambini.
Analoghe iniziative devono essere
intraprese nelle altre città ad evitare la diffusione in Italia dei villaggi
SOS, diffusione portata avanti con notevoli mezzi pubblicitari e con un'azione
di deresponsabilizzazione dell'opinione pubblica come
risulta dalla frase sopra citata «più
amici, più villaggi, più bambini».
COLLETTIVO INTERSINDACALE E INTERASSOCIATIVO SULL'ASSISTENZA
In merito alla vertenza concernente
l'istituto di riposo di Torino, C.so Unione Sovietica, di cui abbiamo dato notizia nel n. 17 di Prospettive assistenziali, segnaliamo due documenti: il primo dei
Sindacati e il secondo della Commissione diocesana per la pastorale
dell'assistenza.
Segnaliamo inoltre che è uscito il
n. 1 «Notizie Scuola - Assistenza», bollettino dei
collettivi scuola e assistenza. Chi desidera ricevere il bollettino
deve scrivere a «Notizie Scuola e Assistenza», CISL, Via Barbaroux 43, 10122 Torino.
I
Lavoratrici
e lavoratori
dell'Istituto di c.so Unione Sovietica
Anziani lavoratori
ricoverati
La vertenza e la lotta nell'Istituto
è giunta ad un punto delicato con possibilità di
alcune prime parziali acquisizioni per il personale.
Per questo abbiamo il dovere di fare
tutti assieme, con serenità e senso di responsabilità, un discorso molto
franco onde acquisire oggi questi parziali risultati e mantenerci però aperta
la possibilità di andare oltre.
Riassumiamo
i termini della vertenza
1) Tutti assieme abbiamo sempre
rivendicato un adeguamento salariale e normativo per i dipendenti. Da sempre
denunciamo il bassissimo livello dei salari.
2) Assieme a questo abbiamo rivendicato
una vera riforma dell'assistenza per dare agli anziani lavoratori una accettabile condizione di vita e liquidare ogni forma di
emarginazione.
Nel portare avanti questa
rivendicazione siamo convinti di servire contemporaneamente gli interessi dei
lavoratori anziani e quelli del personale per quel
che riguarda il salario, la qualificazione, il trattamento normativo, un
lavoro dignitoso e umano.
È anche per questo che abbiamo detto
di no all'aumento delle rette che oltre a comportare un aggravio del 50% circa,
avrebbe significato ribadire e rafforzare l'attuale
situazione degli istituti di ricovero.
Su queste due questioni bisogna
essere ben chiari sapendo che gli interessi dei lavoratori che lavorano
nell'Istituto e gli interessi degli anziani lavoratori che nell'Istituto sono
ricoverati, non sono e non possono
essere in contrasto. E ogni tentativo di dividerci
e far sorgere contrapposizioni, va oggi e andrà in futuro, energicamente
respinto.
Ora,
Noi
vogliamo naturalmente acquisire questo primo risultato anche
se dobbiamo rilevare che le condizioni economiche e normative, anche con il riassetto, sono ben
lungi dall'essere soddisfacenti e ancora assai lontane dal trattamento degli
altri lavoratori torinesi.
Questo va rilevato per ricordare che
il risultato di oggi è solo un punto di partenza; la
successiva azione sindacale e le possibilità di migliorare ulteriormente le
condizioni del personale, sono intimamente legate all'azione che noi sapremo
condurre per la riforma radicale dell'assistenza agli anziani.
Queste Organizzazioni sindacali pur
continuando a denunciare la grave responsabilità che, per questa decisione
pesa per intera sulla Giunta e sull'Amministrazione Comunale (nonché sulla Giunta Regionale che non è sufficientemente intervenuta)
nell'incontro avvenuto con l'Assessore Notaristefano
il 4-5-1972, hanno ottenuto che il costo dell'aumento delle rette ricada quasi
completamente sul Comune e cioè:
1) per coloro che già oggi sono a
carico completo del Comune, l'aumento delle rette graverà sull'Amministrazione
Comunale;
2) per coloro che già oggi sono a
carico parziale del Comune, l'aumento delle rette graverà sull'Amministrazione
Comunale;
3) per coloro che
oggi pagano l'intera retta, il Comune si è impegnato ad assumere a suo
carico l'aumento, salvo casi eccezionali di reddito elevato.
I criteri con cui identificare detti
casi eccezionali, dovranno essere definiti di comune accordo con le
Organizzazioni sindacali di categoria e unionali.
Si è inoltre convenuto di aggiornare
l'incontro di circa 20 giorni per esaminare le modalità di formazione e
l'ambito di competenza di una Commissione di controllo per l'istituto di Corso
Unione Sovietica, formata da rappresentanti dei parenti,
ricoverati e Organizzazioni sindacali.
Il personale dell'Istituto,
pertanto, nell'acquisire il riassetto che gli è dovuto
da tanto tempo, fa ben presente che pur non rinunciando ai risultati
acquisiti, non si ritiene con questo soddisfatto e afferma di voler
continuare, in unione con gli altri lavoratori, la battaglia per un servizio
agli anziani efficiente e non emarginante e contro i ricatti padronali (vengano
essi da pubblici amministratori o da padroni privati).
Lavoratrici,
lavoratori
di fronte alle tendenziose voci che si
fanno circolare, dobbiamo ancora ricordare che la nostra posizione è sempre
stata chiaramente argomentata. Infatti, le Organizzazioni sindacali hanno proposto e propongono precise alternative per reperire
i fondi necessari:
- revisione
della convenzione con l'INAM (1);
- valutazione delle possibilità di utilizzo in termini più redditizi del patrimonio
dell'Istituto (20 miliardi) ;
- istituzione di un fondo
provvisorio comunale per sopperire alle necessità dell'Istituto in attesa di
un suo progressivo svuotamento con servizi alternativi decentrati (cosa che tra
l'altro il Comune si è da tempo impegnato ad attuare senza però procedere con
coerenza a darsi gli strumenti necessari; l'esperienza formalmente iniziata a Vanchiglia-Vanchiglietta ne è
esempio).
Queste Organizzazioni sindacali
hanno inoltre richiesto l'istituzione di corsi di qualificazione gestiti
dall'Ente pubblico per il personale per renderlo idoneo ad un servizio
efficiente e moderno e l'istituzione di una Commissione di
controllo (composta di ricoverati, parenti, Organizzazioni sindacali)
per esaminare, in via permanente e a fondo, il bilancio e i problemi dell'Istituto
affinché i nodi reali vengano al pettine e per preparare la graduale
sostituzione dell'attuale istituto con servizi alternativi non emarginanti
(piccoli pensionati di 15-20 anziani nelle comuni case di abitazione, ecc.).
Ancora una volta, nel rispondere a
queste richieste, i nostri Amministratori hanno mostrato di confondere quello
che è un servizio sociale pubblico a cui i lavoratori hanno diritto con l'assistenza
vista come beneficenza, cioè elemosina per i
bisognosi.
Accettare le proposte di queste
Organizzazioni sindacali significa rendere vere le promesse più volte fatte
dall'Amministrazione Comunale di dotare la nostra città di una
adeguata rete di servizi sociali che non devono evidentemente essere a
carico principalmente di chi li utilizza (normalmente i lavoratori più
disagiati), ma di coloro che i soldi li hanno (e che per questo all'Istituto di
Corso Unione Sovietica difficilmente finiscono) e che vanno però ugualmente
fatti pagare attraverso un equo sistema di tassazione e di contribuzioni
industriali che colpisca chi di dovere.
Voler infatti
far quadrare il bilancio di un servizio sociale tenendo solo in conto le sue
entrate e le sue uscite è assurdo, perché allora, non più di servizio si
tratta, ma di industria privata e al massimo di cooperativa (che chiude i suoi
bilanci in pareggio); è nell'ambito dell'intero bilancio comunale che va
affrontato il problema dei finanziamenti dei «servizi sociali» ed è per questo
che l'accettazione da parte della Giunta Comunale di un aumento delle rette
(che graveranno poi per la maggior parte sul bilancio comunale) è tanto più
grave in quanto significa consolidare una istituzione ormai superata e controproducente.
Mentre un intervento legato nella sua durata alla ristrutturazione del servizio
per rispondere alle esigenze del personale ed ai miglioramenti immediati
necessari nell'Istituto, venendo a costare in prospettiva molto
meno, permetterebbe e impegnerebbe ad utilizzare fondi in servizi
rispondenti ai nuovi criteri già enunciati ed a un utilizzo quindi in modo più
qualificato ed efficiente del personale stesso con gli ovvii vantaggi per la
collettività che questo comporta.
Torino, 8 maggio 1972.
SEGRETERIE PROVINCIALI C.G.I.L. - C.LS.L.
- U.LL.
COMITATO SINDACALE UNITARIO DELL'ISTITUTO DI RIPOSO
II
Commissione
diocesana per
Lettera inviata a:
Edoardo Calleri di Sala, Presidente della Regione
Piemonte; Anna Maria Vietti, Assessore all'Assistenza
Regione Piemonte; Giovanni Porcellana, Sindaco del Comune di Torino; Dante Notaristefano, Assessore all'Assistenza Comune di Torino;
Capi Gruppo dei Consigli Regionale e Comunale DC, PCI,
PLI, PRI, PSDI, PSI, PSIUS e p.c. al Presidente Istituto di Riposo, corso
Unione Sovietica e Madre Provinciale delle Suore della Carità di S. Vincenzo de
Paoli.
L'insieme delle notizie ormai di
pubblica ragione, confermate da quelle fornite da alcune religiose e dal
cappellano che operano nell'Istituto, fanno ritenere molto grave il problema e
assolutamente indilazionabile una soluzione articolata,
comprensiva degli aspetti salariali, normativi e strutturali.
Questi ultimi mettono in discussione
la stessa esistenza dell'Istituto nella formula attuale, non più rispondente
alle esigenze di una moderna società democratica e agli orientamenti specifici
del settore assistenziale che prevedono interventi
non emarginanti e rispettosi della dignità e dei diritti della persona umana.
Mentre
Muovendo in tale direzione la
Commissione diocesana, attraverso alcuni suoi membri, ha incontrato le
responsabili della Congregazione ed ha proposto di rivedere il significato del
proprio impegno e di trarne le necessarie conseguenze nel
quadro di una radicale revisione dell'assistenza agli anziani.
La Commissione è disponibile a
collaborare per la migliore soluzione dell'annoso problema con gli enti
pubblici interessati.
Distinti saluti.
Torino, 14 aprile 1972.
DON
LUCIANO ALLAIS
(1) Nota della redazione: L'INAM ha
stipulato una convenzione con l'istituto in base alla quale versa per ciascun
assicurato la misera somma di L. 30.000 annue per
l'assistenza sanitaria. Ne deriva che, essendo la spesa di gran
lunga superiore, nella retta confluisce anche la differenza fra le spese
sanitarie sostenute dall'istituto e le 30.000 lire versate dall'INAM.
RICORSO ALLA CORTE COSTITUZIONALE DELLA REGIONE PUGLIA
Con deliberazione del 23-2-1972,
Come avevamo scritto nell'editoriale
del n. 17 di Prospettive assistenziali, le Regioni Emilia-Romagna
e Lombardia hanno presentato ricorso alla Corte Costituzionale in merito al
D.P.R. sulla beneficenza pubblica;
Perché le altre Regioni non
appoggiano i suddetti ricorsi? Ritengono forse
costituzionali i decreti di trasferimento alle Regioni delle competenze in
materia di beneficenza pubblica e di assistenza
sanitaria?
www.fondazionepromozionesociale.it