Prospettive
assistenziali, n. 19, luglio-settembre 1972
NOTIZIARIO DELL'UNIONE
ITALIANA PER
Riceviamo
e pubblichiamo la lettera inviata il 19 maggio 1972 dalla Sezione ligure alla Regione, al Comune, alla Provincia, al giudice
tutelare, al Provveditore agli Studi e all'I.P.P.A.I.
in merito alla frequenza esterna delle scuole materna e dell'obbligo dei minori
ricoverati nel locale brefotrofio. L'azione ha avuto esito positivo
soprattutto per il collegamento stabilito con i genitori e alcuni insegnanti
delle scuole presso le quali saranno inviati i bambini e con il comitato di
quartiere della zona.
Oggetto: Minori ricoverati presso l'I.P.P.A.I. - Iscrizione e frequenza della scuola
dell'obbligo e della scuola materna.
Il ricovero in istituto, per quanto
buone possano essere le cure e l'assistenza
materiale, costituisce, per i minori, una situazione deteriore rispetto a
quella di coloro che sono naturalmente inseriti in un nucleo familiare idoneo
all'allevamento.
In particolare, l'isolamento nel
quale i ricoverati vengono a trovarsi rispetto al
mondo esterno e la conseguente grave limitazione dei rapporti sociali
costituiscono un grave ostacolo ad una naturale evoluzione
psichica e spesso causa primaria di deviazioni caratteriali e di disadattamento.
L'ambiente nel quale il bambino
trova il suo naturale sviluppo è costituito
essenzialmente dalla famiglia e dalla scuola. Nei casi in cui, malauguratamente,
viene meno la funzione formativa della famiglia, è essenziale che il minore possa almeno avvalersi della funzione
formativa della scuola. Questa non si esaurisce nell'impartire l'istruzione
intesa in senso stretto, ma consiste nella preparazione del bambino ad entrare,
in condizioni di parità, in un più vasto ambiente sociale.
Ciò è tanto più vero se si tiene conto dell'esclusione di ogni
criterio selettivo nella scuola dell'obbligo, che, tra l'altro, ha condotto
alla richiesta di soppressione delle cosiddette classi differenziali.
È indispensabile, perciò, che i fanciulli ricoverati in istituti di assistenza e, in
particolare, quelli ricoverati nell'Istituto provinciale frequentino le scuole
materne e le scuole dell'obbligo come ogni altro bambino, senza che la loro
condizione di ricoverati induca ad alcuna differenziazione, ossia alla
creazione di scuole o classi speciali.
Ove, in particolari casi, dovessero manifestarsi difficoltà di inserimento per
singoli fanciulli, l'insegnante e la scuola potranno avvalersi dei mezzi che
già consentono di far fronte a situazioni analoghe (bambini con turbe
caratteriali da carenza affettiva o provenienti da comunità non ancora
integrate). Si osserva, a questo riguardo, che l'art. 12, IV comma, legge 24
settembre 1971, n. 820, limitando a venticinque il numero massimo degli alunni
affidati ad un solo insegnante, ha migliorato le possibilità di
intervento della scuola in simili casi.
Tutto ciò, del resto, era già stato
considerato dal legislatore fin dal lontano 1927, giacché l'art. 35 del r.d. 29
dicembre 1927, n. 2822 (regolamento sull'ordinamento del servizio di assistenza dei fanciulli illegittimi, abbandonati o
esposti all'abbandono), prescriveva testualmente:
«Qualora esista in un comune asilo
infantile, i divezzi che abbiano compiuto il terzo anno di età
debbono essersi inviati a cura del
brefotrofio o dell'allevatore.
«I fanciulli,
tanto se ricoverati nei brefotrofi, quanto se collocati presso allevatori
esterni, debbono frequentare, quando
abbiano raggiunto l'età prescritta, i corsi d'insegnamento primario e popolare
e possibilmente quelli professionali».
Mentre non esistono ragioni oggettive che
possano consigliare di sostituire la frequenza delle scuole pubbliche con
l'istituzione di scuole speciali, quali quelle previste per anormali (art. 46
t.u. 5 febbraio 1928, n. 577) ovvero per ciechi o minorati e non sembrano
sussistere difficoltà per assicurare il trasporto dei minori dell'Istituto
presso le scuole pubbliche, l'istituzione ed il mantenimento di una scuola
speciale o di una scuola sussidiata presso l'I.P.P.A.I.
è da ritenere in contrasto, oltre che con le recenti tendenze dell'assistenza,
anche con i principi, non certo recenti,
propri dell'ordinamento vigente.
Su queste premesse, l'Unione italiana per la promozione dei diritti dei
minori e per la lotta contro l'emarginazione sociale - Sezione di Genova
Chiede
che gli Enti cui la presente è diretta,
ciascuno per quanto di propria competenza, vogliano provvedere a che, per il
prossimo anno scolastico 1972-73, i minori ricoverati presso l'I.P.P.A.I. che abbiano compiuto il terzo anno di età
vengano iscritti e frequentino la scuola materna (pre-elementare)
e la scuola dell'obbligo presso gli asili e presso le varie scuole pubbliche
in modo che essi vengano a trovarsi integrati in ambienti diversi da quello
dell'Istituto frequentando classi diverse come ogni altro fanciullo.
SEZIONE LIGURE DELL'UNIONE ITALIANA
PER
E PER
Il
problema toccato nella lettera riportata può sembrare a prima vista di
secondaria importanza, ma, ad un esame più attento, non sfugge la necessità di mettere in atto, per la progressiva
eliminazione degli istituti, tutto quanto è possibile per svuotare le
competenze degli istituti stessi.
Al
riguardo vi è addirittura da tenere presente che alcuni istituti, sia pubblici che privati, non provvedono nemmeno ad inviare i bambini a
scuola.
È
il caso, ad esempio, di T.C.,
nato a G. il 3-2-63 che, ricoverato fin dalla nascita presso l'I.P.P.A.I. di Catanzaro «non è stato avviato alla frequenza
scolastica per difficoltà contingenti (!) dell'istituto» come si legge nella
relazione del 22 ottobre 1971, redatta dall'ufficio distrettuale di servizio
sociale del Tribunale per i minorenni di Catanzaro.
Occorre
anche ricordare che molti sono gli Enti locali che continuano a finanziare
scuole materne private interne agli istituti di ricovero, favorendo in tal
modo la completa segregazione dei bambini ospitati. È il caso, ad esempio, del
Comune di Torino che nel
Alcuni
contributi versati sono molto interessanti,
ovviamente per l'istituto che li riceve e non per i bambini costretti a restare
sempre nell'istituto. Ad esempio alla Fondazione «Pro Juventute»
Don Gnocchi di Torino sono stati versati nel
LETTERA INVIATA A MONS. PISONI,
PRESIDENTE DELLA «PRO JUVENTUTE DON GNOCCHI», IL 4 AGOSTO 1972
Oggetto: Chiusura
dell'istituto di Torino e licenziamento del personale.
L'incontro che avevo
avuto a maggio con Lei a Milano, presente Fratel
Baldovino e due assistenti di Torino, era stato richiesto e accordato in base
alle voci che correvano sulla prossima chiusura dell'Istituto della Pro Juventute di Torino.
Nell'incontro suddetto si era
concordato che Fratel Baldovino avrebbe preso
contatti con
Inizialmente i
focolari (2-3 per il 1972) avrebbero accolto solo i minori handicappati,
preferibilmente di Torino e zone limitrofe. In seguito sarebbe stata esaminata
la proposta avanzata che i focolari accogliessero insieme minori handicappati e
non handicappati del quartiere in cui ciascun
focolare era inserito.
Si era inoltre rimasti d'accordo che
Fratel Baldovino mi avrebbe telefonato per un
incontro a Torino, previsto entro 15 giorni, e che si sarebbe approfondito il
tema dell'aggiornamento del personale in modo che
acquisisse gli elementi necessari per la conduzione dei progettati focolari.
Nonostante gli accordi, non ho più saputo nulla
né da parte di Fratel Baldovino, né da parte Sua.
Nei giorni scorsi invece, nonostante
gli accordi intercorsi, il personale è stato
improvvisamente licenziato ed i ragazzi, nella maggior parte dei casi,
verranno abbandonati a loro stessi.
La settimana scorsa, avuto sentore
di quanto poi avvenuto, ho parlato telefonicamente con Fratel
Baldovino che mi ha assicurato che mercoledì o giovedì sarebbe venuto a Torino
e ci saremmo incontrati.
Non solo anche questa volta Fratel Baldovino non si è fatto vivo, ma lo stesso ha
addirittura affermato in una riunione con il personale di questa settimana che
la chiusura dell'istituto di Torino della Pro Juventute
era una conseguenza dell'azione anti-istituzionale
portata avanti da questa Unione.
A questo riguardo intendo chiarire,
nonostante che queste precisazioni siano state fatte
anche nel colloquio avuto con Lei e siano documentate sulla nostra rivista Prospettive assistenziali, che questa
Unione rivendica da anni che la chiusura degli istituti di ricovero avvenga
contestualmente alla creazione di servizi alternativi, fatto che richiede
evidentemente anche l'aggiornamento del personale in attività.
Pertanto questa Unione
manifesta il più profondo disaccordo nella vicenda dell'Istituto di Torino
della Fondazione Pro Juventute e chiede che la
decisione della chiusura dell'istituto stesso sia posta in discussione, che i
licenziamenti vengano revocati e che venga assicurata al personale la
possibilità di frequentare corsi teorici-pratici di aggiornamento per
inserirsi nei servizi alternativi, siano essi gestiti dalla Pro Juventute o da altri enti.
IL SEGRETARIO GENERALE
FRANCESCO SANTANERA
Conclusione della
vertenza
Il 30-8-72 si è conclusa
la vertenza relativa ai 58 dipendenti licenziati della Fondazione Pro Juventute Don Carlo Gnocchi.
In sostanza
Tutto ciò è stato fatto dalla
Fondazione senza tener conto delle esigenze dei ragazzi ospiti, moltissimi dei
quali erano stati «deportati» dalle zone d'origine, specialmente dal Meridione.
(1) Al personale
inserviente è stato garantito l'80% della retribuzione fino a che si sarà
inserito in un posto di lavoro adeguato, con trattamento economico-normativo
non inferiore a quello che aveva presso
www.fondazionepromozionesociale.it