Prospettive assistenziali, n. 19, luglio-settembre 1972

 

 

STUDI

 

I.R.E.S.

RAPPORTO PRELIMINARE DEL PIANO DI SVILUPPO DEL PIEMONTE

 

 

Pubblichiamo, come utile contributo, la parte relativa all'assistenza del rapporto preliminare del piano di sviluppo del Piemonte redatto dall'I.R.E.S. (Istituto di ricerche economiche e sociali).

 

 

5.2. Assistenza sociale

 

5.2.1. Campo di intervento, esigenze ed orienta­menti di riforma del servizio

 

5.2.1.1. Integrazione del settore nel quadro gene­rale dei servizi sociali e deistituzionaliz­zazione del sistema di servizio

Con la denominazione di Assistenza Sociale si intende oggi indicare comunemente il campo di intervento volto a cogliere e a rimediare alle particolari condizioni di bisogno in cui versano gruppi, categorie di persone a causa sia di circo­stanze particolari, che influiscono sulle loro pos­sibilità di vita e di relazioni sociali, sia di impe­dimenti specifici che memomano la loro perso­nalità psico-fisica.

Si possono così distinguere, per grandi linee due tipi di domanda assistenziale.

Da un lato si può considerare la domanda de­terminata sostanzialmente da situazioni di pre­carietà del livello di vita socio-economico: per­sone prive o con insufficiente disponibilità di mez­zi economici - o perché definitivamente fuori delle attività produttive (anziani), o perché eco­nomicamente emarginate da varie particolari vi­cende (disoccupazione, malattia, ecc.) - e per­sone in difficoltà particolari perché estromesse dalla normale fruizione di una serie di servizi so­ciali collettivi (abitazione, assistenza sanitaria, istruzione) a causa del livello e delle modalità di sviluppo dell'organizzazione civile.

Questo settore di problemi ha il suo alveo na­turale di soluzione nel quadro della politica di riforme e di adeguamento che ci si propone di perseguire, come livello di organizzazione dell'intero sistema sociale, nei campi della difesa della salute, dell'istruzione, della previdenza so­ciale, dell'abitazione, del tempo libero ecc..., al fine di garantire a tutti i cittadini uniformi ed adeguate possibilità di fruizione di questi servi­zi. Al campo specifico dell'assistenza sociale, o al suo dispositivo organizzativo e funzionale, ri­marrebbe più che altro il compito di intervenire ed ovviare con provvedimenti opportuni al veri­ficarsi di situazioni particolari di insufficienza e di difficoltà di inserimento dei soggetti nel cir­cuito normale del sistema e/o alle eventuali di­sfunzioni marginali del sistema stesso.

Dall'altro lato si può considerare la domanda assistenziale riconducibile a carenze delle ca­pacità di azione intrinseche degli individui, per i quali il supporto compensativo del nucleo fami­gliare o non esiste o non è in grado di fornire condizioni di esistenza accettabili: soggetti con handicaps fisici, psichici e sensoriali; bambini in situazione di abbandono, orfani ecc.; anziani non autosufficienti, minori socialmente disadat­tati ecc.

Questo settore delinea quindi il campo di in­tervento proprio e specifico dell'assistenza so­ciale, il cui compito precipuo, inteso come ser­vizio dovuto alle persone che presentano parti­colari condizioni di bisogno, non può essere cir­coscritto a garantire le condizioni di sussisten­za ma deve riuscire a reinserire e a mantenere nel sistema normale di relazioni sociali queste persone sia fornendo loro gli elementi sussidia­ri affinché, per quanto è possibile, venga neutra­lizzata la loro condizione di inferiorità sia, nel contempo, intervenendo nel contesto ambienta­le per rimuoverne gli atteggiamenti e i compor­tamenti di rifiuto sociale verso queste categorie di cittadini.

A tutt'oggi nello sviluppo del nostro sistema sociale non si è ancora dato luogo ad un disposi­tivo di intervento conforme a tale indirizzo di fondo e valido a cogliere tutta la complessa real­tà dei fabbisogni. Basti pensare a due aspetti che caratterizzano l'attività in questo campo, in cui per altro vengono dispiegate una massa ingente di iniziative, di forze e di mezzi. Il primo è l'a­spetto giuridico istituzionale che qualifica tutto­ra questi interventi come attività di beneficenza, in cui l'impegno pubblico non riesce a determi­nare una coerente ed organica politica di inter­vento rispondente all'entità dei mezzi impiegati.

Il secondo è dato dalle modalità con cui si rea­lizzano gli interventi, che mentre operano, con una rigida settorializzazione specialistica, una frantumazione del campo di intervento estrema­mente negativa per la funzionalità del sistema di assistenza, attuano un processo d'isolamento dei soggetti attraverso forme di istituzionalizza­zione, che, per il modo con cui sono organizzate e dimensionate, negano loro ogni possibilità di socializzazione.

Il sistema attuale si qualifica in sostanza, a parte ancora le sue carenze strutturali e funzio­nali intrinseche, come un sistema di emargina­zione e di esclusione sociale che non può più es­sere tollerato come linea di comportamento dell'organizzazione sociale.

Per altro è in atto nel nostro paese un profon­do ed esteso processo di revisione e di rinnova­mento il cui sbocco è la determinazione di un disegno politico unitario teso a realizzare un processo operativo che da una parte superi, all'interno del sistema di assistenza, la pletoricità di enti istituzioni ed organismi e l'enfatizzazione delle strutture e dei dispositivi specialistici e che, per altra parte, inverta, per quanto è possi­bile, la tendenza alla istituzionalizzazione emar­ginante attuando invece la massima integrazio­ne di questi interventi nel quadro dei servizi so­ciali comunitari. Ciò comporta oltre uno stretto ed organico coordinamento l'inserimento nello stesso impianto di questi servizi (sanitari, sco­lastici, per il tempo libero ecc.) di quei disposi­tivi atti a fornire le prestazioni specialistiche ri­chieste dai soggetti indicati ed a permettere che essi fruiscano assieme agli altri delle funzioni proprie di questi servizi (1).

 

5.2.1.2. Il modello di organizzazione territoriale e funzionale integrata: le Unità locali dei servizi sociali

Senza addentrarsi nella complessa problema­tica e nella serie di indicazioni operative parti­colari, che essa implica sul piano di una organi­ca programmazione di interventi (la cui imposta­zione richiede per altro lo sviluppo di un discor­so politico amministrativo che non è possibile in questa sede di primo approccio orientativo) pare opportuno sottolineare le implicazioni di ordine più generale che già così si propongono a livello dell'organizzazione territoriale del siste­ma regionale. Dette implicazioni si riassumono nella esigenza di attuare un dispositivo di servi­zi unitari, organicamente aderente alla realtà dei fabbisogni dei vari contesti e capace di risolver­li nell'ambito comunitario più adeguato a garan­tire l'efficienza delle prestazioni mantenendo i soggetti inseriti nel loro naturale ambito di vita.

Il modulo organizzativo di base viene indivi­duato, ormai comunemente, nell'Unità Locale dei Servizi Sociali, che viene concepita come l'orga­nismo unitario a cui compete, nell'ambito di de­finiti contesti socio-territoriali opportunamente dimensionati ed articolati, promuovere e presie­dere sistematicamente a tutta l'attività di assi­stenza, svolgendola ai livelli tecnici ed organiz­zativi adeguati alle particolari caratteristiche dei fabbisogni e coordinandola con le attività degli altri servizi.

Essa nella sua articolazione di funzioni, si pro­pone quindi come un dispositivo totalmente in­tegrato con le altre forme di organizzazione dei servizi, in special modo con quelle attinenti alla sfera sanitaria. Essa deve inoltre realizzare nel­le forme più ampie e profonde possibili una ge­stione democratica attraverso una reale parteci­pazione e responsabilizzazione dei cittadini.

Questo comporta un particolare modo di con­cepire e proporre l'organizzazione dei servizi a livello comprensoriale e quindi il sistema di in­tervento della regione, la cui sfera d'azione, an­che se al momento attuale appare purtroppo al­quanto limitata nel merito degli aspetti funzio­nali propri del settore in oggetto, dispone co­munque - e si pensi tra l'altro allo strumento, della politica urbanistica e dell'organizzazione territoriale - di un campo di opzioni che posso­no già rilevantemente influire sul sistema di ar­ticolazione dell'impianto di infrastrutture sul ter­ritorio.

Si rende perciò necessario, come compito più immediato, un approfondimento particolare di questi aspetti organizzativi delle attività di assi­stenza al fine di configurarne la loro possibile articolazione, coerente con le caratteristiche so­cio-territoriali della regione e di rilevarne le in­terdipendenze, le correlazioni funzionali e i con­dizionamenti che comportano sul sistema di im­pianto degli altri servizi, che in vario modo e mi­sura attingono alla sfera di responsabilità ope­rative della Regione.

 

5.2.2. La situazione attuale dei servizi in Piemonte e le indicazioni di intervento

 

5.2.2.1. Il limite delle analisi

Nel cercare di delineare il carico di servizi che il contesto regionale propone per soddisfare le esigenze che emergono in questo campo di atti­vità e per evolvere il sistema di assistenza so­ciale secondo i presupposti e le linee di tenden­ze indicate, non è stato possibile, per il livello delle informazioni disponibili, partire da una ana­lisi estesa ed esauriente della situazione esi­stente.

Si sono perciò utilizzati i dati più recenti for­niti dall'Istat, sulla consistenza della popolazio­ne ospitata in istituti assistenziali, ricavandone una indicazione di larga massima sull'entità e le caratteristiche più salienti dei vari tipi di fabbi­sogni.

Similmente nelle indicazioni di intervento ci si attiene ad una prima individuazione orientati­va che non affronta la trattazione dei vari e com­plessi problemi specifici, ma si limita a circoscri­vere, sulla base delle ricognizioni precedenti, i comparti d'intervento di maggior rilievo e le li­nee e gli obiettivi operativi di massima in modo da poter cogliere, nell'approssimazione possibi­le, le modalità fondamentali qualitative e quanti­tative degli impegni che si presentano all'orga­nizzazione sociale. Impegni di cui qui si cerca di valutare il costo unicamente nel quadro del pia­no economico regionale (2).

 

5.2.2.2. Le strutture e le modalità dell'assistenza attuale

Un quadro indicativo delle caratteristiche più salienti con cui si realizza attualmente sul pia­no strutturale l'intervento assistenziale nella re­gione piemontese può essere desunto, nei suoi aspetti d'insieme, unicamente dai dati dell'Istat, che riportano la situazione del 1968 (3).

A questi dati, riportati nel prospetto accluso, è stato possibile aggiungere, grazie ad una re­cente indagine della Regione, le informazioni con­cernenti la disponibilità attuale di asili nido (4). Questo ultimo campo di intervento viene comun­que osservato a parte sia per il diverso riferi­mento temporale dei dati, sia soprattutto per le particolari caratteristiche funzionali che lo di­stinguono nel contesto del sistema di assisten­za sociale.

Procedendo per grandi linee, i vari aspetti del­la situazione possono essere così riassunti:

 

Le dotazioni di asili nido

L'impianto di dotazioni, sia di iniziativa pub­blica che privata, esistente nella regione è co­stituito da 97 asili nido per un totale di 4755 po­sti. Rispetto alla popolazione in classe di età da 0 a 3 anni, stimabile al 1971 intorno alle 180.000 unità, si avrebbe, un rapporto di circa 2,6 posti ogni 100 bambini.

Circa il 58% dei posti in uso (2.762) risulta dislocato nell'area ecologica torinese e rappre­senterebbe una disponibilità di circa 3,1 posti ogni 100 bambini, mentre nel resto del Piemonte si avrebbe con 1 993 posti una disponibilità pari a 2,2 posti ogni 100 bambini.

 

Dotazioni per minori, handicappati, anziani ecc.

L'insieme delle dotazioni ricettive esistenti in Piemonte al 1968 ricoverava una popolazione complessiva di 42.392 individui. Tale entità ri­sulta solo di poco superiore a quella segnalata per il 1961.

Per quanto riguarda all'età essi risulterebbero così distribuiti:

 

                                               1968                 1961            1961/68

minori di 18 anni                     17.663              20.896            - 15,5%

adulti tra i 19 e 59 anni             3.000                3.100              - 3,2%

anziani oltre i 60 anni              21.729              17,662              + 23%

Totale                                    42.392              41.658             + 1,8%

 

I dati concernenti la classe di età tra i 19 e 59 anni sono il risultato di una stima operata sulla scorta della distribuzione per età della popola­zione in quanto le indicazioni dell'Istat per le va­rie forme di assistenza riferiscono sistematica­mente solo la classe di età inferiore ai 18 anni.

Appare abbastanza evidente la tendenza ad una diminuzione relativa dei ricoveri in istituto se si tiene presente l'incremento di popolazione che si è avuta in Piemonte tra i due anni considerati (509.062 ab., 13% circa) (5). Il fenomeno si pre­senta nettamente per quanto riguarda i minori, con una diminuzione assoluta di oltre 3 200 in­dividui (6). Per gli anziani si ha invece un note­vole aumento in assoluto dei ricoveri che però non sta a significare tanto un aumento della pro­pensione al ricovero (7) quanto piuttosto una conseguenza dell'aumento di popolazione e del suo processo di invecchiamento determinatisi dal '61 al '69: si stima che l'incidenza delle classi di età dai 60 anni in poi sia passata nel periodo dal 18% al 20% circa.

La tendenza osservata trova chiara conferma se si considerano i valori del rapporto tra la po­polazione ricoverata e la popolazione complessi­va nei due anni a riferimento:

 

n. ricoverati ogni mille abitanti

                                             1968                 1961

minori di 18 anni                        4,1                   5,3

adulti tra 19 e 59 anni                0,7                   0,8

anziani                                     5,0                   4,5

 

È chiaro che per una ricognizione più significa­tiva del fenomeno occorrerebbe poter prendere in esame tutto l'insieme dei soggetti che sono a carico del sistema di assistenza, comprendendo anche gli assistiti fuori degli istituti di ricovero e il meccanismo dei rapporti tra il momento esterno e quello interno, o meglio ancora poter accertare la dimensione reale e le modalità di convogliamento della domanda di assistenza; aspetti questi che, assieme a quelli concernenti le motivazioni palesi ed occulte influenti sulla dinamica della istituzionalizzazione, purtroppo sfuggono alle presenti possibilità di indagine (8).

Similmente sfugge all'osservazione la indivi­duazione, sia pur approssimata, del livello di idoneità funzionale e strutturale riconoscibile agli istituti di ricovero che operano nella nostra regione. È questo un fattore non indifferente per comprendere e qualificare, per altro verso, le ca­ratteristiche del fenomeno e sottolineare l'ur­genza di un intervento organico ed adeguato nel settore.

Occorre però dire che, quantunque questo ul­timo aspetto assuma un rilievo sociale decisa­mente importante, esso è in sostanza relativa­mente estraneo all'assunto di fondo che deve orientare la riforma e l'intervento nel campo as­sistenziale e che ha per obiettivo diretto la ridu­zione massima possibile del ricorso agli istitu­ti - creando servizi integrati nel contesto co­munitario locale, - e non la realizzazione di isti­tuti migliori (anche se è evidente che nella mi­sura con cui questi permangono essi devono ri­spondere a rigorosi standard ottimali di ricetti­vità e di prestazioni).

 

5.2.2.3. Indicazioni di intervento

Le indicazioni di intervento, per i limiti del presente rapporto, - già più volte esposti - non entrano nel merito degli specifici aspetti or­ganizzativi funzionali né affrontano le problema­tiche particolari delle varie forme e settori in cui si articola il campo assistenziale. Esse si pro­pongono unicamente di individuare in prima ap­prossimazione, secondo gli indirizzi generali pre­cedentemente enunciati, alcune linee guida ope­rative del processo di rinnovamento del sistema e, nell'ambito di queste, la tipologia fondamen­tale e l'entità dell'impianto infrastrutturale oc­corrente per far fronte alla domanda di servizio così determinata.

Le indicazioni di intervento vengono delineate in riferimento ai comparti di servizio indicati nel paragrafo precedente e concernono rispettiva­mente le infrastrutture ricettive degli asili nido, le infrastrutture ricettive per i minori in condi­zioni di abbandono o handicappati, le infrastrut­ture ricettive per gli adulti e quelle per gli anzia­ni. Inoltre si è cercato in ultimo di valutare, in termini di ancor più larga massima, l'impegno determinato dalle attrezzature richieste per l'at­tuazione della rete delle Unità Locali dei servizi sociali.

 

1) Asili nido

Occorre innanzitutto sottolineare una riserva di fondo che s'impone nell'affrontare il problema delle dotazioni occorrenti per questo tipo di ser­vizi. Riserva che riguarda il grado di validità stessa del servizio, nei confronti dei soggetti as­sistiti, e delle modalità con cui oggi è prospetta­to il sistema di impianto (9). Sono ormai ampia­mente riconosciuti gli effetti negativi che queste modalità di assistenza comportano sulla forma­zione della personalità di base dell'infante, per cui l'intervento dell'organizzazione sociale appa­re più che altro funzione dei bisogni e delle ca­renze del nucleo famigliare, determinati dai con­dizionamenti, dalle caratteristiche e dai limiti del sistema socio-produttivo.

È questo un settore di intervento i cui conte­nuti specifici appaiono tuttora delineati in modo approssimato e provvisorio ed in cui è perciò facile attestarsi su linee di intervento negative rispetto alla soluzione reale dei problemi, mal­grado le buone intenzioni delle iniziative. Esso richiede ancora un ampio sforzo di indagine e di studio per determinare il campo di interventi più proprio ed opportuno (10) e le modalità più con­sone di impostazione, di funzionamento e di or­ganizzazione, capaci di rispondere ai bisogni di intervento esterno delle famiglie salvaguardan­do le esigenze del bambino.

È per altro comunque evidente nella presente situazione la necessità impellente di predispor­re in modo organico e tempestivo una sufficiente entità di dotazioni che (sia pure negli attuali li­miti funzionali) permetta di far fronte ai fabbiso­gni delle famiglie oggi non altrimenti rimediabi­li - determinati come sono dall'attuale livello di sviluppo del sistema sociale - e la cui man­canza di riscontro diretto può dar luogo a situa­zioni ancor più deleterie per il bambino e, talora, a fenomeni intollerabili di organizzazioni infor­mali e anomali, al di fuori di ogni minima garan­zia assistenziale.

In questo senso la domanda di servizio va strettamente connessa con le modalità di occu­pazione della popolazione, della struttura, distri­buzione e dinamica demografica, della trasfor­mazione delle strutture familiari ecc.

Pertanto dalle modalità di emergenza e di qua­lificazione di questi fattori nel contesto socio­territoriale si ricava una gamma di situazioni che determinano in diversa misura la domanda ed il fabbisogno di servizio.

Per l'ipotesi di lavoro qui assunta si è adotta­to il fattore demografico come l'indicatore rias­suntivo dell'emergenza di questi elementi di at­tivazione della domanda, date le determinanti connessioni ed interdipendenze che in genere esso presenta con l'assetto e le modalità di svi­luppo del sistema economico e sociale della re­gione.

Le modalità della distribuzione della popola­zione sul territorio presentano al limite una si­tuazione che può essere indicata con livello ze­ro di esigenze o con prevalenza di fattori negati­vi (rispetto all'opportunità ed alla funzionalità della istituzione) determinati da minima consi­stenza demografica degli insediamenti e loro ec­cessiva dispersione, difficoltà logistiche, basso tasso di natalità, apprezzabili presenze di grup­pi famigliari integrati ecc. In questa situazione ricadono in linea di massima comuni con popola­zione inferiore ai mille abitanti.

Per converso si ha una situazione con un livel­lo massimo di richieste; determinate da grande concentrazione urbana con rilevanti quote di oc­cupazione femminile complessiva (non solo quel­la in posizione dipendente), condizioni logisti­che relativamente positive, massimo di struttu­re famigliari unicellulari ecc.

Sulla base di questi due termini estremi si è formulata una valutazione delle occorrenze di servizio e di dotazioni che non si prefigge di massimizzare l'estensione del servizio (come avviene ad esempio per la scuola materna) ma tende a contenere, entro termini che soddisfino il reale quadro attuale di domanda, la dimensio­ne proponibile dell'impianto di dotazioni (11).

La determinazione delle occorrenze è stata quindi effettuata tramite l'adozione di una serie di parametri che variano in rapporto alla consi­stenza demografica dei comuni, ordinati per clas­si di ampiezza in base alle caratteristiche della distribuzione degli insediamenti nel contesto pie­montese. I valori dei parametri tengono conto della posizione geografica e delle relazioni terri­toriali dei comuni appartenenti alle varie classi (considerando l'incidenza dei fattori di integra­zione territoriale tra comuni di diversa ampiez­za) ed indicano la percentuale di bambini da 0 a 3 anni da assistere che determina l'entità dei posti di asilo-nido da approntare (12).

Lo standard o parametro medio che si ricava in tal modo in riferimento alla situazione pie­montese nel suo complesso risulta dell'ordine di 15 posti asilo-nido ogni cento bambini, varian­do indicativamente da un massimo di 28 posti ogni cento bambini nella città di Torino a 0 posti per i comuni inferiori a 1.000 abitanti.

Lo standard medio dell'area ecologica si aggi­rerebbe sui 20 posti asilo ogni cento bambini e quello della restante parte del Piemonte su 10,6 posti ogni cento bambini.

Rapportando questi standard alla popolazione prevedibile alla fine del 1975 in Piemonte si ri­cava una occorrenza di dotazioni dell'ordine di 29.300 posti di asilo-nido di cui 19.400 per l'area ecologica Torinese e 9.900 per il resto Piemonte.

 

Il fabbisogno da apprestare

Sottraendo dalle cifre indicate le dotazioni at­tualmente disponibili, il fabbisogno di asili-nido da soddisfare si aggirerebbe sui 24.400 posti per la regione nel suo complesso; di cui 16.500 cir­ca nell'area ecologica Torinese e 7.900 nel resto Piemonte.

 

2) Dotazioni per l'assistenza ai minori

Poiché l'ipotesi di lavoro si circoscrive a deli­neare obiettivi e modalità operative di massima, si prende in esame l'insieme del campo assisten­ziale che concerne i soggetti in età inferiore ai 18 anni assistiti negli istituti. L'insieme osserva­to, come si è già avvertito, appare però incom­pleto in quanto nell'accertamento non sono in­clusi i minori considerati in stato di disadatta­mento sociale (13).

Nel cercare di valutare l'entità e le caratteri­stiche dell'impegno richiesto per la dotazione di un impianto infrastrutturale adeguato ai fab­bisogni reali di servizio di questo settore, si è operato facendo riferimento a due obiettivi:

1) Massimizzare l'assistenza presso le fami­glie (naturali o elettive) procedendo ad un este­so svuotamento del ricovero in istituto, e quin­di qualificando il ruolo dell'apparato assistenzia­le come organica attività di informazione, di or­ganizzazione e controllo, di sostegno ed integra­zione tecnico funzionale dell'opera delle famiglie.

2) Mutare radicalmente il sistema di organiz­zazione del ricovero collettivo per tutti gli even­ti in cui non risulti possibile, per vari motivi, il ricorso all'assistenza presso le famiglie.

Si tratta in questo caso di passare dai grandi organismi collettivi isolati dal contesto sociale ad un sistema di microorganismi integrati nel tessuto sociale (comunità, focolari ecc...) che mantengano l'assistito nella vita della colletti­vità.

Questo orientamento operativo esige una to­tale trasformazione dell'impianto infrastruttura­le, richiedendo infatti un supporto di microstrut­ture ricettive appositamente allestite, fisicamen­te inserite ed integrate nelle unità residenziali, o meglio all'interno delle normali strutture abi­tative.

Per questi nuovi organismi sostitutivi degli at­tuali istituti di ricovero, viene normalmente pro­spettata una dimensione comunitaria di 8-15 uni­tà ed un campo d'azione vincolato ad un determi­nato ambito territoriale.

Accanto a questi presidii che vengono a costi­tuire la rete fondamentale di base locale, potreb­bero poi occorrere anche organismi di secondo livello di maggior dimensione, organicamente in­terconnessi con i primi, e con ambiti di interven­to territorialmente più ampi, in corrispondenza a casi che richiedano interventi particolarmente specifici e a carattere temporaneo.

Questi organismi, che per il loro maggior con­tenuto tecnologico possiamo considerare come dei centri di terapia intensiva, possono raggiun­gere, nel caso, dimensioni comunitarie varianti tra le 20 e 30 unità.

In questo quadro appare evidente come sia del tutto marginale la possibilità di impiego del si­stema funzionale e dell'apparato di infrastruttu­re attualmente utilizzati.

Nel determinare l'entità del nuovo impianto di infrastrutture da predisporre nell'ambito della regione, a supporto del tipo di servizio sopra de­lineato, si è ritenuto ragionevole supporre, tenu­to conto della tendenza in atto, un processo di diminuzione dei ricoveri, che, come obiettivo di un organico disegno di politica assistenziale comportante un coerente programma di inter­venti sul piano della gestione, riduca al 50% en­tro il '75, gli attuali casi di ricovero, trasferendo­li alle famiglie con un adeguato supporto di pre­videnze (14).

Rimarrebbero in tal modo circa 8 000 casi di minori (15) per i quali il sistema di assistenza sociale dovrà provvedere ad allestire nell'ambi­to del suo nuovo assetto organizzativo un dispo­sitivo di infrastrutture ricettive coerente con le indicazioni enunciate.

 

3) Dotazioni per l'assistenza agli adulti

Per l'insieme delle persone dai 18 ai 59 anni, che risulterebbero (secondo le stime possibili) assistiti presso istituti di ricovero, a causa delle loro condizioni di inabilità o di invalidità, il di­scorso presenta in parte caratteristiche analo­ghe a quello precedente.

Si ritiene però che in forza di situazioni ormai consolidate, il processo di restituzione all'assi­stenza famigliare presenti, nel medio periodo, relativamente scarse possibilità di realizzazione. Pertanto si è ritenuto ragionevole prevedere per una quota parte dei casi un intervento assisten­ziale apposito che si realizzi attraverso organi­smi ed attrezzature ricettive di tipo comunitario, inserite nel sistema abitativo così come già si è detto a proposito dell'assistenza ai minori.

Per una parte dei casi, con un più alto ed irre­versibile grado di minoranze e di incapacità di autonomia si è ritenuto qui opportuno assimila­re l'intervento assistenziale a quello previsto per le persone anziane in analoghe condizioni di bi­sogno.

In linea indicativa, l'entità delle infrastrutture ricettive apposite, di tipo comunitario, è stata stimata equivalente alla metà dei casi che at­tualmente costituirebbero l'insieme degli «adul­ti» ricoverati; 1.500 unità circa.

 

4) Dotazioni per l'assistenza agli anziani

Nell'ambito dell'ampia problematica che si ri­ferisce all'«assistenza agli anziani» gli aspetti che investono il problema delle attrezzature ri­cettive possono essere sinteticamente ricondot­ti alle seguenti modalità di soluzione, che com­portano livelli diversi di organizzazione secondo la tipologia dei bisogni presenti nella realtà del contesto sociale:

a) Allestimento di strutture residenziali nor­mali, particolarmente predisposte, come condi­zioni abitative, per la residenza di persone anzia­ne autosufficienti ed in grado di provvedere in modo autonomo alla loro vita individuale. Si trat­ta di riservare sistematicamente a queste perso­ne una quota proporzionale di alloggi, scelti e qualificati sul piano edilizio con opportuni crite­ri (esposizione, verde, installazione ai piani non elevati, particolare attenzione nell'eliminazione delle barriere architettoniche e nell'impianto del­le strutture interne ecc...).

b) Allestimento di strutture residenziali con servizi domestici centralizzati: «alloggi collet­tivi». Anche questo tipo di strutture ricettive, da destinare a persone autonome parzialmente auto­sufficienti, deve far parte delle strutture edili­zie previste per la normale domanda di abita­zioni (16).

c) Allestimento di «case albergo», pensiona­ti ecc., concepite come strutture residenziali au­tonome inserite nel sistema residenziale. Esse, destinate in linea di massima alle persone an­ziane sane ed autonome ma non autosufficienti, devono prevedere una organica e permanente presenza al loro interno di servizi di assistenza.

d) Allestimento di «case geriatriche o per per­sone inabili ed invalide»: si tratta di strutture ricettive in cui occorre predisporre un apparato assistenziale di alto livello per far fronte ai bi­sogni di persone impedite o menomate grave­mente nella loro sfera di azione e non in grado di svolgere autonomamente in modo sufficiente le attività elementari di sussistenza (alimentarsi, vestirsi, operazioni igieniche ecc.) .

Esse necessitano di un costante e diretto in­tervento assistenziale, specificamente organizza­to che costituisce la qualifica fondamentale di questa sfera di servizi anche se essa presenta una forte incidenza di fattori sanitari.

Queste attrezzature di servizio si intendono per definizione estese alle persone non anziane in analoghe condizioni di invalidità. Le modalità del loro insediamento devono costantemente te­nere presenti il mantenimento dei rapporti dei soggetti con il loro ambiente naturale di vita e l'esigenza di evitare la costituzione di organismi eccessivamente dimensionati in cui vengano a dissolversi le possibilità di un sistema di rela­zioni comunitarie.

Le attrezzature ricettive indicate ai punti a) e b) sono da considerarsi come particolari moda­lità del sistema abitativo normale. Esse rientra­no nel quadro dei provvedimenti e degli investi­menti sociali per la casa, valutati in altra sede e non costituiscono un apparato infrastrutturale specifico e proprio del servizio di assistenza so­ciale. Il sistema di assistenza sociale viene coin­volto in quanto gli compete di seguire e sussi­diare, secondo varie forme e misure di interven­to, i soggetti anziani e le loro condizioni di vita (interventi a domicilio ecc...).

Le attrezzature ricettive indicate ai punti c) e d), vengono qui intese come costituenti un ap­posito impianto infrastrutturale strettamente per­tinente al campo di intervento dell'assistenza so­ciale, date le connotazioni specifiche che assu­mono i contenuti dei servizi e gli apparati orga­nizzativi specializzati richiesti (17). Gli investi­menti necessari per questi due tipi indicativi di infrastrutture vengono quindi assegnati al setto­re dell'assistenza sociale.

È evidente che per queste attrezzature di ser­vizio viene esclusa ogni connotazione di ricove­ro per persone indigenti. Questo aspetto si pone come problema dell'intervento economico da ri­solvere a livello previdenziale e non a livello della qualificazione di questi tipi di servizio e del loro impianto ricettivo.

Per la valutazione dell'entità di attrezzature ri­cettive occorrenti nella regione - operando in assenza di indicazioni parametriche sistemati­che - si è seguito un duplice tipo di approccio: si è per primo ritenuto ragionevole configurare la dimensione complessiva della domanda di at­trezzature specifiche per gli anziani nella dimen­sione del 3% degli individui appartenenti alla classe di età oltre i 60 anni. Tale quota è suppo­sta nell'ipotesi di attuazione dei primi due tipi di intervento riguardanti il sistema abitativo (18).

In base alla popolazione prevedibile al 1975 ed alle caratteristiche della sua composizione per età la domanda così individuata si aggirerebbe sui 28.000 posti circa. A questi si aggiunge il nu­mero stimato di persone invalidate tra i 19 e i 59 anni (1.500 unità) per le quali si è prospettato un intervento assistenziale assimilabile a quello per gli anziani. Si avrebbe così una occorrenza complessiva di circa 29.500 posti.

La suddivisione di questo insieme di impianti nei due tipi di infrastrutture sopra indicati è sta­ta operata configurando l'entità della occorrenza di case geriatriche e per invalidi in base ad uno standard di due posti letto ogni mille abitanti. Lo standard è stato determinato includendo anche quella quota di attrezzature, pari a un posto let­to ogni mille abitanti, che si è ritenuto più op­portuno escludere dal novero delle dotazioni ospedaliere, propriamente dette, in quanto pur presentando una estesa caratterizzazione sanita­ria (cronici, persone in situazioni di salute debi­litata ecc...), mantengono una prevalente conno­tazione assistenziale. In base alla popolazione prevedibile al '75, il numero dei posti letto da as­segnare alle attrezzature di questo tipo si aggi­rerebbe sulle 9.300 unità per l'intera regione.

Di conseguenza la domanda di case albergo o pensionati per anziani verrebbe a configurarsi intorno ai 20.200 posti letto. Ritenendo in linea cautelativa che delle infrastrutture attualmente impiegate per il ricovero degli anziani, valutabi­li in circa 25.000 posti letto, un quarto circa pos­sa essere ancora convenientemente utilizzato si verrebbe ad individuare un fabbisogno di circa 14.000 posti letto in case albergo o pensionati.

Entrambi i tipi di infrastrutture indicati vengo­no assegnati in pari misura sia all'area ecologi­ca torinese, sia al resto della regione, in consi­derazione del grado di approssimazione con cui si è proceduto alla stima delle occorrenze e per cui si ritiene che tendano a compensarsi le di­verse esigenze che emergono dai due contesti osservati, date le loro caratteristiche socio-am­bientali (minor incidenza di persone anziane ma un maggior fabbisogno relativo di interventi nell'area ecologica e viceversa maggior numero di persone anziane ma minor insorgenza di fabbi­sogni di questo tipo nel resto Piemonte).

 

Dotazioni per l'impianto delle Unità locali dei servizi sociali

L'organizzazione sistematica ed unitaria del di­spositivo funzionale del «settore» dell'Assisten­za Sociale richiede poi la predisposizione di una certa entità di impianti infrastrutturali atti a re­cepire, attraverso l'articolazione sul territorio delle Unità Locali di servizio, sia quelle struttu­re aperte di tipo ambulatoriale non inquadrabili, per diverse ragioni, nell'ambito delle infrastrut­ture di ricovero prima considerate, sia l'appara­to dei servizi organizzativi, amministrativi ecc... che devono presiedere alla erogazione dell'insie­me delle prestazioni.

Si è già avuto occasione di sottolineare l'esi­genza che questo apparato funzionale sia attua­to in modo integrato con il dispositivo funzionale degli altri servizi presenti sul territorio (19). In sede operativa, dato il più intenso ed organico sistema di interdipendenze che si stabiliscono con il campo di funzioni più propriamente finaliz­zato alla difesa e promozione della salute, appa­re chiaramente necessaria l'unificazione in un unico dispositivo di rete dei due sistemi di ser­vizi, identificando quindi a livello territoriale l'impianto delle Unità Sanitarie Locali e delle unità locali dei Servizi sociali e predisponendo conseguentemente un unico contesto di infra­strutture ricettive, in cui sia gli uni che gli altri apparati di servizi vengano organicamente inse­riti, dando luogo ad un unico integrato sistema funzionale e gestionale pur nella naturale distin­zione di attività.

Tenendo presente che mentre per le Unità Sa­nitarie Locali è possibile l'impiego di cospicui apparati infrastrutturali già esistenti, per il ser­vizio sociale occorre produrre praticamente ex novo tutta la quota di infrastrutture da esso po­stulato, si è ritenuta in linea indicativa, di confi­gurare l'impegno derivante dall'approntamento di questi impianti aggiuntivi in una misura pari ad un terzo degli impegni prima previsti per l'ap­prontamento degli impianti ricettivi dell'Unità Sanitaria Locale (tenendo conto che l'occorren­za di dotazioni infrastrutturali per le attività dell'assistenza sociale si presenta apprezzabilmen­te inferiore a quella richiesta dalle attività sani­tarie).

 

5.2.3. Stima degli investimenti occorrenti al 1975

5.2.3.1. Gli investimenti occorrenti in complesso per normalizzare la situazione di servizio

 

1) Asili nido

Per normalizzare la situazione di servizio se­condo il quadro di riferimenti indicati, la realiz­zazione del fabbisogno individuato di nuove in­frastrutture comporterebbe un impegno finanzia­rio per costi di costruzione ed arredamento dell'ordine di grandezza di 39 miliardi, di cui 26,4 miliardi per i fabbisogni riferiti all'area ecologi­ca torinese e 12,6 miliardi per i fabbisogni rife­riti al resto del territorio piemontese.

L'ammontare degli investimenti è stato stimato assegnando un costo standard di circa 1.600.000 lire per costruzioni ed attrezzature di ogni posto di asilo nido, prevedendo una dimensione media ottimale (20) per ogni unità di servizio di 40 po­sti (con un livello massimo da non superare di 60 posti).

 

2) Dotazioni per minori

Per i circa 8.000 posti in cui si è individuata la dimensione delle nuove strutture ricettive co­munitarie assegnate all'assistenza ai minori dei quali occorre provvedere il ricovero, l'ammonta­re degli investimenti si aggirerebbe sui 18,4 mi­liardi di lire.

Questi interventi, in coerenza col principio del­la corrispondenza alla popolazione residente, vengono proporzionalmente assegnati all'area ecologica torinese ed al resto del Piemonte in base alla ripartizione presunta della popolazione all'anno 1975.

Si ha pertanto un ammontare di investimenti pari a 8,1 miliardi di lire per l'area ecologica to­rinese, e a 9,6 miliardi di lire per il resto del ter­ritorio piemontese.

L'ammontare degli investimenti è stato stima­to adottando uno standard di costo per costru­zione ed attrezzature di circa 2.300.000 lire per posto per assistito, (tenendo conto dei costi me­di delle costruzioni abitative, escluso il terreno, delle particolari caratteristiche costruttive ed or­ganizzative strutturali interne nonché delle par­ticolari esigenze di dotazioni collettive e di at­trezzature).

 

3) Dotazioni per adulti

L'ammontare complessivo degli investimenti per i 1.500 posti previsti per strutture ricettive comunitarie, assegnate specificamente all'assi­stenza delle persone considerate adulte, si aggi­rerebbe sui 3,5 miliardi di lire, di cui 1,7 per l'a­rea ecologica Torinese e 1,8 per il resto Piemonte.

Lo standard di costo per posto assistito adot­tato è, come per i minori, di 2.300.000 lire.

 

4) Dotazioni per anziani

L'ammontare degli investimenti è circoscritto rispettivamente al fabbisogno di case alberghi e di pensionati per persone anziane ed a quello di case geriatriche e per invalidi o inabili. Si ha ri­spettivamente:

- per case alberghi e pensionati (14.000 po­sti) 42 miliardi di lire in base ad un costo stan­dard di 3.000.000 al posto letto.

- per case geriatriche e per invalidi ecc. (9.300 posti) 37,2 miliardi di lire, in base ad un costo standard di 4.000.000 al posto letto. Complessivamente l'entità degli investimenti ammonterebbe a circa 79,2 miliardi di lire, da ri­partirsi come si è detto in misura uguale tra l'a­rea ecologica Torinese ed il resto Piemonte.

 

Dotazioni per l'impianto delle Unità locali dei servizi sociali

Secondo il modo di valutazione prima indicato, l'ammontare degli investimenti necessari per l'approntamento di queste infrastrutture si aggi­rerebbe complessivamente, in base all'entità di investimenti prevista per le Unità Sanitarie Lo­cali sui 7 miliardi di lire circa, di cui 3,4 miliar­di concernenti l'area ecologica e 3,6 concernenti il resto territorio piemontese.

 

Totale degli investimenti occorrenti per i servizi dell'assistenza sociale

L'adeguamento dell'intero impianto di infra­strutture richiesto dalla indicata ristrutturazione del sistema di servizi dell'assistenza sociale, in riferimento alla popolazione al '75 ed alle linee di intervento ipotizzate, comporterebbe in com­plesso una entità di investimenti pari a circa 147,1 miliardi di lire, di cui 79,8 nell'area ecolo­gica torinese e 67,3 nel resto del territorio pie­montese.

 

 

 

 

(1) Ad esempio nel contesto dell'impianto sanitario, le prestazioni di riabilitazione motoria, fisioterapiche, di corre­zione del linguaggio ecc.; nel contesto dell'impianto scolastico l'istruzione degli handicappati ecc.

In questo processo di revisione e rinnovamento particolare attenzione è richiesta dal problema della formazione e preparazione professionale degli operatori sociali. Esso vi appare infatti come uno dei campi più scoperti dell'attuale si­stema di istruzione e di formazione professionale.

(2) Rimane purtroppo del tutto da affrontare la complessa problematica dei costi di gestione dell'attuale sistema di assistenza sociale, nonché della spesa pubblica già oggi impegnata nel settore e della sua riqualificazione quantitativa e qualitativa in riferimento sia ad una, per sé, più efficiente utilizzazione delle risorse impiegate, sia alle prospettive di rin­novamento e ristrutturazione funzionale ed organizzativa del sistema di assistenza sociale.

(3) ISTAT, Annuario statistico dell'assistenza e della previdenza sociale, vol. XVIII pubblicato nel 1971.

(4) Regione Piemonte, Assessorato alla Sicurezza Sociale: risultati indagine sugli asili-nido al 31-12-1971.

(5) Il riferimento alla popolazione piemontese viene fatto convenendo per definizione che lo scarto tra gli assistiti provenienti dall'esterno della regione e gli assistiti piemontesi ricoverati fuori regione sia uguale a zero o comunque di peso non rilevante. D'altra parte occorre muoversi in linea di principio affinché, nel rispetto della libera scelta personale, i soggetti trovino piena assistenza nei rispettivi contesti socio-territoriali. La popolazione residente al 31-12-1961 risultava di 3.924.531 abitanti.

(6) Analoga linea di tendenza si rileva dal raffronto dei dati riferiti a tutto il territorio nazionale. Considerando i rag­gruppamenti adottati i valori si presenterebbero nel seguente modo:

                                                 1968                           1961                  variazione

minori di 18 anni                  214.019                      248.453                        13,9%

adulti                                     20.500                        18.900                     + 8,40%

anziani                                127.861                      113.042                      +13,1%

Il rapporto tra assistiti e popolazione complessiva darebbe rispettivamente al 1968 ed al 1961 i seguenti valori:

minori 4,0% e 4,9%; adulti 0,4% e 0,4%; anziani 2,4% e 2,2%; totale assistiti 6,8% e 7,5%.

(7) Il fenomeno dell'aumento della propensione al ricovero ha certamente un suo non trascurabile peso, che po­trebbe essere meglio individuato se si potesse valutare la quota di domanda non soddisfatta che si riscontra nell'attuale sistema (anche per le carenti condizioni di idoneità dell'apparato ricettivo). Tale fenomeno va comunque considerato alla luce delle modificazioni producentisi nella struttura e nei comportamenti dei nuclei familiari, che determinano quel pro­cesso di trasformazione della famiglia dal tipo patriarcale e complesso al tipo uniparentelare o unicellulare, in cui le per­sone anziane sono praticamente isolate e poste in condizioni di dover rimediare alle loro diminuite capacità di vita auto­noma ed autosufficiente ricorrendo a servizi e strutture collettive. Poiché attualmente queste sono quasi esclusivamente rappresentate da dotazioni di ricovero è evidente che la domanda confluisca su tali tipi di attrezzature.

(8) È mancata tra l'altro la possibilità di individuare i dati riguardanti il settore del disadattamento sociale, che in parte potrebbe essere già compreso tra i dati dell'Istat, ma che in parte certamente esula dalle informazioni utilizzate.

(9) Si pensi da una parte al sistema di trattamento in «batteria» dei bambini che sconvolge il loro naturale bisogno di un rapporto diretto, «personale» con la persona di riferimento e dall'altra allo schema rigido, anelastico, derivante dall'attuale schema organizzativo funzionale, che presiede alla collocazione dei dispositivi di servizio in rapporto alle resi­denze e alla affluenza dei bambini; schema che dovrebbe essere superato attraverso un'articolazione di servizio molto più flessibile che possa tra l'altro contemplare, nel caso, anche microdispositivi di «caseggiato» o simili, strutturati in modo tale da poter seguire ed adattarsi alla mobilità della domanda, ivi compresa quella di emergenza.

(10) Appare tra l'altro auspicabile l'eliminazione, in linea di massima, dell'assistenza «collettiva» ai bambini non ancora del tutto divezzi. Eliminazione che dovrebbe essere resa possibile attraverso una adeguata ed uniforme revisione del sistema previdenziale esistente, permettendo alle madri - naturali o adottive o di chi nella famiglia si assume for­malmente il carico del bambino - di potersi dedicare interamente all'assistenza del bambino fino al termine del periodo interessato.

(11) D'altra parte l'entità delle carenze in tal modo già riscontrabili è tale da costituire una massa di impegni tecni­camente impossibili da assolvere per intiero nel breve periodo.

(12) Il paradigma adottato è il seguente:

classi di ampiezza dei comuni distribuzione della popolazione       percentuale dei bambini           standard dei posti

                                                                 residente                     da assistere negli asili-nido      asilo-nido occorrenti

inferiori a 1.000 ab.                                        7,4                                                 -                                           -

da 1.000 a 2.500 ab.                                    13,3                                                2                                     0,27

da 2.500 a 5.000 ab.                                      9,5                                                4                                     0,38

da 5.000 a 10.000 ab.                                  10,5                                                8                                     0,84

da 10.000 a 20.000 ab.                                  6,8                                              12                                     0,82

da 20.000 a 30.000 ab.                                  6,7                                              16                                     1,07

da 30.000 a 50.000 ab.                                  7,8                                              20                                     1,56

oltre 50.000 ab.                                            11,2                                              24                                     2,69

città di Torino                                               26,8                                              28                                     7,50

TOTALE                                                     100,0                                                 -                                   15,13

(13) Per questi si presenta d'altronde molto più complessa e difficile la configurazione di un criterio «obiettivo» di riconoscimento, in quanto la loro individuazione è funzione del relativo modello culturale che assume storicamente il con­testo sociale. Pare comunque opportuno segnalare qui l'opinione che anche questo campo di intervento venga totalmente affidato, nei modi opportuni, alle competenze proprie dell'assistenza sociale, anche per quanto riguarda l'azione verso gli individui imputati di «oggettivi» comportamenti devianti che cadono sotto la competenza del Ministero di Grazia e Giustizia.

(14) Queste previdenze che in un primo momento possono essere avviate nel quadro del sistema di gestione vigente, dovranno trovare la loro fonte di erogazione organica nell'ambito di quella ristrutturazione della previdenza sociale indi­cata nella premessa a questo capitolo.

(15) In modo del tutto approssimativo si ritiene che l'utilizzazione diretta delle infrastrutture pubbliche esistenti possa essere indicativamente riferita ad alcune centinaia di casi.

(16) Queste dotazioni, come anche, per un certo verso, quelle indicate sub c) potrebbero in effetti essere predi­sposte per una domanda ben più ampia di quella circoscrivibile alle persone anziane od invalide. Qui preme soprattutto sottolineare la necessità che una determinata entità di attrezzature del tipo sia comunque messa a disposizione per la popolazione qui considerata.

(17) È chiaro che la tipizzazione adottata non costituisce uno schema rigido di impianti, essa individua sul piano logico i termini che si possono considerare estremi del modello infrastrutturale: la realizzazione pratica dell'impianto infrastrutturale richiederà l'adozione di criteri flessibili in modo da attuare un dispositivo di servizi aderenti alla realtà dei contesti socio-territoriali.

Si tenga inoltre presente l'opportunità di istituire, in funzione di tutto il sistema di servizio, anche un certo dispositivo di attrezzature ricettive dislocato in zone climatiche (in regione e fuori) per ovviare a quelle esposizioni ed eventi mor­bosi determinate su certi stati di salute dalle condizioni ambientali proprie dei contesti in cui vivono normalmente i soggetti assistiti.

(18) La logica degli interventi richiede di esperire innanzitutto tutto il potenziale di soluzione insito nei provvedi­menti di cui ai punti a) e b) unitamente all'instaurazione adeguata di quei servizi assistenziali domiciliari e aperti di sup­porto che rendano possibile la permanenza degli anziani nelle strutture abitative normali.

L'allestimento delle attrezzature collettive apposite deve quindi riferirsi alla quota residua che non può essere vali­damente assistita nell'ambito delle precedenti modalità d'intervento.

(19) Vedi il paragr. 5.2.1.1.

 

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