Prospettive
assistenziali, n. 19, luglio-settembre 1972
STUDI
I.R.E.S.
RAPPORTO PRELIMINARE
DEL PIANO DI SVILUPPO DEL PIEMONTE
Pubblichiamo,
come utile contributo, la parte relativa all'assistenza
del rapporto preliminare del piano di sviluppo del Piemonte redatto dall'I.R.E.S. (Istituto di ricerche economiche e sociali).
5.2.
Assistenza sociale
5.2.1.
Campo di intervento,
esigenze ed orientamenti di riforma del servizio
5.2.1.1.
Integrazione del settore nel quadro generale
dei servizi sociali e deistituzionalizzazione del
sistema di servizio
Con la denominazione di Assistenza
Sociale si intende oggi indicare comunemente il campo di intervento volto a
cogliere e a rimediare alle particolari condizioni di bisogno in cui versano
gruppi, categorie di persone a causa sia di circostanze particolari, che influiscono
sulle loro possibilità di vita e di relazioni
sociali, sia di impedimenti specifici che memomano
la loro personalità psico-fisica.
Si possono così distinguere, per grandi linee due
tipi di domanda assistenziale.
Da un lato si può considerare la domanda determinata
sostanzialmente da situazioni di precarietà del livello di vita
socio-economico: persone prive o con insufficiente disponibilità di mezzi
economici - o perché definitivamente fuori delle attività produttive (anziani),
o perché economicamente emarginate da varie
particolari vicende (disoccupazione, malattia, ecc.) - e persone in
difficoltà particolari perché estromesse dalla normale fruizione di una serie
di servizi sociali collettivi (abitazione, assistenza sanitaria, istruzione) a
causa del livello e delle modalità di sviluppo dell'organizzazione civile.
Questo settore di problemi ha il suo alveo naturale
di soluzione nel quadro della politica di riforme e di
adeguamento che ci si propone di perseguire, come livello di organizzazione dell'intero
sistema sociale, nei campi della difesa della salute, dell'istruzione, della
previdenza sociale, dell'abitazione, del tempo libero ecc..., al fine di
garantire a tutti i cittadini uniformi ed adeguate possibilità di fruizione di
questi servizi. Al campo specifico dell'assistenza sociale, o al suo
dispositivo organizzativo e funzionale, rimarrebbe più che altro il compito di
intervenire ed ovviare con provvedimenti opportuni al verificarsi di
situazioni particolari di insufficienza e di
difficoltà di inserimento dei soggetti nel circuito normale del sistema e/o
alle eventuali disfunzioni marginali del sistema stesso.
Dall'altro lato si può considerare la domanda assistenziale riconducibile a carenze delle capacità di
azione intrinseche degli individui, per i quali il supporto compensativo del
nucleo famigliare o non esiste o non è in grado di fornire condizioni di
esistenza accettabili: soggetti con handicaps fisici,
psichici e sensoriali; bambini in situazione di abbandono, orfani ecc.; anziani
non autosufficienti, minori socialmente disadattati ecc.
Questo settore delinea
quindi il campo di intervento proprio e specifico dell'assistenza sociale, il
cui compito precipuo, inteso come servizio dovuto alle persone che presentano
particolari condizioni di bisogno, non può essere circoscritto a garantire le
condizioni di sussistenza ma deve riuscire a reinserire e a mantenere nel
sistema normale di relazioni sociali queste persone sia fornendo loro gli
elementi sussidiari affinché, per quanto è possibile, venga neutralizzata la
loro condizione di inferiorità sia, nel contempo, intervenendo nel contesto
ambientale per rimuoverne gli atteggiamenti e i comportamenti di rifiuto
sociale verso queste categorie di cittadini.
A tutt'oggi nello sviluppo del nostro sistema sociale non si è
ancora dato luogo ad un dispositivo di intervento conforme a tale indirizzo di
fondo e valido a cogliere tutta la complessa realtà dei fabbisogni. Basti
pensare a due aspetti che caratterizzano l'attività in questo campo, in cui per
altro vengono dispiegate una massa ingente di
iniziative, di forze e di mezzi. Il primo è l'aspetto giuridico istituzionale
che qualifica tuttora questi interventi come attività di beneficenza, in cui
l'impegno pubblico non riesce a determinare una coerente ed organica politica di intervento rispondente all'entità dei mezzi impiegati.
Il secondo è dato dalle modalità con cui si realizzano gli interventi, che mentre operano, con una
rigida settorializzazione specialistica, una
frantumazione del campo di intervento estremamente negativa per la
funzionalità del sistema di assistenza, attuano un processo d'isolamento dei
soggetti attraverso forme di istituzionalizzazione, che, per il modo con cui
sono organizzate e dimensionate, negano loro ogni possibilità di
socializzazione.
Il sistema attuale si qualifica in sostanza, a parte
ancora le sue carenze strutturali e funzionali
intrinseche, come un sistema di emarginazione e di esclusione sociale che non
può più essere tollerato come linea di comportamento dell'organizzazione
sociale.
Per altro è in atto nel nostro paese un profondo ed
esteso processo di revisione e di rinnovamento il cui
sbocco è la determinazione di un disegno politico unitario teso a realizzare un
processo operativo che da una parte superi, all'interno del sistema di
assistenza, la pletoricità di enti istituzioni ed
organismi e l'enfatizzazione delle strutture e dei dispositivi specialistici e
che, per altra parte, inverta, per quanto è possibile, la tendenza alla
istituzionalizzazione emarginante attuando invece la massima integrazione di
questi interventi nel quadro dei servizi sociali comunitari. Ciò comporta oltre uno stretto ed organico coordinamento l'inserimento
nello stesso impianto di questi servizi (sanitari, scolastici, per il tempo
libero ecc.) di quei dispositivi atti a fornire le prestazioni specialistiche
richieste dai soggetti indicati ed a permettere che essi fruiscano assieme
agli altri delle funzioni proprie di questi servizi (1).
5.2.1.2.
Il modello di organizzazione
territoriale e funzionale integrata: le Unità locali dei servizi sociali
Senza addentrarsi nella complessa
problematica e nella serie di indicazioni operative particolari, che
essa implica sul piano di una organica programmazione di interventi (la cui
impostazione richiede per altro lo sviluppo di un discorso politico
amministrativo che non è possibile in questa sede di primo approccio
orientativo) pare opportuno sottolineare le implicazioni di ordine più generale
che già così si propongono a livello dell'organizzazione territoriale del sistema
regionale. Dette implicazioni si riassumono nella esigenza
di attuare un dispositivo di servizi unitari, organicamente aderente alla
realtà dei fabbisogni dei vari contesti e capace di risolverli nell'ambito
comunitario più adeguato a garantire l'efficienza delle prestazioni mantenendo
i soggetti inseriti nel loro naturale ambito di vita.
Il modulo organizzativo di base viene individuato,
ormai comunemente, nell'Unità Locale dei Servizi Sociali, che viene concepita come l'organismo unitario a cui compete,
nell'ambito di definiti contesti socio-territoriali opportunamente
dimensionati ed articolati, promuovere e presiedere sistematicamente a tutta
l'attività di assistenza, svolgendola ai livelli tecnici ed organizzativi
adeguati alle particolari caratteristiche dei fabbisogni e coordinandola con le
attività degli altri servizi.
Essa nella sua articolazione di funzioni, si propone quindi come un dispositivo totalmente integrato
con le altre forme di organizzazione dei servizi, in special modo con quelle
attinenti alla sfera sanitaria. Essa deve inoltre realizzare nelle forme più
ampie e profonde possibili una gestione democratica attraverso una reale
partecipazione e responsabilizzazione dei cittadini.
Questo comporta un particolare modo di concepire e proporre l'organizzazione dei servizi a
livello comprensoriale e quindi il sistema di intervento della regione, la cui
sfera d'azione, anche se al momento attuale appare purtroppo alquanto
limitata nel merito degli aspetti funzionali propri del settore in oggetto,
dispone comunque - e si pensi tra l'altro allo strumento, della politica
urbanistica e dell'organizzazione territoriale - di un campo di opzioni che
possono già rilevantemente influire sul sistema di articolazione
dell'impianto di infrastrutture sul territorio.
Si rende perciò necessario, come compito più
immediato, un approfondimento particolare di questi aspetti organizzativi delle
attività di assistenza al fine di configurarne la
loro possibile articolazione, coerente con le caratteristiche socio-territoriali della regione e di rilevarne le interdipendenze,
le correlazioni funzionali e i condizionamenti che comportano sul sistema di
impianto degli altri servizi, che in vario modo e misura attingono alla sfera
di responsabilità operative della Regione.
5.2.2.
La situazione attuale dei servizi in
Piemonte e le indicazioni di intervento
5.2.2.1.
Il limite delle analisi
Nel cercare di delineare il
carico di servizi che il contesto regionale propone per soddisfare le esigenze
che emergono in questo campo di attività e per evolvere il sistema di
assistenza sociale secondo i presupposti e le linee di tendenze indicate, non
è stato possibile, per il livello delle informazioni disponibili, partire da
una analisi estesa ed esauriente della situazione esistente.
Si sono perciò utilizzati i dati più recenti forniti
dall'Istat, sulla consistenza della popolazione ospitata in istituti assistenziali, ricavandone una
indicazione di larga massima sull'entità e le caratteristiche più salienti dei
vari tipi di fabbisogni.
Similmente nelle indicazioni di intervento
ci si attiene ad una prima individuazione orientativa che non affronta la
trattazione dei vari e complessi problemi specifici, ma si limita a circoscrivere,
sulla base delle ricognizioni precedenti, i comparti d'intervento di maggior
rilievo e le linee e gli obiettivi operativi di massima in modo da poter
cogliere, nell'approssimazione possibile, le modalità fondamentali qualitative
e quantitative degli impegni che si presentano all'organizzazione sociale.
Impegni di cui qui si cerca di valutare il costo unicamente nel
quadro del piano economico regionale (2).
5.2.2.2.
Le strutture e le modalità
dell'assistenza attuale
Un quadro indicativo delle caratteristiche più salienti con cui si realizza attualmente sul piano
strutturale l'intervento assistenziale nella regione piemontese può essere
desunto, nei suoi aspetti d'insieme, unicamente dai dati dell'Istat, che riportano la situazione del 1968 (3).
A questi dati, riportati nel prospetto accluso, è
stato possibile aggiungere, grazie ad una recente
indagine della Regione, le informazioni concernenti la disponibilità attuale
di asili nido (4). Questo ultimo campo di intervento
viene comunque osservato a parte sia per il diverso riferimento temporale dei
dati, sia soprattutto per le particolari caratteristiche funzionali che lo distinguono
nel contesto del sistema di assistenza sociale.
Procedendo per grandi linee, i vari aspetti della situazione possono essere così riassunti:
Le dotazioni di asili
nido
L'impianto di dotazioni, sia di iniziativa
pubblica che privata, esistente nella regione è costituito da 97 asili nido
per un totale di 4755 posti. Rispetto alla popolazione in classe di età da
Circa il 58% dei posti in uso (2.762) risulta dislocato nell'area ecologica torinese e rappresenterebbe
una disponibilità di circa 3,1 posti ogni 100 bambini, mentre nel resto del
Piemonte si avrebbe con 1 993 posti una disponibilità pari a 2,2 posti ogni 100
bambini.
Dotazioni per minori, handicappati,
anziani ecc.
L'insieme delle dotazioni ricettive esistenti in
Piemonte al 1968 ricoverava una popolazione complessiva di 42.392 individui. Tale entità risulta solo di poco superiore a quella segnalata per
il 1961.
Per quanto riguarda all'età essi risulterebbero
così distribuiti:
1968 1961 1961/68
minori di 18 anni 17.663 20.896 - 15,5%
adulti tra i 19 e 59 anni 3.000 3.100 - 3,2%
anziani oltre i 60 anni 21.729 17,662 + 23%
Totale 42.392 41.658 + 1,8%
I dati concernenti la classe
di età tra i 19 e 59 anni sono il risultato di una stima operata sulla scorta
della distribuzione per età della popolazione in quanto le indicazioni dell'Istat per le varie forme di assistenza riferiscono
sistematicamente solo la classe di età inferiore ai 18 anni.
Appare abbastanza evidente la tendenza ad una
diminuzione relativa dei ricoveri in istituto se si tiene presente l'incremento
di popolazione che si è avuta in Piemonte tra i due anni considerati (509.062 ab., 13% circa) (5). Il fenomeno
si presenta nettamente per quanto riguarda i minori, con una diminuzione
assoluta di oltre 3 200 individui (6). Per gli anziani si ha invece un notevole aumento in assoluto dei ricoveri che però non
sta a significare tanto un aumento della propensione al ricovero (7) quanto
piuttosto una conseguenza dell'aumento di popolazione e del suo processo di
invecchiamento determinatisi dal '61 al '69: si stima che l'incidenza delle
classi di età dai 60 anni in poi sia passata nel periodo dal 18% al 20% circa.
La tendenza osservata trova chiara conferma se si
considerano i valori del rapporto tra la popolazione
ricoverata e la popolazione complessiva nei due anni a riferimento:
n. ricoverati ogni mille abitanti
1968 1961
minori
di 18 anni 4,1 5,3
adulti
tra 19 e 59 anni 0,7 0,8
anziani 5,0 4,5
È chiaro che per una ricognizione più significativa
del fenomeno occorrerebbe poter prendere in esame tutto l'insieme dei soggetti
che sono a carico del sistema di assistenza,
comprendendo anche gli assistiti fuori degli istituti di ricovero e il
meccanismo dei rapporti tra il momento esterno e quello interno, o meglio
ancora poter accertare la dimensione reale e le modalità di convogliamento
della domanda di assistenza; aspetti questi che, assieme a quelli concernenti
le motivazioni palesi ed occulte influenti sulla dinamica della
istituzionalizzazione, purtroppo sfuggono alle presenti possibilità di indagine
(8).
Similmente sfugge all'osservazione la individuazione,
sia pur approssimata, del livello di idoneità
funzionale e strutturale riconoscibile agli istituti di ricovero che operano
nella nostra regione. È questo un fattore non indifferente per comprendere e
qualificare, per altro verso, le caratteristiche del fenomeno e sottolineare l'urgenza di un intervento organico ed
adeguato nel settore.
Occorre però dire che, quantunque
questo ultimo aspetto assuma un rilievo sociale decisamente importante, esso
è in sostanza relativamente estraneo all'assunto di fondo che deve orientare
la riforma e l'intervento nel campo assistenziale e che ha per obiettivo
diretto la riduzione massima possibile del ricorso agli istituti - creando
servizi integrati nel contesto comunitario locale, - e non la realizzazione di
istituti migliori (anche se è evidente che nella misura con cui questi
permangono essi devono rispondere a rigorosi standard ottimali di ricettività
e di prestazioni).
5.2.2.3.
Indicazioni di intervento
Le indicazioni di intervento,
per i limiti del presente rapporto, - già più volte esposti - non entrano nel
merito degli specifici aspetti organizzativi funzionali né affrontano le
problematiche particolari delle varie forme e settori in cui si articola il
campo assistenziale. Esse si propongono unicamente di
individuare in prima approssimazione, secondo gli indirizzi generali precedentemente
enunciati, alcune linee guida operative del processo di rinnovamento del
sistema e, nell'ambito di queste, la tipologia fondamentale e l'entità
dell'impianto infrastrutturale occorrente per far
fronte alla domanda di servizio così determinata.
Le indicazioni di intervento
vengono delineate in riferimento ai comparti di servizio indicati nel paragrafo
precedente e concernono rispettivamente le infrastrutture ricettive degli
asili nido, le infrastrutture ricettive per i minori in condizioni di
abbandono o handicappati, le infrastrutture ricettive per gli adulti e quelle
per gli anziani. Inoltre si è cercato in ultimo di valutare, in termini di
ancor più larga massima, l'impegno determinato dalle attrezzature richieste per
l'attuazione della rete delle Unità Locali dei servizi
sociali.
1)
Asili nido
Occorre innanzitutto
sottolineare una riserva di fondo che s'impone nell'affrontare il problema
delle dotazioni occorrenti per questo tipo di servizi. Riserva che riguarda il
grado di validità stessa del servizio, nei confronti dei soggetti assistiti, e
delle modalità con cui oggi è prospettato il sistema
di impianto (9). Sono ormai ampiamente riconosciuti
gli effetti negativi che queste modalità di assistenza comportano sulla formazione
della personalità di base dell'infante, per cui l'intervento
dell'organizzazione sociale appare più che altro funzione dei bisogni e delle
carenze del nucleo famigliare, determinati dai condizionamenti, dalle
caratteristiche e dai limiti del sistema socio-produttivo.
È questo un settore di intervento
i cui contenuti specifici appaiono tuttora delineati in modo approssimato e
provvisorio ed in cui è perciò facile attestarsi su linee di intervento
negative rispetto alla soluzione reale dei problemi, malgrado le buone
intenzioni delle iniziative. Esso richiede ancora un ampio sforzo di indagine e di studio per determinare il campo di
interventi più proprio ed opportuno (10) e le modalità più consone di
impostazione, di funzionamento e di organizzazione, capaci di rispondere ai
bisogni di intervento esterno delle famiglie salvaguardando le esigenze del
bambino.
È per altro comunque
evidente nella presente situazione la necessità impellente di predisporre in
modo organico e tempestivo una sufficiente entità di dotazioni che (sia pure
negli attuali limiti funzionali) permetta di far fronte ai fabbisogni delle
famiglie oggi non altrimenti rimediabili - determinati come sono dall'attuale
livello di sviluppo del sistema sociale - e la cui mancanza di riscontro
diretto può dar luogo a situazioni ancor più deleterie per il bambino e,
talora, a fenomeni intollerabili di organizzazioni informali e anomali, al di
fuori di ogni minima garanzia assistenziale.
In questo senso la domanda di servizio va
strettamente connessa con le modalità di occupazione
della popolazione, della struttura, distribuzione e dinamica demografica,
della trasformazione delle strutture familiari ecc.
Pertanto dalle modalità di emergenza
e di qualificazione di questi fattori nel contesto socioterritoriale si
ricava una gamma di situazioni che determinano in diversa misura la domanda ed
il fabbisogno di servizio.
Per l'ipotesi di lavoro qui assunta si è adottato il
fattore demografico come l'indicatore riassuntivo dell'emergenza di questi
elementi di attivazione della domanda, date le
determinanti connessioni ed interdipendenze che in genere esso presenta con
l'assetto e le modalità di sviluppo del sistema economico e sociale della regione.
Le modalità della distribuzione della popolazione sul territorio presentano al limite una situazione
che può essere indicata con livello zero di esigenze o con prevalenza di
fattori negativi (rispetto all'opportunità ed alla funzionalità della
istituzione) determinati da minima consistenza demografica degli insediamenti
e loro eccessiva dispersione, difficoltà logistiche, basso tasso di natalità,
apprezzabili presenze di gruppi famigliari integrati ecc. In questa situazione
ricadono in linea di massima comuni con popolazione inferiore ai mille
abitanti.
Per converso si ha una situazione con un livello massimo di richieste; determinate da grande
concentrazione urbana con rilevanti quote di occupazione femminile complessiva
(non solo quella in posizione dipendente), condizioni logistiche
relativamente positive, massimo di strutture famigliari unicellulari ecc.
Sulla base di questi due termini estremi si è formulata una
valutazione delle occorrenze di servizio e di dotazioni che non si prefigge di
massimizzare l'estensione del servizio (come avviene ad esempio per la scuola
materna) ma tende a contenere, entro termini che soddisfino il reale quadro
attuale di domanda, la dimensione proponibile dell'impianto di dotazioni (11).
La determinazione delle occorrenze è stata quindi effettuata tramite l'adozione di una serie di parametri che
variano in rapporto alla consistenza demografica dei comuni, ordinati per classi
di ampiezza in base alle caratteristiche della distribuzione degli insediamenti
nel contesto piemontese. I valori dei parametri tengono conto della posizione
geografica e delle relazioni territoriali dei comuni appartenenti alle varie
classi (considerando l'incidenza dei fattori di integrazione
territoriale tra comuni di diversa ampiezza) ed indicano la percentuale di
bambini da
Lo standard o parametro medio che si ricava in tal
modo in riferimento alla situazione piemontese nel
suo complesso risulta dell'ordine di 15 posti asilo-nido ogni cento bambini,
variando indicativamente da un massimo di 28 posti ogni cento bambini nella
città di Torino a 0 posti per i comuni inferiori a 1.000 abitanti.
Lo standard medio dell'area ecologica si aggirerebbe sui 20 posti asilo ogni cento bambini e quello
della restante parte del Piemonte su 10,6 posti ogni cento bambini.
Rapportando questi standard alla popolazione
prevedibile alla fine del
Il fabbisogno da apprestare
Sottraendo dalle cifre indicate le dotazioni attualmente
disponibili, il fabbisogno di asili-nido da soddisfare
si aggirerebbe sui 24.400 posti per la regione nel suo complesso; di cui 16.500
circa nell'area ecologica Torinese e 7.900 nel resto Piemonte.
2)
Dotazioni per l'assistenza ai minori
Poiché l'ipotesi di lavoro si circoscrive a delineare
obiettivi e modalità operative di massima, si prende in esame l'insieme del
campo assistenziale che concerne i soggetti in età inferiore ai 18 anni
assistiti negli istituti. L'insieme osservato, come si è già avvertito, appare però incompleto in quanto nell'accertamento non sono
inclusi i minori considerati in stato di disadattamento sociale (13).
Nel cercare di valutare l'entità e le
caratteristiche dell'impegno richiesto per la dotazione di un impianto infrastrutturale adeguato ai fabbisogni reali di servizio
di questo settore, si è operato facendo riferimento a due obiettivi:
1) Massimizzare l'assistenza presso le famiglie
(naturali o elettive) procedendo ad un esteso svuotamento del ricovero in
istituto, e quindi qualificando il ruolo dell'apparato assistenziale come organica attività di informazione, di organizzazione
e controllo, di sostegno ed integrazione tecnico funzionale dell'opera delle
famiglie.
2) Mutare radicalmente il sistema di
organizzazione del ricovero collettivo per tutti gli eventi in cui non
risulti possibile, per vari motivi, il ricorso all'assistenza presso le
famiglie.
Si tratta in questo caso di passare dai grandi
organismi collettivi isolati dal contesto sociale ad
un sistema di microorganismi integrati nel tessuto
sociale (comunità, focolari ecc...) che mantengano l'assistito nella vita della
collettività.
Questo orientamento operativo esige una totale
trasformazione dell'impianto infrastrutturale, richiedendo
infatti un supporto di microstrutture ricettive appositamente
allestite, fisicamente inserite ed integrate nelle unità residenziali, o
meglio all'interno delle normali strutture abitative.
Per questi nuovi organismi sostitutivi degli attuali istituti di ricovero, viene normalmente prospettata
una dimensione comunitaria di 8-15 unità ed un campo d'azione vincolato ad un
determinato ambito territoriale.
Accanto a questi presidii che vengono a costituire
la rete fondamentale di base locale, potrebbero poi occorrere anche organismi
di secondo livello di maggior dimensione, organicamente interconnessi con i
primi, e con ambiti di intervento territorialmente
più ampi, in corrispondenza a casi che richiedano interventi particolarmente
specifici e a carattere temporaneo.
Questi organismi, che per il loro maggior contenuto
tecnologico possiamo considerare come dei centri di terapia intensiva, possono
raggiungere, nel caso, dimensioni comunitarie varianti tra le 20 e 30 unità.
In questo quadro appare evidente come sia del tutto marginale la possibilità di impiego del sistema
funzionale e dell'apparato di infrastrutture attualmente utilizzati.
Nel determinare l'entità del nuovo impianto di infrastrutture da predisporre nell'ambito della regione,
a supporto del tipo di servizio sopra delineato, si è ritenuto ragionevole
supporre, tenuto conto della tendenza in atto, un processo di diminuzione dei
ricoveri, che, come obiettivo di un organico disegno di politica assistenziale
comportante un coerente programma di interventi sul piano della gestione,
riduca al 50% entro il '75, gli attuali casi di ricovero, trasferendoli alle
famiglie con un adeguato supporto di previdenze (14).
Rimarrebbero in tal modo circa 8 000 casi di minori
(15) per i quali il sistema di assistenza sociale
dovrà provvedere ad allestire nell'ambito del suo nuovo assetto organizzativo
un dispositivo di infrastrutture ricettive coerente con le indicazioni
enunciate.
3)
Dotazioni per l'assistenza agli adulti
Per l'insieme delle persone dai 18 ai 59 anni, che risulterebbero (secondo le stime possibili) assistiti presso
istituti di ricovero, a causa delle loro condizioni di inabilità o di invalidità,
il discorso presenta in parte caratteristiche analoghe a quello precedente.
Si ritiene però che in forza di situazioni ormai
consolidate, il processo di restituzione all'assistenza
famigliare presenti, nel medio periodo, relativamente scarse possibilità di
realizzazione. Pertanto si è ritenuto ragionevole prevedere per una quota parte
dei casi un intervento assistenziale apposito che si
realizzi attraverso organismi ed attrezzature ricettive di tipo comunitario,
inserite nel sistema abitativo così come già si è detto a proposito
dell'assistenza ai minori.
Per una parte dei casi, con un più alto ed irreversibile
grado di minoranze e di incapacità di autonomia si è
ritenuto qui opportuno assimilare l'intervento assistenziale a quello previsto
per le persone anziane in analoghe condizioni di bisogno.
In linea indicativa, l'entità delle infrastrutture
ricettive apposite, di tipo comunitario, è stata
stimata equivalente alla metà dei casi che attualmente costituirebbero
l'insieme degli «adulti» ricoverati; 1.500 unità circa.
4)
Dotazioni per l'assistenza agli anziani
Nell'ambito dell'ampia problematica che si riferisce
all'«assistenza agli anziani» gli aspetti che investono il problema delle
attrezzature ricettive possono essere sinteticamente ricondotti alle seguenti
modalità di soluzione, che comportano livelli diversi di organizzazione
secondo la tipologia dei bisogni presenti nella realtà del contesto sociale:
a) Allestimento di strutture residenziali normali,
particolarmente predisposte, come condizioni abitative, per la residenza di
persone anziane autosufficienti ed in grado di
provvedere in modo autonomo alla loro vita individuale. Si
tratta di riservare sistematicamente a queste persone una quota proporzionale
di alloggi, scelti e qualificati sul piano edilizio con opportuni criteri
(esposizione, verde, installazione ai piani non elevati, particolare attenzione
nell'eliminazione delle barriere architettoniche e nell'impianto delle
strutture interne ecc...).
b) Allestimento di strutture
residenziali con servizi domestici centralizzati: «alloggi collettivi». Anche questo tipo di strutture ricettive, da
destinare a persone autonome parzialmente autosufficienti, deve far parte
delle strutture edilizie previste per la normale domanda di abitazioni
(16).
c) Allestimento di «case albergo», pensionati ecc., concepite come strutture residenziali autonome
inserite nel sistema residenziale. Esse, destinate in linea di massima alle
persone anziane sane ed autonome ma non autosufficienti, devono prevedere una organica e permanente presenza al loro interno di
servizi di assistenza.
d) Allestimento di «case geriatriche o per persone inabili ed invalide»: si tratta di strutture
ricettive in cui occorre predisporre un apparato assistenziale di alto livello
per far fronte ai bisogni di persone impedite o menomate gravemente nella
loro sfera di azione e non in grado di svolgere autonomamente in modo
sufficiente le attività elementari di sussistenza (alimentarsi, vestirsi,
operazioni igieniche ecc.) .
Esse necessitano di un
costante e diretto intervento assistenziale, specificamente organizzato che
costituisce la qualifica fondamentale di questa sfera di servizi anche se essa
presenta una forte incidenza di fattori sanitari.
Queste attrezzature di servizio si intendono
per definizione estese alle persone non anziane in analoghe condizioni di
invalidità. Le modalità del loro insediamento devono costantemente tenere
presenti il mantenimento dei rapporti dei soggetti con il loro ambiente naturale
di vita e l'esigenza di evitare la costituzione di organismi
eccessivamente dimensionati in cui vengano a dissolversi le possibilità di un
sistema di relazioni comunitarie.
Le attrezzature ricettive indicate
ai punti a) e b) sono da considerarsi come particolari modalità del sistema
abitativo normale. Esse rientrano nel quadro dei
provvedimenti e degli investimenti sociali per la casa, valutati in altra sede
e non costituiscono un apparato infrastrutturale
specifico e proprio del servizio di assistenza sociale. Il sistema di assistenza sociale viene coinvolto in quanto gli compete
di seguire e sussidiare, secondo varie forme e misure di intervento, i
soggetti anziani e le loro condizioni di vita (interventi a domicilio ecc...).
Le attrezzature ricettive indicate
ai punti c) e d), vengono qui intese come costituenti un apposito impianto infrastrutturale strettamente pertinente al campo di
intervento dell'assistenza sociale, date le connotazioni specifiche che assumono
i contenuti dei servizi e gli apparati organizzativi specializzati richiesti
(17). Gli investimenti necessari per questi due tipi indicativi di infrastrutture vengono quindi assegnati al settore
dell'assistenza sociale.
È evidente che per queste attrezzature di servizio viene esclusa ogni connotazione di ricovero per persone
indigenti. Questo aspetto si pone come problema dell'intervento economico da risolvere
a livello previdenziale e non a livello della
qualificazione di questi tipi di servizio e del loro impianto ricettivo.
Per la valutazione dell'entità di attrezzature
ricettive occorrenti nella regione - operando in assenza di indicazioni
parametriche sistematiche - si è seguito un duplice tipo di approccio: si è
per primo ritenuto ragionevole configurare la dimensione complessiva della
domanda di attrezzature specifiche per gli anziani nella dimensione del 3%
degli individui appartenenti alla classe di età oltre i 60 anni. Tale quota è
supposta nell'ipotesi di attuazione dei primi due
tipi di intervento riguardanti il sistema abitativo (18).
In base alla popolazione prevedibile al 1975 ed alle
caratteristiche della sua composizione per età la domanda così individuata si
aggirerebbe sui 28.000 posti circa. A questi si aggiunge il numero stimato di
persone invalidate tra i 19 e i 59 anni (1.500 unità) per le
quali si è prospettato un intervento assistenziale assimilabile a quello
per gli anziani. Si avrebbe così una occorrenza
complessiva di circa 29.500 posti.
La suddivisione di questo insieme di
impianti nei due tipi di infrastrutture sopra indicati è stata operata
configurando l'entità della occorrenza di case geriatriche e per invalidi in
base ad uno standard di due posti letto ogni mille abitanti. Lo standard è
stato determinato includendo anche quella quota di attrezzature,
pari a un posto letto ogni mille abitanti, che si è ritenuto più opportuno
escludere dal novero delle dotazioni ospedaliere, propriamente dette, in quanto
pur presentando una estesa caratterizzazione sanitaria (cronici, persone in
situazioni di salute debilitata ecc...), mantengono una prevalente connotazione
assistenziale. In base alla popolazione prevedibile al '75, il numero dei posti
letto da assegnare alle attrezzature di questo tipo si
aggirerebbe sulle 9.300 unità per l'intera regione.
Di conseguenza la domanda di case albergo
o pensionati per anziani verrebbe a configurarsi intorno ai 20.200 posti letto.
Ritenendo in linea cautelativa che delle infrastrutture attualmente
impiegate per il ricovero degli anziani, valutabili in circa 25.000 posti
letto, un quarto circa possa essere ancora convenientemente utilizzato si
verrebbe ad individuare un fabbisogno di circa 14.000 posti letto in case
albergo o pensionati.
Entrambi i tipi di infrastrutture
indicati vengono assegnati in pari misura sia all'area ecologica torinese,
sia al resto della regione, in considerazione del grado di approssimazione con
cui si è proceduto alla stima delle occorrenze e per cui si ritiene che tendano
a compensarsi le diverse esigenze che emergono dai due contesti osservati,
date le loro caratteristiche socio-ambientali (minor incidenza di persone
anziane ma un maggior fabbisogno relativo di interventi nell'area ecologica e
viceversa maggior numero di persone anziane ma minor insorgenza di fabbisogni
di questo tipo nel resto Piemonte).
Dotazioni per l'impianto delle Unità
locali dei servizi sociali
L'organizzazione sistematica ed unitaria del dispositivo funzionale del «settore» dell'Assistenza
Sociale richiede poi la predisposizione di una certa entità di impianti infrastrutturali atti a recepire, attraverso
l'articolazione sul territorio delle Unità Locali di servizio, sia quelle
strutture aperte di tipo ambulatoriale non inquadrabili, per diverse ragioni,
nell'ambito delle infrastrutture di ricovero prima considerate, sia l'apparato
dei servizi organizzativi, amministrativi ecc... che devono presiedere alla
erogazione dell'insieme delle prestazioni.
Si è già avuto occasione di sottolineare
l'esigenza che questo apparato funzionale sia attuato in modo integrato con
il dispositivo funzionale degli altri servizi presenti sul territorio (19). In
sede operativa, dato il più intenso ed organico sistema di interdipendenze
che si stabiliscono con il campo di funzioni più propriamente finalizzato alla
difesa e promozione della salute, appare chiaramente necessaria l'unificazione
in un unico dispositivo di rete dei due sistemi di servizi, identificando
quindi a livello territoriale l'impianto delle Unità Sanitarie Locali e delle
unità locali dei Servizi sociali e predisponendo conseguentemente un unico
contesto di infrastrutture ricettive, in cui sia gli uni che gli altri
apparati di servizi vengano organicamente inseriti, dando luogo ad un unico
integrato sistema funzionale e gestionale pur nella naturale distinzione di
attività.
Tenendo presente che mentre per le Unità Sanitarie
Locali è possibile l'impiego di cospicui apparati infrastrutturali
già esistenti, per il servizio sociale occorre produrre praticamente
ex novo tutta la quota di infrastrutture da esso postulato, si è ritenuta in
linea indicativa, di configurare l'impegno derivante dall'approntamento di
questi impianti aggiuntivi in una misura pari ad un terzo degli impegni prima
previsti per l'approntamento degli impianti ricettivi dell'Unità Sanitaria
Locale (tenendo conto che l'occorrenza di dotazioni infrastrutturali
per le attività dell'assistenza sociale si presenta apprezzabilmente inferiore
a quella richiesta dalle attività sanitarie).
5.2.3.
Stima degli investimenti occorrenti al 1975
5.2.3.1.
Gli investimenti occorrenti in complesso
per normalizzare la situazione di servizio
1)
Asili nido
Per normalizzare la situazione di servizio secondo
il quadro di riferimenti indicati, la realizzazione del fabbisogno individuato
di nuove infrastrutture comporterebbe un impegno finanziario per costi di
costruzione ed arredamento dell'ordine di grandezza di
39 miliardi, di cui 26,4 miliardi per i fabbisogni riferiti all'area ecologica
torinese e 12,6 miliardi per i fabbisogni riferiti al resto del territorio
piemontese.
L'ammontare degli investimenti è stato stimato
assegnando un costo standard di circa 1.600.000 lire per costruzioni ed
attrezzature di ogni posto di asilo nido, prevedendo
una dimensione media ottimale (20) per ogni unità di servizio di 40 posti (con
un livello massimo da non superare di 60 posti).
2)
Dotazioni per minori
Per i circa 8.000 posti in cui si è individuata la
dimensione delle nuove strutture ricettive comunitarie
assegnate all'assistenza ai minori dei quali occorre provvedere il ricovero,
l'ammontare degli investimenti si aggirerebbe sui 18,4 miliardi di lire.
Questi interventi, in coerenza col principio della
corrispondenza alla popolazione residente, vengono
proporzionalmente assegnati all'area ecologica torinese ed al resto del
Piemonte in base alla ripartizione presunta della popolazione all'anno 1975.
Si ha pertanto un ammontare di investimenti
pari a 8,1 miliardi di lire per l'area ecologica torinese, e a 9,6 miliardi di
lire per il resto del territorio piemontese.
L'ammontare degli investimenti è stato stimato
adottando uno standard di costo per costruzione ed attrezzature di circa
2.300.000 lire per posto per assistito, (tenendo conto dei costi medi delle
costruzioni abitative, escluso il terreno, delle particolari
caratteristiche costruttive ed organizzative strutturali interne nonché delle
particolari esigenze di dotazioni collettive e di attrezzature).
3)
Dotazioni per adulti
L'ammontare complessivo degli investimenti per i
1.500 posti previsti per strutture ricettive comunitarie, assegnate
specificamente all'assistenza delle persone
considerate adulte, si aggirerebbe sui 3,5 miliardi di lire, di cui 1,7 per
l'area ecologica Torinese e 1,8 per il resto Piemonte.
Lo standard di costo per posto assistito adottato è,
come per i minori, di 2.300.000 lire.
4)
Dotazioni per anziani
L'ammontare degli investimenti è
circoscritto rispettivamente al fabbisogno di case alberghi e di
pensionati per persone anziane ed a quello di case geriatriche e per invalidi o
inabili. Si ha rispettivamente:
- per case alberghi e pensionati (14.000 posti) 42 miliardi di lire in base ad un costo standard di
3.000.000 al posto letto.
- per case geriatriche e per
invalidi ecc. (9.300 posti) 37,2 miliardi di lire, in base ad un costo standard
di 4.000.000 al posto letto.
Complessivamente l'entità degli investimenti ammonterebbe a circa 79,2 miliardi
di lire, da ripartirsi come si è detto in misura uguale tra l'area ecologica
Torinese ed il resto Piemonte.
Dotazioni per l'impianto delle Unità
locali dei servizi sociali
Secondo il modo di valutazione prima indicato,
l'ammontare degli investimenti necessari per l'approntamento di queste
infrastrutture si aggirerebbe complessivamente, in
base all'entità di investimenti prevista per le Unità Sanitarie Locali sui 7
miliardi di lire circa, di cui 3,4 miliardi concernenti l'area ecologica e 3,6
concernenti il resto territorio piemontese.
Totale degli investimenti occorrenti
per i servizi dell'assistenza sociale
L'adeguamento dell'intero impianto di
infrastrutture richiesto dalla indicata ristrutturazione del sistema di
servizi dell'assistenza sociale, in riferimento alla popolazione al '75 ed alle
linee di intervento ipotizzate, comporterebbe in complesso una entità di
investimenti pari a circa 147,1 miliardi di lire, di cui 79,8 nell'area ecologica
torinese e 67,3 nel resto del territorio piemontese.
(1) Ad esempio nel contesto
dell'impianto sanitario, le prestazioni di riabilitazione motoria,
fisioterapiche, di correzione del linguaggio ecc.; nel contesto dell'impianto
scolastico l'istruzione degli handicappati ecc.
In questo processo di revisione e rinnovamento particolare attenzione è richiesta
dal problema della formazione e preparazione professionale degli operatori
sociali. Esso vi appare infatti come uno dei campi più
scoperti dell'attuale sistema di istruzione e di formazione professionale.
(2) Rimane purtroppo del tutto da
affrontare la complessa problematica dei costi di gestione dell'attuale sistema
di assistenza sociale, nonché della spesa pubblica già oggi impegnata nel
settore e della sua riqualificazione quantitativa e qualitativa in riferimento
sia ad una, per sé, più efficiente utilizzazione delle risorse impiegate, sia
alle prospettive di rinnovamento e ristrutturazione funzionale ed
organizzativa del sistema di assistenza sociale.
(3) ISTAT, Annuario statistico dell'assistenza e della previdenza sociale,
vol. XVIII pubblicato nel 1971.
(4) Regione Piemonte, Assessorato alla
Sicurezza Sociale: risultati indagine sugli asili-nido al 31-12-1971.
(5) Il riferimento alla popolazione
piemontese viene fatto convenendo per definizione che lo scarto tra gli
assistiti provenienti dall'esterno della regione e gli assistiti piemontesi
ricoverati fuori regione sia uguale a zero o comunque di peso non rilevante.
D'altra parte occorre muoversi in linea di principio affinché, nel rispetto
della libera scelta personale, i soggetti trovino piena assistenza nei
rispettivi contesti socio-territoriali. La popolazione
residente al 31-12-1961 risultava di 3.924.531
abitanti.
(6) Analoga linea di tendenza si rileva
dal raffronto dei dati riferiti a tutto il territorio nazionale. Considerando i
raggruppamenti adottati i valori si presenterebbero nel seguente modo:
1968 1961
variazione
minori di 18 anni 214.019 248.453 13,9%
adulti 20.500 18.900 + 8,40%
anziani 127.861 113.042 +13,1%
Il rapporto tra assistiti e popolazione complessiva darebbe rispettivamente al 1968 ed al 1961 i seguenti
valori:
minori 4,0% e 4,9%; adulti 0,4% e 0,4%;
anziani 2,4% e 2,2%; totale assistiti 6,8% e 7,5%.
(7) Il fenomeno dell'aumento della
propensione al ricovero ha certamente un suo non trascurabile peso, che potrebbe
essere meglio individuato se si potesse valutare la quota di domanda non soddisfatta
che si riscontra nell'attuale sistema (anche per le carenti condizioni di
idoneità dell'apparato ricettivo). Tale fenomeno va comunque
considerato alla luce delle modificazioni producentisi
nella struttura e nei comportamenti dei nuclei familiari, che determinano quel
processo di trasformazione della famiglia dal tipo patriarcale e complesso al
tipo uniparentelare o unicellulare, in cui le persone
anziane sono praticamente isolate e poste in condizioni di dover rimediare alle
loro diminuite capacità di vita autonoma ed autosufficiente ricorrendo a
servizi e strutture collettive. Poiché attualmente
queste sono quasi esclusivamente rappresentate da dotazioni di ricovero è
evidente che la domanda confluisca su tali tipi di attrezzature.
(8) È mancata tra l'altro la
possibilità di individuare i dati riguardanti il settore del disadattamento
sociale, che in parte potrebbe essere già compreso tra i dati dell'Istat, ma che in parte certamente esula dalle informazioni
utilizzate.
(9) Si pensi da una parte al sistema di
trattamento in «batteria» dei bambini che sconvolge il loro naturale bisogno di
un rapporto diretto, «personale» con la persona di riferimento e dall'altra
allo schema rigido, anelastico, derivante
dall'attuale schema organizzativo funzionale, che presiede alla collocazione
dei dispositivi di servizio in rapporto alle residenze e alla affluenza dei
bambini; schema che dovrebbe essere superato attraverso un'articolazione di
servizio molto più flessibile che possa tra l'altro contemplare, nel caso,
anche microdispositivi di «caseggiato» o simili,
strutturati in modo tale da poter seguire ed adattarsi alla mobilità della
domanda, ivi compresa quella di emergenza.
(10) Appare tra l'altro auspicabile
l'eliminazione, in linea di massima, dell'assistenza «collettiva» ai bambini
non ancora del tutto divezzi. Eliminazione che dovrebbe essere resa possibile
attraverso una adeguata ed uniforme revisione del
sistema previdenziale esistente, permettendo alle madri - naturali o adottive o
di chi nella famiglia si assume formalmente il carico del bambino - di potersi
dedicare interamente all'assistenza del bambino fino al termine del periodo
interessato.
(11) D'altra parte l'entità delle
carenze in tal modo già riscontrabili è tale da costituire una massa di impegni
tecnicamente impossibili da assolvere per intiero nel breve periodo.
(12) Il paradigma adottato è il
seguente:
classi di ampiezza dei comuni distribuzione della popolazione percentuale dei bambini standard dei posti
residente da
assistere negli asili-nido asilo-nido
occorrenti
inferiori a 1.000 ab. 7,4 - -
da
da
da
da
da
da
oltre 50.000 ab. 11,2 24 2,69
città di Torino 26,8 28 7,50
TOTALE 100,0 - 15,13
(13) Per questi si presenta d'altronde
molto più complessa e difficile la configurazione di un criterio «obiettivo» di
riconoscimento, in quanto la loro individuazione è funzione del relativo
modello culturale che assume storicamente il contesto sociale. Pare comunque opportuno segnalare qui l'opinione che anche questo
campo di intervento venga totalmente affidato, nei modi opportuni, alle
competenze proprie dell'assistenza sociale, anche per quanto riguarda l'azione
verso gli individui imputati di «oggettivi» comportamenti devianti che cadono
sotto la competenza del Ministero di Grazia e Giustizia.
(14) Queste previdenze che in un primo momento possono essere
avviate nel quadro del sistema di gestione vigente, dovranno trovare la loro
fonte di erogazione organica nell'ambito di quella ristrutturazione della
previdenza sociale indicata nella premessa a questo capitolo.
(15) In modo del tutto
approssimativo si ritiene che l'utilizzazione diretta delle infrastrutture
pubbliche esistenti possa essere indicativamente riferita ad alcune centinaia
di casi.
(16) Queste dotazioni, come anche, per
un certo verso, quelle indicate sub c) potrebbero in effetti essere predisposte
per una domanda ben più ampia di quella circoscrivibile alle persone anziane od
invalide. Qui preme soprattutto sottolineare la
necessità che una determinata entità di attrezzature del tipo sia comunque
messa a disposizione per la popolazione qui considerata.
(17) È chiaro che la tipizzazione
adottata non costituisce uno schema rigido di impianti, essa individua sul
piano logico i termini che si possono considerare estremi del modello infrastrutturale: la realizzazione pratica dell'impianto infrastrutturale richiederà l'adozione di criteri
flessibili in modo da attuare un dispositivo di servizi aderenti alla realtà
dei contesti socio-territoriali.
Si tenga inoltre presente
l'opportunità di istituire, in funzione di tutto il sistema di servizio, anche
un certo dispositivo di attrezzature ricettive
dislocato in zone climatiche (in regione e fuori) per ovviare a quelle
esposizioni ed eventi morbosi determinate su certi stati di salute dalle
condizioni ambientali proprie dei contesti in cui vivono normalmente i soggetti
assistiti.
(18) La logica degli interventi richiede
di esperire innanzitutto tutto il potenziale di soluzione insito nei provvedimenti
di cui ai punti a) e b) unitamente all'instaurazione adeguata di quei servizi
assistenziali domiciliari e aperti di supporto che rendano possibile la
permanenza degli anziani nelle strutture abitative normali.
L'allestimento delle attrezzature
collettive apposite deve quindi riferirsi alla quota
residua che non può essere validamente assistita nell'ambito delle precedenti
modalità d'intervento.
(19) Vedi il paragr.
5.2.1.1.
www.fondazionepromozionesociale.it