Prospettive
assistenziali, n. 19, luglio-settembre 1972
DOCUMENTI
RICORSO ALLA CORTE
COSTITUZIONALE IN MERITO ALL'OBBLIGO SCOLASTICO DEI CIECHI
Pubblichiamo
il ricorso alla Corte Costituzionale presentato dal
Pretore della Spezia, Dr. Michele Marchesiello, in
merito all'obbligo scolastico dei ciechi.
Se
il ricorso verrà accolto, cesserà finalmente l'attuale
ingiustificata esclusione dei ciechi dalla frequenza delle scuole comuni
dell'obbligo.
PRETURA DELLA SPEZIA
Il Pretore, premesso che, nel corso
dell'odierno dibattimento, a carico di Giovanni Perugna,
Gino Bordigoni e Maria Grassi, imputati della
contravvenzione di cui all'art.
- ritenuto che l'accertamento circa
la legittimità costituzionale del citato provvedimento è rilevante ai fini del presente giudizio, poiché - ove l'eccezione
risultasse fondata e la norma venisse dichiarata incostituzionale - gli
imputati dovrebbero andare assolti dall'addebito;
osserva
L'eccezione appare non
manifestamente infondata, e meritevole di essere sottoposta al vaglio della
Corte sotto il profilo della conformità dell'art.
La disposizione in esame, infatti,
con la stabilire che «L'obbligo scolastico sancito
dalle vigenti disposizioni si adempie per i ciechi in condizioni
di educabilità, nelle apposite scuole speciali»,
determina una situazione di profonda ineguaglianza nei confronti dei bambini
ciechi (o gravemente menomati nella vista) privandoli della possibilità di
utilizzare l'esperienza scolastica come mezzo non solo di istruzione, ma anche
di inserimento e adattamento sociale.
Escluso che la menomazione nella
facoltà visiva possa equipararsi o farsi coincidere con una menomazione della
sfera intellettiva, sembra che alla base della norma in esame sia l'attribuzione
aprioristica di una inferiorità “tecnica” al bambino
cieco, che per la sua menomazione non sarebbe in grado di inserirsi
proficuamente nella attività di una classe “normale”. - Tale convincimento non
sembra trovare conferma nella realtà e - comunque -
non nella forma assoluta e generalizzata in cui il Legislatore lo ha posto
alla base della decisione di escludere dalla scuola pubblica ordinaria i
bambini privi della vista.
Al contrario, le testimonianze e i
documenti acquisiti al dibattimento dimostrano in concreto che molti di questi
bambini hanno potuto trarre profitto dalla frequenza di una scuola pubblica,
sia pure per brevi periodi di tempo, affidandosi la soluzione dei problemi,
che indubbiamente si sono presentati di volta in volta, alla buona volontà e
alla sensibilità degli insegnanti, nonché alla
collaborazione di questi (per l'apprendimento delle necessarie tecniche) con
insegnanti specializzati.
La legge in questione appare in
sostanza uno strumento di ingiustificata
discriminazione, negativo dal punto di vista strettamente individuale come da
quello sociale. La stessa collettività, infatti, relegando i bambini ciechi in
età scolare presso gli istituti specializzati (indipendentemente da una
valutazione, caso per caso, delle possibilità di adattamento
da parte del bambino stesso), priva se stessa dell'apporto di un cospicuo
numero di individui, sin da bambini avviati a un certo tipo di esistenza (è
l'universo delle professioni “da cieco”: fisioterapista, centralinista,
rilegatore ecc., o delle carriere nell'ambito delle organizzazioni dei ciechi),
e a un “destino” al quale pochi riescono a sottrarsi.
Da un punto di vista individuale,
poi, non può non sfuggire come il bambino (e i suoi genitori) debba
assoggettarsi - con il sistema vigente - alla scelta tra l'invio in un istituto
specializzato e l'educazione familiare, tra due soluzioni - cioè
- egualmente negative rispetto a quella - negata - dell'accesso alla scuola
pubblica.
Quanto agli istituti (che spesso -
tra l'altro obbligano il bambino alla promiscuità con ciechi adulti o con
minorati psichici), è stato da più parti osservato (da
noti studiosi del problema) come sia estremamente diseducativo il pesante
condizionamento del cieco alla propria menomazione e alla propria presunta
“diversità”, quale viene realizzato istituzionalmente presso i centri in
esame.
Il sistema elaborato dal Legislatore
presenta del resto un altro aspetto assai grave, che vale a giustificare le più grandi perplessità non solo sotto il profilo
pedagogico, ma anche dal punto di vista del risultato concreto che spesso si ottiene,
consistente nella esclusione di un gran numero di bambini ciechi dalla
possibilità di frequentare la scuola, pubblica o d'istituto che sia.
Le “apposite
scuole speciali” infatti, presso le quali i ciechi dovrebbero adempiere
l'obbligo scolastico, non esistono in tutte le province: da ciò deriva la
necessità di inviare i bambini in località spesso lontane dalla casa paterna
(per esempio: le città, sede di istituto, più vicine a
Tutte queste situazioni - assai
comuni - si risolvono in sostanziali dinieghi del diritto dell'istruzione,
essendo le famiglie costrette alla scelta fra l'allontanamento da casa del
bambino, con le conseguenze che è facile immaginare, e
il ricorso (quando le condizioni economiche lo consentono) all'educazione
familiare impartita da maestri specializzati.
Va infine considerata l'assurdità
palese di una situazione in cui il cieco - obbligato sino a 14-15 anni a
frequentare scuole specializzate, presumendosi una sua generale inettitudine a
frequentare le scuole normali; - esaurita la «scuola dell'obbligo» e se
intende proseguire gli studi, dovrà necessariamente farlo, in condizioni ben
peggiori, presso le scuole ordinarie e fuori dagli
istituti presso i quali egli è stato costretto a formarsi.
Evidente, pertanto, appare il
contrasto della disposizione in esame con gli artt. 3
e 34 della Costituzione.
Rispetto all'art. 3 e al primo comma
dell'art. 34 - infatti - l'art.
Rispetto all'art. 34 II (norma precettiva, secondo quanto riconosciuto dalla stessa Corte
Costituzionale nella sent. n.
7 del 1967), la disposizione in esame sancisce un obbligo il cui adempimento
non è poi reso possibile in ogni caso, rispetto alla generalità dei
destinatari: ciò in aperto contrasto con il principio (correlativo a quello
della obbligatorietà) della gratuità della istruzione elementare e media
inferiore; e infatti, a causa della mancanza di almeno un istituto per ogni
provincia - le famiglie che non vogliono o non possono mandare i bambini lontano
da casa si trovano nella necessità di provvedere alla istruzione degli stessi
in forma privata. Di questa situazione si sono rese evidentemente conto alcune
amministrazioni provinciali (
Ritenuta pertanto non manifestamente
infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa
degli imputati,
P.Q.M.
Visto l'art.
ordina
la sospensione del dibattimento in
corso e la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, affinché sia
decisa la questione di costituzionalità dell'art.
ordina
inoltre
che a cura della cancelleria, la
presente ordinanza sia notificata agli imputati e al loro difensore, nonché
al Presidente del Consiglio dei Ministri. A cura della cancelleria, la
presente ordinanza, sarà inoltre comunicata, ai Presidenti delle
due Camere del Parlamento.
IL PRETORE DR. MICHELE
MARCHESIELLO
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