Prospettive
assistenziali, n. 20, ottobre-dicembre 1972
DOCUMENTI
ASSISTENZA
SCOLASTICA, DIRITTO ALLO STUDIO E DISTRETTI
Il
passaggio dall'intervento benefico, inteso come elargizione, all'intervento
sociale visto come promozione, provoca profondi mutamenti anche nel campo
dell'assistenza scolastica.
Essa infatti, appunto nella prospettiva promozionale, si
identifica con il complesso di servizi, prestazioni e strutture dirette a
rendere effettivo il diritto allo studio.
L'articolazione
territoriale dei nuovi servizi e strutture viene
chiamata «distretto scolastico» e sia pure con un nome diverso ritroviamo
l'unità locale dei servizi.
La
definizione dei distretti scolastici costituisce l'impegno prioritario che
Quali
sono gli indirizzi e i criteri che stanno alla base dell'azione e dell'iniziativa
della Regione nel campo del diritto allo studio?
Riportiamo un ampio stralcio del documento che
PROGETTO D'INTERVENTO PER IL DIRITTO ALLO STUDIO
Il dettato
costituzionale
Nella carta costituzionale
l'articolo 3 assegna alla Repubblica il compito di «rimuovere
gli ostacoli di ordine economico-sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e
sociale del paese». Si pone quindi una distinzione fra diritti formali e
diritti effettivi, non ancora concretamente realizzati
e che, anzi, è compito attivo della Repubblica promuovere. Del resto il
successivo articolo 4, dopo aver riconosciuto e sancito per tutti i cittadini il diritto al lavoro, aggiunge che
Certo - si legge nel documento - a
più di venti anni dalla promulgazione della Costituzione la formula «capaci e
meritevoli», con cui si apre il comma successivo dell'articolo, appare fra
quelle meno adeguate, proprio perché sembra prefigurare una preventiva patente
di capacità e di merito per l'accesso ai gradi superiori degli studi; l'inciso
«anche se privi di mezzi» sembra più dettato dalle contingenti condizioni
dell'Italia di allora che da una necessità sistematica.
Allo stesso modo - si dichiara - mostra particolarmente il segno dei tempi l'insieme dei
provvedimenti attuativi del diritto: borse di studio, assegni ed «altre provvidenze»,
come vengono elencati dal terzo comma dell'articolo. Del resto, lo stesso uso della
nozione tradizionale di «assistenza scolastica» in sede di attuazione
delle competenze regionali (articolo 117) segna un'ulteriore necessità di dare
un'interpretazione evolutiva, alla luce dei principi fondamentali, alle norme
attuative in materia.
Assistenza scolastica
È significativo
comunque che l'assistenza scolastica sia annoverata tra le materie che, nel
disegno autonomistico della Costituzione, dovevano
essere immediatamente trasmesse al nascente ordinamento regionale. Il ritardo
ventennale con cui questo ordinamento è sorto ha
determinato uno straordinario rigoglio della legislazione ordinaria e
straordinaria, di circolari, di decreti legge, di consuetudini amministrative
codificate, che non solo non hanno consentito la risoluzione e la corretta
definizione del diritto allo studio ma hanno costituito un oggettivo impaccio
alla riforma regionale quando finalmente essa ha preso l'avvio. Ciò è
particolarmente vero e drammatico - si afferma - in tema di diritto allo
studio. Qui, più che altrove, lo iato fra il dettato costituzionale e una
legislazione rimasta prevalentemente fascista si fa stridente, con danni
notevolissimi non solo ai fini delle funzioni di diritto ma anche in sede
metodologica, di prassi amministrativa. Fra intervento assistenziale
diretto e personale e intervento pubblico su strutture e servizi collettivi,
viene sempre privilegiato il primo, con tutto quanto vi è di frammentario,
limitato e potenzialmente ricattatorio. Il fallimento dei piani di edilizia scolastica, tutti a carattere straordinario, è
ammesso oramai anche dalle fonti governative.
Gli enti locali e i
patronati scolastici
Agli enti locali viene
riconosciuto, sia in sede di assistenza scolastica che di costruzione di
strutture materiali, un ruolo di meri esecutori o erogatori di servizi, senza
che la grande potenzialità insita nell'autonomia locale e il legame ormai
storico con le popolazioni amministrate siano degnamente utilizzati nella
gestione dell'ordinamento scolastico e nella programmazione del fabbisogno. Se
si pensa che in vent'anni gli enti locali hanno dovuto oberare i loro bilanci di enormi spese scolastiche prive di copertura o di
contributo ministeriale, costretti per necessità a orientarsi su soluzioni
costose e talvolta improduttive a lungo termine (affitti, adattamento di
locali inadatti a scuola, ecc.) e che queste spese, sovente di per se stesse
poco produttive, erano sottratte da altre voci di bilancio, si ha la misura
della quantità di denaro pubblico che gli enti locali sono stati costretti a
sotto-impiegare per la mancanza di una programmazione organica dell'intervento
nella scuola e nell'università. Non si tratta quindi soltanto di dare più
denaro agli enti locali ma di coordinare il loro intervento e di attribuire loro un'effettiva partecipazione alla
formazione delle scelte.
Certamente l'aspetto più grave e che
in un certo senso li riassume tutti - si osserva nel documento - è quello del
carattere scarsamente rappresentativo e pubblico di tutti gli enti che si
occupano della materia. Non si tratta di valutare i risultati
ottenuti dal singolo patronato scolastico, dalla singola cassa, dalla
singola opera universitaria quanto di riflettere piuttosto sulla distanza di
queste istituzioni, in gran parte anteriori alla Repubblica anche se qua e là
modificate, dalla vita reale del paese. Al contrario degli enti locali, gli
enti di beneficenza o di assistenza, al di là di casi
scandalosi o di lodevoli eccezioni, riproducono il carattere separato
dell'istituzione cui si riferiscono: la scuola. Essi non esprimono gli
interessi della globalità sociale, vale a dire di tutti gli utenti effettivi e
potenziali della scuola; ed anche le forme parzialmente elettive previste per
taluni di essi non si discostano da un'impostazione
corporativa. Particolarmente carente, quindi, quello che dovrebbe essere il
cardine di ogni politica riformatrice - la
programmazione del fabbisogno - che enti di questo tipo, proprio per questa
caratteristica «separata», non sono in grado di svolgere.
Il trasferimento delle
funzioni
I contenuti del trasferimento di
competenze in materia di assistenza scolastica
ripropongono in maniera pressoché identica le considerazioni che il consiglio
regionale fece in modo approfondito nelle osservazioni al primo schema di
decreto. Poco o nulla è cambiato da quella prima generica formulazione: anzi,
le specificazioni vengono a confermare nel decreto di trasferimento una interpretazione restrittiva del dettato costituzionale
che contrasta ampiamente con gli orientamenti evolutivi espressi da diverse
branche dell'amministrazione dello Stato su documenti di programma (Progetto
30; Preposte per il nuovo piano della scuola; Documento programmatico
preliminare al piano 71-75; Piano annuale per il 1972 ecc.) che definiscono
(seppure a livello di proposta) i contenuti e l'articolazione istituzionale
degli interventi dei prossimi anni. Non solo ci si trova di fronte ad un
trasferimento di competenze che disarticola una materia, definita e
considerata ancora in maniera arcaica, fra diversi enti e a diversi livelli, in
spregio alla richiesta regionale di un trasferimento organico e globale, ma il regime in atto delle circolari evidenzia
chiaramente una precisa volontà di limitare ancor più i contenuti di questo
trasferimento, lasciando poche speranze sulla volontà del governo di fare il
dovuto ed ampio uso della delega secondo l'articolo 118 della Costituzione.
Si è lontani insomma - si osserva -
dalla realizzazione di condizioni che permettano alle
Regioni un impegno globale per soddisfare il diritto allo studio di tutti i
cittadini, così come
La situazione in
Toscana
Il complesso dei servizi erogati
dallo Stato nell'anno scolastico 1971-72 nella Toscana sono
stati così ripartiti: - il 30 per cento circa in borse di studio che privilegiano
appena il 3,5 per cento della popolazione scolastica con criteri di
individuazione del merito (esame) e del bisogno (reddito familiare) che sono
oltretutto discutibili perché scarsamente attendibili;
- il 20 per cento circa in
assistenza generica (sussidi, contributi, vestiario, calzature, cancelleria
ecc.);
- il 20 per cento circa in
buoni-libro che favoriscono appena il 22,7 per cento degli alunni della scuola
media ed il 9,7 per cento delle scuole e degli istituti secondari superiori
(con criteri di individuazione del bisogno ancor più
approssimativi) nell'acquisto di libri di testo i cui contenuti troppo spesso
limitano la formazione dell'alunno e svalutano l'autonomia critica
dell'insegnante e dell'alunno medesimo costringendo in ambiti angusti e
privilegiati la sperimentazione e l'innovazione.
Gli obbiettivi della Regione
Il documento a questo punto afferma
che in un assetto così arretrato, contraddittorio e disarticolato l'azione
della Regione deve:
- definire l'impegno immediato,
impostando una obiettiva, graduale riforma degli
interventi in atto e della struttura operativa;
- ottenere il completamento e
l'organicità delle competenze in materia;
- definire un nuovo ordinamento del
diritto allo studio che riformi l'intera materia nei contenuti, nelle procedure
e nell'assetto organizzativo.
Una strategia così articolata si
colloca naturalmente in tempi lunghi, ma richiede l'immediata individuazione di obiettivi nei quali deve via via
realizzarsi. Essi vengono così individuati:
a) la programmazione regionale di
tutta la formazione di base, con una scolarizzazione
che copra la fascia d'età che va dai 3 ai 14 anni almeno;
b) la
programmazione regionale di tutti gli interventi per il diritto allo studio in
ogni ordine e grado di scuola, compresa l'università;
c) la promozione
della scuola a tempo pieno, dell'innovazione didattica e della riforma
strutturale della scuola, in quanto il rapporto tra diritto allo studio e didattica
non è soltanto un'esigenza teorica e programmatica ma la condizione stessa di
un intervento pubblico innovativo;
d) la promozione
di uno stretto collegamento fra sistema formativo e società.
L'intervento della
Regione nel breve periodo
In considerazione del fatto che le
tappe obbligate in cui deve realizzarsi l'intervento
regionale sono costituite dalle leggi transitorie e dalle leggi-quadro di
delega, che però hanno tempi tecnici lunghi, l'intervento immediato della
Regione viene orientato a promuovere:
a) l'abbandono della sostanza caritativa e assistenziale
che caratterizza l'intervento tradizionale, i criteri discriminatori, le forme
del sussidio e del finanziamento «ad personam». Da ciò la graduale abolizione delle borse di
Studio e di tutte le forme di assistenza generica
che disperdono e squalificano l'intervento rendendolo improduttivo, profondamente
sperequato e insufficiente e il passaggio
all'organizzazione di interventi estesi e generalizzati in una articolazione
di servizi (trasporti, strutture per il soggiorno, lo studio e il tempo
libero, l'assistenza sociale e sanitaria, l'orientamento scolastico e
professionale, la formazione e l'aggiornamento degli insegnanti e degli
operatori sociali ecc.) che consentano il soddisfacimento del diritto allo
studio qualificandone i contenuti e orientando la scuola a una radicale
riforma;
b) l'innovazione didattica. L'intervento pubblico deve caratterizzarsi
non solo nell'adeguamento dei servizi alle esigenze di un corretto ed
integrale soddisfacimento del diritto allo studio ma
anche nell'autonoma sollecitazione critica per una riforma della didattica che
investa i modi di gestione e i contenuti della formazione rapportandoli allo
sviluppo della democrazia, della formazione e della espressione intellettuale
e morale dei cittadini. Da ciò la necessità
di promuovere il superamento del libro di testo (e non l'uso del libro),
oggetto di speculazione editoriale, componente sensibile nel costo della
formazione, spesso espressione di arretratezza tecnico-didattica
e ispirato a contenuti ideologici sorpassati, elemento di svalutazione dell'autonomia
critica degli insegnanti e degli studenti. Per il superamento del libro di
testo,
c) la realizzazione della scuola a tempo pieno, che significa
l'impegno all'approfondimento dei contenuti e dell'organizzazione dei corsi
speciali di aggiornamento e qualificamento
transitorio in vista della scuola a tempo pieno, e una collaborazione stretta
con gli enti locali per la creazione e la gestione di queste strutture e per
la promozione e l'organizzazione dei corsi speciali di aggiornamento e qualificazione
degli insegnanti da immettere in queste strutture;
d) il rinnovamento delle strutture di gestione dell'intervento
e della loro articolazione territoriale, espressa da organismi
rappresentativi ed elettivi, politicamente responsabili di fronte alla
popolazione e in cui si realizzi la più estesa partecipazione sociale. Da ciò
l'intervento immediato dell'ente locale nella gestione degli interventi e il rapido
avvio dello studio e della progettazione dei distretti scolastici quali ambiti
territoriali ottimali per la programmazione a livello
di base di tutto il settore della formazione e per la realizzazione di una
partecipazione estesa alla gestione degli interventi. La definizione dei distretti scolastici costituisce l'impegno
prioritario che
Sarebbe grave però
- si osserva - se il ricorso al criterio del distretto fosse escogitato per
eludere l'impegno della riforma: si è avvertito il tentativo di tale elusione nel convegno dello scorso maggio a Frascati, dove
si è parlato di «scuole pluricomprensive».
Un progetto di legge
delega per il diritto allo studio
Sulle direttrici sopraindicate la
giunta regionale si appresta a proporre
all'attenzione del consiglio un progetto di legge delega per il diritto allo
studio che affronterà anche i temi della riforma strutturale del settore e dei
suoi contenuti. Il progetto, non ancora definito nei minimi particolari, dovrà
muoversi sulle linee essenziali che indichiamo qui di seguito.
A) Verranno
gradualmente soppressi gli interventi di assistenza generica.
B) Sarà portato ad esaurimento nel
corso dei prossimi quattro anni l'intervento sulle borse di studio procedendo
da quest'anno alle sole conferme delle borse pluriennali già assegnate dal
ministero e abolendo quindi i concorsi di assegnazione.
C) Verranno
introdotte, con un intervento iniziale nella scuola dell'obbligo e
successivamente nella scuola secondaria superiore, le biblioteche di lavoro.
Poiché i tempi necessari
all'organizzazione e alla sperimentazione di un
simile intervento non possono certamente essere brevi e impegneranno i prossimi
due anni, si propongono due alternative fra le quali si impone una scelta:
1) il mantenimento
dei buoni-libro con un impegno finanziario costante nei prossimi due anni e
decrescente nei due successivi, contemporaneamente all'avvio in forma estesa
dell'intervento sulle biblioteche di lavoro per la promozione dell'innovazione
didattica;
2) il mantenimento dei buoni-libro
nell'anno scolastico '72-'73 per gli alunni della seconda e terza media e delle
scuole secondarie superiori e l'assegnazione gratuita dell'atlante e del dizionario
di italiano a tutti gli alunni della prima media; il
mantenimento dei buoni-libro nell'anno scolastico '73-'74 solo per gli alunni
della terza media e della scuola secondaria superiore, mentre a tutti gli
alunni della prima media verranno confermati l'atlante e il dizionario e a
tutti quelli della seconda media il dizionario di lingua straniera; avvio
nell'anno scolastico 1974-75, per la scuola secondaria superiore, della
progressiva riduzione dei buoni-libro, che nei successivi due anni dovranno
essere gradualmente sostituiti dalle biblioteche di lavoro.
D) Il servizio di trasporto verrà finanziato massicciamente ed esteso gradualmente agli
studenti della scuola secondaria superiore e dell'università.
E) I servizi di refezione e di mensa
verranno moltiplicati a livello dell'obbligo e introdotti con finanziamento
regionale nella scuola secondaria superiore.
F) Gli interventi per il diritto
allo studio negli istituti professionali (trasporti, posti gratuiti e semi-gratuiti, borse di tirocinio, mense) saranno
confermati.
G) Verrà
finanziata a posteriori la sperimentazione delle innovazioni didattiche a tutti
i livelli del sistema scolastico. In attesa della
definizione dei distretti scolastici e del loro intervento operativo, la
gestione degli interventi sopra elencati verrà delegata agli enti locali: a
livello provinciale gli interventi sulla scuola secondaria superiore e sull'università,
a livello comunale gli interventi fino a tutta la fascia dell'obbligo. Funzioni
di coordinamento verranno assegnate alle province.
Per i patronati
scolastici, secondo gli orientamenti già espressi dalla giunta, resta
confermato che si dovrà andare verso la loro soppressione. Viene così a mancare la funzione
dei consorzi che vengono ugualmente soppressi.
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