Prospettive
assistenziali, n. 20, ottobre-dicembre 1972
DOCUMENTI
IL
PROBLEMA DEGLI ANZIANI
«Esigere che gli anziani restino uomini anche nei loro
ultimi anni implicherebbe una radicale trasformazione della società» (da SIMONE DE BEAUVOIR in
Il problema degli anziani, che ha
richiamato l'attenzione di sociologi, medici, economisti, operatori sociali,
sindacati, è stato dibattuto e affrontato a vari livelli e da diverse
posizioni.
I
Convegno di Bologna
Dal 20 al 21 ottobre 1972 si è
tenuto a Bologna un convegno sul tema «
L'ottima relazione dell'Assessore
regionale Bartoli ha affrontato il problema sotto il
profilo politico-generale, impostando giustamente
tutto il discorso sugli anziani senza considerarli una categoria a parte o tantomeno dei cittadini da chiudere nei ghetti di case
albergo, case di riposo, gerontocomi, centri per anziani, ecc., ma come
cittadini che, come tutti gli altri, hanno il diritto di avere una casa,
adeguate prestazioni sociali, sanitarie. culturali,
ricreative, ecc.
Il problema è stato affrontato in modo realistico e l'Assessore ha giudicato allarmante
l'esistenza nella Regione di 249 istituti per anziani e soprattutto il fatto
che ben 96 siano i progetti per nuovi ricoveri e 26 quelli per ristrutturazioni
interne di case di riposo.
Dal Convegno è uscita la proposta di
bloccare questi progetti e di creare alternative al
ricovero: assistenza domiciliare, centri sanitari di quartiere, abitazioni
individuali e collettive per anziani inserite nel normale contesto abitativo,
servizi cioè che siano destinati a tutti i cittadini, giovani o anziani che
siano.
Da questa impostazione
è discesa la necessità di istituire le unità locali dei servizi sanitari e
sociali, gestite dai comuni e democraticamente controllate.
È stata rifiutata la posizione di
attendere l'emanazione di una legge quadro nazionale: il convegno si è
pronunciato nettamente per l'inizio o il proseguimento di iniziative
a livello locale al fine di creare dal basso i servizi, in modo da prefigurare
e sperimentare in concreto i servizi dell'unità locale.
È stato anche annunciato che entro
brevissimo tempo
La questione principale, sottolineata con forza, è stata quella della gestione
sociale e cioè di una reale partecipazione dei cittadini alla ricerca delle
soluzioni, all'attuazione e al controllo dei servizi.
Molto criticata, invece, la relazione
del Dottor Guerra su «Geriatria, lungodegenti, cronici e riabilitazione». Qui i
problemi venivano visti esclusivamente in chiave
tecnico-sanitaria, senza tenere assolutamente conto dei bisogni di relazione
degli anziani. È stata infatti proposta tutta una
serie di strutture, sino a scendere addirittura nel ridicolo con la richiesta
di Guerra di dimensionare le camere degli ospedali previste per gli anziani in
modo particolare per far posto alla poltrona (geriatrica?) , mentre questa
suppellettile non sarebbe necessaria per gli adulti.
Senza arrivare al ridicolo sentiamo
in certi discorsi dei tecnici il grosso pericolo, come si può constatare dalle
strutture esistenti in molti paesi europei tecnicamente più avanzati del
nostro, che si passi dalla segregazione di tipo chiuso, cioè
dai ricoveri in istituto, alle emarginazioni di tipo aperto, come gli ospedali
diurni per anziani, gli ambulatori geriatrici, i
centri per anziani, ecc. È una emarginazione più sottile, ma è pur sempre una
forma di segregazione. Le strutture sono veramente aperte, non solo per il
fatto di essere ambulatoriali, ma quando sono
destinate a tutti i cittadini e democraticamente controllate e non quando sono
riservate a categorie prefissate di cittadini, prefissate naturalmente dai
tecnici per i loro interessi.
II
Convegno di Torino
Un altro convegno sugli anziani si è
tenuto a Torino dal 27 al 28 ottobre 1972 sul tema «L'anziano non
autosufficiente: problemi e prospettive», organizzato da A.A.I., Regione Piemonte, Istituto di geriatria e gerontologia.
Notiamo subito che non è passata la
linea portata avanti da molti tecnici, specialmente da geriatri e da
amministratori di istituzioni pubbliche e private, che
richiedeva tutta una serie di strutture riservate agli anziani.
Il Maderna,
ad esempio, addirittura proponeva leggi regionali per l'assistenza agli anziani
per l'istituzione di istituti e ospedali geriatrici, ospedali per lungodegenti, centri diurni e
case albergo per anziani, ecc.
Il Balduzzi
a sua volta proponeva di avviare la soluzione del problema degli
ospedali psichiatrici, in cui mediamente il 40% dei ricoverati ha oltrepassato
i 65 anni (circa
Il convegno si è orientato su
posizioni molto diverse, come risulta dal documento
conclusivo e soprattutto dalla relazione di sintesi del gruppo di studio sui
problemi legislativi che pubblichiamo integralmente.
Relazione di sintesi
del gruppo di studio sui problemi legislativi
Il gruppo ha ritenuto di dover
valutare gli istituti legislativi vigenti e gli obiettivi da proporre al
legislatore, a breve e lungo termine, nella terza ipotesi di
impostazione sociale della problematica degli anziani delineata nella
relazione del Prof. Taglioli (1).
In particolare sono essenziali i seguenti
obiettivi giuridici, correttamente utilizzabili come misura ed elementi
finalizzanti della produzione legislativa ordinaria in quanto risultanti sulla
Carta Costituzionale:
- i servizi sociali devono rendere
effettivo il diritto dei cittadini alla prevenzione e rimozione degli
impedimenti al pieno e libero sviluppo della persona ed alla vita sociale;
- devono essere superate tutte le
discriminazion-i fra i cittadini, provocate dalla distinzione in categorie di assistiti cui è attribuito un trattamento diverso e
discriminante; il diritto a fruire dei servizi sociali va garantito a tutti i
cittadini, indipendentemente da condizioni personali e sociali;
- l'assistenza deve tendenzialmente
realizzarsi nel nucleo familiare, nel normale
ambiente di vita e colla partecipazione dell'avente diritto, rispettando la
sua dignità ed assicurando diritti di scelta fra servizi alternativi, per
quanto tecnicamente possibile ed economicamente giustificato;
- va assicurata la partecipazione
democratica dei cittadini nella gestione dei servizi sociali, non come
conduzione corporativistica, ma come controllo
democratico della gestione e come superamento delle componenti
burocratiche ed amministrative nell'ammissione ai servizi e nell'erogazione
degli stessi.
Il gruppo ha poi preso in
considerazione istituti particolari di diritto civile, di legislazione previdenziale
ed assistenziale.
In ordine all'obbligo alimentare
è stato rilevato e criticato l'aspetto preclusivo derivante, attualmente, da
tale istituto ai fini della fruizione dei servizi sociali. Il gruppo ha
ritenuto di poter proporre la soppressione di tale
effetto preclusivo, la fissazione del principio dell'automaticità al godimento
dei servizi, pur potendo concordare sull'opportunità di una disciplina volta a
mantenere i vincoli di solidarietà fra i membri di diverse generazioni
nell'ambito familiare.
In tema di legislazione previdenziale ha riconosciuto che, specie per effetto
della legge 153/69, si è instaurato un sistema soddisfacente per quanto riguarda
le nuove pensioni contributive; sono invece inadeguatamente risolti i problemi
delle pensioni previdenziali in atto, delle pensioni sociali, nonché della rivalutazione nel tempo delle stesse pensioni
contributive.
Emerge l'esigenza di
urgente revisione delle vecchie pensioni, di agganciamento delle pensioni
sociali al minimo vitale, come configurato dall'art. 36 della Costituzione, e,
in conformità alla pressante indicazione sindacale, di automatica revisione
delle pensioni con riferimento alle variazioni dei trattamenti di servizio
attivo.
Per quanto concerne la tutela
sanitaria mutualistica, con la recente estensione della stessa ai pensionati
sociali, si è indubbiamente generalizzata la protezione sanitaria degli
anziani; la stessa, peraltro, è accordata, in termini non sostanzialmente
dissimili da quelli in vigore per la popolazione
attiva, trascurando bisogni prevalenti o specifici nella popolazione anziana.
In particolare si evidenzia l'esigenza di attiva
prevenzione sanitaria, di completa protezione dell'invalidità (anche
parzialmente emendabile) e di una efficiente tutela sanitaria delle affezioni
suscettibili di positiva evoluzione (c.d. cronicità).
In tema di legislazione assistenziale, la disciplina
in vigore è di carattere residuale, ancorata a remote concezioni dei doveri
sociali, sostanzialmente esclusa da ogni recente processo di evoluzione nella
regolamentazione dei servizi sociali.
Su tale stato di cose, anzi, ha
negativamente influito l'evoluzione fortemente settoriale della legislazione sociale,
sicché talune significative riforme (es.: riforma
ospedaliera, della casa, ecc.) hanno, nei riflessi della popolazione anziana,
contribuito ad una discriminazione fra i cittadini, individuando categorie e
bisogni con trattamenti anche profondamente differenziati.
In termini più specifici, è parso di
poter identificare le seguenti principali carenze:
- è superato l'ordine delle competenze, che oggi pone in primo piano l'obbligo
alimentare e le possibilità patrimoniali delle I.P.A.B.
e che relega l'intervento pubblico ad un ruolo subordinato o complementare.
Il gruppo, concordemente, ha
individuato nella Unità locale dei servizi la
soluzione preferibile per superare ed annullare l'attuale pluralismo di enti e
di competenze e per realizzare l'unitarietà, l'uniformità e la globalità dei
servizi e degli interventi.
In tale prospettiva si impone la necessità della sollecita soppressione degli
enti nazionali assistenziali e degli ECA.
- Inaccettabile è il rapporto col sistema protettivo: il
cittadino, infatti, di regola, non è posto nella condizione di titolare di
diritto soggettivo, ma, almeno in prevalenza, è sostanzialmente rimesso alla
valutazione discrezionale della pubblica
amministrazione.
- Inaccoglibili
sono le condizioni richieste per
l'ammissione ai servizi sociali date dallo stato di povertà e dall'assenza di
congiunti tenuti agli alimenti e in grado di prestarli.
- Inadeguato è il contenuto della protezione; specie
l'attuale obbligo degli enti locali (il «mantenimento», a sensi della legge
comunale e provinciale) deve evolversi in una protezione globale, col contenuto fissato dall'articolo 38 della Costituzione,
comprensiva in specie del recupero fisico e sociale.
- Del tutto carente è la disciplina sulla tipologia, sulle caratteristiche e
sull'organizzazione dei servizi assistenziali. La legge fondamentale (L. 17/7/1890, art. 69 - 70) ha lasciato la più ampia
libertà organizzativa e funzionale, senza alcuna regolamentazione delle
attività esplicate e senza obiettivi prestabiliti da conseguire.
In ordine alla tipologia dei servizi, sono state
prospettate tre tesi: una prima
favorevole all'unificazione dei servizi sociali e sanitari ed all'attrazione
in servizi generali degli interventi verso gli anziani, sia pure con componenti
specifiche interne; una seconda
orientata alla conservazione di strutture specifiche limitate (es. ospedale geriatrico) per fini promozionali; una terza tesi mirante
al mantenimento di strutture specifiche con adeguata e nuova organizzazione.
Generale è infine il consenso sulla
necessità di precise prescrizioni sulla struttura e sulla organizzazione
dei singoli servizi.
Il gruppo ha anche concordato nel
ritenere necessaria l'adozione del metodo
della programmazione, specie per realizzare un
disegno coordinato e globale di capillare distribuzione dei servizi sul
territorio e per stabilire un collegamento organico dei servizi sociali nelle
loro varie forme (prestazioni economiche, sociali, ecc.) con i servizi
sanitari e con la previdenza da un lato e con le politiche della causa, della
scuola e della famiglia dall'altro.
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Ha dedicato attenzione alle leggi sulla casa, sottolineando,
dapprima, in sede interpretativa della legge 865/71, l'esigenza che le
case-albergo, previste dagli articoli 48 e 55 per anziani, studenti,
lavoratori, ecc., siano realizzate per uso promiscuo e non esclusivo per
ciascuna delle suddette categorie. È stata anche rilevata l'opportunità di evoluzione della normativa per attribuire agli anziani i
medesimi titoli competenti ai lavoratori per l'assegnazione degli alloggi;
nonché per la concessione di provvidenze per il restauro o l'adattamento delle
vecchie abitazioni.
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Il gruppo ha poi considerato le
possibilità di intervento
legislativo ed amministrativo della Regione, osservando come, per
l'inconsistenza dei principi generali desumibili dalla legge del 1890, sia dato
ampio spazio all'intervento: l'azione regionale dovrebbe esplicarsi
nell'incentivazione di servizi sociali nuovi, specie di tipo domiciliare e
nella prospettiva di costituzione delle U.L.S.; dovrebbe
ancora, sul piano amministrativo fare ampio uso degli istituti della
concentrazione, della fusione e della soppressione - previsti dalla legge del
1890 - per attuare, nel quadro consentito dalle norme vigenti, un primo
notevole riordino.
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Da ultimo il gruppo ha rilevato la
necessità di provvedimenti per la
qualificazione ed il continuo aggiornamento degli operatori; a tale
riguardo è stata prospettata l'opportunità di regolamentazione
e riconoscimento giuridico di più qualificazioni specifiche, nonché di
incentivazioni per la riqualificazione degli attuali operatori.
(1) Secondo la prima
ipotesi la causa dell'emarginazione degli anziani consisterebbe nello scarto
fra modelli culturali superati. I problemi della condizione anziana sarebbero
dunque di adattamento.
La
seconda ipotesi fa risalire le contraddizioni della condizione anziana a
specifiche disfunzioni a livello della struttura culturale e dell'assetto
istituzionale. Tali disfunzioni sarebbero pertanto superabili con la razionalizzazione delle strutture.
La terza ipotesi
attribuisce l'emarginazione degli anziani al tipo attuale di società in cui gli
uomini sono considerati strumento di produzione e di consumo.
Secondo la terza
ipotesi, gli obiettivi a breve e medio termine devono essere ricercati alla
luce di un radicale cambiamento della società.
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