Prospettive
assistenziali, n. 21, gennaio-marzo 1973
DOCUMENTI
SENTENZE
DI RINVIO A GIUDIZIO DI DIRIGENTI DI ASSOCIAZIONI DI INVALIDI
Nell'editoriale
del n. 11/12, luglio-dicembre 1970, avevamo riportato le conclusioni della
commissione formata dai rappresentanti delle più importanti associazioni di invalidi, conclusioni che costituivano un tentativo per
la definitiva esclusione sociale degli invalidi.
Nell'articolo
di G. Selleri «Ruolo delle associazioni di categoria» (1) veniva evidenziato che «all'origine di questi movimenti vi è una condizione
di bisogno e di abbandono di cittadini minorati (...) e poiché molti di questi
sodalizi ottengono un successo politico o economico (che pochi traducono in
servizi e molti invece strumentalizzano), si verifica una vera e propria gara
per accaparrarsi “la tutela” di qualche gruppo ancora senza sigla. Compaiono
quindi i professionisti dell'assistenza, l'assistenza
diventa un affare economico ed elettoralistico».
Le
affermazioni sopra riferite trovano una puntuale conferma nelle due sentenze di
rinvio a giudizio che pubblichiamo. Anche se, com'è
evidente, l'accertamento delle responsabilità compete alla magistratura. non possiamo non sottolineare la gravità delle accuse, il
danno rilevante inflitto agli invalidi, il ritardo con il quale il processo è
stato iniziato e il pericolo della sua prescrizione.
Sembra
però che le gravi accuse contenute nelle sentenze costituiscano un titolo di
merito per l'On. Di Giannantonio
(D.C.) che il 30 maggio
Da
notare infine che il Sig. Quaranta, rinviato a giudizio è, a seguito di nomina
ministeriale, l'attuale presidente dell'Ente pubblico A.N.M.I.C., in sostituzione del Sig. Lambrilli
sospeso dalle sue funzioni dal giudice istruttore di Roma.
I
SENTENZA DI RINVIO A GIUDIZIO DELLA
SEZIONE ISTRUTTORIA
DEL TRIBUNALE DI ROMA
Il 22-4-
seguente sentenza nel procedimento penale
contro:
- Lambrilli Alvido fu Amedeo e di Guidi
Argia n. in Magliano (GR)
il 28-9-920, domiciliato in Roma V.le G. Cesare presso l'avv. Domenico Marafioti.
- Paramucchi Roberto di Paramucchi Pia, n.
il 9-12-
- Riccoboni Antonio di Alfredo e di Burchi Nella n. a
Venezia il 28-3-922 res. a Treviso V. Cattaneo 16.
- Masina Cesare fu Carlo e Guidi Elvira n. a
S. Giorgio di Piano (BO) il 15-5-909, res. a Bologna
V. Raimondi 37.
- Quaranta Franco di Nicola e fu Milazzo Renata n. a Taranto il 15-7-929, domiciliato in Roma V.le G. Cesare 61 presso
l'avv. Domenico Marafioti.
- Rega Nicola di Raffaele e di Tortorella Filomena, n. a Bari il 29-10-924
domiciliato in Roma V. Dardanelli 13 presso l'avv. Giuseppe Zagarese.
- Bariletti Raimondo fu Anselmo e fu Assunta Cavalaglio,
n. a Perugia il 26-8-905 domiciliato in Roma V. della
Conciliazione 44 presso l'avv. Giuliano Vassalli.
- Toscani Rosario fu Giorgio e fu Acciardi Adele n. a Oriolo Calabro il 2.6-12-902, domiciliato
in Roma V. Ciro Menotti 5 presso l'avv. Giuseppe Sabatini.
E nei confronti della P.C. Russo
Sebastiano, presidente della ONMIC, assistito
dall'Avv. Vittorio Marotti.
Imputati
Lambrilli, Paramucchi, Riccoboni, Masina, Quaranta e Rega:
A) - del delitto di cui agli artt. 81 cpv. 110-112 n. 1, 640-61 n.
Lambrilli,
inoltre:
B) -del delitto di cui all'art.
In Roma, in data imprecisata
dell'aprile-maggio 1965.
C) - del delitto di cui all'art. 319
pp. C.P. perché, abusando della sua qualità di
presidente dell'ente di diritto pubblico ANMIC stipulava con le associazioni
tra gli industriali della Intersind e Confindustria un accordo in base al quale contro promessa
di versamento della somma di lire 550 milioni, si impegnava a fare in modo
che da parte delle associazioni tra invalidi si aderisse ad interpretazione più
favorevole ai datori di lavoro della legge sul collocamento obbligatorio al
lavoro degli invalidi civili e, sostanzialmente perché il termine posto per la
entrata in vigore di detta legge, venisse prorogato di ulteriori tre anni,
impegnandosi allo scopo a non fare pressioni sugli uffici competenti per la copertura
nelle aziende della percentuale obbligatoria di invalidi prima del decorso di
tale termine; quale presidente della LANMIC apparentemente stipulando
l'accordo giustificandosi la promessa di denaro con la necessità di finanziamento
di corsi di qualificazione professionale degli invalidi, mai peraltro
effettivamente istituiti. In Roma il 23-2-66.
D) - del delitto di cui all'art.
In Roma, il 29-3-1967
Lambrilli
e Rega:
E) - del delitto di cui agli artt. 81 cpv.
In varie località e Roma fino all'aprile 1967
Bariletti e Toscani:
F) - del delitto di cui agli artt. 110, 319,
In Roma, il 23-2-1966.
Per il Lambrilli
con la recidiva reiterata nel quinquennio.
Fatto
Il 10 maggio
Riferiva il denunziante che con
legge del 23 aprile 1965 n. 458 era stata attribuita
personalità giuridica pubblica all'Unione Generale degli Invalidi Civili - U.G.I.C. -, costituita in Roma con rogito del Dott. Inzerilli del 15 marzo 1965
n. 9022 di repertorio, la quale aveva assunto la denominazione di Associazione
Nazionale Mutilati e Invalidi Civili - A.N.M.I.C. -.
Di questo Ente,
che confederava le associazioni nazionali di categoria degli invalidi e mutilati
civili, non entrava a far parte
Delle quattro associazioni nazionali
confederate nell'ente pubblico ve n'è una,
Presidente nazionale dell'A.N.M.I.C.
(Ente di diritto pubblico), della L.A.N.M.I.C. (persona giuridica privata) e
della L.A.N.I.C. (associazione privata) è Alvido Lambrilli, il quale,
ottenuta in seno al comitato centrale direttivo dell'ente pubblico la
maggioranza assoluta, ha posto in essere una serie di
azioni dirette a sabotare il funzionamento dell'A.N.M.I.C. ad esclusivo
vantaggio del
In concreto:
- il Lambrilli
ed i suoi collaboratori, sulla base di equivoci
generati dalla somiglianza delle sigle e dalla presenza nelle cariche direttive
dell'A.N.M.I.C. e della L.A.N.M.I.C. degli stessi dirigenti, usurpano le
funzioni pubbliche della prima a favore della seconda, facendo credere, con
comunicati stampa, circolari, volantini ed altro, agli invalidi civili che la
personalità giuridica pubblica è stata attribuita alla L.A.N.M.I.C. e che
l'iscrizione a questa è necessaria per poter usufruire di determinati diritti
(quali ad es. il collocamento
obbligatorio al lavoro, la assistenza medica e la pensione), concessi invece
dal legislatore a tutti gli invalidi, indipendentemente dalla loro iscrizione
alle associazioni di categoria
- i locali siti in Corso
Rinascimento n. 81 dove ha sede l'Ente Pubblico - A.N.M.I.C. - sono stati
locati a questo dalla L.A.N.M.I.C. per un canone mensile di L.
125.000. Detti locali invece erano stati concessi in
uso gratuito alla L.A.N.M.I.C. dal Comune di Roma;
- presso l'Agenzia n. 8 del Banco di
Roma esiste un conto corrente n. 501 intestato alla L.A.N.I.C.
(con sede però in Corso Rinascimento n. 81 ove ha sede l'Ente pubblico) sul
quale sono stati accreditati L. 20.000.000 per
«settore corsi»;
- infine su alcuni giornali, tra i
quali «Tempi Nuovi» - periodico mensile della L.A.N.M.I.C. - il Lambrilli Alvido viene indicato come «professore» e Rega
Nicola, membro della L.A.N.M.I.C.
come «dottore».
Né l'uno, né l'altro, hanno invece titoli accademici.
Il Procuratore della Repubblica
disponeva immediatamente che il Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri
di Roma svolgesse indagini in merito ai fatti
denunciati.
In data 17 dicembre 1966 i
Carabinieri riferivano con rapporto giudiziario dal quale si ricava quanto
segue in ordine alle singole associazioni il cui Presidente
Nazionale è Lambrilli Alvido.
Alla L.A.N.M.I.C. con decreto del
Presidente della Repubblica in data 2 giugno 1962 è stata attribuita
la personalità giuridica privata.
Presidente
dell'ente è: Lambrilli Alvido;
Vice Presidenti: Paramucchi Renato, Riccoboni Antonio e Masina Cesare; Segretario: Quaranta Francesco;
Vice Segretario: Rega Nicola.
Senonché la proposta, approvata dalla Camera
dei Deputati, trovò delle difficoltà al Senato, in seguito alle rimostranze
delle altre associazioni private di invalidi civili (in particolare dell'Associazione
Nazionale Invalidi per esiti di Poliomielite - A.N.I.E.P.
- e dell'Opera Nazionale Mutilati e Invalidi Civili - O.N.M.I.C.).
Per superare «l'impasse»
legislativo, i Presidenti Nazionali delle Associazioni di Invalidi
Civili, dopo una serie di incontri, decisero di costituire un organismo
confederale che avrebbe dovuto raggruppare le varie associazioni, per cui venne
costituita, con rogito notarile del 15 marzo
I soci fondatori erano lo stesso Lambrilli Alvido, la di lui cognata e segretaria Clizia Natoli, Quaranta Francesco (segretario generale della
L.A.N.M.I.C.) nonché una dipendente della L.A.N.M.I.C
Anna Di Trocchio.
La sede della L.A.N.I.C.
veniva indicata in Via Stamira
74, ove invece è la sede dell'ufficio tesseramento della L.A.N.M.I.C.,
nonché la direzione, redazione e amministrazione del periodico «Tempi Nuovi», edito dalla stessa L.A.N.M.I.C.
Il Senato in seguito, con legge 23 aprile
1965 n. 458, trasformava l'U.G.I.C. in ente di
diritto pubblico, cambiandone però la denominazione da
U.G.I.C. in A.N.M.I.C. (Associazione Nazionale
Mutilati Invalidi Civili), composta dall'O.N.M.I.C.,
dall'A.N.I.E.P., dall'A.N.I.C.
(Associazione Nazionale Invalidi Civili) ed infine dalla L.A.N.I.C.
In base all'art. 19 della Legge 23
aprile 1965 n. 458,
Ottenevano, pertanto, la maggioranza,
in seno all'ente di diritto pubblico, quasi tutti i dirigenti della
L.A.N.M.I.C. nella veste giuridica però di esponenti
della L.A.N.I.C.
Per cui Lambrilli
Alvido diveniva Presidente Nazionale; Quaranta
Francesco, Segretario Nazionale; Rega Nicola (Presidente
LANMIC di Roma) componente;
Paramucchi Roberto (Presidente LANMIC di Ferrara) membro; Riccoboni
Antonio (Presidente LANMIC di Treviso) membro; Ianni
Enandro (Presidente LANMIC dell'Aquila) membro.
La minoranza di detto ente era
costituita dai rappresentanti di altre associazioni
confederate e cioè Setaro Clemente e Conticini Silvano dell'A.N.I.E.P.,
Maggi Dante dell'A.N.I.C.I.
e Russo Sebastiano dell'O.N.M.I.C.
Nel corso delle indagini, espletate
in sede di polizia giudiziaria, venivano sentiti i
membri di minoranza del Comitato direttivo centrale della A.N.M.I.C.:
Conticini Silvano, Setaro
Clemente e Russo Sebastiano nonché il prof. Casimiro Olszewscki
(Presidente Nazionale dell'A.N.I.E.P.), i quali
confermavano i fatti rappresentati nella denuncia del Lissoni
Cesare e riferivano inoltre che l'accredito di 20 milioni sul conto n. 501 dell'agenzia
n. 8 del Banco di Roma, intestato alla L.A.N.M.I.C.
rappresentava un primo versamento di una ben più cospicua somma (aggirantesi sui 900 milioni) promessa dai dirigenti della Confindustria e della Intersind
al Lambrilli in esecuzione di un accordo inteso ad
eludere le norme di legge sul collocamento obbligatorio al lavoro degli
invalidi civili.
L'accordo di cui è parola era stato
stipulato dal Lambrilli in nome e per conto della
L.A.N.M.I.C.
Aggiungevano i testi di essere
venuti a conoscenza dello «accordo» solo attraverso le notizie apparse sulla
stampa nazionale e che pur avendo più volte fatta espressa richiesta, in seno
al comitato centrale direttivo dell'ente pubblico, di discutere la questione
dei versamenti della Confindustria e dell'Intersind, il relativo ordine del giorno era stato sempre
respinto dalla maggioranza, composta dal Lambrilli e dagli altri esponenti della L.A.N.I.C.
Sentiti al riguardo dai Carabinieri,
Toscani Rosario e Bariletti Raimondo, firmatari dell'intesa in questione per
conto rispettivamente della Confindustria e della Intersind, riferivano di
aver trattato con il Lambrilli da loro conosciuto
come esponente della L.A.N.M.I.C. e di non essersi prefissi, in
quell'occasione, alcuna finalità illecita.
Ed invero l'atto stilato per iscritto il 23 febbraio 1966, tendeva soltanto a superare
le divergenze interpretative sorte nell'applicazione della legge 5 ottobre
1962 n. 1539, sostenendosi da parte degli imprenditori che, l'art. 1, obbligando
i datori di lavoro ad assumere entro tre anni dalla entrata in vigore della
legge stessa la percentuale del 2% degli invalidi, dovesse interpretarsi nel
senso di computare, nella percentuale d'obbligo, anche i loro dipendenti
invalidi assunti anteriormente all'entrata in vigore della legge e ritenendosi
invece ex adverso che il sistema previsto dalla
legge fosse rivolto a prendere in considerazione, ai fini dell'assunzione in
servizio, solo i mutilati ed invalidi civili non ancora occupati presso le
aziende.
In quell'occasione le parti
convennero da un lato, a fare prevalere la tesi della computabilità,
nella percentuale prevista dalla legge 1962, degli invalidi già in servizio e
di consentire un graduale assorbimento degli stessi, dall'altro ad agevolare
finanziariamente concrete iniziative di qualificazione professionale dei
mutilati ed invalidi civili, che dal canto suo
In esecuzione e nello spirito
dell'accordo
Le somme erano state versate sul
conto corrente intestato alla L.A.N.I.C., associazione indicata dal Lambrilli
come organismo delegato allo svolgimento dei corsi di qualificazione.
In particolare L.
20 milioni erano stati versati intestando il mandato alla L.A.N.I.C.
in Corso Rinascimento n. 81 sul conto corrente n. 501 dell'Agenzia n. 8 del Banco di Roma. La successiva
somma di 75 milioni era stata versata intestando il mandato alla L.A.N.M.I.C.
in Via Rubicone n. 11 sul conto corrente n. 501
dell'Agenzia n. 8 del Banco di Roma.
L'Intersind
dal canto suo aveva versato L. 16 milioni sul c/c n.
501 del Banco di Roma. Iniziatasi l'istruzione sommaria il
P.M. disponeva il sequestro dei verbali dell'A.N.M.I.C.,
della L.A.N.M.I.C. e della L.A.N.I.C. e dopo aver
proceduto alla escussione dei testi indicati nella denuncia del Lissoni, chiedeva a questo Giudice in data 24 aprile 1962
di procedere contro gli imputati per i delitti loro ascritti in rubrica.
Nel corso dell'istruzione formale si
procedeva alle contestazioni delle accuse.
Lambrilli Alvido
contestava gli addebiti asserendo che il mancato funzionamento dell'ente
pubblico era da attribuirsi al fatto che ancora non erano state emanate, dagli
organi competenti, le norme regolamentari, per cui
l'ente stesso non aveva, fra l'altro, potuto aprire alcuna campagna di
tesseramento; che non vi è mai stata da parte dei dirigenti della L.A.N.M.I.C.
l'intenzione di truffare gli invalidi appropriandosi della sigla o dei simboli
dell'ente pubblico o mirando a creare artificiose confusioni tra i due organismi,
non escludendo peraltro l'eventualità che qualche direttore provinciale della
L.A.N.M.I.C. potesse essere incorso in qualche inesattezza, dato che un ramo
del Parlamento (
Aggiungeva inoltre, per quanto
attiene all'intesa del 23 febbraio 1966 con
In esito all'istruzione gli atti venivano rimessi al P.M. per le sue conclusioni. Questi
formulava le sue richieste chiedendo il rinvio al giudizio del Tribunale di
Roma di Lambrilli Alvido,
Paramucchi Roberto, Riccoboni Antonio, Masina Cesare,
Quaranta Franco, Rega Nicola per rispondere dei
delitti loro rispettivamente ascritti ai capi a), b), c), e); di dichiarare di
non doversi procedere a carico del Lambrilli in ordine al delitto di cui al capo d) perché il fatto non
costituisce reato; di n.d.p. contro il Toscani per
il delitto di cui al capo f) per insufficienza di prove e contro il Bariletti
per essere il reato estinto a seguito della di lui morte. Chiedeva inoltre di
emettere mandato di cattura nei confronti di Lambrilli Alvido per i reati a
lui ascritti.
Dopo il deposito degli atti
processuali in cancelleria, si costituiva P.C. l'avv. Russo Sebastiano in nome e per conto dell'Opera Nazionale Mutilati
e Invalidi Civili (ONMIC).
Diritto
Per quanto attiene al reato
contestato agli imputati alla lettera A) della rubrica occorre accertare se
nella specie si ravvisino tutti gli elementi costitutivi del delitto di cui
all'art.
Come emerge dalla precedente narrativa,
Chiara pertanto appare in via di
diritto la distinzione esistente tra le due persone giuridiche, esplicando l'una la propria attività nel campo privato e
l'altra in quello pubblico.
Tale netta differenziazione
giuridica risulta peraltro largamente attenuata sul
piano pratico per l'esistenza di alcuni fattori la cui genesi non può
attribuirsi all'opera degli attuali imputati, concorrendovi una certa incuria
ed inerzia da parte delle autorità legislative e di quelle preposte alla
tutela degli organismi assistenziali; essendosi omesso dalle prime un attento
esame, con conseguenti opportune chiarificazioni, delle associazioni destinate
ad essere confederate nell'ente pubblico (
In particolare:
- all'Unione Generale Invalidi Civili
(U.G.I.C) viene attribuita
una denominazione - A.N.M.I.C. -- quasi simile a quella della L.A.N.M.I.C.;
- la mancanza di copertura
finanziaria fa sì che l'ente pubblico si insedia nelle
varie sedi provinciali delle associazioni in esso confederate ed in massima
parte in quelle della LANMIC;
- il nuovo ente viene
retto, in via provvisoria, dagli organi della UGIC in carica alla data di
entrata in vigore della legge istitutiva dello stesso.
Su questa situazione giuridica e di fatto si inserisce l'azione dei dirigenti della LANMIC,
volta ad ingenerare negli invalidi e mutilati civili equivoci ed errori sia
sulla individuazione dell'ente al quale è stata attribuita la personalità
giuridica pubblica, sia sulla reale spettanza e sull'effettivo godimento di
diritti attribuiti a questi dalle leggi previdenziali.
Vi è in atti tutta
una serie di circolari, manifesti, comunicati stampa ed altro, emessi dai dirigenti
delle sedi centrali e provinciali della LANMIC, con i quali si dà ad intendere
che questa è stata eretta in ente pubblico e che l'iscrizione alla stessa si
rende necessaria per poter beneficiare della legge sul collocamento
obbligatorio al lavoro dei mutilati e invalidi civili, nonché di altri diritti.
Vedansi in proposito i numerosi
documenti allegati alla denunzia del Lissoni, riflettenti
in modo palese ed inequivoco gli atti fraudolenti posti in essere dagli imputati.
Accertata pertanto la sussistenza
degli artifici e raggiri concretizzati dagli imputati, resta da dimostrare
l'esistenza del secondo e del terzo elemento costitutivo del delitto di cui
all'art.
A tale proposito devesi rilevare che
in pratica nessuna concorrenza associativa si verificò
tra
Peraltro la legge n. 458 del 1965
istitutiva dell'ente pubblico non intese monopolizzare le associazioni private
confederate in esso, ma mantenne intatte le loro
autonomie, consentendo alle stesse di proseguire le campagne di tesseramento
al fine di procurarsi nuovi adepti.
D'altra parte l'indagine istruttoria
espletata non ha evidenziato la concreta idoneità dei mezzi fraudolenti posti in essere dagli imputati ad indurre in errare gli
invalidi civili con conseguente loro danno e correlativo profitto della LANMIC.
Ed invero da un lato
Consegue pertanto che difettando
nella specie la esistenza di due elementi costitutivi
del delitto di truffa ascritto in rubrica agli imputati, gli stessi devono
essere prosciolti perché il fatto non costituisce reato.
Passando ad esaminare gli addebiti
di cui ai capi C) ed F) che qui vengono trattati prima
degli altri perché si riallacciano in maniera più diretta alle considerazioni
sopra svolte, è opportuno accennare brevemente alla normativa esistente sul
collocamento obbligatorio al lavoro degli invalidi e mutilati civili nonché
agli atti posti in essere dagli imputati in relazione a detta disciplina.
La legge 5 ottobre 1962 n. 1539 disciplina il collocamento obbligatorio presso pubblici e
privati datori di lavoro dei mutilati e invalidi civili. L'art. 1 detta: «Gli
imprenditori i quali, fatta esclusione degli apprendisti, abbiano
complessivamente alle loro dipendenze più di 50 lavoratori tra operai e
impiegati sono tenuti ad occupare, in occasione di assunzioni di nuovo personale,
un mutilato o invalido civili per ogni 10 lavoratori da assumere, sino a
raggiungere la proporzione di un mutilato o invalido per ogni 50 dipendenti
in forza o frazione di 50 superiore a 25. Il computo delle assunzioni di nuovo
personale di cui al presente comma è fatto, per periodi semestrali a decorrere
dalla data di entrata in vigore della presente legge».
La percentuale di cui al primo comma,
dovrà essere raggiunta comunque entro tre anni dalla entrata in vigore della presente legge.
Art. 9: «I privati datori di lavoro che
non presentino in termini le denunce previste dal secondo comma dell'art. 2 e
dal precedente articolo sono puniti con una ammenda da
L.
Gli inadempienti all'obbligo di
occupare mutilati e invalidi civili sono puniti con un'ammenda da L.
Art. 13: «La vigilanza per
l'applicazione della presente legge spetta al Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale che la esercita a mezzo dell'Ispettorato
del Lavoro».
In data 23 febbraio 1966
1) Le aziende rappresentate dalla Confindustria e dall'Intersind,
devono poter richiedere ed ottenere dal Ministero competente che le commissioni
provinciali sanitarie, di cui all'art. 5 della legge,
provvedano alla sollecita effettuazione della visita medica per il
riconoscimento, ad ogni effetto, di tutti i lavoratori invalidi già in servizio
presso le aziende stesse che il riconoscimento predetto non abbiano ancora
ottenuto formalmente;
2) per la eventuale
scopertura complessiva esistente nelle singole aziende, risultante per effetto
della differenza tra il 2% ed il numero inferiore dei lavoratori riconosciuti
invalidi e già in servizio, le organizzazioni firmatarie convengono di
richiedere al competente Ministero di consentire l'assorbimento graduale sino
alla copertura di detta aliquota;
3) ai fini della più rispondente
utilizzazione possibile degli invalidi da occupare,
4) a tal fine le organizzazioni
confederali si propongono a loro volta di agevolare il compito della Libera
Associazione Nazionale Invalidi Civili, per quanto attiene alla
accennata attività di rieducazione e qualificazione professionale;
5) l'art. 8 del disegno di legge
predisposto dal Governo «Provvedimenti a favore degli Invalidi Civili» dovrebbe
essere emendato per quanto riguarda la composizione della Commissione: a far
parte della stessa dovrebbe cioè essere chiamato anche
un medico designato dalle organizzazioni imprenditoriali ed in tal senso
Protocollo aggiunto.
1) Indipendentemente da quanto
precisato al punto 2) dell'accordo sottoscritto in data odierna le
organizzazioni firmatarie si impegnano acché le rispettive rappresentanze provinciali svolgano
analoga azione nei confronti degli Ispettorati del Lavoro;
2) l'assorbimento graduale, di cui
allo stesso punto 2) dell'accordo menzionato, avverrà in un triennio, a partire dal momento di accertamento della effettiva
scopertura, ed a tal fine, le aziende provvederanno ad assumere il 40% di detta
copertura nel corso del primo anno; il rimanente 60% sarà assorbito nei due
anni successivi.
In esecuzione dell'accordo
Con atto del 15-2-66 reso pubblico
il 28-2-66, il Consiglio di Stato, al quale il Ministero del lavoro e della
Previdenza Sociale aveva sollecitato un parere in ordine all'applicazione
della legge 5 ottobre 1962 n. 1539, esprime l'avviso che, ai fini del
raggiungimento della percentuale di assunzione obbligatoria di invalidi
civili, le imprese possano computare, nella quota d'obbligo, i propri
dipendenti fisicamente menomati, assunti prima dell'entrata in vigore della
legge, purché riconosciuti tali dall'apposita commissione medica.
Con circolare n. 101 del 14 aprile
1966, inviata agli Ispettorati Regionali e provinciali del lavoro,
il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, preso atto della decisione
del Consiglio di Stato, inviava le relative disposizioni, ravvisando, fra
l'altro, la necessità di determinare, entro il più breve termine possibile,
l'effettiva situazione delle aziende, in merito alla integrale osservanza
degli obblighi di legge ed il conseguente avviamento al lavoro di minorati
disoccupati, ove le stesse risultassero comunque deficitarie, dopo aver
effettuato il computo di quelli in servizio, regolarmente riconosciuto dalla
competente commissione sanitaria.
Ciò premesso, al fine di una esatta delibazione dell'accusa, quale configurata dal
P.M. in rubrica, assume rilievo decisivo il punto se la dazione o la promessa
di danaro (circa 460 milioni di lire) effettuata dagli esponenti della Confindustria e dell'Intersind
alla Libera Associazione Nazionale Invalidi Civili, sia avvenuta in
contemplazione di una attività la cui esecuzione da parte del Lambrilli (Presidente, nello stesso tempo, di un ente pubblico
oltre che del sodalizio privato in nome e per conto del quale firmò l'accordo
23 febbraio 1966), avrebbe comportato una violazione dei doveri e degli
obblighi inerenti alla qualifica di pubblico ufficiale, da lui assunta con la
presidenza dell'ANMIC.
Da qui la necessità di accertare se
l'intesa in questione dovesse esplicare i suoi effetti
nei confronti di tutta la categoria degli invalidi civili o soltanto nei
confronti di alcuni di essi e se il suo contenuto rivestisse un carattere
lecito o illecito.
Secondo le allegazioni difensive il motivo determinante della convenzione sarebbe
stato quello di superare, con una intesa di carattere sindacale, le
divergenze interpretative sorte sulla applicazione della legge del 1962.
Si sarebbe, pertanto, addivenuto ad un contemperamento degli opposti interessi, accedendosi, da un lato, alla tesi della computabilità, nella percentuale d'obbligo, degli invalidi
già in servizio presso le aziende e impegnandosi, dall'altro, a sovvenzionare
dei corsi di qualificazione professionale degli invalidi di modo che questi,
una volta assunti, potessero apportare un valido contributo lavorativo.
Il Lambrilli
asserisce inoltre di avere sottoscritto l'impegno nella veste di presidente
della LANIC.
Affermazione quest'ultima però che
non regge al vaglio della critica non potendosi, con serietà di intenti, sostenere che l'impegno (che si doveva
concretizzare nel versamento nelle casse della LANIC di 550.000.000 di lire)
degli esponenti della Confindustria e dell'Intersind, fosse destinato a riqualificare
professionalmente 50 o 100 invalidi, quanti al massimo poteva contarne
Ha maggior pregio, pertanto, la tesi
che il Lambrilli stipulò
l'atto in nome e par conto della LANMIC, associazione questa fra le più (se non
la più) rappresentative degli invalidi e mutilati civili.
Il che del resto
traspare dai documenti in atti, poiché nella stesura degli stessi (cfr.
gli originali a ff. 916, 917 II°
vol. atti generici) figurano scritti a macchina le sigle e i nomi della Confindustria, dell'Intersind e
della LANIC, ma nel testo e nella sottoscrizione vengono rispettivamente aggiunte
con la penna una «Nat» e una «M», per
cui LANIC diventa LANMIC.
D'altra parte il
Bariletti e il Toscani sostengono di aver trattato con il Lambrilli «da loro conosciuto come esponente della LANMIC»
(qui per inciso non si può fare a meno di rilevare che anche in questo
episodio la somiglianza delle sigle viene utilizzata per finalità non certo
univoche).
Ma anche in tal caso l'accordo non
avrebbe potuto avere pratica attuazione.
Ed invero una
volta assunto l'impegno da parte della LANMIC di accedere alla tesi dei
datori di lavoro in ordine alla computabilità degli
invalidi (seguiamo qui sempre gli assunti dei prevenuti, sul reale contenuto
della negoziazione diremo in seguito), la legge del 1962 avrebbe dovuto operare
in tal senso nei confronti degli invalidi iscritti alla LANMIC ed in quello
inverso (come all'epoca sostenuto dal Ministero del Lavoro cfr.
circolare n. 6/8257/RC5 del 27-11-1965), per gli
invalidi iscritti alle altre associazioni o non iscritti ad alcuna
associazione.
Ed ancora, l'impegno di cui al n. 5
dell'intesa di adoperarsi per l'emendamento dell'art. 8 del disegno di legge relativo ai provvedimenti in favore dei mutilati e invalidi
civili, come avrebbe potuto attuarsi nei confronti di una sola parte degli
invalidi?
Il vero è che la negoziazione non
poteva interessare soltanto gli iscritti alla LANMIC, ma era
destinata a ripercuotersi sull'intera categoria dei mutilati e invalidi civili,
investendo i diritti e gli interessi di questa.
Il Lambrilli,
pertanto, pur spendendo il nome della LANMIC (o della LANIC) agì per conto di
tutti gli invalidi civili, ripetendone i poteri dalla sua qualità di presidente
dell'ente pubblico-ANMIC che fra i propri compiti
istituzionali annovera quello della tutela del lavoro del
mutilato e dell'invalido (cfr. art.
2 della legge istitutiva dell'ente pubblico) in genere senza discriminazioni
settoriali.
Stabilito, pertanto, in ordine alla portata dell'intesa, che l'imputato
addivenendo all'accordo in questione rappresentò e vincolò l'intera categoria,
agendo in virtù di poteri che certo non potevano derivargli dalla presidenza
di una delle due associazioni private, passiamo ad esaminare il contenuto
dell'atto stesso, stipulato il 23 febbraio 1966, alla scadenza cioè del termine
(tre anni) previsto dalla legge del 1962 per rendere operanti le sanzioni penali
contro le ditte inadempienti all'obbligo dell'assunzione degli invalidi.
Circostanza quest'ultima che assume
importanza decisiva in ordine alla concretizzazione
da parte degli imputati del delitto loro ascritto alle lettere C) e F) della
rubrica.
Giova infatti
premettere, prima di entrare nel merito, che una corruzione da parte del
pubblico ufficiale è configurabile (ed è configurabile come «corruzione
propria») nel caso in cui questi si impegni, dietro compenso di denaro, ad influire
su altri pubblici ufficiali, sfruttando rapporti di colleganza o di amicizia,
esclusa per questi ultimi anche soltanto la notizia della utilità ricevuta o
promessa al primo.
Ed invero fra i doveri dei pubblici
funzionari vi è anche quello della correttezza nei confronti della pubblica
amministrazione.
Dovere che nella sua latitudine
comprende, senza dubbio, anche quello di astenersi da intromissioni o
interferenze nell'interesse proprio o di altri nell'attività
dell'amministrazione di cui faccia parte o anche di altra
amministrazione più o meno collegate.
Simili intromissioni ed interferenze
costituiscono di per sé una infrazione disciplinare.
Se però esse si pongono come corrispettivo di denaro o di altre
utilità ricevute integrano appunta il reato di «corruzione propria».
Nella specie l'impegno assunto dal Lambrilli di svolgere idonea azione sugli ispettori del lavoro
affinché potesse essere consentito un assorbimento graduale degli invalidi
nelle imprese in un triennio a partire (non dalla entrata
in vigore della legge del 1962, cfr. art. 1 secondo comma), ma dal momento dell'accertamento
della effettiva scopertura, consentendo in particolare alle aziende di coprire
il 40% di tale scopertura nel corso del primo anno ed il rimanente 60% nei due
anni successivi, concretizza la violazione dei doveri di ufficio contemplata
nell'art.
D'altra parte che questa fu il reale
(se non l'unico) intendimento consacrato dalle parti contraenti nell'intesa 29
febbraio 1966 lo si desume da una serie di gravi e incontrastanti elementi:
- Il detto impegno viene consacrato non già nel testo dell'accordo 29 febbraio
1966 ma in un protocallo aggiunto, non inviato in
visione al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e considerato di
carattere riservato dai dirigenti della Confindustria
e della Intersind (cfr. circolare riservala della Confindustria
n. 481 dell'8 aprile 1966 (f. 179 allegati denunzia Lissoni)
«... I dettagli esplicativi del graduale assorbimento degli invalidi sono
stati inseriti in un protocollo aggiunto, strettamente riservato e non
consegnato in visione al Ministero, di esso le associazioni territoriali degli
industriali si avvarranno per prendere contatti con le sezioni provinciali
della LANMIC, cui perverranno al più presto istruzioni dalla propria sede
centrale, e svolgere insieme la
necessaria azione presso gli uffici del lavoro per la attuazione di questa
decisione agevolativa a favore delle aziende»;
- l'interesse della Confindustria e della Intersind ad addivenire all'accordo in parola non poteva
certo derivare dalle apparenti divergenti interpretazioni sull'applicazione
della legge del 1962. Nel senso sostenuto dai datori di lavoro si erano infatti pronunciate varie magistrature di merito e pochi
giorni prima della intesa il Consiglio di Stato il 15-2-66 aveva asseverato
detta tesi con il sopra riportato parere reso pubblico il 28-2-66.
Il vero e reale motivo determinante dell'intesa e giustificativo della promessa
(verbale e non trasparente dall'atto stipulato per iscritto) di ben 550.000.000
di lire era quello di evitare, in un grave perioda di congiuntura economica, un
ulteriore aggravio alle aziende, in seguito alle contravvenzioni che gli
ispettori del lavoro avrebbero iniziato ad elevare ai sensi dell'art.
Del resto lo stesso Lambrilli nell'interrogatorio reso dinanzi ai carabinieri
(f. 100 I°
volume) riferisce che il Bariletti e il Toscani gli fecero presente le
gravi difficoltà economiche in cui si dibattevano le aziende «onde si riteneva
per loro necessario un graduale assorbimento degli invalidi» al di là del
termine perentorio previsto dalla legge del 1962.
Consegue da tutto ciò che l'obbiezione
difensiva, relativa alla mancanza della qualità di pubblico ufficiale del Lambrilli, per avere egli agito in
veste di presidente di una associazione privata, si fonda solo su di un esame
formalistico e non sostanziale dell'intesa in questione.
Per le considerazioni sopra esposte infatti si evince in modo chiaro che il Lambrilli
poté addivenire alla stipulazione dell'accordo incriminato solo e in quanto
era presidente dell'ente pubblico ANMIC, qualifica questa che gli conferì i
poteri necessari per agire nei confronti di tutta la categoria degli invalidi
e mutilati civili.
Da ultimo è appena il caso di
rilevare che l'effettiva destinazione del primo acconto versato dalla Confindustria e dalla Intersind all'acquisto della tenuta in Gioiella, futuro
centro di rieducazione degli invalidi, non esplica alcuna efficacia nella
fattispecie in esame, essendo evidente l'indebito arricchimento del patrimonio
della LANIC, divenuta titolare di tale immobile, nel che si sostanzia
l'utilità ricevuta per «un terzo» prevista dall'art. 319 primo comma C.P.
Il Lambrilli
deve essere pertanto rinviato a giudizio per rispondere dell'addebito
formulato alla lettera G) della rubrica.
Ugualmente deve ordinarsi il rinvio
a giudizio del Toscani per rispondere dell'addebito di
cui al capo F), poiché il suo assunto di aver ignorato, all'atto della
stipulazione dell'intesa in parola, la qualità di pubblico ufficiale rivestita
dal Lambrilli, da lui conosciuto soltanto come
esponente della LANMIC, null'altro rappresenta se non un tardivo espediente
difensivo.
Ed invero
nell'interrogatorio reso dinanzi al P.M. in data 16 marzo 1967 (cfr.
vol. I° atti generici f.
564), lo stesso imputato ammette esplicitamente di essere stato a conoscenza
del fatto che il Lambrilli, quando stipulò l'atto incriminato,
fosse anche presidente dell'ente pubblico ANMIC.
D'altra parte all'esponente della Confindustria non poteva interessare in quale veste il Lambrilli si fosse vincolato a
procrastinare il termine perentorio previsto dalla legge del 1962, poiché,
stante l'unicità dell'organo rappresentativo della persona giuridica privata e
di quella pubblica, non era più possibile al Lambrilli
scindere, nell'esecuzione dell'atto stipulato, le qualità di presidente
dell'uno e dell'altro ente.
Da qui la poca attenzione prestata
nella stesura dell'atto sulla diversità delle sigle LANMIC e LANIC e
nell'invio dei primi acconti di danaro versati ora sui
conto corrente intestato alla LANPAIC ora su quello intestato alla LANIC: a
nulla rilevava l'esatta individuazione dell'ente beneficiario, ciò che
interessava era la persona del Lambrilli.
Il Bariletti va invece prosciolto dalla stesso
addebito poiché il reato è estinto a seguito del di lui decesso, avvenuto il 5
maggio 1968 e non sussistendo, allo stato, le condizioni di cui all'art.
Per quanto attiene al reato di cui
alla lettera B) della rubrica addebitato al solo Lambrilli,
risulta «per tabulas» che con deliberazione del
Comitato Centrale direttivo dell'U.G.I.C. del 17
aprile 1965 (prima ancora cioè della emanazione della
legge n. 458 del 1965 istitutiva dell'ente di diritto pubblico ANMIC) venne
approvata la sublocazione dei locali siti in Corso Rinascimento per un canone
mensile di L. 125.000. Locali questi che il comune
di Roma aveva in precedenza locato alla LANMIC per un canone di L. 8.000 mensili.
Se pertanto è valida l'obbiezione
difensiva che a quell'epoca il Lambrilli non
rivestiva la qualità di pubblico ufficiale va peraltro rilevato che nella
riunione del comitato direttivo centrale dell'U.G.I.C.
dell'11 aprile 1965 (quella cioè precedente alla
stipula dell'atto), si accennò alla necessità di reperire una sede per l'UGIC
proprio in vista della sua elevazione in ente di diritto pubblico, il che venne
poi ribadito il 17-4-1965 all'atto della sublocazione (cfr.
verbale allegato N-O alla memoria difensiva).
Per cui non è errato osservare che
la stipulazione avvenne in vista della trasformazione dell'UGIC in AMNIC tant'è vero che il primo canone di locazione (come risulta
dai libri sequestrati) venne corrisposto da
quest'ultima nel giugno del 1965.
Ne consegue che il Lambrilli dando esecuzione all'atto in parola, posto in essere nell'interesse dell'associazione privata
(LANMIC) da lui presieduta ha concretizzato l'interesse privato in atto d'ufficio
di cui all'art.
È infatti
pacifico in giurisprudenza che il cittadino nel momento in cui assume una
carica pubblica deve troncare gli eventuali rapporti privati di affari che
anteriormente lo legavano alla pubblica amministrazione.
Il reato di interesse
privato in atti di ufficio è configurabile invero anche nel caso di una attività
sorta con tutti i crismi della legittimità quando in un secondo momento il p.u. preposto alla esecuzione attui una ingerenza privatistica nella stessa, specialmente se ciò faccia per
volgere a proprio vantaggio l'attività della p.a. o anche per volgerla a favore
di terzi (cfr. Cass. Sez.
IIIª 18 marzo 1963, Margarone, Cass. Pen. Mass. 1963,
605).
Né vale obbiettare che nella specie
l'ente non avrebbe riportato alcun danno perché il
canone di affitto fu effettivamente versato per alcuni mesi e la maggiorazione
dello stesso doveva ritenersi equa per essere stati i locali arredati a spese
della LANMIC.
Ed invero l'illegittimità dell 'operato dal soggetto attivo
del reato de quo non deriva dalla esistenza di un danno della pubblica
amministrazione, né dal profitto del pubblico ufficiale o di altri, ma dalla
violazione del dovere che impone al pubblico funzionario di astenersi
dall'interessarsi all'atto, nel momento in cui è proposto, deliberato,
revocato, annullato o eseguito; mentre è sufficiente che sussista il periodo di
turbamento della normale funzionalità della pubblica amministrazione a dare
vita al delitto in questione che è reato di pericolo (cfr.
Cass. Sez. IIIª 5 aprile 1963, Fusco, Giust. Pen. 1964, II, 72).
Il Lambrilli
deve pertanto essere rinviato a giudizio del Tribunale per rispondere del
reato di cui all'art.
Devesi invece prosciogliere il Lambrilli dal reato a lui attribuito alla lettera D) della
rubrica, per avere rifiutato che in un verbale assembleare venissero
inserite dichiarazioni di componenti del Comitato Centrale della AMNIC.
Ed invero a parte il fatto che nella
specie si è in presenza di un atto collegiale e non
singolo del Presidente dell'ente pubblico, devesi rilevare che nel processo
verbale della riunione del Comitato Centrale dell'ente di diritto pubblico del
29-3-67 si dà atto che la maggioranza dell'ente stesso respinge la
pregiudiziale del Conticini, relativa alla
discussione dell'ordine del giorno, per cui non risulta essere stato posto in
essere alcune illecito penale.
Il Lambrilli
ed il Rega vanno inoltre prosciolti dall'addebito
loro ascritto alla lettera E) della rubrica.
Ed invero il semplice fatto che ai
due imputati in alcuni giornali ed in occasione di pubbliche conferenze sia
stato attribuito il titolo rispettivamente di
professore e di direttore non vale a realizzare il reato previsto dall'art.
La formula «si arroga», usata in
detto articolo infatti postula una commissione di atti
positivi, onde l'atteggiamento di inerzia, che si ha quando l'attribuzione
viene fatta da altre persone, senza che l'imputato chiarisca l'equivoco, non
costituisce arrogazione.
Per quanto attiene infine alla
richiesta formulata dal P.M. di emissione del mandato
di cattura, nella specie facoltativo, nei confronti del Lambrilli,
non ritiene questo giudice ricorrere le condizioni necessarie per l'esercizio
di tale facoltà.
Non si ravvisano
infatti nella specie, ad istruttoria ultimata con conseguente completa
acquisizione di mezzi di prova generici e specifici, le esigenze di carattere
processuale legittimanti il provvedimento restrittivo della libertà personale
del Lambrilli.
Né il paventato pericolo di inquinamento delle prove può derivare da eventuale
resipiscenza di qualche teste (v. teste Russo, peraltro in seguito costituitosi
parte civile) poiché l'indagine processuale, ai fini della delibazione delle
accuse, è stata svolta soprattutto sull'esame di prove documentali.
D'altra parte il comportamento
processuale del Lambrilli, che si è regolarmente
presentato ad ogni richiesta di questo ufficio, non fa
apparire probab-ile una di lui assenza nella fase dibattimentale.
Va infine considerato, in ordine alle qualità morali del prevenuto, che lo stesso
non risulta avere precedenti penali tali da influire negativamente sulla
valutazione della sua personalità.
Va invece accolta parzialmente la
richiesta del P.M. formulata il 12 febbraio 1968, di sospendere
provvisoriamente dai pubblici uffici il Lambrilli, ai
sensi del combinato disposto degli artt.
P. Q. M.
In parziale difformità delle conclusioni del P.M.;
Dichiara chiusa la formale
istruzione;
Visto l'art.
Ordina il rinvio al giudizio del
Tribunale di Roma del Lambrilli Alvido
per rispondere del reato di cui all'art.
In Roma, in data successiva
all'aprile del 1965.
Così modificata l'originaria rubrica
di cui al capo B). Ordina inoltre il rinvio al giudizio del Tribunale di Roma
di Lambrilli Alvido e di Toscani
Rosario per rispondere dei reati ad essi rispettivamente
ascritti ai capi C) ed F) della rubrica.
Visto l'art.
Visti gli artt.
II
SENTENZA DI RINVIO A GIUDIZIO DELLA
SEZIONE ISTRUTTORIA
DELLA CORTE DI APPELLO DI ROMA
Il 14-7-
*
* *
Avverso la sentenza con la quale in
data 22-4-1969 il giudice istruttore di Roma aveva, fra l'altro, prosciolto Lambrilli Alvido, Paramucchi Roberto, Riccoboni Antonio,
Masina Cesare, Quaranta Franco e Rega Nicola dal
delitto di truffa aggravata perché il fatto non costituisce reato e il Lambrilli e il Rega anche dal
reato di cui agli art. 81 c.c.p. e 98 c.p. per non aver commesso il fatto,
proponeva appello il Procuratore della Repubblica di Roma chiedendo il rinvio
a giudizio degli imputati sopraddetti in ordine ai
reati sopra specificati. Il P.M. lamentava altresì il non accoglimento da
parte del giudice istruttore della richiesta di emissione
di mandato di cattura nei confronti del Lambrilli e
la mancata modifica della imputazione relativa al delitto di interesse privato
in atti di ufficio come richiesto dalla requisitoria.
Il Procuratore Generale chiedeva
l'accoglimento dell'appello. Le risultanze
istruttorie hanno invero posto in luce una sconcertante situazione venutasi a
creare in un settore particolarmente delicato come quello dell'assistenza agli
invalidi civili con atti di concorrenza a volte non leali fra associazioni
private sorte, come molte altre associazioni similari, con un intento
dichiaratamente assistenziale ma spesso rivolto anche al soddisfacimento di
interessi personali, lucrativi e politici dei dirigenti delle associazioni
medesime. In un settore così delicato non deve essere ammessa nessuna
concorrenza fra associazioni similari allo scopo di ottenere un maggiore
afflusso di soci, soprattutto quando, come confermato
dalla lettera del Ministro della Sanità n° 7456, non
è necessario essere iscritti ad alcuna associazione per ottenere i benefici di
legge.
Dato però che nonostante la
scandalistica campagna di stampa nessuno si è presentato per denunciare di
aver dato la propria adesione alla LANMIC per effetto di raggiri o artifizi posti in essere dal Lambrilli e
dagli altri imputati, deve concludersi che manca ogni prova che il reato sia
stato consumato.
Ai fini dell'accertamento della
sussistenza del reato nella ipotesi del tentativo, va
rilevato che la legge n° 458 del 1965, istitutiva
dell'ente pubblico ANMIC, non intese monopolizzare le associazioni private
confederate in esso, ma mantenere intatte le loro autonomie, consentendo alle
stesse di proseguire le campagne di tesseramento al fine di procurarsi nuovi
aderenti, ma ciò evidentemente nel rispetto di una corretta e leale
concorrenza.
È risultato
peraltro che ad acuire i problemi d'incertezza dell'ente pubblico ANMIC ha
contribuito anche il fatto che non sono state ancora emanate le norme di
attuazione previste dall'art. 18 della legge istitutiva del detto ente
pubblico,
onde è stato lasciato libero gioco alle
singole associazioni private, tra cui
Dalle risultanze
istruttorie, sia pur manchevoli e farraginose, sono però emersi numerosi elementi
a carico degli imputati circa la loro azione rivolta ad ingenerare, negli
invalidi e mutilati civili, equivoci ed errori sia nell'individuazione dell'ente
pubblico, sia sulla reale spettanza e sull'effettivo godimento di diritti
attribuiti ad essi dalle leggi previdenziali.
Come ha riconosciuto anche il
giudice istruttore nella impugnata sentenza, vi sono,
nelle carte processuali, numerosi manifesti, comunicati stampa, circolari ed
altro, emessi dai dirigenti della sede centrale e periferiche della LANMIC, che
la stessa è stata eretta in ente pubblico e che l'iscrizione a tale associazione
è necessaria per fruire dei benefici di legge.
Le risultanze
istruttorie sopraddette impongono il rinvio a giudizio dinanzi al Tribunale di
Roma degli imputati in ordine a reato di cui al capo A), ridimensionato
nell'ipotesi di tentativo. Attraverso l'istruttoria
dibattimentale potrà essere chiarito meglio fino a che punto gli stessi dirigenti
hanno concorso col Lambrilli nell'attività criminosa.
Riguardo ai reati d'abusiva arrogazione di titoli ascritti al
Lambrilli e al Rega deve
rilevarsi che numerosi e concreti indizi di reato in ordine alla commissione di
tali reati sono emersi dalle risultanze istruttorie ed invero l'attribuzione del
titolo è riportata ripetutamente dal giornale degli stessi imputati e inoltre
che non si tratta di mera inerzia di fronte alla attribuzione a loro, da parte
di altri, di titoli non avuti, ma di vera e propria arrogazione.
D'altro canto anche a voler ritenere che l'origine materiale del fatto della abusiva attribuzione fu dovuta ad altri, il non aver
nulla fatto gli imputati di quanto avevano l'obbligo giuridico di fare, dato
che ai sensi dell'art. 40 c.p. non impedire l'evento equivale a cagionarlo, è
motivo sufficiente per il loro rinvio a giudizio in ordine al reato sub E).
Non può invece accogliersi la
richiesta del P.M. riguardo alla precisazione del capo d'imputazione relativo
al delitto di interesse privato in atti di ufficio,
trattandosi di reato per il quale gli imputati non sono stati rinviati a
giudizio ed esula perciò dalla competenza di questa Corte ogni provvedimento in
merito, tanto che il P.M. in udienza potrà provvedere in proposito nel rispetto
delle norme procedurali. Dato il ridimensionamento dell'imputazione di cui al
capo A), dato che non vi sono esigenze procedurali tali da legittimare
un provvedimento di detenzione preventiva, non può essere accolta neppure la
richiesta di emissione di mandato di cattura nei confronti del Lambrilli.
P. Q. M.
V.° l'Art.
387 c.p.p Su richieste
parzialmente difformi del Procuratore Generale e in parziale accoglimento
dell'appello proposto dal P.M.
Ordina il rinvio a giudizio del
Tribunale di Roma di Lambrilli
Alvido, Paramucchi Roberto, Riccoboni
Antonio, Masina Cesare, Quaranta Franco e Rega Nicola
per rispondere del reato di cui agli articoli 110, 112 n. 1, 56, 640, 61 n. 9
c.p. per aver compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere il
delitto loro contestato al capo A) della rubrica, così modificata l'originaria
rubrica, nonché di Lambrilli
Alvido e di Rega Nicola per rispondere del delitto di cui al capo E) della
rubrica, così riformata l'impugnata sentenza.
(1) V. Prospettive assistenziali, n. 15,
luglio-settembre 1971, pag. 27 e segg.
www.fondazionepromozionesociale.it