Prospettive assistenziali, n. 21, gennaio-marzo 1973

 

 

DOCUMENTI

 

SOLUZIONI ALTERNATIVE ALLE CLASSI DIFFERENZIALI E SPECIALI

UN'IMPORTANTE CIRCOLARE DEL PROVVEDITORATO AGLI STUDI DI ROMA

(SETTEMBRE 1971)

 

 

Sull'argomento fondamentale delle soluzioni alternative alle classi dif­ferenziali, fra i documenti «ufficiali» della scuola, finora si conosceva solo la circolare ministeriale per la scuola media del 25 agosto 1971 «Funzio­namento di classi sperimentali e di classi differenziali ad esaurimento (sic) della scuola media».

La circolare dava notizia che presso il Ministero della P.I. è costituita una Commissione di studio con il compito anche di «prospettare soluzioni alternative in una visuale di innovazioni strutturali e di maggior efficacia funzionale degli interventi della scuola a favore degli alunni in stato di disadattamento». Le prime risultanze di tale Commissione hanno indotto il Ministero a due provvedimenti:

1) È sospesa la costituzione di nuove prime classi differenziali di scuola media a partire dall'anno scolastico 1971-72.

2) «Potranno essere istituite, in via sperimentale, prime classi costituite ciascuna di non più di 20 alunni, alle quali saranno assegnati, in una per­centuale non superiore al 25%, ragazzi portatori di turbe caratteriali e/o di ipodotazioni mentali. Per tali classi, che funzioneranno con l'assi­stenza della commissione medico-psico-pedagogica (. .) è obbligatorio il funzionamento del doposcuola».

Ora dal volume Un modo differenziale (a cura del Gruppo Borghetto Prenestino, Guaraldi, 1972) veniamo a conoscenza di una circolare analoga a livello di scuola elementare, emanata nello stesso periodo (settembre 1971) dal Provveditorato agli Studi di Roma - Centro ispettivo attività spe­ciali della scuola dell'obbligo.

È un vero peccato che una circolare così importante non sia stata «as­sunta» dal Ministero della P.I. o non abbia avuto almeno la dovuta diffu­sione in tutta Italia, perché avrebbe incoraggiato chi aveva già intrapreso esperimenti simili e chi era ancora titubante ad adottare soluzioni alter­native alle classi differenziali.

Ci sembra quindi molto utile far conoscere questa circolare sia perché denuncia in modo chiaro e «ufficiale» le gravi difficoltà che presentano le classi differenziali, sia perché propone tre soluzioni alternative, comples­sivamente, valide:

1. Scuola integrata

2. Classi di rotazione

3. Classi sperimentali (analoghe a quelle della scuola media).

Bisogna tuttavia avanzare alcune osservazioni critiche che non vo­gliono svalutare il valore globale di questo importante documento. Invece di affermare la validità delle classi differenziali «nelle attuali strutture della scuola» (che vengono anche enumerate: «classi numerose, doppi turni, preparazione degli insegnanti»), era opportuno richiamarsi alla necessità della riforma della scuola; altrimenti si accredita la critica che le classi differenziali costituiscono appunto il facile alibi per non riformare la scuola. Così pure era meglio dichiarare che è necessaria un'educazione particolare, un'azione didattica specifica, per gli alunni in difficoltà, come è necessario utilizzare gli insegnanti specializzati e sperimentati in funzioni nuove di educazione «speciale».

Infine, la soluzione della «scuola integrata», com'è proposta dalla cir­colare, va superata e inquadrata nella nuova prospettiva di una «scuola a pieno tempo» per tutti, la quale si preoccupi anche degli alunni in diffi­coltà, tramite gli insegnamenti speciali e le attività integrative previste dalla legge 23-9-1971, n. 820.

Le soluzioni alternative qui previste per le classi differenziali sono pure valide per le scuole e le classi speciali. Fra i molti esperimenti al riguardo, ricordiamo quello autorizzato dal Ministero e attuato in Cosenza (scuola di via Negroni), con l'immissione di 24 bambini spastici, già frequentanti una scuola speciale, in 5 «classi sperimentali» con alunni non handicappati, funzionanti a tempo pieno. (Cfr. la relazione di N. D'Amato al 1° Convegno di studio «dalla scuola speciale alla scuola pubblica integrata», sotto l'alto patronato del Ministro della P.I., in A.I.A.S. notiziario, n. 2, giugno 1972).

 

 

PROVVEDITORATO AGLI STUDI DI ROMA

Centro Ispettivo Attività Speciali della Scuola dell'Obbligo

Oggetto: Problemi del recupero scolastico

Il Provveditorato agli Studi di Roma, dopo cin­que anni di esperienze condotte per l'attuazione del programma di assistenza specialistica alle classi differenziali ed alla luce delle nuove indi­cazioni venute di recente dall'ambiente scienti­fico, nell'anno scolastico 1970-71 ha ritenuto op­portuno verificare la possibilità di predisporre nuovi metodi destinati al recupero di alunni in difficoltà di inserimento nell'ambiente scolastico.

La costituzione di classi differenziali, pur es­sendosi dimostrata, nelle attuali condizioni della scuola, un valido strumento per la normalizzazio­ne degli alunni disadattati, ha implicato due or­dini di difficoltà, uno esterno e l'altro interno alla classe stessa:

1) difficoltà di ordine esterno:

- disagio iniziale della famiglia nell'ac­cettare l'inserimento del proprio figlio nella clas­se differenziale;

- disimpegno degli insegnanti della clas­se comune nei confronti degli alunni con proble­mi di inserimento;

- diffidenza degli insegnanti nel riacco­gliere gli alunni recuperati nell'ambito delle clas­si comuni;

2) difficoltà di ordine interno:

- accentramento in un'unica classe delle difficoltà degli alunni disadattati e conseguente costituzione di gruppi poverissimi di stimoli cul­turali e gravati da numerosi problemi affettivi non risolti;

- difficoltà di controllare classi in cui sia­no inseriti più elementi caratteriali. Nonostante queste difficoltà prima di accettare la tesi della immediata eliminazione delle classi differenziali si è ritenuto opportuno sperimentare nuovi meto­di di recupero da attuare, a breve o a lunga sca­denza, tenendo conto delle situazioni scolastiche reali (classi numerose, doppi turni, preparazione degli insegnanti). La sperimentazione è stata condotta, pertanto, nelle classi prime di tredici scuole in tre differenti modi, che hanno come ca­ratteristica comune la non costituzione della classe differenziale.

 

esperimento

L'insegnante di classe differenziale cura gli alunni disadattati nelle ore del doposcuola o dell'antescuola attraverso attività che integrano il normale lavoro scolastico. Con questo tipo di in­tervento la scuola si propone di dare agli alunni in difficoltà qualcosa di più di quanto non possa attualmente dare a tutti: orario prolungato, inse­gnamento specializzato, ricchezza di sussidi di­dattici, scelta tra varie attività ludiche, espressi­ve e costruttive, opportunità di fare esperienze di vita di gruppo non strettamente scolastiche.

Gli stimoli offerti hanno lo scopo sia di com­pensare le carenze di esperienza, di linguaggio, di ideazione legate alla povertà dell'ambiente so­cio-culturale di appartenenza, sia di superare gli ostacoli che sorgono nell'apprendimento e nella socializzazione in dipendenza di difficoltà perso­nali specifiche. Le ore del dopo e dell'antescuola sono utilizzate, pertanto, in parte da occupazioni di carattere ludico ed in parte da attività operati­ve più strettamente legate al recupero dei singo­li alunni sul piano dell'apprendimento, con una prevalenza dell'uno e dell'altro tipo di attività a secondo delle scuole. I giochi e le attività di gruppo si sono rivelati utili anche per l'individua­zione delle difficoltà di ciascuno, a completamen­to dell'osservazione già svolta nella classe co­mune.

L'esperimento richiede una buona collaborazio­ne tra le insegnanti di classe comune e le inse­gnanti incaricate del doposcuola speciale, per l'integrazione del lavoro di recupero svolto da ambedue in favore degli alunni.

 

II° esperimento

L'insegnante di classe differenziale cura alter­nativamente, attraverso lo svolgimento di attivi­tà diverse effettuate durante il normale orario scolastico, gruppi di alunni prelevandoli dalle classi comuni ove sono normalmente inseriti.

Si realizzano in pratica «classi di rotazione». I gruppi si formano a seguito delle indicazioni emerse dal lavoro dell'équipe al completo, in cui vengono integrati i risultati dell'osservazione dell'insegnante di classe comune, degli esami spe­cialistici e dello studio del caso da parte dell'as­sistente sociale. A seconda delle situazioni par­ticolari di ciascuna scuola si sono formati gruppi diversamente caratterizzati. Ad una prima valu­tazione è apparsa migliore e più facilmente estensibile ad altre scuole una caratterizzazione dei gruppi così configurata:

- gruppo di attività creative per alunni in difficoltà per un blocco emotivo-caratteriale (di­segno, manipolazione, costruzioni, storielle ani­mate, drammatizzazione ecc.) ;

- gruppo di alunni che presentano un ri­tardo globale nell'apprendimento per ipodotazio­ne o per mancanza di stimolazione (attività di­dattiche varie individualizzate).

 

III° esperimento

Si sono formate classi di prima con un massi­mo di venti alunni, assegnando anche all'inse­gnante di classe differenziale una prima comune. Questo accorgimento permette ai maestri di se­guire anche gli alunni «difficili», che in ogni classe non sono risultati più di due o tre.

Questo tipo di esperimento, non prevedendo alcuna forma di recupero specializzato al di fuori della classe, è quello che più fa affidamento sul­la capacità degli insegnanti di classe comune. Ad essi viene richiesto un particolare impegno ver­so gli alunni ed una assidua collaborazione con gli specialisti.

 

Osservazioni

L'attuazione degli esperimenti ha riproposto con particolare urgenza alcune esigenze, già emerse nella passata esperienza in relazione ad un proficuo funzionamento delle classi differen­ziali:

- necessità che gli specialisti, in particola­re lo psicologo, siano a disposizione della scuo­la tutta per collaborare con gli operatori scolasti­ci sia nello studio approfondito del caso, sia nel­la programmazione e nella verifica del piano di recupero;

- necessità di disporre nella scuola di tec­nici per il recupero di difficoltà specifiche (diffi­coltà di linguaggio, motorie ecc.), compatibil­mente con le disponibilità esistenti;

- necessità di una più approfondita prepa­razione degli insegnanti, specializzati e non, sia sul piano della comprensione psicologica degli alunni, che sul piano dei mezzi didattici di recu­pero. A questo proposito si è rivelata indispensa­bile la presenza nell'équipe del direttore didatti­co nella funzione di pedagogista.

Pur non essendosi concluso che il primo anno di esperimento, possono essere fatte, inoltre, al­cune altre osservazioni:

- in tutti i tre esperimenti le difficoltà so­pra definite «di ordine esterno», legate alla co­stituzione della classe differenziale, non si sono riproposte;

- la presenza degli specialisti a scuola è risultata più opportunamente utilizzata da parte degli operatori scolastici, che hanno considerato l'intervento degli specialisti stessi non limitata­mente, in funzione dell'inserimento in classe dif­ferenziale di alcuni soggetti, ma come apporto integrativo specifico a tutta l'attività educativa;

- la buona riuscita dell'esperimento richie­de che nell'organizzazione scolastica trovino ef­fettivamente spazio incontri frequenti e periodi­ci sia tra gli insegnanti che sotto diversi aspetti si occupano degli stessi alunni, sia tra gli specia­listi e gli operatori scolastici.

I tre esperimenti, iniziati per giungere alla scel­ta del metodo di recupero ritenuto migliore, si sono andati rivelando come mezzi tutti utili e tutti necessari a seconda delle situazioni locali. Di conseguenza, poiché l'uno non esclude l'al­tro, anche all'interno della stessa scuola, viene lasciata libertà di scelta tra essi ai direttori di­dattici, affiancati dagli altri membri dell'équipe.

 

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