Prospettive
assistenziali, n. 22, aprile-giugno 1973
DOCUMENTI
CGIL, CISL, UIL DI
TORINO
DOCUMENTO
SULL'ASSISTENZA PSICHIATRICA
Premessa
Già nel Convegno "I Problemi
della scuola" e poi in quello "Dall'assistenza emarginante ai servizi
sociali aperti a tutti", svoltisi nel maggio e nel luglio
La stessa cosa abbiamo
dovuto constatare in tutto il corso del Convegno promosso dall'Unione
Regionale delle Province Piemontesi sui temi "Dell'assistenza psichiatrica
nel quadro del servizio sanitario nazionale"; nel pubblico dibattito,
svoltosi alla Galleria d'arte moderna, sulla “Fabbrica della follia” su
iniziativa dell'Associazione per la lotta contro le malattie mentali; in tutti
gli incontri avvenuti fra rappresentanze qualificate fra
In quelle sedi, tra l'altro, abbiamo
avuto occasione di esprimere il nostro disaccordo, con quanto stavano facendo
il governo, il Ministero dell'interno e, in altri campi, quello della sanità, e
altri dicasteri, in relazione alla promulgazione dei
decreti delegati.
Che avessimo
ragione lo dicono le cose poi avvenute. Infatti alle
Regioni sono state trasferite solo una parte minima delle competenze statali,
sia in materia di sanità che in materia di assistenza.
Non è la prima volta che denunciamo la irrazionalità e le profonde carenze esistenti in campo
sociale. Ne fanno fede i documenti elaborati e presentati al CIPE, ai governi,
alla Regione Piemonte, alla Provincia ed al Comune di Torino; le diverse prese
di posizione; le lotte promosse unitariamente dalle nostre organizzazioni, col sostegno di diversi partiti, nell'arco di tempo che va dal
1988 ad oggi.
Né ci soffermeremo sul grande valore delle prime proposte avanzate su questi
problemi da gruppi di operatori di avanguardia. Né ci attarderemo sulle prime
esperienze e sui conseguenti parziali risultati positivi
acquisiti all'interno di un acuto scontro di classe e di un travagliato
processo ancora in corso, in tutti i campi, dalla scuola ai servizi di
protezione dell'infanzia e della maternità; dai servizi per minori in stato di
bisogno a quelli per l'igiene e la prevenzione dai rischi da ambiente sociale;
dal controllo degli ambienti di lavoro alla prevenzione dai rischi di lavoro;
dai servizi per gli anziani e gli handicappati, alla attuazione e
realizzazione di una nuova linea in campo psichiatrico; dai servizi di prevenzione,
cura e riabilitazione fino alla realizzazione di un reale servizio sanitario
nazionale.
Contraddizioni del D.P.R. 14-1-1972
n. 4
Ci corre però
l'obbligo, ancora una volta, di denunciare la mancata corrispondenza a queste
nostre proposte del D.P.R. 14-1-1972 n. 4, relative al trasferimento di poteri
alle Regioni in materia di sanità. In questo trasferimento non sono incluse le
decisive funzioni esercitate, in materia di assistenza
sanitaria ed ospedaliera, da Enti ed Istituti pubblici mentre è noto che a
norma dell'art. 117 della Costituzione tali poteri sono di esclusiva competenza
delle Regioni.
È altrettanto noto che ancora oggi
la stragrande maggioranza delle funzioni statali, in tale materia,
viene esercitata non già dall'Amministrazione diretta dello Stato, e cioè dal
Ministero della sanità, ma da una serie numerosa di enti pubblici creati
appositamente dallo Stato; precisamente da enti mutualistici: INAM, ENPAS,
ecc.; da altri enti pubblici: INPS, INAIL, ecc., i quali, anch'essi, assolvono
funzioni di assistenza sanitaria ed ospedaliera.
Orbene, lasciare inalterate le
funzioni di tali Enti, come l'art. 4 del decreto sopra citato prevede,
rappresenta un grave colpo ai poteri che l'art. 117 della Costituzione attribuisce
alle Regioni. Non solo. È un atto apertamente ostile
alla riforma sanitaria rivendicata dai lavoratori e dalle
nostre organizzazioni. Ma vi è di più. L'art. 4 già
citato, oltre a conservare le attribuzioni degli organi dello Stato a questi
enti pubblici, a non procedere alla loro soppressione, accenna ad un loro futuro riordinamento. Nel caso in cui ciò venisse attuato, si riproporrebbe una linea di "riforma
sanitaria" contro la quale il movimento sindacale si è sempre
unitariamente battuto, poiché sarebbe basata su aziende regionali (magari
sottoposte al controllo delle Regioni) simili alle aziende municipalizzate.
La riforma che rivendichiamo
Le nostre organizzazioni negano la
sopravvivenza di qualsiasi ente, compresi quelli ospedalieri, erogatori di assistenza sanitaria in modo avulso da dirette
responsabilità delle Regioni, e, attraverso di esse, dei Comuni e delle
Province.
Rivendichiamo una riforma basata
sulla responsabilità diretta della protezione assistenziale
e sanitaria da parte delle Regioni, gestita tramite le Unità Sanitarie Locali,
collegate fra di loro, raccordate funzionalmente con gli altri servizi di
carattere sociale (asili nido, altri servizi per l'infanzia, servizi di aiuto
familiare, di assistenza agli handicappati psichici, agli anziani, ecc.) ; in
sostanza servizi sanitari, socio-assistenziali integrati fra di loro (Unità
Locale dei Servizi), come meglio é specificato nel documento unitario CGIL-CISL-UIL,
presentato al C.I.P.E. nel dicembre 1970, le cui tesi sono state ribadite nel
documento presentato a tutte le forze politiche, amministrative e locali, da
CGIL-CISL-UIL-ACLI, Unione Italiana per la promozione dei diritti del minore,
Associazione per la lotta contro le malattie mentali.
Appunto in questo ultimo
documento si rivendica l'unitarietà di tutti i servizi ed interventi sociali
a livello sia politico che tecnico, onde evitare il riprodursi di fenomeni di
divisione e settorializzazione, e cioè si rivendica:
- la gestione dei
servizi a livello locale (Unità Locale dei Servizi o comprensori);
- il riconoscimento del diritto alla
protezione sociale;
- un complesso sistema sanitario
preventivo, curativo e riabilitativo;
- la scuola (ad iniziare da quella
prescolastica) vista come momento di informazione e
formazione a carattere globale e permanente;
- un diverso uso e assetto del
territorio, in modo da dare importanza al complesso delle attrezzature
sociali, rispetto al contesto delle residenze e delle
attività produttive;
- una nuova impostazione della ricerca
scientifica, destinata a fini sociali.
Impegni che richiediamo a tutte le forze pubbliche
Per quanto riguarda l'assistenza
sociale, le nostre organizzazioni rivendicano da tutte le forze politiche
precisi impegni perché possano verificarsi convergenze politiche tali da
favorire al più presto:
a) il passaggio alle Regioni di
tutte le competenze assistenziali (fatta eccezione
soltanto per le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività delle
Regioni che attengono alle esigenze di carattere unitario che restano allo
Stato) attualmente esercitate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal
Ministero degli interni e dagli altri ministeri, compreso il settore rieducativo attualmente di competenza del Ministero di
grazia e giustizia (ferma restando beninteso la competenza dell'autorità
giudiziaria) ;
b) il passaggio alle Regioni delle
funzioni, dei finanziamenti, dei beni e del personale degli Enti pubblici assistenziali nazionali e locali, compresa l'A.A.I., il fondo amministrato da detto Ente proveniente
dalla gestione UNRRA, e gli altri Enti assistenziali, compresi quelli
finanziati in tutto o in parte dagli utenti, quali l'ENAOLI, l'ONPI;
c) che le attività di salute
pubblica, che richiedono una organizzazione e una
gestione superiore a quelle delle Unità Sanitarie Locali, siano coordinate e
regolate da leggi regionali, secondo lo spirito e la lettera dello stesso
Statuto della Regione Piemonte.
Richieste che avanziamo alla Regione Piemonte
Alla Regione Piemonte si richiede
una coerenza con il proprio Statuto che, per quanto riguarda l'autonomia e lo
sviluppo economico-sociale e la programmazione, all'art. 4, dice:
«
Ecco perché con profonda amarezza
abbiamo dovuto constatare che il primo bilancio della Regione
invece è stato un atto puramente di ordinaria amministrazione che recepisce in
modo acritico quello che prima, in materia di assistenza e sanità, facevano le
Prefetture, i medici provinciali, le miriadi di enti pubblici e privati.
Quindi, nei fatti, è un atto politico-amministrativo
che mantiene le cose come stanno, nonostante che tutti sappiano che questi
enti fanno parte di un sistema in disgregazione tenuto in vita all'unico scopo
di favorire una politica clientelare.
Secondo le nostre organizzazioni
il bilancio della Regione dev'essere (o
diventare) un atto di assunzione di precise responsabilità e scelte politico-amministrative per far cambiare il modo di vivere
delle popolazioni: per collocare in modo diverso l'uomo nella fabbrica, nel
quartiere, nella società. Deve essere uno strumento politico che determina
diversi rapporti tra le classi sociali ed eroga in modo nuovo l'assistenza, la
sanità, l'istruzione, ecc... Uno strumento che si vale, facilitandola, della
partecipazione democratica delle rappresentanze qualificate dei cittadini:
consigli di fabbrica, comitati di quartiere, associazioni, enti e che riesce a
costruire un tipo nuovo di politica ed uso del
territorio.
Ribadiamo quindi la necessità che
Chiediamo che
La gestione sociale, aperta,
organica ed unitaria dei servizi sociali e sanitari, richiede innanzitutto un
reale coinvolgimento dei lavoratori ed in particolare di quelli addetti alle
strutture oggi esistenti. Si richiede pertanto la creazione urgente di organismi, democraticamente controllati, che consentano
una loro adeguata formazione professionale, con gli opportuni aggiornamenti e
riqualificazioni utilizzando appieno i poteri conferiti alla Regione Piemonte
dal decreto delegato sull'istruzione professionale.
La svolta da farsi: la prevenzione
Una vera prevenzione non la si può concepire limitata al settore sanitario. Essa va
estesa ovviamente all'assetto dei territorio, alla
garanzia del necessario economico per vivere (piena occupazione e pensioni),
alle condizioni di lavoro, alla scuoia, al tempo libero, ecc...
Particolare rilevanza deve essere
data ai problemi che riguardano i minori per i quali due sono le premesse
indispensabili:
2. la depsichiatrizzazione
degli interventi.
Si deve scongiurare in ogni modo un
grosso pericolo che può derivare dalla costituzione di Unità
Locali dei Servizi tecnocratici in cui i tecnici sanno e decidono tutto e quindi
i cittadini sono solo oggetto del loro intervento.
Siamo decisamente
contrari che
Atti legislativi che si richiedono alla Regione
La caotica situazione esistente nel
campo della sanità e della assistenza, che determina
spaventosi costi sociali e negative spesso irreparabili conseguenze su
migliaia di persone, non consente che, nell'attesa del trasferimento integrale
dei poteri alle Regioni, tutto rimanga così come è, o che siano affrontati
solo parziali miglioramenti.
La liquidazione di servizi sclerotizzati deve avere inizio immediatamente superando
qualsiasi tentazione tecnocratica, sviluppando il
massimo impegno democratico nei rapporti con l'opinione pubblica, le
Amministrazioni locali, sia in merito alla situazione attuale sia in relazione
alle iniziative che
Ecco perché sollecitiamo
Questi nuovi poteri comportano una avveduta utilizzazione:
a) degli ufficiali sanitari dei
Comuni e dei Consorzi dei Comuni (non più organi
periferici del Ministero della Sanità ma della Regione) ;
b) degli uffici e delle competenze
dei medici provinciali;
c) delle attribuzioni degli argani
centrali e periferici dello Stato in ordine al
Comitato Provinciale di coordinamento delle attività ospedaliere, delle
Commissioni Provinciali di Vigilanza sugli Ospedali Psichiatrici, dei Consorzi
anti-tubercolari, delle funzioni amministrative concernenti l'assistenza
sanitaria agli invalidi civili, la profilassi, l'assistenza sanitaria nelle
scuole.
Proprio in base a
questi nuovi poteri, comunque attribuiti dal D.P.R. 14-1-1972 n. 4 alle Regioni,
sarebbe auspicabile che
Sarebbe oltremodo positivo
che sia nel campo della tutela sanitaria che nei luoghi di lavoro,
In via immediata, e cioè in tempi brevi, chiediamo alla Regione precisi atti
legislativi affinché:
a) a partire dal
1973, nell'ambito della Regione Piemonte sia possibile erogare l'assistenza medico-farmaceutica-ospedaliera in forma diretta (con
possibilità per gli assistiti di opzione diversa) per tutti gli attuali
assistiti dai vari enti mutualistici;
b) siano soppressi gli attuali
limiti di 180 giorni di assistenza per i lavoratori
dipendenti;
c) l'assistenza generica-specialistica-farmaceutica-ospedaliera,
attraverso i Comuni, sia erogata ai non abbienti, come già avvenuto per i lavoratori autonomi;
d) entro il primo semestre 1973
Inoltre
Occorre una nuova coraggiosa politica nel campo dell'assistenza
Per iniziare ed attuare concretamente
una nuova politica nel campo dell'assistenza occorre operare per:
- la progressiva eliminazione delle
attuali istituzionalizzazioni (ospedali psichiatrici compresi) ;
- bloccare la costruzione e
l'acquisto di nuovi istituti tradizionali per minori,
anziani, handicappati, (gerontocomi, psicogerentocomi,
convitti per spastici, subnormali, per ciechi, ecc.).
Occorre invece:
- istituire servizi alternativi, non
dopo, ma contestualmente allo sviluppo coordinato dei servizi di base
assicurando la continuità delle prestazioni necessarie e cioè:
a) garanzia del necessario economico
per vivere;
b) assistenza domiciliare per
minori, anziani, handicappati, ecc.;
c) piena applicazione dei D.P.R. sulla medicina scolastica e quindi abolizione delle classi
differenziali e delle scuole speciali;
d) promozione, a
seconda dei casi, dell'adozione e dell'affidamento familiare a scopo
educativo dei minori;
e) applicazione delle nuove leggi:
casa, asili nido, ecc., in modo che siano previsti
focolari per minori, anziani, nei comprensori di case di comune abitazione;
f) creazione di
servizi culturali, ricreativi, sportivi, di tempo libero aperti a tutti i
cittadini;
g) utilizzo
dell'istituto della delega da parte degli Enti Locali: Comuni, Consorzi di
Comuni, per la creazione delle Unità Locali dei Servizi;
h) riconoscimento dei comitati di
controllo democraticamente espressi;
i) progressivo assorbimento da parte
degli Enti Locali delle funzioni oggi svolte dalle altre istituzioni: ONMI,
ONPI, Patronati Scolastici, ECA, EPAB, case di rieducazione, centri di assistenza ai carcerati e alle loro famiglie.
Richieste specifiche per l'assistenza psichiatrica
Per quanto riguarda l'assistenza psichiatrica si chiede alla Regione che, valendosi degli
strumenti che già dispongono
a) accerti le cause di ricovero per
motivi economici, per mancanza di servizi, ecc., allo
scopo di attuare la progressiva eliminazione delle istituzionalizzazioni negli
ospedali psichiatrici pubblici e privati. Si è contrari al trasferimento degli
attuali degenti, specialmente anziani, in altri gerontocomi, psico-gerontocomi. Ciò richiede l'immediata attuazione di
una politica che blocchi sia la costruzione di nuovi
ospedali psichiatrici o geriatrici o gerontocomi
ecc. che l'istituzione di enti ospedalieri psichiatrici per lungo degenti. Si ribadisce la necessità di interpretare la recente legge
sulla casa prevedendo, tra l'altro, focolari per handicappati psichici nelle
comuni case di abitazione;
b) dia inizio a sperimentazioni, non
isolate, in materia di servizi sanitari e sociali, privilegiando
l'intervento preventivo e il settore dei minori che non deve collocarsi come
campo di intervento disaggregato da quello degli adulti.
Dette sperimentazioni, fra l'altro,
richiedono che sia assicurata l'unità delle
responsabilità dei momenti ospedalieri ed extra-ospedalieri. A tale scopo si dovranno creare in ciascuna zona (Unità Locale dei
Servizi) delle équipes le quali dovranno avere il
compito di occuparsi di tutti gli utenti, compresi i lungodegenti. Tali équipes si dovranno occupare dei
ricoverati negli ospedali psichiatrici in base al territorio di loro competenza
come fase intermedia per giungere alle future unità locali dei servizi
operanti in ciascuna zona.
Ecco perché consideriamo come
obiettivi intermedi gli attuali settori all'interno dei quali già operano
delle équipes, specialmente per quanto riguarda il
loro aspetto extra-ospedaliero ed il loro intervento
anti-manicomiale.
In sostanza secondo noi, non si
tratta di distruggere quanto di positivo vi può
essere negli attuali settori, ma piuttosto partire da essi per prefigurare le
U.S.L.
Si tratta quindi di stabilire un
collegamento organico dei servizi attualmente di
competenza della Provincia, o svolti dal Comune di Torino, o da altri Comuni,
sia pure a livello di assistenza domiciliare, in modo da costruire di fatto,
dal basso, le U.L.S. evitando la polverizzazione e la
settorializzazione degli interventi, la moltiplicazione
degli enti.
Si tratta, allorquando si effettuano (o si effettueranno) nuovi investimenti in campo
sanitario di costruire ospedali di zona, con sezioni psichiatriche, in modo da
evitare il ricovero ospedaliero fuori zona delle persone con disturbi psichici,
assicurando in tal modo, nel quartiere, la continuità tra intervento
ospedaliero ed extra ospedaliero, senza creare strutture monodisciplinari
che si sono dimostrate per la loro stessa natura segreganti.
Si tratta di
rendere sistematici i già citati servizi alternativi: garanzia del necessario
economico per vivere; assistenza domiciliare; piccoli pensionati; interventi
ambulatoriali, équipe di zona per minori e adulti,
inseriti nel territorio delle U.L.S.
Ecco perché insistiamo che
Si tratta di dare piena attuazione
ai D.P.R. 112-1961 n. 264 e 22-12-1967 n. 1518 sulla
medicina scolastica con funzioni dirette alla non emarginazione dei casi
difficili, con la gestione diretta da parte dei Comuni e dei Consorzi dei
Comuni (quindi non del Ministero della pubblica istruzione) in collaborazione
con l'Amministrazione Provinciale.
A proposito dei settori psichiatrici attuati dalla Provincia
di Torino
Dopo l'assemblea pubblica svoltasi
in via Giulio il 22
novembre 1972 per l'iniziativa della Presidenza degli Ospedali Psichiatrici di
Torino una domanda si pone: «
Ci permettiamo di esprimere delle
perplessità al riguardo, in quanto molti atti passati e recentissimi della
Giunta Provinciale, come per esempio la proposta di convenzione tra Provincia
e Opera Pia interessante solo due settori: Torino 1° Centro e Torino 3° Est,
dimostrerebbero il contrario.
D'altra parte se veramente
A nostro avviso la prospettiva a cui
deve tendere l'odierna attività della Provincia dev'essere:
a) volta a provocare
progressivamente la riduzione, e quindi la eliminazione
dei ricoveri non indispensabili negli ospedali psichiatrici e nelle cliniche
private;
b) nella fase attuale di
transizione, e fino a quando le unità locali dei servizi non saranno in grado
di funzionare completamente, indirizzata ad una immediata
ristrutturazione dei reparti manicomiali, ristrutturazione che non va intesa
come sforzo efficientistico volto a conservare il
manicomio, ma come creazione delle condizioni per il suo superamento.
Infatti, continuando ad esistere,
così come è, il manicomio funzionerà sempre e
inevitabilmente da luogo di segregazione per coloro cui servizi esterni (finché
embrionali o incompleti) non saranno in grado di provvedere, con la conseguenza
di un ulteriore deterioramento della situazione sia dei ricoverati che del
personale addetto. Al contrario, nell'ambito di reparti trasformati in
comunità terapeutica, si renderanno possibili:
a) la risocializzazione
dei lungodegenti, premessa indispensabile per la loro dimissione o il loro
affidamento a strutture esterne ed intermedie (comunità alloggio, centri
occupazionali, ecc.) ;
b) la creazione di condizioni di
vita e terapeutiche adeguate per quei lungodegenti che non risultassero
dissimili entro breve termine;
c) il contenimento, entro certi
termini di tempo minimo, dei nuovi ricoveri che si
rendano indispensabili;
d) la riqualificazione del
personale.
Quindi, la prospettiva a tempi più
lunghi non deve essere l'istituzione, le strutture, e il personale dei soli
settori psichiatrici, ma la istituzione, le strutture
ed il personale delle Unità Locali dei Servizi, nelle quali va inserito anche
il settore psichiatrico.
Ecco perché non siamo disponibili ad
avallare operazioni che si limitano a uno o due
settori; che nei fatti privilegino uno o due settori, su tutti gli altri; che
operino diversificazioni tra i vari tipi di assistenza erogata, tali da far
diventare un tipo di assistenza di serie A ed un altro tipo di assistenza di
serie B, con conseguenze negative per i pazienti, i loro familiari ed in
particolare, la collocazione e la preparazione professionale del personale
sanitario e ausiliario; in fine, siamo decisamente contrari a che Collegno, o altri posti di ricovero, diventino dei
cronicari, seppure meglio verniciati.
Pensiamo che la futura attività operativa
sia eventualmente della Provincia di Tarino che di
costituendi Consorzi tra più comuni, non dovrà essere riferita a 11 settori ma:
- al territorio (50.000 abitanti
circa) delle unità locali dei servizi favorendo la più larga partecipazione
democratica dei vari gruppi sociali e dei cittadini.
Presupponendo che nelle zone si costituiscano équipes psichiatriche nella proporzione ottimale di
1:50.000 abitanti circa (e si confermino o si completino le équipes
già operanti in tali situazioni), ogni équipe,
completa di tutto il personale necessario, dovrà prendere in carico sia la
popolazione adulta che minorile e scegliere, come sede di primo impianto un ambulatorio
dove già vi siano presidi sociali significativi per il quartiere.
La sua azione dovrà andare oltre la
competenza psichiatrica tradizionalmente intesa, proprio per il principio di
prevenzione. Il campo di intervento preventivo dovrà
riguardare tutte le strutture disadattanti del
quartiere (ambiente di lavoro, scolastico, asili nido, ecc.) e penetrare
quindi nelle fabbriche, nelle scuole, ecc.
A tale scopo le équipes
dovranno formare dei collettivi di lavoro con i comitati di
quartiere di zona, con le forze sindacali e sociali interessate, con gli
operatori degli altri servizi di zona. È attraverso il lavoro di questi
collettivi che dovranno essere individuate le nuove
strutture necessarie, o la modifica o la soppressione di quelle esistenti,
secondo le ipotesi di strutturazione dei servizi di zana già elencati.
Quindi la programmazione di infrastrutture avverrà dopo l'insediamento delle équipes nella zona, rifiutando in tal modo le scelte a
tavolino che passano sulla testa dei reali bisogni della gente ed impediscono
la sperimentazione insieme ai vari gruppi e alle varie forze sociali.
È in questo quadro di carattere
generale che le zone potranno essere gestite, per delega del
È in questo modo chiarissimo che
deve esprimersi l'apposita convenzione da stipularsi
tra
Siamo, infine, dell'avviso che al
personale devono essere assicurate tutte le garanzie per lo svolgimento del
proprio lavoro.
Un capitolo particolare di grande,
decisiva importanza, riguarda la formazione, la qualificazione e l'aggiornamento professionale degli operatori sanitari
ed ausiliari per la formazione, qualificazione e aggiornamento professionale
degli operatori; accanto e gradualmente a sostituzione delle scuole
tradizionali, dovranno prevedersi e sorgere delle nuove scuole di preparazione
e formazione del personale, controllate da appositi organismi democratici. Al
riguardo va tenuto presente che il recente accordo A.N.E.O.P.
ha stabilito dei precisi indirizzi in materia di riqualificazione e preparazione
del personale di assistenza, che per esempio,
La stessa struttura, la vita interna
dell'équipe di lavoro, dev'essere
tale da permettere la formazione permanente degli operatori ed il continuo controllo del loro lavoro, del livello del ruolo
tecnico e contemporaneamente della loro attività e funzione sociale.
I problemi del finanziamento e la riduzione dei costi di gestione
È indubbio che per realizzare le
proposte di riforma avanzate dalle nostre organizzazioni, nei campi assistenziali e sanitario, sorgono immediatamente, e
sorgeranno ancor più nel tempo, vasti problemi di finanziamento.
L'assistenza diretta da noi
rivendicata; l'intervento pubblico nel settore dei farmaci; il finanziamento
relativo alle nuove strutture locali, alla prevenzione dai rischi di lavoro e
ambientali, alla protezione ospedaliera, farmaceutica, specialistica; la
liberazione dai bilanci degli enti mutualistici di quote importanti da
utilizzare per i proposti miglioramenti; la eliminazione
di parte degli attuali obblighi gravanti sugli Enti Locali per la parte di
cittadini disoccupati, pensionati, non possono che essere assunti «in toto» dallo Stato, attraverso la costituzione di un fondo
nazionale garantito dalle entrate tributarie dello Stato stesso, alimentate da
un sistema fiscale basato su dei criteri di progressività, nella contnibuzione dei cittadini, stabiliti dalla Costituzione.
Un altro problema immediatamente si
pone.
Ed è quello di saper utilizzare
intelligentemente e con sagacia i rilevanti fondi, le cifre, in certi casi
considerevoli, già a disposizione, e cioè messe a
bilancio dai vari enti pubblici e privati, dagli Enti Locali: Regione,
Province, Comuni, in materia di assistenza e sanità.
Le nostre organizzazioni sono
profondamente convinte che si tratti prioritariamente di favorire una
partecipazione di massa, democratica, dal basso, di tutte le componenti
sociali interessate alla soluzione positiva di questi problemi, per scongiurare
guasti umani, sociali, che col tempo possono diventare irreparabili.
È possibile eliminare la dispersione
degli interventi, la proliferazione degli enti, a
vantaggio di una univocità di direzione e delle prestazioni, e quindi evitare
dannosi sprechi.
È possibile realizzare notevoli
economie a vantaggio di un complesso di servizi socio-economici, assistenziali, sanitari, imperniati su di una concezione
nuova di far assistenza, di erogare la sanità che è quella della prevenzione,
cura, riabilitazione.
Ecco perché, in definitiva, le
nostre organizzazioni ritengono realistiche le
proposte avanzate non soltanto perché sono sostenute da grandi masse di
lavoratori impegnati a fondo per rinnovare il nostro tessuto sociale, da
insigni medici, psichiatrici, pedagogisti e assistenti sociali, psicologi, ecc. ma perché è possibilissimo realizzarle,
sia pure con la dovuta gradualità, se è ferma, precisa la volontà politica,
amministrativa, appunto di realizzarle.
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