Prospettive
assistenziali, n. 22, aprile-giugno 1973
ATTUALITÀ
NATURA, FUNZIONI E
OBBIETTIVI DEL COMITATO DI QUARTIERE VANCHIGLIA - VANCHIGLIETTA DI TORINO
CLAUDIO CIANCIO
Negli ultimi mesi, a partire dalle iniziative sul Centro dei Servizi Sociali,
il Comitato di Quartiere ha coinvolto direttamente forze politiche e sociali
della zona (sezioni del PCI e dello PSI, ACLI, un Consiglio parrocchiale,
delegati di fabbrica, l'Unione per la promozione dei diritti del minore).
Ciò ha determinato alcuni fatti positivi: l'allargamento della composizione del Comitato e
l'incremento delle sue iniziative e della sua incidenza, ma nello stesso tempo
ha posto dei problemi circa la sua natura, i suoi limiti, i suoi compiti e il
suo metodo di lavoro, problemi che vanno risolti (innanzitutto sul piano della
sperimentazione e della prassi) per non disperdere i progressi compiuti.
In primo luogo c'è il problema del
rapporto fra Comitato di Quartiere e forze politico-sociali
organizzate. In un primo tempo si è operato come Coordinamento di forze
diverse, delle quali una era il Comitato. Successivamente
però, pur tra qualche difficoltà e contraddizione circa i problemi di
appartenenza, le persone che erano venute come rappresentanti di forze
politico-sociali, senza smettere questa loro veste, si sono identificate
nell'organismo unitario che è il Comitato di Quartiere. Bisogna ora portare a
compimento questo processo costruendo e identificando il Comitato di Quartiere
come organizzazione politica di base del quartiere,
espressione di un autonomo movimento di massa su base territoriale e su una
linea di classe. Operando nel Comitato si è in primo luogo
rappresentanti del quartiere con il compito di dare una prima
espressione politica ai suoi bisogni proponendo e gestendo le forme e i
contenuti delle lotte.
Il punto fondamentale è qui l'autonomia
del movimento di massa (l'Assemblea del quartiere) e del Comitato, che di quel
movimento dovrebbe essere espressione. Questa autonomia deve ripetere i motivi
di fondo di quella a cui negli ultimi anni sono
approdati il movimento sindacale e in particolare il movimento dei delegati e
dei Consigli di fabbrica. Perché un Comitato di
Quartiere autonomo?
1) Perché in questo modo si rende
possibile una più larga partecipazione e un più largo
confronto che parta dai problemi evitando le contrapposizioni ideologiche e
organizzative precostituite. Di qui anche la possibilità di costituire un
movimento unitario.
2) Perché il Comitato deve essere
un'espressione politica diretta delle masse, che nasce dal basso, con la quale
le forze politiche, in quanto operanti a livello istituzionale, devono rapportarsi
dialetticamente in modo che le masse autonomamente
organizzate possano proporre e imporre i loro bisogni e le loro istanze al potere politico (di maggioranza, ma anche di
opposizione) ed insieme lo controllino. Ciò fornisce anche una preziosa
indicazione per il controverso problema della istituzionalizzazione
dei Comitati di Quartiere. È chiaro che se si tratterà di un reale
decentramento di potere a un ambito più limitato e controllabile
non si potrà che essere favorevoli. Ma è altrettanto
chiaro che ciò non dovrà significare un'eliminazione, bensì un potenziamento
dell'autonomo movimento di massa e delle sue autonome espressioni organizzative,
che avranno ora una controparte o, in ogni caso, un livello istituzionale più
ravvicinato cui rapportarsi. Questa dialettica tra istituzioni e masse ha una portata politica generale e non va considerata solo
come indicazione di lotta rispetto al potere borghese, ma come condizione di
organizzazione del potere anche in una società socialista, anzi come sua forma
essenziale.
Una prima proposta di attuazione concreta di questa linea è stata da noi data a
proposito del Centro dei Servizi Sociali. Innanzitutto
va sottolineata l'importanza di questa iniziativa sperimentale dei Comune di
Torino. Infatti essa vorrebbe essere un primo passo,
sia pur molto limitato, nella direzione di quelle Unità locali dei servizi,
che da alcuni sono configurate a ragione come le future strutture elementari di
un'organizzazione politica democraticamente decentrata. Per questo è
abbastanza decisivo vedere se tale iniziativa del Comune si muove verso un
reale decentramento o crea semplicemente una struttura aggiuntiva, se il
decentramento è burocratico o democratico, se si va verso una visione
unitaria dei problemi del territorio o se si mantiene la settorializzazione,
ecc. Per verificare tutto ciò il nostro Comitato ha formulato nei confronti
del Comune una serie di rivendicazioni sui contenuti e sulla gestione del
Centro dei Servizi Sociali, fra le quali qui importa ricordare quelle relative al controllo e alla partecipazione, che tendono a
realizzare quel rapporto democratico fra istituzioni e masse di cui parlavo.
La nostra proposta, in sintesi, prevede che:
1) La gestione del Centro spetta al
Comune, che ne ha la responsabilità istituzionale, ed ai tecnici del Centro, i
quali devono trovare un modo di decidere e di lavorare non gerarchizzato
e settorializzato, ma collegiale e unitario. Questi organi di gestione sono
affiancati dalla Commissione consiliare sui problemi dell'assistenza.
2) Deve essere istituita una
Commissione di controllo autonoma e democratica composta da
rappresentanti sindacali (preferibilmente almeno 4 delegati appartenenti a
consigli di fabbrica della zona), 4 membri del Comitato di quartiere, 4 membri
eletti dall'assemblea di quartiere e sempre revocabili. Le funzioni e i poteri
di questa Commissione debbono essere: a) diritto di
partecipazione e di parola alle riunioni di tutti gli organismi di gestione del
Centro; b) ogni proposta relativa al Centro deve essere vagliata, prima di
diventare esecutiva, dalla Commissione di controllo che può presentare delle
controproposte sulle quali il Comune deve discutere e pronunciarsi; c)
facoltà autonoma di proposta: anche qui il Comune deve discutere e
pronunciarsi; d) controllo preventivo del bilancio comunale per quanto concerne
i fondi destinati al Centro, controllo del bilancio preventivo e di tutta la gestione
finanziaria del Centro; e) accesso a tutta la documentazione del Centro; f)
piena agibilità della sede del Centro per riunirsi e convocare riunioni.
È chiaro che le possibilità di
successo di questa proposta sono legate ad un'adesione ad essa non solo formale, ma sostanziale del Comune, che implica la volontà
di indagare e recepire costantemente e seriamente i bisogni e le richieste
della popolazione, di documentare ampiamente le attività del Centro, di
collegare i problemi emergenti dai servizi sociali a quelli di tutto l'assetto
territoriale e sociale, di muoversi realmente verso l'Unità locale dei
servizi, ecc.; inoltre, è chiaro, moltissimo dipende dalla presenza di un reale
movimento di massa nel territorio e da come il Comitato di quartiere e la
Commissione di controllo sono radicati in esso.
Ritornando al filo principale del
discorso occorre ancora sottolineare che, data la sua
natura fin qui delineata, il Comitato di quartiere deve tendere a collegarsi
immediatamente con le altre organizzazioni autonome delle masse e cioè con i
Consigli di fabbrica e i Consigli di zona. Esso ne prolunga e allarga la lotta
affrontando i problemi sociali del quartiere e investendo anche strati di
popolazione non presenti nel mondo del lavoro: giovani,
anziani, studenti, casalinghe, disoccupati. Esso deve politicizzare malti
strati spoliticizzati collegando il settore produttivo al quartiere.
Tale struttura e tali
funzioni del Comitato impongono un metodo di lavoro che miri a rendere il gruppo
omogeneo e a coinvolgere il maggior numero possibile di persone, anche non
molto politicizzate. Occorre quindi approfondire bene e collettivamente i
problemi perché tutti possano sentirsi coinvolti, non usare degli schemi precostituiti
o degli slogans Per impostare le discussioni affinché
il linguaggio non discrimini i meno preparati. È
chiaro poi che bisogna evitare e stroncare ogni tentativo di
strumentalizzazione, sapendo però distinguere tra il corretto condizionamento
che ogni orientamento politico porta giustamente nel Comitato e i possibili tentativi di usare il Comitato, mantenendosi in una
posizione sostanzialmente esterna, per fini contraddittori rispetto alla linea
politica del Comitato stesso. Occorre infine tener presente che, per quanto
urgenti e importanti, i problemi affrontati non devono essere accavallati e
risolti frettolosamente proprio per l'esigenza suddetta di approfondirli
collettivamente. A questo proposito può risultare
utile una suddivisione del Comitato in commissioni per i diversi settori con
momenti di coordinamento comuni. Così il nostro Comitato di Quartiere è attualmente articolato in tre commissioni: a) Prezzi e
Centro di vendita controllato; b) Casa e servizi sociali; c) Problemi dei
lavoratori nelle fabbriche del quartiere: trasporti, medicina del lavoro,
livelli di occupazione, ecc. Un gruppo di rappresentanti delle tre commissioni
si occupa del lavoro di informazione.
Nella scelta dei problemi da
affrontare e degli obbiettivi da raggiungere vanno tenuti presenti alcuni
criteri prioritari: a) cercare di collegare fabbrica e quartiere per estendere
e consolidare le lotte dei lavoratori; b) cercare gli obbiettivi più
mobilitanti tenendo conto della dispersione della
vita in quartiere e delle conseguenti difficoltà di organizzazione; c) necessità
di svolgere un'attività informativa data l'esigenza di attuare una
politicizzazione a lunga scadenza, contrastando l'ideologia e l'informazione
dominanti, che sono uno degli ostacoli fondamentali all'estendersi delle
lotte sociali.
www.fondazionepromozionesociale.it