Prospettive
assistenziali, n. 22, aprile-giugno 1973
NOTIZIE
BENEFICI A ADOTTANTI E AFFIDATARI
Riceviamo
e pubblichiamo
Su proposta di questo Presidente il
Consiglio comunale di Bologna in data 7 maggio 1973 con ampia delibera ha
esteso i benefici delle lavoratrici madri, legge 1971 n°
1204 anche a adottanti e affidatari e per qualsiasi età minore. Comunico tale
principio importantissimo.
CONS. ITALO CIVIDALI,
Presidente del Tribunale per i minorenni di Bologna
TAVOLA ROTONDA DI TRENTO DEL 24-3-1973 SULL'EMARGINAZIONE (1)
L'iniziativa di questa «Tavola Rotonda»
assunta dalla Federazione Provinciale CGIL-CISLUIL, che qui rappresento, non
vuole essere una semplice adesione alla trattazione di un argomento attuale e scottante, ma significa la conferma del fatto che questo è
un «nostro» problema in quanto lavoratori.
Non è un problema di «emarginati».
È un problema di lavoratori chiamati
ad approfondire per risolvere uno dei problemi socio-economici
insoluti.
Il Sindacato, non più fermo nel ristretto ambito del rivendicazionismo contrattuale
nell'interno della fabbrica, è sempre più presente nella Società, come
interprete di tutti i problemi che interessano la vita civile dei lavoratori.
Questa nostra presenza non si rifà
quindi minimamente a polemiche recenti o passate; polemiche sempre utili comunque quando hanno come scopo il costruire, il
migliorare, non il distruggere.
Per noi questo è un momento di esame e di approfondimento di un problema drammatico ed
attuale.
Quando il Sindacato parla e lotta
per una politica di riforma come scelta politica di
giustizia sociale, intende rivendicare anche una uguaglianza di servizi per
tutti i lavoratori, senza discriminazioni.
Quindi, quando parla di «casa», intende
casa non discriminante per alcuno, neanche per quelli che
Quando parla di scuola, di trasporti
pubblici, di sanità, ecc., il Sindacato non accetta la
discriminazione nell'ambito della classe lavoratrice, tra normali ed
indesiderati. Perché di lavoratori si tratta anche quando si parla di anziani o di emarginati (ex lavoratori, figli di
lavoratori, fratelli di lavoratori, sono questi che
La situazione è quella che è.
Vergognosa indubbiamente.
Abbiamo risolto i problemi della
macchina veloce, degli elettrodomestici, della moda,
e abbiamo situazioni vergognose per quanto riguarda il vero vivere civile.
Con ciò non è che
si possa condannare e basta la situazione e il passato. Sarebbe troppo facile e
troppo inutile.
Fra l'altro sarebbe ingiusto. Tutto quanto ha avuto origine e caratteristica caritativa ha una
sua rilevanza e giustificazione storica. Lo spontaneismo che ha animato
le prime ed uniche realizzazioni ha avuto una sua
grande importanza, e non va né taciuto, né sottovalutato.
Però vogliamo dire chiaro che ciò che
poteva essere sufficiente (più che niente) un secolo fa, in una situazione
socio-economica totalmente diversa, non lo è più oggi.
Ecco perché il Sindacato vuole che a
questa esigenza di giustizia seguano soluzioni
urgenti, concrete, moderne: in una parola socialmente valide nel tempo in cui
viviamo, non in prospettive superate.
La moderna Società capitalistica
produttivistica procede nel suo sviluppo e nella sua autoperpetuazione, esaltando costantemente la produzione,
l'efficienza, il consumo come momenti di un unico processo che ha nella legge
del profitto il cardine fondamentale ed insostituibile. L'uomo è chiamato a
seguire le norme che si basano sulla salute, sulla giovinezza, sulla produzione,
pena la marginalizzazione e, al limite, la esclusione. Infatti, il nostro sistema
sociale rigidamente classista traccia la linea di divisione fra la
norma e la devianza, e delega alle istituzioni (carceri, riformatori, ospedali
psichiatrici, case di riposo, orfanotrofi, ecc.) la «gestione» di quella parte
di umanità considerata indesiderata ed inutile perché non riesce ad adeguarsi
e ad adattarsi alla Società stessa.
All'interno della nostra Società si
può ben dire che esista un terzo o quarto mondo, come lo si
voglia chiamare, costituito da vecchi, ammalati, disadattati, handicappati,
subnormali; esclusi dal contesto sociale della forza lavoro produttiva,
vengono segregati in istituzioni che ben lungi dal rappresentare un luogo di
recupero e di rieducazione, tendono a rendere cronica la condizione
dell'individuo, ad isolarlo definitivamente dalla comunità, a distruggerlo.
Si introduce, a questo punto, la
questione del]'assistenza e del superamento della stessa. Questa tematica aggi è in primo piano, almeno a livello teorico e
di buone intenzioni, e quindi basterà richiamare i tratti essenziali.
Il concetto di assistenza,
anche nelle sue concezioni più avanzate, è già di per sé chiuso nell'ottica
dell'intervento tecnico, cioè dell'intervento che si preoccupa di mitigare (o
sanare, nel migliore dei casi) gli effetti disadattanti
e più semplicemente negativi dell'emarginazione e delle situazioni di bisogno
e giunge, tutt'al più a porsi il problema
dell'occupazione e dell'ambiente familiare; si tratta, cioè, di un concetto che
si riferisce ad interventi puramente razionalizzatori,
ma non incide sulle cause reali che generano lo stato di emarginazione e di
bisogno.
Nell'attuale situazione italiana,
tuttavia, la situazione è molto più arretrata, e
quindi il problema non è dare segno politico ad un settore tecnicamente
efficiente, ma restano ancora da superare i concetti di beneficenza e di
difesa sociale. Quello che va generalmente sotto il nome di «caos assistenziale», è troppo noto perché sia utile darne conto
in questa sede. La dialettica pubblico-privata, la miriade di
enti, la dispersione della spesa, l'arretratezza degli standards e dei principi stessi che regolano il settore, la
mancanza di una qualunque programmazione degli interventi, sono tutti annosi
quanto irrisolti fenomeni.
Questo stato di cose non deve
indurre, però, come pure accade da parte di forze bene intenzionate, a voler
risolvere il problema nel senso di realizzare «un moderno sistema assistenziale»
che si muova esclusivamente sul piano dell'efficienza tecnica. Da notare che il
discorso non è solamente politico, e andrebbe condotto anche dal punto di vista
scientifico: non c'è dubbio, infatti, che le più avanzate concezioni in questo
campo abbiano abbandonato da tempo l'idea di un ambito di intervento
assistenziale che sia separato dal vivo tessuto sociale, e che ciò non ha
implicazioni solo sul piano della non istituzionalizzazione e dell'impiego di
nuove tecniche e di nuove figure di operatori, ma anche e soprattutto sul
piano della collocazione ed ideazione delle strutture erogatrici. Quasi superfluo, infine, sottolineare la necessità di inquadrare
il discorso in quello più generale della sicurezza sociale.
Dall'insieme di queste
considerazioni nasce l'urgenza di un definitivo superamento non solo del
concetto di beneficenza, ma anche di quello di assistenza
sociale.
Anche gli interventi rivolti a sanare particolari situazioni di bisogno presenti
nelle categorie degli esclusi dal ciclo produttivo non possono più muoversi
nell'ambito di una visione settorialistica, ma
essere costantemente affrontati e riferiti nell'insieme delle politiche
sociali volte a promuovere una redistribuzione del
reddito e delle opportunità sociali, quindi, e prima ancora, del potere.
Sono due, in sostanza, i poli di
riferimento per una nuova impostazione del problema: la non settorialità
e la prevenzione.
La prima, spinge a non dare
soluzione angusta ed inadeguata ai problemi dell'emarginazione e del
disadattamento, quindi a non collocare in situazioni
di «ghetto» i servizi che ad essi si riferiscono; la seconda induce a dare
rilievo soprattutto agli interventi e agli strumenti capaci di rimuovere le
vere cause dei fenomeni che si vogliono sanare. Sono evidenti i riflessi che da
questa impostazione derivano sia sul piano della
strutturazione e programmazione dei servizi, sia su quello più generalmente
politico.
Verificato che l'obiettivo del
superamento dell'assistenza, oltre a rappresentare un traguardo di civiltà ed
un atto di solidarietà nei confronti dei più sfruttati, è anche funzionale alla
lotta per l'autoprogrammazione delle masse popolari e
per il cambiamento, si tratta di collocare il problema nell'ambito di una
strategia complessiva del Movimento operaio.
A questo proposito, potrebbe essere
utile analizzare, sia pur brevemente, la situazione esistente nella nostra
Regione, ed in particolare nella provincia di Trento, ma per non dilungarmi,
lascerei ai presenti affrontare l'analisi stessa.
Ritengo comunque
di dover evidenziare come in un momento in cui, in Italia ed all'estero, innumerevoli
studi, convegni, sperimentazioni e realizzazioni concrete sono indirizzati
verso il superamento di strutture segreganti, in un momento in cui si è preso
coscienza interamente di come l'allontanamento dalla Società degli strati introduttivi,
di coloro che, a causa dell'età, di un handicap, delle carenze della famiglia o
di altre cause socio-ambientali, provochino gravi e spesso irreparabili guai,
nella nostra Provincia vengono stanziati miliardi senza che i nuovi suggerimenti
della scienza, senza che la nuova sensibilità ai problemi sociali vengano
presi in considerazione.
Noi sosteniamo come obiettivo
generale il capovolgimento di questa concezione, di queste vecchie e superate
tendenze emarginanti, e quindi l'unitario inserimento
dei problemi dell'assistenza nell'impostazione che le Organizzazioni dei
lavoratori tendono a dare ai problemi di riforma, dalla salute alla scuola,
alla casa, ai trasporti.
La gestione sociale aperta, organica
ed unitaria dei servizi sociali richiede un reale coinvolgimento dei
lavoratori; in particolare per quelli addetti alle strutture esistenti si
richiede la creazione urgente di strutture democraticamente controllate che
consentano la loro formazione, aggiornamento e qualificazione.
Devono essere iniziate
sperimentazioni non isolate in materia di servizi sanitari e sociali, dando
particolare impulso alla prevenzione dentro e fuori la fabbrica, e
garantendone la continuità con la cura e la riabilitazione.
Per iniziare ad attuare
concretamente una nuova politica nel campo dell'assistenza, si richiedono
iniziative immediate a tutti i livelli rivolte a:
- accertare le cause del ricovero
per la progressiva eliminazione delle istituzionalizzazioni; - bloccare la
costruzione e l'acquisto di nuovi istituti per
minori, anziani, handicappati;
- istituire servizi alternativi non
dopo ma contestualmente allo sviluppo coordinato dei servizi sociali di base,
assicurando la continuità delle prestazioni necessarie e cioè:
a) garanzia del necessario economico
per vivere;
b) assistenza domiciliare per
minori, anziani, handicappati;
c) abolizione delle scuole speciali,
fatto che richiede ad esempio la piena applicazione dei D.P.R. sulla medicina
scolastica;
d) promozione, a
seconda dei casi, dell'adozione e dell'affidamento familiare a scopo
educativo dei minori;
e) applicazione non emarginante
delle nuove leggi (casa, asili nido, ecc.), prevedendo focolari per minori e
pensionati per anziani inseriti in modo sparso nelle comuni case di abilitazione;
f) riconoscimento dei comitati di
controllo democratici con rifiuto di ogni tentativo
di cogestione.
(1) Relazione tenuta
dai Sindacati CGIL, CISL, UIL.
COMUNICATO STAMPA DELL'A.N.I.E.P.
Il Consiglio di Stato (Sez. IV) su ricorso dell'ANIEP (Associazione Nazionale fra
Invalidi per Esiti di Poliomielite), con propria ordinanza in data 28 novembre
1972, notificata in questi giorni, ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per la risoluzione della questione
di legittimità costituzionale della legge 23-4-1965, n°
458, istitutiva dell'Ente pubblico A.N.M.I.C. (Associazione Nazionale Mutilati
Invalidi Civili), con riferimento agli artt. 2 e 18 del
La decisione del Consiglio di Stato
dimostra la fondatezza delle obiezioni che l'ANIEP ha sostenuto circa la costituzione
e la formazione dell'Ente pubblico degli invalidi civili, anche in riferimento
alle prospettive di riforma del settore assistenziale (attualmente
all'esame del Parlamento con le proposte di legge Falcucci
e Foschi della D.C., Signorile del P.S.I. e Lodi del
P.C.I.) e con l'esigenza di investire le Regioni e gli Enti Locali di poteri
amministrativi e legislativi circa l'assistenza ed i servizi sociali, secondo
quanto disposto dagli artt. 117 e 118 della
Costituzione.
L'ANMIC (i cui
dirigenti centrali e periferici sono gli stessi della Libera
Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili, che è una associazione di
diritto privato) è in questi giorni alla ribalta delle cronache giudiziarie.
Infatti con sentenza 22 aprile 1969 della
VI Sezione Istruttoria del Tribunale di Roma fu ordinata la sospensione
provvisoria dalla carica di Presidente dell'ANMIC del signor Alvido Lambrilli, il cui processo
per corruzione e per interesse in atto di ufficio è attualmente in corso presso
il Tribunale di Roma (Sezione IX).
Tale processo riguarda anche l'attuale Presidente dell'A.N.M.I.C. sig. Franco Quaranta,
ed i sigg. Roberto Paramucchi e Nicola Rega, componenti
il Comitato Centrale di detto Ente, imputati insieme ad
altri dirigenti della A.N.M.I.C. di tentativo di truffa pluriaggravata a danno
della Pubblica Amministrazione.
Al proposito, sarebbe legittimo che
i Ministeri vigilanti dell'Interno e della Sanità sollecitamente ottemperassero all'obbligo che loro spetta di denunciare il
sig. Franco Quaranta e tutti i componenti il Comitato Centrale dell'ANMIC per
omissione di atto d'ufficio. Ciò in relazione alla
ordinanza in data 15 marzo 1973 pronunciata nel predetto processo dal Tribunale
di Roma, il quale ha posto in tutto rilievo la personale responsabilità «eventualmente
penale (art.
Otto anni di vita di questo Ente hanno dimostrato la sua inefficienza e
strumentalizzazione.
Nel maggio 1959, ad esempio, il
Ministero dell'Interno fu costretto a sospendere di autorità
le elezioni degli Organi Centrali e periferici dell'A.N.M.I.C.,
per le innumerevoli irregolarità verificatesi nelle iscrizioni dei soci, a
prescindere dal fatto che, come fu rivelato dal Consiglio di Stato
nell'Adunanza Generale del 29 gennaio 1970, su un milione circa di invalidi
avevano aderito all'Ente solo quindicimila, e che in ben ventun
province era mancata ogni adesione al Sodalizio.
Il consuntivo di otto
anni dell'A.N.M.I.C. è quindi costituito soltanto dalla serie di reati consumati
dai suoi dirigenti, oggi sotto processo, e dalla «vendita» alla Confindustria e all'Intersind
per cinquecentocinquanta milioni dei diritti degli invalidi al collocamento
obbligatorio al lavoro.
IL VOTO STRUMENTO DI EMARGINAZIONE DEI PIÙ DEBOLI
Pubblichiamo
la lettera inviata il 9-4-1973 dall'avv. Ezio Adami a «Il Gazzettino» di
Venezia.
La denuncia per il reato di omissione di atti d'ufficio, presentata dalla Preside
della Scuola Media «Enrico Fermi» di Zelarino nei
confronti del prof. Giorgio Leandro per aver questi rifiutato di valutare il
profitto individuale degli alunni mediante il voto, dovrebbe suscitare un
ampio dibattito perché la coraggiosa posizione assunta dall'insegnante
denunciato sottintende valori e principii
qualificanti nella configurazione di una scuola democratica secondo i principii della Costituzione.
È vero che ci sono norme, emanate
alcuni decenni fa, le quali prescrivono l'attribuzione del voto di profitto e
di condotta, ma a mio avviso esse, in quanto strumenti di selezione degli
allievi, sono in contrasto con gli artt. 3, 4 e 34 della carta costituzionale.
Ostacolare nell'iter scolastico gli
allievi ritenuti meno capaci (e sappiamo, tra l'altro, quanto il giudizio
personale dell'insegnante possa essere ingiusto) significa impedire la regolare
e completa partecipazione al servizio scolastico necessario al pieno sviluppo
della persona (art. 3) e non favorire la promozione delle
condizioni (tra le quali, l'istruzione) che rendano effettivo il diritto di
ogni cittadino al lavoro (art. 4).
Ogni atto selettivo, come la
bocciatura in conseguenza del voto negativo, non può
sussistere in una scuola «aperta a tutti», secondo l'art. 34 della Costituzione
che prescrive l'istruzione inferiore obbligatoria e gratuita «impartita per almeno
otto anni» (a meno che assurdamente non si ritenga conforme a tali disposizioni
la frequenza di tutti gli otto anni nella prima classe elementare).
È pur vero che l'art. 33 della
stessa Costituzione prescrive un «esame di Stato» per l'ammissione ai vari
ordini e gradi di scuola, ma in coerenza con i precedenti principii
ritengo che l'esame dovrebbe assumere un carattere orientativo
per la scelta degli studi successivi e della futura attività professionale,
mentre non dovrebbe avere alcuna finalità di selezione e di discriminazione.
Indipendentemente dalla questione
giuridica, il voto e la bocciatura dovrebbero essere banditi dalla scuola per
molteplici ragioni.
Il voto trasforma l'insegnante in
«giudice», funzione che non gli si addice, anche perché egli difficilmente
potrà essere un giudice imparziale quando è costretto a
valutare i risultati del «suo» insegnamento.
Il compito di giudicare il profitto
del proprio allievo comporta una coartazione o quantomeno un notevole
condizionamento dell'impostazione di ricerca e di studio dell'allievo stesso,
il quale dovrà adeguarsi ai metodi, ai criteri e ai contenuti stabiliti
dall'insegnante, se vorrà attenere da lui un giudizio positivo.
In tal modo non si favorisce lo spirito critico,
bensì si apre la strada al conformismo. La scuola prepara così sudditi, invece
che cittadini responsabili e socialmente impegnati.
Inoltre il voto deforma la stessa
funzione della scuola, perché sposta l'interesse principale dell'allievo sui
risultati formali della promozione e del titolo di studio, invece che
sull'apprendimento, sulla ricerca e sulla formazione di uomo
e di cittadino.
Ritenere che la mancanza del voto
abitui alla pigrizia presuppone una troppo pessimistica concezione dell'uomo
che sarebbe indotto ad operare non per un'esigenza di conoscenza e di crescita
individuale e sociale, bensì per perseguire un risultato utile.
Pigro è invece quell'insegnante che
stimola l'allievo con la minaccia di un voto negativo, anziché trovare altri
mezzi per suscitare un effettivo interesse per la
materia d'insegnamento.
La pigrizia, come sintomo di disinteresse,
è diffusissima tra gli studenti nonostante la pratica
del voto e di ciò è indubbiamente colpevole l'attuale sistema scolastico se è
vero che il bambino fin dalla nascita è naturalmente incline alla conoscenza e
all'azione.
Non si tiene infine conto degli
effetti deleteri (frustrazione e scoraggiamento) che il voto negativo suscita
in molti alunni, soprattutto in quelli più deboli
sotto il profilo psichico e affettivo. Sono noti a tutti i
numerosi suicidi provocati dai voti e dalle bocciature, meno note - ma ugualmente
importanti - sono altre conseguenze negative (insicurezza,
comportamenti asociali).
Questo dimostra che il voto è
strumento di violenta emarginazione dei soggetti più deboli. Infatti
gli handicappati e i disadattati non trovano spazio nella nostra scuola che
esalta soprattutto l'efficienza e il successo e trascura altri più importanti
valori, come la solidarietà umana e sociale.
C'è chi sostiene che, se la società
è violenta competizione tra gli individui, la scuola non può essere diversa.
Rispondo che la scuola, che è parte integrante della società, deve per prima -
come uno dei principali luoghi di formazione dell'uomo
- reagire ad un sistema sociale fondato sulla violenza, sulla sopraffazione e
sullo sfruttamento e deve quindi evitare di esasperare la competizione sociale
educando l'individuo ad agire con gli altri e per gli altri. Solo in tal modo
si può sperare di dar vita ad una società libera e
democratica.
La battaglia per il voto è quindi
uno scontro ideologico tra coloro che accettano la
società dell'homo homini lupus e coloro che vogliono
un'organizzazione sociale fondata sulla tolleranza e sulla solidarietà.
CORSI ESTIVI DELLA FONDAZIONE ZANCAN
8-14 luglio
- Introduzione alla pianificazione
sociale
15-21 luglio
- Sistemi economici e loro influenza
sulla vita sociale
22-28 luglio
- La ricerca valutativa, con
particolare riferimento agli esperimenti (sul campo e simulati), come
strumento per valutare programmi di intervento
sociale
9-15 settembre
- Politica locale dei servizi
sociali.
Problemi di bilancio e di
partecipazione: analisi di esperienze
16-22 settembre
- Costruzione e utilizzazione di indicatori di squilibrio sociale
23-29 settembre
- Metodi moderni di programmazione
degli interventi sociali con particolare riferimento al livello sociale
21-27 ottobre
- Le attività di gruppo nell'ambito del servizio sociale oggi.
(1) Per maggiori
informazioni rivolgersi prima del 24 giugno alla Fondazione Zancan,
Riviera Tito Livio 17, Padova, telefono 66.38.00; a partire dal 25 giugno alla
sede di Malosco (Trento), telefono 81.342.
www.fondazionepromozionesociale.it