Prospettive
assistenziali, n. 22, aprile-giugno 1973
DOCUMENTI
SCUOLA A TEMPO PIENO COME SUPERAMENTO DELLA SELETTIVITÀ
E DELL'EMARGINAZIONE SCOLASTICA (1)
Selezione ed
emarginazione
Il gruppo è partito dall'esame dei
problemi degli alunni disadattati e handicappati nell'ambito della scuola a
pieno tempo, ma subito ha avvertito la necessità di estendere il suo esame ai
problemi del ricupero in genere degli alunni. A questo proposito ha individuato
nella scuola attuale due fenomeni negativi caratteristici: la selezione e l'emarginazione, che stanno a monte dei
problemi del ricupero e che devono essere affrontati in via preliminare.
Il fenomeno della selezione scolastica è denunciato da
cifre impressionanti, anche a livello di scuola elementare, che riguardano gli alunni ripetenti, in ritardo, evasori all'obbligo
scolastico e gli abbandoni prima del termine della scuola. Esso richiama in causa il sistema di valutazione, la mentalità degli
insegnanti, le strutture scolastiche. Una selezione particolare è poi quella
che concorre all'emarginazione degli alunni disadattati e handicappati.
Ma l'emarginazione nella scuola è un fenomeno generale che investe
diverse istituzioni, le quali, anche al di là delle
intenzioni del legislatore e degli operatori scolastici, si dimostrano oggi
superate alla coscienza pedagogica e scientifica.
Tali istituzioni emarginanti si rivelano oggi soprattutto: nelle pluriclassi, nei doposcuola, nelle classi
differenziali e nelle scuole speciali.
Una scuola nuova
La scuola a tempo pieno appare un'occasione storica per rinnovare la scuola e risolvere le
gravi disfunzioni rivelate dalla selezione e dall'emarginazione.
In sintesi, la scuola nuova a tempo
pieno, sotto questo aspetto, dovrebbe
caratterizzarsi: - come scuola non solo informativa, ma essenzialmente
formativa, in senso «estensivo» (raggiungendo tutti i fanciulli nella società
per conoscerne e annullarne ogni possibile emarginazione), e in senso
«intensivo» (raggiungendo tutto il fanciullo per conoscerne e annullarne ogni
possibile condizionamento); l'uno e l'altro obiettivo concorrono all'unico fine
di togliere tutti e ciascuno da ogni possibile posizione sociale o personale
di inferiorità o di difficoltà di fronte a quello che è chiamato il diritto
allo studio e cioè, concretamente, il diritto alla scuola e alla massima
utilizzazione di essa;
- come scuola che valorizzi tutte le
attitudini degli alunni attraverso uno sviluppo di tutte le forme di attività: intellettuali, sociali, affettive, espressive,
pratiche;
- come scuola
profondamente rinnovata nei metodi di valutazione, senza rigida strutturazione
in classi successive;
- come effettivo
servizio pubblico alla comunità, aperta a tutti gli alunni, anche i meno
fortunati, e specializzata al suo interno per rispondere alle necessità di
tutti;
- come scuola
della coeducazione di tutti i futuri cittadini in
reciproca comprensione e in reciproco aiuto;
- come scuola del lavoro di gruppo
fra insegnanti ed educatori variamente specializzati,
e i tecnici della medicina, della psicologia, della sociologia e del ricupero.
Dalla scuola selettiva
a una scuola promozionale
Già don Milani aveva individuato nella scuola a tempo pieno il
superamento del fenomeno più grave della scuola attuale: la selezione:
«Perché il
sogno dell'eguaglianza non resti un sogno vi proponiamo tre riforme:
I - Non bocciare.
II - A quelli che sembrano cretini
dargli la scuola a pieno tempo.
III - Agli svogliati basta dargli
uno scopo».
Si richiede quindi una scuola che
risponda con giustizia alle esigenze di tutti, come effettivo pubblico servizio
sociale ed educativo; una scuola che, partendo dal
rispetto del diritto di tutti gli alunni di andare avanti, diventi la scuola
non della promozione facile, ma «promozione» effettiva, in quanto sa trovare
per tutti tecniche e strumenti per sviluppare tutti e per ricuperare ciascuno.
Il punto fondamentale tuttavia non è
un fatto tecnico, ma morale: è una effettiva
responsabilizzazione della scuola che vede nell'alunno bocciato una sua
sconfitta, una effettiva perdita umana, e che riconosce nell'alunno disadattato
un prodotto dovuto spesso alla struttura, ai metodi, all'intolleranza
scolastica.
Un altro aspetto fondamentale è la revisione dei metodi di valutazione e della stessa rigida
strutturazione per classi successive, con relativi scrutini ed esami. In
particolare la legge sui «cicli» dovrebbe con efficacia effettiva abbracciare
in unica soluzione tutta la scuola dell'obbligo, con la previsione di momenti
e di strumenti di ricupero individuali e di gruppo,
che non impediscano il passaggio alla classe superiore.
Ciò si può attuare in una scuola a
pieno tempo, che in una impostazione moderna di
metodologie e di tempi educativi rispetti i ritmi
personali di apprendimento, stimoli le attitudini
e ricuperi le lacune individuali. Il prolungamento quantitativo dei tempi
educativi collegato col cambiamento qualitativo dei metodi e dei
contenuti può fare della scuola a tempo pieno il contesto migliore per
rispondere alle esigenze di tutti e
per il ricupero di ciascuno.
Un momento particolarmente delicato
d'intervento è l'inizio della scolarità.
Esso è da privilegiare nella scuola a tempo pieno come momento preventivo di
somma efficacia: in collegamento, ove è possibile, anche con la scuola materna,
la classe prima deve inizialmente caratterizzarsi come una offerta
di occasioni di effettiva uguaglianza di partenza, con l'introduzione di «materie»
nuove, come ad esempio l'educazione (o rieducazione) del linguaggio, della
psicomotricità, dello schema corporeo, delle strutture spaziotemporali,
premessa a un'efficace apprendimento scolastico ed effettiva prevenzione di
futuri ritardi.
Dalla pluriclasse alla
scuola consolidata a tempo pieno
La scuola pluriclasse, un tempo
idealizzata come scuola esemplare (dell'individualizzazione, della coeducazione di alunni di diverse
età, di aderenza e di animazione dell'ambiente sociale), nell'attuale evoluzione
storica è sempre più considerata come un male minore e ancor più come struttura emarginante, sia per la povertà di stimoli interni sia per
l'impoverimento dello strato sociale esterno, ridotto spesso a «paesi» di
anziani e di diseredati, in progressivo spopolamento.
Mentre la scuola media è tutta
«consolidata» e anche la scuola materna si avvia a forme di consolidamento, la
scuola elementare, salvo eccezioni, è ancora la più frammentaria e dispersa.
Anzi la recente legge n.
Si sottolineano
le principali carenze delle pluriclassi che sono superabili in una scuola
consolidata a tempo pieno:
- lo scarso numero di alunni, con il conseguente scarso scambio
interpersonale;
- la povertà delle esperienze
scolastiche ed extrascolastiche;
- l'isolamento
degli insegnanti, e il cambio spesso vertiginoso degli insegnanti stessi;
- le ripetenze
e i ritardi sembrano maggiori che non nelle monoclassi;
- il rendimento nella scuola media risulta spesso inferiore negli alunni provenienti dalle
pluriclassi, e l'emarginazione e il disadattamento degli stessi alunni si
rivela spesso nelle difficoltà di rapporti più complessi con compagni e
docenti.
I tentativi di consolidamento hanno
spesso incontrato difficoltà da parte delle popolazioni interessate, ma esse
si sono superate più facilmente quando si è proposta
una scuola a tempo pieno, con effettivo e concreto miglioramento nelle attività
scolastiche, e con le necessarie forme di assistenza (trasporto, refezione).
All'ambiente depresso dal punto di
vista socio-culturale e socio-economico delle
pluriclassi fa riscontro un ambiente analogo nelle «periferie» e nei «ghetti»
delle città, formatisi in seguito ai fenomeni dell'immigrazione e della
«concentrazione urbanistica» selettiva ed emarginante. In simile ambiente
«monoculturale» si riscontrano le stesse difficoltà, ancora più accresciute, e
di difficile soluzione.
Dal doposcuola alla
scuola a tempo pieno
I doposcuola nell'attuale struttura
a mezzadria fra Patronati scolastici (o altri enti) e l'amministrazione della
scuola si rivelano sempre più nei fatti come una grave incongruenza giuridica, organizzativa
e didattica che richiede un superamento a breve termine.
Nonostante alcuni lodevoli sforzi, tale istituzione è
sempre risultato un corpo estraneo alla vera scuola, riluttante a veri
collegamenti profondi, continuati, generalizzati.
Ma non meno grave è il carattere discriminatorio ed emarginante
che viene a introdurre fra gli allievi di una stessa
classe e di una stessa scuola, e ad assumere nel contesto sociale. Ciò è dovuto al mai superato carattere «assistenziale» del doposcuola,
di fatto destinato agli alunni più poveri, senza possibilità di assistenza
familiare adeguata, e nella prassi al tempo di funzionamento limitato spesso a
pochi mesi, al reclutamento degli alunni provenienti da classi diverse,
all'organizzazione didattica in ambienti limitati, con scarsi materiali e
sussidi, con l'assillo dei «compiti» e delle «lezioni».
Tale discriminazione si ripercuote
anche sugli insegnanti, sottoccupati, mal retribuiti, di scarsa considerazione
sociale.
L'istituzione del tempo pieno
verrebbe quindi ad eliminare questi gravi inconvenienti. Ma in questo primo
periodo in cui il tempo pieno spesso non è istituito
per tutte le classi di una stessa scuola, convivono nello stesso ambiente le
due istituzioni. Se da una parte questa convivenza può esercitare uno stimolo e
un progresso, in alcuni casi concreti si verifica un
aumento di discriminazione e di emarginazione ai danni del doposcuola.
La migliore preparazione degli
insegnanti, il maggior impegno dei dirigenti, la maggior disponibilità di ambienti e di sussidi nel tempo pieno, possono già di per
sé operare in senso discriminatorio rispetto al doposcuola. Ma a ciò si aggiungono anche forme intenzionali di emarginazione:
le due istituzioni operano in ambienti o anche in edifici diversi, senza
collegamenti; talora si usano per la refezione refettori diversi.
È necessario avviare forme di
collaborazione e di integrazione fra le due
istituzioni in preparazione al superamento dei doposcuola. Si può cominciare
col rivalutare il doposcuola come scuola integrata, come attività di interclassi, come «laboratori», fino a utilizzare gli
insegnanti doposcuolisti nel lavoro comune con gli
insegnanti del tempo pieno.
Ma un altro aspetto occorre sottolineare: nella (purtroppo) graduale istituzione del
tempo pieno bisogna prevedere una programmazione
che tenga conto dei rapporti col doposcuola e della necessità di istituirlo in
via prioritaria nelle zone più bisognose.
Nella circolare ministeriale 2-9-1967, istitutiva dei doposcuola, era ben chiaro il
carattere anche sociale dell'istituzione: «Il doposcuola (...) gioverà non
solo ad ottenere il massimo sviluppo di ogni alunno,
mediante una appropriata azione di arricchimento culturale collegata con le
attività di carattere espressivo e ricreativo; (...) diventa soprattutto
valido per quegli allievi che incontrano difficoltà di natura scolastica, che
presentano particolari esigenze di natura psicologica, economica e sociale e
specialmente per coloro che provengono da famiglie di recente trasferite in
ambienti diversi da quelli di origine».
Bisogna che il tempo pieno (senza
ridursi a sua volta a un'istituzione assistenziale)
ricuperi in una dimensione nuova la spinta sociale che presiedette sia pure in
modo inadeguato all'istituzione dei doposcuola.
Classi differenziali,
scuole speciali e scuola a tempo pieno
Il gruppo a grande
maggioranza ha riconosciuto la validità delle critiche alle classi differenziali,
e la possibilità e la necessità di superare tali istituzioni in una nuova
concezione e strutturazione della scuola, e ancor più in una scuola a pieno
tempo, in cui le classi differenziali si dimostrerebbero superflue nei fatti,
e contraddittorie con le finalità della scuola stessa.
Le classi differenziali, create
all'inizio del secolo in una concezione storicamente diversa della scuola
(scuola di élites)
e rinverdite dopo il 1960 con un indirizzo medico-clinico, ormai superato
dagli stessi specialisti proponenti, possono effettivamente costituire un alibi per la vera
riforma della scuola e quindi per l'attuazione di una scuola a tempo pieno.
Senza contare la «selezione di
classe» che pure le classi differenziali sono andate via via
attuando, e la «risonanza psicologica» spesso profonda provocata nella
personalità dei bambini, si è concordato nella critica pedagogica di fondo (recepita anche in alcuni documenti ministeriali)
che mette in dubbio la «validità dell'azione
formativa sul disadattato, quando questi sia inserito in un gruppo di coetanei
che presentano analoghe carenze». È l'obiezione di fondo
contro la pedagogia differenziale, a
cui si riconosce superiore una pedagogia
«di relazione» in ambiente normale.
In relazione alla scuola a tempo pieno, va sottolineato
un altro punto fondamentale: si può dimostrare che gli interventi di recupero e
anche gli interventi specialistici si possano realizzare in una scuola
comune, ove si attui una stretta collaborazione fra insegnanti e specialisti dell'équipe medico-psico-pedagogica.
Una scuola a tempo pieno che accolga
gli alunni «differenziali», e anche «speciali», è prospettata ormai da vari
specialisti (come Bollea) o pedagogisti (come De Bartolomeis). Non mancano le esperienze
valide al riguardo.
Anche alcune recenti disposizioni
ufficiali indicano questa nuova via:
- un progetto di legge del Ministero
della P.I. (1970) prevedeva la trasformazione delle
classi differenziali in classi di
rotazione;
- una circolare del Provveditore
agli Studi di Roma (settembre 1971) prevede la trasformazione
delle classi differenziali, oltre che in classi di rotazione, anche in classi sperimentali (come nella scuola
media: classe di 20 alunni di cui alcuni disadattati o ritardati), e in scuola integrata;
- le circolari ministeriali annuali sulle équipes scolastiche
prevedono dall'anno scolastico 1971-72 alunni disadattati o ritardati inseriti
in classi comuni;
- la legge 30-3-1971
n. 118 prevede che gli invalidi civili (fisici e psichici) frequentino di norma
le classi normali della scuola pubblica.
Siamo di fronte alla trasformazione
più interessante e anche più difficile della scuola, che si apre a tutti gli
alunni, anche i più gravi, secondo le seguenti possibili soluzioni e
graduazioni:
- per gli alunni «differenziali» non
esistono particolari difficoltà di inserimento;
- per gli alunni handicappati («di
scuola speciale»), come subnormali medi e lievi, spastici, sensoriali,
caratteriali, è possibile, a seconda della
flessibilità della scuola, della preparazione degli insegnanti e degli
esperti, delle caratteristiche degli alunni: o l'inserimento in classi comuni
(«sperimentali») o in via transitoria in «classi speciali» che accolte nello
stesso plesso scolastico siano dinamicamente collegate per varie attività
nell'intero complesso della scuola a tempo pieno;
- per gli alunni più gravi è stata
proposta la soluzione del «comprensorio scolastico»: in una stessa area sorgono una scuola comune e una scuola speciale, con spazi e
momenti in comune per relazioni di «comunità».
L'inserimento di handicappati nelle
classi comuni e nel plesso comune, deve avvenire a determinate condizioni, su cui il gruppo onestamente si è a lungo diffuso:
- tale inserimento deve riflettere
una percentuale adatta o «naturale», all'incirca analoga a quella che si
riscontra in «natura»; salvo il caso di alcune scuole
sperimentali almeno all'inizio dell'esperienza, di solito ogni scuola deve
servire un determinato quartiere («scuola di quartiere») o zona o comunità bene
delimitata, perché non si verifichi una «concentrazione» in una sola scuola,
con evidenti difficoltà; gradualmente ogni circolo dovrebbe strutturarsi al
suo interno per accogliere i suoi alunni handicappati, per cui ogni dirigente
dovrebbe responsabilizzarsi al riguardo con i propri insegnanti;
- l'inserimento sia graduale e
«flessibile» negli orari, nei tempi di permanenza in classe comune e di
passaggio in classi di rotazione o rieducazione;
- gli insegnanti specializzati (di
classe differenziale e di scuola speciale) siano integrati all'interno della
scuola a tempo pieno e utilizzati come specialisti per gli alunni handicappati,
ma anche per tutti gli altri alunni
settorialmente bisognosi;
- la creazione di classi di
rotazione o rieducazione (del linguaggio, della psicomotricità, ecc.) può
rientrare anche fra quegli «insegnamenti speciali» previsti dalla legge n.
820;
- siano eliminate le «barriere
architettoniche» negli edifici scolastici;
- si solleciti la collaborazione
della scuola materna perché sia attuato un dépistage e un intervento
precoce;
- è necessaria una
forte opera di sensibilizzazione dei dirigenti e degli insegnanti in
senso sociale e psicopedagogico (anche per contrastare
il pericolo di una «psichiatrizzazione» della
scuola);
- è pure necessaria una vasta
sensibilizzazione al problema degli alunni handicappati nei confronti delle
famiglie di tutti gli alunni e di tutta la comunità
civile, onde evitare incomprensioni e sollecitare la collaborazione.
(1) Relazione di uno
dei lavori di gruppo (a cura di Piero Rollero) al
Convegno di studio per Direttori didattici su «La scuola a tempo pieno»,
svoltosi a Brescia, a cura dell'Editrice
www.fondazionepromozionesociale.it