Prospettive assistenziali, n. 22, aprile-giugno 1973

 

 

ATTUALITÀ

 

UNA FALSA ALTERNATIVA ALLA «FABBRICA DELLA FOLLIA». L'ESPEDIENTE GATTOPARDESCO DELLA PROVINCIA DI TORINO

 

 

Le dure lotte portate avanti nel '68 e nel '69 dal­la Sezione di Torino dell'Associazione per la lotta contro le malattie mentali costrinsero l'Am­ministrazione provinciale di Torino a prospettare l'assistenza psichiatrica di settore (1) e il ter­ritorio della Provincia di Torino fu diviso in 11 settori (mediamente di 200.000 abitanti).

 

Promesse del Presidente della Provincia di Torino

Come ebbe ad affermare il Presidente della Provincia di Torino nella dichiarazione program­matica al Consiglio provinciale del 25 settem­bre 1970, «la nuova gestione dovrebbe procede­re secondo il seguente schema operativo:

- l'inserimento di ciascuna delle sedi in un settore di servizi assistenziali, di modo che l'o­spedale costituisca semplicemente uno dei pre­sidi settoriali, e non il più importante, e sia ra­pidamente integrato da una corona di altri presi­di, preventivi e ricuperativi: il tutto fondato su una rete di équipes;

- il personale sanitario e sanitario ausiliario, che sarà adibito a questi compiti, dovrà essere assunto con la specifica clausola della sua desti­nazione a servizi settorializzati psichiatrici, com­prensivi di assistenza extra-ospedaliera e ospe­daliera, sicché esso potrà e dovrà essere utiliz­zato nel circuito dell'intero servizio assisten­ziale.

La data di inizio della nuova gestione può es­sere prevista entro il 1971».

Circa la funzione del settore nella citata di­chiarazione programmatica veniva precisato: «Non riteniamo che il significato di questa ope­razione vada ricercato nell'assunzione di una quota piuttosto notevole nella gestione ospeda­liera o nel collaudo concreto delle nostre capaci­tà di amministrazione diretta di certi servizi, il che equivarrebbe a ridurla al piano di conside­razioni efficientistiche o di prestigio, assoluta­mente marginali. Essa dovrà invece soprattutto rappresentare l'inizio di un radicale spostamen­to dell'asse della politica assistenziale dalla fa­se ospedaliera a quella extra-ospedaliera e que­sto spostamento dovrà essere caratterizzato da una crescente espansione delle componenti esterne dei servizi assistenziali e dal sempre più accentuato condizionamento che tali com­ponenti dovranno svolgere nei confronti delle strutture murarie».

Inoltre nella dichiarazione programmatica si leggeva: «Intendiamo preordinare l'istituzione di micro-comunità con 20/25 posti, parte a con­vitto e parte a semiconvitto, che facciano largo spazio alle attività di educazione e di socializza­zione. Sarà opportuno istituirne prontamente al­cune, iniziando dai settori di diretta gestione pro­vinciale».

Il Presidente della Provincia di Torino precisa­va altresì che in ogni settore un servizio medi­co-psico-pedagogico per soggetti in età evoluti­va avrebbe dovuto affiancare il servizio per adul­ti e aggiungeva: «Tutti questi interventi richie­dono mezzi, ma soprattutto personale specializ­zato, la cui formazione è un'esigenza da affron­tare con assoluta priorità. Un'istituzione promos­sa e sostenuta dalla Provincia può contribuire ottimamente a questo fine, la scuola per la for­mazione di educatori specializzati, che occorre­rà potenziare. È un'esigenza che condiziona an­che l'assistenza agli adulti, campo nel quale mol­ta parte dell'esito dei nuovi metodi è legata all'acquisizione di elementi caratterizzati da un alto grado di qualificazione, umana e tecnica, in mancanza dei quali lo stesso perfezionamento delle strutture è destinato a isterilirsi: e in coe­renza a questi concetti la Provincia promuoverà anche la già citata scuola per operatori psichia­trici».

Il 22 ottobre 1971, nell'assemblea pubblica in­detta per la presentazione del libro «La fabbri­ca della follia» (2), di fronte alle critiche avan­zate in detta pubblicazione, il Presidente della Provincia di Torino dichiarò: «Dissento da un'im­postazione - quella del libro - che è volta a presentare l'esperienza settoriale come poco più di un espediente gattopardesco, come un asso nella manica furbescamente offerto dalla Provin­cia ai responsabili della pessima gestione dell'assistenza psichiatrica per tacitare l'opinione pubblica. Un espediente che nasconderebbe un vuoto assoluto, sia come contenuto e sia come risultati. Consentitemi di dire che le cose non stanno assolutamente così... La Provincia ha po­sto nel suo programma operativo l'assistenza zo­nale o settoriale che dir si voglia il 25 settem­bre 1970, e cioè poco più di un anno fa. Ha de­ciso di porlo in atto incominciando in città da due settori, quello di Torino-Centro e quello di Torino-Est. Si tratta di qualcosa di ben diverso da un infantile maldestro tentativo di copertura dell'Istituto manicomiale ma, riteniamo noi, di un serio e preciso disegno che già fin d'ora in­teressa una popolazione di 600.000 abitanti nel­la città di Torino, la metà della popolazione cit­tadina. E qui occorrono alcune documentate in­dicazioni sull'organizzazione zonale. Ognuna del­le zone avrà una componente extramuraria ed un reparto ospedaliero, la prima formata da am­bulatori di igiene mentale, dispensari, ospeda­le notturno e diurno, case per dimissioni, centri di risocializzazione. Si potrà dire che questo ri­guarda il futuro; io preciso che ciò riguarda l'im­mediato futuro in quanto i direttori di zona sono stati nominati, con decorrenza dal settembre di questo anno, e già abbiamo in corso di allesti­mento per Torino-Centro un dispensario e un am­bulatorio rispettivamente - preferisco citare i dati - in via Piffetti e in via Sant'Ottavio; sono da tempo funzionanti per Torino-Est gli ambu­latori di via Paisiello a Torino, di San Marco e di Settimo, mentre è in corso la trattativa per l'acquisto di uno stabile destinato a integrare le strutture dispensariali di zona. ... Un quadro com­pleto non deve neppure tacere quanto si è fatto per favorire il sorgere di presidi extra-ospedalie­ri in altre due zone cittadine, presidi che sono stati forniti con lo sforzo finanziario e con l'at­tività organizzativa della Provincia, e precisa­mente, per la zona di Torino-Nord il dispensario di Piazza Nazario Sauro, gli ambulatori di via Cardinal Massaia, di Venaria e di Pianezza; per la zona di Torino-Sud l'ambulatorio di via Tuni­si, mentre per quest'ultima è pure in corso la trattativa per l'acquisto di un apposito dispensa­rio nella zona di Mirafiori».

 

Situazione attuale

La risposta alle dichiarazioni suddette è stata data da un'altra pubblicazione della Sezione di Torino dell'Associazione per la lotta contro le malattie mentali (3), che analizza dettagliata­mente la situazione dei settori e quella interna dell'ospedale psichiatrico. Da questo esame ri­sulta evidente che «l'unica politica del settore esistente sembra consistere nella volontà di im­pedire che i settori nascano come reale alterna­tiva al manicomio».

Infatti al 31 dicembre 1972 erano stati istituiti solamente 7 ambulatori con personale molto scarso, privo di qualsiasi struttura di appoggio escluso il centro di risocializzazione di P. Mas­saua aperto nel maggio 1972 e che si occupa di 12 pazienti con orario dalle 9 alte 17 esclusi il sabato e la domenica!

Citiamo ancora dalla pubblicazione dell'Asso­ciazione per la lotta contro le malattie mentali: «I pochi ambulatori di settore non riescono a fornire una assistenza che blocchi l'approdo al manicomio; strutture indispensabili, come le co­munità e i centri terapeutici diurni, non esistono o non funzionano; le stesse aree territoriali di competenza dei cinque settori cittadini sono as­surdamente delimitate da tecnici che sembrano negati alla logica.

La popolazione manicomiale non è quindi di­minuita, né potrebbe esserlo, in modo rilevante; e purtroppo va denunciato che dimissioni fret­tolose hanno spesso significato soltanto il pas­saggio ad istituzioni non dissimili dall'O.P. (ri­coveri per anziani) o il totale abbandono con l'i­nevitabile emarginazione dei dimessi. Una recen­te inchiesta rileva che soltanto un terzo degli at­tuali tremila ricoverati ha effettivo bisogno di ri­covero, cioè di cure in un ambiente ospedaliero terapeutico ancora ben lontano dall'essere rea­lizzato.

Se è vero che le condizioni di vita negli OO.PP. non sono oggi segnate dalla violenza aperta che ci sgomentò nel '70, è almeno altrettanto vero che i rapporti fondamentali all'interno dell'ospe­dale non sono cambiati, tranne che in alcuni ca­si: il malato-oggetto è in genere lasciato a se stesso, passivo e inattivo, ignaro della sua sorte, domato coi farmaci anziché coi lacci di conten­zione (peraltro talvolta ancora in uso) .

I nuovi ricoveri hanno per lo più breve durata, ma questo non significa necessariamente che il dimesso abbia ricevuto cure efficaci: spesso vuol dire soltanto che i medici hanno paura di assumersi come prima, la responsabilità di con­dannarlo alla reclusione a vita. A ciò si aggiun­ga che il dimesso trova poi tutt'al più, come as­sistenza extra-ospedaliera, le rapide visite in un ambulatorio, magari di settore, ma nessun reale appoggio che ne consenta il recupero (e di qui a dire che è “irrecuperabile”, il passo è bre­ve: così ancora una volta gli errori, le inadem­pienze, la malafede troveranno il loro alibi e il malato, ancora una volta, da vittima diventerà colpevole)».

Da parte nostra, aggiungiamo che nulla è sta­to fatto per la creazione di servizi di settore per soggetti in età evolutiva; la scuola per educato­ri specializzati lungi dall'essere potenziata è sta­ta messa in crisi dalla Provincia di Torino; nulla si è saputo della scuola per operatori psichiatri­ci; nessuna micro-comunità è stata istituita, ma invece è stato creato l'istituto del Mainero per 42 minori subnormali con la spesa di quasi un miliardo di lire. Anzi la Provincia di Torino con­tinua sistematicamente a boicottare tutte le ini­ziative che erano state strappate negli anni scorsi:

- il servizio di affidamento familiare è stato bloccato per evitare il decentramento degli ope­ratori nelle zone, come prevedeva la delibera istitutiva (4) ;

- non sono stati assunti a carico del servi­zio gli affidamenti familiari fatti precedentemen­te all'approvazione della delibera dall'Istituto Provinciale per l'assistenza all'infanzia con la speciosa scusa che l'I.P.I.M. sarebbe una istitu­zione a sé stante;

- nessun appoggio è stato dato alle tre co­munità-alloggio istituite dalla Provincia di Tori­no; una di esse ha addirittura da tanto tempo parte del proprio personale senza alcun lavoro;

- nessuna iniziativa è stata assunta per aiu­tare le comunità alloggio spontaneamente isti­tuite da privati; solo una di esse, dopo molte pressioni, è stata inserita nel servizio di affida­mento familiare;

- gli affidamenti preadottivi continuano ad essere praticati senza fornire alle famiglie e ai bambini l'assistenza tecnica prevista dalla leg­ge sull'adozione speciale.

Inoltre la Provincia di Torino sta manovrando per ingabbiare le spinte provenienti dai genitori dei bambini subnormali e, sotto il pretesto del­le difficoltà burocratiche per la gestione diret­ta dei servizi, sta tentando, purtroppo senza che l'A.N.F.Fa.S. si opponga, di far assumere dall'As­sociazione suddetta la gestione di servizi per gli handicappati psichici.

Sarebbe però inutile limitarsi a denunciare la mancata assunzione degli impegni presi dalla Provincia di Torino e dal suo Presidente. Occor­re invece continuare la lotta intrapresa e colle­gare tutte le forze che la partano avanti.

Il punto di partenza è costituito dal documento che riportiamo «Considerazioni e proposte sull'assistenza in generale e in particolare sull'as­sistenza psichiatrica», elaborato dalle Segrete­rie regionali piemontesi CGIL, CISL, UIL, dall'As­sociazione per la lotta contro le malattie menta­li, dall'Unione italiana per la promozione dei di­ritti dei minori e per la lotta contro l'emargina­zione sociale e da operatori psichiatrici.

 

 

(1) Sugli aspetti politici dell'assistenza psichiatrica di settore vedasi la recensione degli Atti del Convegno della Unione Regionale delle Province Piemontesi «L'assistenza psichiatrica nel quadro del servizio sanitario nazionale», in Pro­spettive assistenziali, n. 18, aprile-giugno 1972, pag. 77 e segg.

(2) Il libro è stato recensito nel n. 17, gennaio-marzo 1972 di Prospettive assistenziali.

(3) Associazione per la lotta contro le malattie mentali, Via Amedeo Avogadro 22, Torino, Una falsa alternativa alla fabbrica della follia. L'espediente gattopardesco della Provincia di Torino, aprile 1973.

(4) La delibera istitutiva del servizio di affidamento familiare è stata riportata nel n. 16 di Prospettive assistenziali.

 

 

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