Prospettive assistenziali, n. 23, luglio-settembre 1973

 

 

DOCUMENTI

 

CONTRIBUTO DELLA REGIONE TOSCANA ALLA PROGRAMMAZIONE DEI SERVIZI SANITARI E SOCIALI

 

 

Il Dipartimento della sicurezza sociale della Regione Toscana ha pubblicato in data 6-12-1972 il documento di cui riportiamo un ampio estratto .

Come in quello della Regione Emilia-Romagna, che abbiamo pubblicato nel numero 20, gli aspetti sanitari e sociali sono affrontati in modo unitario.

Nel documento della Regione Toscana vi è un approfondimento, che sostanzialmente condividiamo, delle funzioni interne dell'Unità locale di sicurezza sociale, la cui denomi­nazione (non il contenuto) differisce da quella da noi usata: Unità locale dei servizi.

Resta comunque la necessità di un dibattito sul problema dell'organizzazione inter­na nell'U.L.S, non limitato però al collegamento fra i servizi sanitari e sociali, ma esteso anche agli altri aspetti, in particolare a quelli scolastici e parascolastici.

 

 

Premessa

 

Il presente documento è il risultato del lavoro svolto congiuntamente da componenti del Dipartimento di Sicurez­za Sociale della Regione Toscana e dalla Commissione co­stituita dalla Provincia di Firenze per lo studio e la pro­grammazione dell'Unità Locale.

Esso contiene una ipotesi di organizzazione dell'Unità Locale di Sicurezza Sociale che vuole costituire un mo­dello cui tendere e al tempo stesso - e soprattutto - uno strumento di programmazione generale su cui la Regione da un lato, le Comunità locali dall'altro, possono orientare fin da ora la loro attività.

Tale ipotesi presuppone la completa attuazione di una vera riforma sanitaria e assistenziale - e a questo pro­posito vuole essere uno strumento di mobilitazione e di stimolo in questa direzione - ma può anche servire a identificare gli obbiettivi intermedi raggiungibili in tempi brevi attraverso attività realizzabili anche immediatamente in base alla legislazione attuale.

Il capitolo conclusivo del documento è dedicato appun­to al chiarimento di tali obbiettivi intermedi e alle moda­lità per raggiungerli.

 

Cap. 1 - Introduzione

 

1) L'organizzazione sanitaria e assistenziale nel nostro paese è senza dubbio totalmente inadeguata ai bisogni dei cittadini: l'opinione pubblica ne è più che convinta, dati e convegni scientifici lo documentano chiaramente.

La gravità della situazione impone provvedimenti riso­lutivi, ispirati alla Costituzione che considera la tutela della salute diritto fondamentale di ogni cittadino per as­sicurare «il pieno sviluppo della persona umana e l'effet­tiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (1).

Ma per superare l'attuale situazione è necessario indi­viduare e eliminare le cause di fondo che la determinano: prima fra tutte il disordinato e distorto sviluppo della no­stra economia che, poggiando quasi esclusivamente sulla logica aziendale del profitto, a questo subordina di fatto la difesa della salute e del benessere individuale e col­lettivo.

Da ciò deriva l'attuale fisionomia dei servizi sanitari che, limitati ad una funzione esclusivamente riparatrice, svilup­pano solo il momento diagnostico-curativo dell'intervento medico, e hanno dato vita a istituti mutualistici ed enti nazionali mastodontici, accentrati e accentratori, lontani dai problemi direttamente vissuti dalle popolazioni e gesti­ti senza un effettivo controllo democratico.

Questi stessi enti, attraverso la sovrapposizione dei compiti o il loro conflitto, hanno causato uno sperpero enorme di denaro pubblico, hanno prodotto vuoti gravissi­mi sia nel campo preventivo che in quello dell'assistenza mutualistica a categorie più svantaggiate ed hanno con­tribuito alla crescita di un corpo sanitario sempre più bu­rocratizzato, privo di una valida motivazione del suo lavo­ro, impossibilitato a seguire e assimilare il rapido espan­dersi delle conoscenze mediche e delle scienze biologi­che e sociali.

Dallo stesso assetto economico-politico è anche deri­vata la gravissima situazione dell'inquinamento ambienta­le, determinata soprattutto dall'irresponsabile conduzione della maggior parte delle industrie che va spesso oltre i limiti della già carente legislazione attuale. Tale fatto, pro­vocando il progressivo sconvolgimento dell'equilibrio ecologico, rappresenta una minaccia sempre più grave per la stessa sopravvivenza della popolazione.

Anche il campo assistenziale non si sottrae alla stessa logica, da cui mutua «una concezione liberista del biso­gno, che è sentito come fatto ineluttabile o, peggio, impu­tabile alla responsabilità del singolo» con la conseguenza di «un intervento assistenziale concepito come difesa a posteriori da parte della società, che ritiene di tutelarsi e mantenere l'ordine pubblico e la pace emarginando le per­sone che deviano dai comportamenti generalmente ritenu­ti normali o che comunque, per qualsiasi motivo, non sono stabilmente inserite nel sistema produttivo» (2). Anche in questo settore la prolificazione disordinata di enti e isti­tuti pubblici ha portato alle stesse sovrapposizioni, con­flitti e lacune, con il solito enorme sperpero di denaro pub­blico, questa volta incanalato - senza nessun controllo, sia sotto forma di rette che di contributi veri e propri - anche verso una miriade di organismi privati, che vivono sulla segregazione di intere categorie (minori, handicappa­ti, anziani, ecc) e sono oggi uno dei maggiori ostacoli al­la realizzazione di una assistenza risolutiva e non emar­ginante.

2) Di fronte all'attuale situazione fallimentare si impo­ne l'adozione di una politica tesa prima di tutto alla pro­mozione e alla tutela della salute dei cittadini, intendendo per «salute» non la semplice assenza di malattia o di in­fermità, ma «uno stato di completo benessere fisico, men­tale e sociale» (3): un benessere che può essere realiz­zato solo attraverso il superamento degli attuali settoriali­smi e la ricomposizione del destinatario di ogni interven­to - e cioè l'essere umano - con tutti i suoi problemi esistenziali.

Occorre dunque una profonda riforma che si proponga di realizzare un sistema di sicurezza sociale in cui si pre­vedano interventi globali che mirino: a) ad agire sulle con­dizioni di vita e d'ambiente delle popolazioni, per elimina­re le cause degli aspetti patologici sia sanitari che sociali; b) ad intervenire prontamente su individui e comunità per individuare ed affrontare precocemente qualsiasi fenome­no patologico; c) ad agire in modo efficace e risolutivo per curare e riparare i danni della malattia o di qualsiasi problema sociale (disoccupazione, sovraffollamento, insuf­ficienza del reddito, stato di abbandono, ecc.) restituendo rapidamente individui e comunità a quello «stato di com­pleto benessere fisico, mentale e sociale» che li renda capaci del pieno sviluppo e dell'effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica, sociale, garantiti dalla Costituzione.

«D'altra parte è necessario acquisire la consapevolez­za che tale riforma non può essere un episodio isolato, ma dovrà invece costituire un atto che si colleghi ad altri at­ti, come ad esempio nel campo urbanistico per la difesa dell'ambiente in cui il cittadino vive e lavora, in quello fi­scale per assicurare le risorse necessarie, in quello sco­lastico per garantire la formazione di un personale ade­guato ai nuovi compiti». (4)

Si dovrà inoltre garantire, in campo economico, un lavoro e un'adeguata retribuzione (5) ad ogni cittadino in età lavorativa, e per gli inabili il mantenimento e l'assi­stenza necessari (6).

In sintesi si può affermare che la condizione per l'at­tuazione di un sistema di sicurezza sociale che tuteli la salute del cittadino è la predisposizione e l'attuazione di una nuova politica economica nel Paese che abbia fra gli obbiettivi fondamentali lo sviluppo massiccio dei servizi sociali e il subordinamento delle esigenze della produzio­ne a quelle del cittadino.

Indispensabile premessa a tale riforma sono l'adegua­mento della legislazione sanitaria e assistenziale alle esi­genze delle autonomie locali (7), e l'abolizione di tutti gli enti, pubblici e nazionali, che agiscono sotto qualsiasi for­ma in campo sanitario e assistenziale, abolendo contempo­raneamente ogni contributo di denaro pubblico alle istitu­zioni private che operano in questi settori. A questa plu­ralità di enti, che è causa e prodotto della situazione fal­limentare denunciata, va sostituito un unico sistema im­perniato sulle Regioni e sui Comuni, e aperto alla più lar­ga partecipazione popolare.

3) La creazione dell'istituto regionale è il fatto nuovo che rimette in moto la dinamica istituzionale e sociale del nostro Paese. Il trasferimento di una parte dei poteri dello Stato alle Regioni, seppure attuato in modo limitativo ri­spetto al dettato costituzionale, può infatti rappresentare un'occasione unica non tanto per l'ammodernamento delle istituzioni della repubblica, quanto per avviare l'effettivo uso di tali poteri da parte dei cittadini.

Riguardo al modo di assolvere questi nuovi compiti in materia di sicurezza sociale il nuovo istituto regionale ha di fronte varie alternative: o delegare ai Comuni solo alcu­ni poteri marginali e accentrare nel nuovo istituto tutte le funzioni decisionali vere e proprie ripetendo così, sia pure a un livello più decentrato, i vizi della burocrazia sta­tale; o delegare in modo completo e acritico tutti i suoi poteri ai Comuni e scaricare su di loro le proprie respon­sabilità, dando così vita a un sistema disordinato che ri­schia di riprodurre a livello locale le sovrapposizioni, i conflitti e i vuoti attualmente legati alla pluralità degli en­ti; oppure - ed è chiaramente questa la scelta da attuare - delegare alcune funzioni fondamentali ai Comuni, mari­tenendo però il coordinamento delle loro attività, da svi­luppare nel quadro di scelte di fondo fatte dalla Regione ma alla cui individuazione anch'essi hanno partecipato e partecipano in un processo reciproco e continuo di stimolo e di verifica.

Nel delegare questi suoi poteri ai Comuni la Regione si trova però a fronteggiare i problemi derivanti da una trop­po diversa distribuzione della popolazione sul territorio, per cui accanto al comune di oltre 500.000 abitanti se ne trovano moltissimi di appena 3-4.000 e alcuni perfino di 1.000 abitanti. Si renderà pertanto necessario, per dare inizio a questa nuova organizzazione di sicurezza sociale, avviare rapidamente un processo di aggregazione dei co­muni più piccoli in consorzi, e di disaggregazione dei più grandi in entità territoriali più limitate, prefigurando fino da ora gli ambiti territoriali su cui dovranno costituirsi le unità locali di sicurezza sociale.

Sia chiaro che non si tratta di dare vita a un nuovo en­te, ma semplicemente di individuare un ambito territoriale ottimale, nel quale i comuni possano esplicare validamen­te le loro competenze in materia sanitaria e sociale, rea­lizzando tutti i servizi necessari a soddisfare le esigenze dei cittadini divenuti, da soggetti passivi, soggetti attivi e determinanti di questa nuova politica sociale che vuole la salute non più concepita come merce di scambio, ma come diritto fondamentale e indelegabile.

Tale scelta non rappresenta ossequio formale a quanto stabilito dalla Costituzione e dallo Statuto toscano, ma na­sce soprattutto dalla convinzione che non è possibile co­struire un'organizzazione che si proponga la tutela della salute, nel senso più ampio del termine, incentrata soprat­tutto sulla prevenzione, senza una profonda partecipazione popolare.

4) Il persistere di linee di politica generale tesa alla difesa di interessi costituiti, fa ovviamente venire me­no la possibilità di avviare in modo rapido o completo il tipo di organizzazione di cui si parla.

Intorno ai problemi della salute dobbiamo anche regi­strare, rispetto al 1968-69, un certo affievolimento della tensione e del movimento che sembrava a breve termine dovessero provocare il varo della riforma dell'attuale siste­ma sanitario e assistenziale. Nel frattempo i problemi già gravi hanno subito un ulteriore deterioramento: basti pen­sare all'aumento vertiginoso nel numero di morti e di fe­riti per incidenti sul lavoro, allo stato di grave disagio de­gli enti ospedalieri, al costo dei farmaci, alla persistente segregazione istituzionale, alla sempre maggiore inadegua­tezza delle pensioni sociali e di ogni altra forma di assi­stenza.

Tutto ciò impone una ripresa dell'attenzione e dell'ini­ziativa intorno ai problemi sanitari e sociali.

Non ci si deve lasciare ipnotizzare dall'affermazione, in­sistentemente ripetuta, dell'impossibilità economica di at­tuare una riforma della sanità e dell'assistenza sociale, in quanto tutte le previsioni di spesa - più o meno esatte e talvolta nemmeno attendibili - non tengono conto dell'e­norme quantità di denaro assorbito nei due settori, anche per vie oscure e traverse, a cui corrispondono poi quasi sempre situazioni gravemente arretrate sul piano tecnico-­scientifico ed umano e una globale grave insufficienza dei servizi di sicurezza sociale.

Risulta perciò ancora più urgente dare inizio alla costi­tuzione di consorzi fra comuni, delegando ad essi la gestio­ne dei poteri regionali per avviare intanto una gestione de­mocratica degli stessi. In questo modo si potrà dare av­vio al processo di riforma delle strutture e degli indirizzi attuali nel campo della sanità e dell'assistenza sociale, e soprattutto si potrà mettere in moto un processo di pro­fonda partecipazione popolare che, provocando la crescita di un vasto movimento, possa imporre l'attuazione com­pleta della riforma.

Nel momento in cui la Regione si appresta a delegare l'amministrazione attiva dei propri poteri in materia di sanità e di assistenza sociale alle comunità locali, essa non può naturalmente rinunciare all'esercizio delle sue funzio­ni di programmazione.

La predisposizione di un modello di unità locale di si­curezza sociale vuole anzitutto costituire uno strumento di tale programmazione generale su cui la Regione da un lato, le comunità locali dall’altro, iniziano ad orientare la loro attività.

Va precisato in proposito che tale modello va conside­rato come un'ipotesi teorica flessibile, la cui validità do­vrà essere verificata nel confronto con i problemi reali, peculiari a ciascuna zona del territorio regionale. Lo svi­luppo più o meno intenso di questo o di quel servizio in­dicato sul modello sarà determinato dalle esigenze qua­litative e quantitative che emergeranno dall'ambiente e dalla collettività della zona stessa.

Il modello prefigura dunque un'ipotesi programmatica per la cui realizzazione integrale sono indispensabili gli interventi generali che si sono descritti in precedenza; tuttavia anche solo l'avvio di una nuova organizzazione del­le strutture e dei servizi non può avvenire, se non si di­spone di una visione strategica dei fini che si intendono conseguire.

A conclusione di questa introduzione ci sembra oppor­tuno chiarire che il «secondo livello», e cioè tutti quei servizi e quelle strutture che per ragioni tecnico-economi­che non possono essere previste al livello delle singole unità locali, sarà oggetto di altro documento elaborato da questa stessa commissione. Questo secondo livello non è stato da noi concepito come una razionalizzazione dell'at­tuale - identificabile con il territorio provinciale - né come un livello gerarchicamente superiore, ma piuttosto come un necessario completamento dei servizi e delle strutture di base per attività particolari che interessino un territorio e popolazioni più vasti di quelli delle unità locali.

 

Cap. 2 - Unità locale di sicurezza sociale

 

2.1. Definizione

 

L'unità locale è l’organismo, gestito dalla comunità lo­cale, che con le sue strutture e i suoi servizi debitamente distribuiti su un determinato territorio, assicura in modo continuo, unitario e globale la tutela e la promozione del­la salute dei cittadini del territorio stesso.

Come già detto, con il termine «salute» si vuole qui intendere quanto definito dall'O.M.S., e cioè «la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non consiste solamente in una assenza di malattia o di infermità». La tutela e la promozione dello stato di salute così intesa possono realizzarsi solo a condizione che l'in­dividuo e la comunità siano inseriti in un sistema di sicu­rezza sociale.

Proprio per il significato ampio con cui si è inteso il termine «salute» è necessario che l'U.L. esplichi le sue funzioni non soltanto nel campo strettamente sanitario, ma che le sue attività si sviluppino anche nel settore della «assistenza sociale». Le interrelazioni fra questo settore e quello sanitario sono così strette che risulta a nostro parere impossibile recuperare l'unitarietà degli interventi per la tutela e la promozione della salute, particolarmen­te a livello di base, senza prevedere organismi quali le U.L. dotati di competenze in ambedue i settori.

L'unità fra i campi della sanità e dell'assistenza sociale, finora tenuti separati, dovrà essere garantita sia attraver­so le modalità di organizzazione delle strutture e dei servi­zi dell'U.L., sia attraverso il concreto operare del perso­nale.

Non si tratta ovviamente di operare una sorta di me­scolanza indistinta di strutture e servizi, bensì di ricreare una armonia di organizzazione e di interventi tesi a garan­tire alle comunità locali, attraverso il concreto operare in maniera unitaria, un regime di sicurezza il più possibile esteso.

 

2.2. Partecipazione

 

L'unità locale di sicurezza sociale deve essere uno stru­mento fondamentale di reale partecipazione del cittadino alla gestione della cosa pubblica.

Va subito detto che la partecipazione è, nello stesso tempo, fine e mezzo dell'U.L. Considerandone il secondo aspetto ci appare ogni giorno più evidente che se la po­polazione stessa non prende coscienza (come sta facendo soprattutto nelle lotte sempre più intense degli operai per migliori condizioni igieniche e di lavoro) dell'importanza di tali problemi, e non si muove conseguentemente in questo senso, difficilmente potremo arrivare ad una U.L. del tipo di quella delineata in questo modello, che non si limiti a razionalizzare il sistema nel quale viviamo, ma ne chieda e ne presupponga una radicale trasformazione.

Ma la partecipazione non è solo strumentale ad una ve­ra riforma sanitaria e assistenziale: deve anche essere un aspetto fondamentale del modello da costruire nel quale l'uomo con i suoi bisogni sia al centro di ogni azione, e perciò soggetto e non or getto dell'attività sanitaria e as­sistenziale.

D'altra parte quando abbiamo detto che uno degli scopi fondamentali dell'U.L. non è solo la cura ma la prevenzio­ne dei fenomeni di patologia sanitaria e sociale, si è im­plicitamente riconosciuto la fondamentale importanza del­la partecipazione. Non può infatti esservi prevenzione sen­za partecipazione.

È ormai accertato che non si può avere una valida me­dicina del lavoro, che serva realmente a prevenire le mol­te malattie prodotte dalle attuali condizioni di lavoro e d'ambiente esistenti nelle fabbriche, se gli operai stessi - aiutati dai tecnici ma non a questi subordinati - non diventano i protagonisti nella ricerca di condizioni di la­voro migliori. Lo stesso avviene per la prevenzione dei di­sturbi mentali e nella lotta per la ricerca di uno stato di salute mentale; anche in questo campo diventa sempre più chiaro che uno stato di salute mentale generalizzato non si può ottenere se non superando una situazione che vede gli individui ridotti ad oggetto: siano essi inseriti in una fabbrica, in un quartiere, o in qualsiasi altro ambiente essi devono poter essere pienamente coscienti e partecipi di quanto avviene intorno a loro.

Ma dev'essere chiaro che se la partecipazione si fer­masse agli aspetti esclusivamente sanitari e assistenziali, e non investisse anche problemi più vasti quali le scelte economiche di base, l'impianto o meno di industrie, le pos­sibilità o meno di certe trasformazioni, essa sarebbe ab­bastanza sterile e destinata a non durare. Questo d'altra parte non può voler dire che finché non avremo un siste­ma che permetta in tutti i campi questa totale partecipa­zione non si può e non si deve far nulla. Cominciare a muoversi da problemi come quelli sanitari e assistenziali, che sono i problemi di ogni giorno di gran parte della po­polazione, può essere un punto di partenza fondamentale per allargare poi la stessa partecipazione anche a tutti gli altri campi di intervento.

Un primo momento di tale partecipazione è rappresenta­to dalla gestione delle unità locali di sicurezza sociale da parte dei comuni. Il comune, con il suo consiglio espresso dalla popolazione, rappresenta infatti un momento essen­ziale di democrazia, che occorre ancor più valorizzare e potenziare. Dato però il divario attualmente esistente fra le entità di popolazione dei vari comuni, si impone la ne­cessità che alcuni trovino una forma di integrazione e ag­gregazione, altri invece un'articolazione all'interno del lo­ro territorio prevedendo - ad esempio - la gestione del­le varie unità locali da parte di organismi di democrazia decentrata quali i consigli di quartiere. Particolari proble­mi non sorgono nel caso di coincidenza tra confini del co­mune e confini dell'unità locale.

Ma limitarsi a identificare la partecipazione con la ge­stione comunale, seppure di fondamentale importanza, sa­rebbe un grave errore. Infatti l'unità locale, per darsi una serie di strutture e attrezzature tali da garantire una rete efficiente di servizi per tutti i cittadini, non può avere di­mensioni troppo ridotte. La soluzione ottimale da noi ipo­tizzata è quella di unità locali di circa 50.000 abitanti. Tale media è molto più elevata di quella della popolazione della maggior parte dei nostri comuni, sicché - tranne i pochi casi dei comuni capoluoghi di provincia e di quelli più po­polosi che dovranno essere divisi in due o più U.L. - nel­la maggior parte dei casi si avrà un fenomeno di aggrega­zione e integrazione di più comuni.

Risulta però assai difficile prevedere una reale parteci­pazione di base, anche attraverso la diretta gestione dal basso di alcuni servizi, in ambiti territoriali mediamente di 50.000 abitanti.

Ciò pone quindi la necessità di individuare un livello nel quale esplicare tale partecipazione anche con forme più dirette e non esclusivamente rappresentative, per esempio attraverso assemblee di fabbrica e di quartiere in cui tutti - operai e abitanti - possano essere informati dei problemi ed esprimano direttamente, riguardo a questi, le loro opinioni e le loro aspirazioni (8).

Tale livello sembra corrispondere molto validamente a quello ipotizzato da noi per il distretto, cioè un complesso di circa 5000 abitanti, già superiore per popolazione a molti degli attuali piccoli comuni.

Pur nell'unitarietà di scelte essenziale per l'unità locale, e senza perciò la possibilità di decisioni che contrastino con gli interessi di altri distretti e dell'U.L. nella sua in­terezza, riteniamo opportuno che si realizzino all'interno del distretto forme di gestione diretta di servizi e strut­ture sanitarie e assistenziali (ambulatori, asili nido, centri diurni ecc.) che operano totalmente al suo interno. In par­ticolare la gestione di alcuni servizi, quali la medicina del lavoro all'interno della fabbrica, deve essere degli organi­smi di democrazia operaia presenti nei luoghi di lavoro (gruppi omogenei, consigli di fabbrica, ecc.).

 

2.3. Gestione

 

2.3.1. - La gestione complessiva dell'unità locale è del comune, che assume in tal modo una rilevante respon­sabilità politico-amministrativa del suo funzionamento. Con ciò si vuole escludere, nel modo più assoluto, il con­figurarsi delle unità locali in enti o aziende, come invece viene ipotizzato anche in alcuni documenti e progetti di legge. Quest'ultima soluzione, qualora venisse adottata, non potrebbe non realizzare, fatalmente, un sostanziale esautoramento del comune in materia di assistenza e sa­nità. Esso infatti si vedrebbe costretto a delegare poteri e funzioni in tali campi a consigli di gestione che, anche se eletti in seconda istanza dagli organi comunali, da que­sti si differenziano. Secondo l'ipotesi che qui si vuole pro­spettare, invece, dovranno essere gli organi del comune a gestire direttamente l'unità locale. AI consiglio comuna­le vanno, per questa come per le altre materie, i normali poteri normativi e di controllo.

Le soluzioni delineate si riferiscono in generale alle unità locali uni o pluricomunali. Diversamente dovrà arti­colarsi la gestione delle unità locali subcomunali, tenuta anche presente la tendenza diffusa nei grandi centri ur­bani a mettere in atto un processo di decentramento po­litico-amministrativo.

In tali casi la soluzione ottimale che è possibile indi­care è la seguente: gli organi del comune mantengono i compiti di programmazione, coordinamento e controllo dell'attività di tutte le unità locali collocate all'interno del comune demandando la gestione diretta delle singole U.L. subcomunali agli organi di decentramento politico-ammini­strativo (consigli di quartiere).

Tra le funzioni più rilevanti dell'organismo di gestione dell'unità locale sono da ricordare:

a) assunzione del personale

Compete ad esso l'assunzione di tutto il personale ope­rante all'interno dell'unità locale, da inquadrare secondo le normative regionali e tenendo anche conto delle indica­zioni dei rappresentanti dei comitati di base.

b) programmazione e bilancio

La formulazione del piano e dei bilanci sanitario - so­ciali nelle unità locali compete al suo organo di gestione. Anche in questo caso per le unità subcomunali vi sarà un unico bilancio a livello dell'intero comune.

In ogni caso la formulazione del bilancio e del piano dovrà essere la risultante dell'analisi delle proposte espresse a livello di base (distretti o unità locali subcomu­nali i cui organi di direzione risultino eletti direttamente dalle assemblee di base, come di seguito specificato). Il bilancio dovrà essere strutturato in modo da tenere distin­te le risorse da impiegare per le installazioni di strutture e servizi per tutta l'unità locale (o per tutto il comune, nel caso di unità subcomunali) da quelle necessarie al funzionamento dei singoli distretti o delle singole unità locali subcomunali. La consultazione del comitato di base per l'approvazione definitiva del programma e del bilancio è obbligatoria.

Nel caso di unità locali subcomunali le funzioni di as­sunzione del personale e di programmazione e bilancio re­stano di competenza degli organi comunali.

2.3.2. - Accanto all'organo di gestione si colloca il comitato di base. Esso risulta composto da rappresentanze dei comitati di gestione dei singoli distretti. Con tale so­luzione non si vuole introdurre il principio dell'istituzio­nalizzazione di un rapporto di delega permanente, bensì ri­spondere alla necessità che il comitato di base si configu­ri come un organo snello, non pletorico, nello stesso tem­po capace di un continuo processo di verifica con i singo­li distretti.

Il comitato di base è organo consultivo e di controllo nei confronti della gestione complessiva dell'unità locale. Esso dovrà essere consultato obbligatoriamente dall'orga­nismo di gestione sulle questioni inerenti ai bilanci di pre­visione e alla programmazione.

A questi poteri consultivi unisce anche poteri di propo­sta. In ogni caso esso dovrà essere obbligatoriamente con­sultato dagli organi di gestione ogni volta che la maggio­ranza dei membri ne faccia richiesta.

Il comitato di base costituisce anche per i distretti dell'U.L. un momento di scambio reciproco di esperienze, e di comune analisi dei problemi insorgenti nelle singole realtà.

Per le grandi città, dove si prevede la costituzione di più unità locali, la configurazione del comitato di base è condizionata alle modalità che si sceglieranno per la crea­zione degli organi di decentramento amministrativo (consi­gli di quartiere). Infatti se questi ultimi risultassero nomi­nati dal consiglio comunale - come già avviene in varie città - sarebbe necessario mantenere i comitati di base così come vengono previsti per le unità unicomunali e pluricomunali, e in tale caso dovrà prevedersi a livello di tutta la città un comitato di coordinamento di tutti i comi­tati di base delle varie unità locali. Nel caso invece che gli organi di decentramento amministrativo siano l'espres­sione dell'insieme delle assemblee dei quartieri e delle fabbriche in essi operanti - e perciò direttamente espres­si dalla base - si dovrebbe prevedere un unico comitato di base a livello cittadino formato da rappresentanze dei suddetti consigli.

In ogni caso quello che deve essere assolutamente ga­rantito è che il comitato di base, operante a livello di tutta la città con funzioni di controllo politico sulla ge­stione complessiva del comune in materia sanitario-socia­le, non sia burocratico, ma costituisca un momento qualifi­cante del controllo democratico della popolazione sulla po­litica dell'ente locale.

2.3.3 - È a livello di distretto che si realizza il momen­to più significativo di nuove forme di partecipazione popo­lare: a questo livello infatti sono possibili forme di vera e propria «democrazia diretta», che realizzano il principio della gestione della «salute» da parte degli interessati senza delegarla a nessuno. Le strutture portanti, attraver­so cui dovrà realizzarsi la partecipazione dei cittadini, a livello di distretto si individuano nelle seguenti:

a) l'assemblea di distretto

Secondo l'entità della popolazione e la sua dislocazione sul territorio si dovranno prevedere o un unico momento in cui tutti i cittadini possano partecipare contemporanea­mente, o varie assemblee più ristrette che trattino delle stesse tematiche. Essa (o esse) rappresenta un momento di discussione sull'andamento complessivo dei servizi sa­nitario-sociali dell'unità locale e del distretto. L'assemblea, secondo le esigenze che emergono dai dibattiti che in essa si svolgono, può proporre agli organi di gestione dell'uni­tà locale - direttamente o attraverso il comitato di ba­se - particolari iniziative tendenti a sopperire alle esi­genze che si prospettano nell'ambito del distretto.

b) l'assemblea di fabbrica

Altro momento di particolare importanza, al fine di rea­lizzare l'intervento diretto della popolazione sui problemi della «salute», è rappresentato dall'assemblea, o dalle as­semblee, di fabbrica.

La fabbrica, così come oggi è strutturata, con le funzio­ni che essa riveste nel nostro particolare sistema econo­mico-sociale, è causa e nello stesso tempo risultato della molteplicità delle contraddizioni di cui è pervasa tutta la società. In essa vengono prodotti molteplici fattori di ri­schio e di inquinamento che colpiscono in primo luogo coloro che lavorano al suo interno, ma i cui effetti si pro­pagano anche fuori del suo ambito (inquinamento atmosfe­rico, delle acque, del suolo ecc.).

Per tali ragioni non si può non dare massima rilevanza agli organi di democrazia operaia nella gestione e nel con­trollo dei servizi e delle strutture preposti alla «salute» pubblica.

L'assemblea di fabbrica rappresenta pertanto un mo­mento di discussione generale sull'organizzazione e l'an­damento dei servizi socio-sanitari che interessano diretta­mente la condizione operaia dentro e fuori della fabbrica. In particolare essa, attraverso i suoi organi (consigli, dele­gati, gruppi omogenei) gestisce, in collaborazione e con l'ausilio delle apposite équipes dell'unità locale, gli inter­venti di medicina del lavoro, sia per ciò che attiene agli aspetti connessi all'ambiente, sia per quelli connessi all'uomo.

È importante chiarire che, data la struttura dell'econo­mia toscana in cui prevalgono forme organizzative di la­voro estremamente polverizzate, accanto o al posto delle assemblee di fabbrica andranno anche previste assemblee di tutti gli addetti a singole categorie lavorative a livello distrettuale.

c) il comitato di gestione del distretto

L'assemblea di distretto e quella di fabbrica (o di cate­gorie lavorative) eleggono il comitato di gestione del di­stretto.

Nel caso in cui esistano più momenti assembleari all'interno del distretto - sia di fabbrica che di quartie­re - sarà la somma delle volontà di tali momenti assem­bleari ad esprimere il comitato di gestione.

I poteri di gestione dei comitati di distretto vanno in­tesi come riguardanti il funzionamento dei servizi e strut­ture.

La responsabilità circa l'impianto e la costruzione re­sta di competenza della gestione complessiva dell'unità locale.

L'importanza decisiva dei comitati di gestione dei di­stretti consiste nella possibilità di realizzare un'esperien­za che, oltre a garantire la diretta gestione dal basso di alcuni servizi, permette ai comitati stessi, al comitato di base da essi espresso, e indirettamente alle assemblee di base, una più efficace possibilità di controllo dal basso sulla gestione complessiva dell'unità locale.

2.3.4. - La gestione contabile dovrà essere concepita in modo da garantire la massima efficienza e il minimo co­sto. Deve prevedersi organizzata centralmente.

Nel caso di unità locali pluricomunali può essere il co­mune capoluogo a incaricarsi della sua organizzazione cen­tralizzata.

Nel caso di unità locali unicomunali essa rientrerà nei servizi contabili generali del comune.

Nel caso infine delle unità locali subcomunali deve pre­vedersi la centralizzazione della contabilità a livello co­munale, quale capitolo speciale della contabilità comples­siva.

2.3.5. - Organizzazione del personale tecnico. L'impo­stazione generale, concepita in modo da permettere la par­tecipazione più sostanziale possibile dei cittadini alla ge­stione della salute, non consente un'organizzazione del per­sonale tecnico troppo tradizionale o ispirata soltanto a cri­teri di efficientismo tecnocratico.

Voler riportare i servizi sanitari e sociali a un'organiz­zazione di tipo orizzontale, gestita il più possibile dalla ba­se, impone una diversa concezione dell'attività dei tecnici in essa operanti.

Ciò significa, in sostanza, che questi ultimi dovranno costantemente ricercare:

a) un rapporto di continua e sistematica reciproca collaborazione attraverso il lavoro di équipe, che presuppone il superamento di concezioni e modi di operare di ti­po individualistico;

b) un rapporto di continua e profonda integrazione con gli organismi di democrazia di base, al fine di ancora­re saldamente la loro attività di tecnici ai bisogni reali del­la popolazione.

Si dovrà inoltre sviluppare la coscienza della uguale importanza ricoperta da tutti gli operatori, a qualsiasi li­vello di responsabilità si trovino, facendo in modo che non si producano cristallizzazioni gerarchiche e situazioni di privilegio che fatalmente finirebbero per spezzare l'ope­rare unitario, in forma interdisciplinare, di tutti i settori coinvolti nell'azione.

In concreto, per i vari livelli di attività si propone quan­to segue:

a) All'interno di ciascun distretto dovranno svolgersi periodiche consultazioni fra tutti gli operatori. Costante deve essere il rapporto di collaborazione tra gli operatori residenti e le équipes specialistiche. Necessaria risulta anche la più attiva partecipazione di tutti gli operatori ai momenti di dibattito democratico che si svolgono nel di­stretto stesso, assicurando inoltre tutte le informazioni necessarie alla migliore comprensione dei problemi sani­tari e sociali che emergono dalla realtà.

b) Il principio del lavoro di équipe, e cioè dell'inter­scambio di esperienze, va costantemente attuato anche fra gli operatori all'interno di ognuno dei cinque grandi servi­zi in cui si articola l'unità locale, e frequentemente anche fra operatori di servizi diversi con attività comuni o affini. Si devono perciò prevedere conferenze periodiche fra gli operatori dei vari servizi, anche per garantire la massi­ma responsabilizzazione, informazione e incisività nell'at­tuazione delle rispettive attività.

c) La valutazione complessiva circa la funzionalità e i bisogni delle strutture e dei servizi sanitario-sociali de­ve compiersi attraverso la riunione di tutto il personale operante nell'intera unità locale in conferenze generali da tenersi almeno una volta l'anno.

d) Il costante coordinamento di tutta l'attività tecni­ca deve essere assicurato da un consiglio tecnico ristret­to, in cui siano presenti operatori dei diversi servizi e rappresentanti degli operatori di distretto. Tale consiglio svolgerà funzioni di consulenza tecnica per l'organo di ge­stione dell'unità locale.

Tra i membri del consiglio tecnico l'organo di gestione nominerà un coordinatore, tenendo il più possibile presen­te il principio della rotazione. L'attività di ciascun servizio dell'U.L. è coordinata da un tecnico nominato dal comune o dal consiglio di gestione su indicazione degli operatori del servizio, da confermare periodicamente con la stessa procedura.

Nel caso di unità subcomunali sarà da prevedere anche un consiglio tecnico comunale, per il coordinamento ope­rativo delle attività delle varie unità locali. Lo stesso con­siglio fungerà in questo caso da organo di consulenza tec­nica del comune.

 

2.4. Criteri di delimitazione dell'unità locale di sicurezza sociale

 

In base a quanto esposto finora, riteniamo che i criteri di delimitazione dell'unità locale debbano essere vari e le­gati sia a parametri di efficienza e convenienza, sia a ca­ratteristiche sociali e a necessità di partecipazione. Infatti «la dimensione di una unità locale non può es­sere suggerita da una più o meno rigida determinazione a priori dell'ampiezza demografica, della superficie, dell'al­titudine di un determinato territorio; ma da questi fatto­ri - beninteso in una visione coordinata - e da diversi altri (le condizioni socio-economiche, il tipo di insedia­mento della popolazione, i servizi e le infrastrutture, le ipotesi di sviluppo), fino a creare un'unità integrata di tutti questi elementi». (Mori).

Alcune caratteristiche che possono essere di aiuto nel­la individuazione, caso per caso, delle dimensioni territo­riali dell'unità locale sono:

1) caratteristiche geomorfologiche del territorio (ri­levando in particolare le fasce altimetriche più importanti quali la pianura, la collina, la montagna, ed evidenziando i sistemi idrogeologici) ;

2) consistenza e distribuzione demografica, con par­ticolare attenzione alla struttura della popolazione;

3) caratteristiche delle attività economiche;

4) vie di comunicazione;

5) caratteristiche igienico-ambientali dalla scala ter­ritoriale a quella abitativa (risorse idriche, smaltimento acque bianche e nere, allontanamento o trasformazione ri­fiuti solidi, sistemi di verde pubblico e privato attrezzato e non, tipologie residenziali e abitative, approvvigionamen­to e distribuzione delle derrate alimentari, ecc.);

6) caratteristiche delle strutture scolastiche e para­scolastiche, assistenziali, culturali e sportive;

7) caratteristiche dei servizi e delle strutture sani­tarie.

I criteri suddetti, o altri eventuali che la pratica della programmazione potrà suggerire, consentiranno di indivi­duare unità locali che, in base all'entità demografica, po­tranno essere raggruppate in tre tipi:

1) Unità locali con popolazione intorno a 50.000 abitanti

in zone di medio grado di concentrazione della popola­zione, o anche in alcuni quartieri urbani in cui, per varie ragioni, sia consigliabile tale tipo di unità locale.

2) unità locali con popolazione intorno a 20.000 abitanti

in zone in cui si registrano situazioni di notevole am­piezza del territorio, forte decentramento della popolazio­ne, difficoltà di collegamenti all'interno e fuori del terri­torio considerato.

3) unità locali con popolazione intorno a 90.000 abitanti

in zone a forte concentrazione urbana, e dove vi siano valide ragioni sociali, economiche, urbanistiche o di altro genere che consiglino tale tipo di unità locale.

Dal punto di vista istituzionale potranno aversi unità lo­cali dei seguenti tipi:

a) unità locali unicomunali

nel caso di cui l'ambito di attività dell'unità locale cor­risponda esattamente al territorio di un singolo comune;

b) unità locali pluricomunali

nel caso in cui territori di più comuni vengano compresi all'interno di una stessa unità locale;

c) unità locali subcomunali

nel caso in cui nell'ambito di un singolo comune debba­no essere organizzate più unità locali.

Particolare importanza assume il collegamento che do­vrà essere garantito sul territorio tra i servizi socio-sani­tari e gli altri servizi sociali quali l'istruzione, la cultura, lo sport ecc. ecc.

Le unità locali non dovranno porsi quali entità isolate, chiuse in una politica rigidamente settoriale, ma dovranno trovare una logica armonizzazione all'interno delle aree comprensoriali di programmazione economica che, in mol­ti casi, saranno più vaste di quelle necessarie all'organiz­zazione dei servizi e delle strutture delle unità locali.

 

Cap. 3 - Organizzazione e personale dei servizi dell'unità locale di sicurezza sociale

 

3.1. A livello di unità locale

 

Si propone qui una possibile organizzazione dei servizi dell'unità locale, che tiene anche conto delle proposte fi­nora avanzate da autori e associazioni (Mori, Seppilli, Buf­fa, Nicoletti, Giovanardi, Anusmi e altri).

L'unità locale verrà organizzata in servizi funzionali. Con ciò non si vuole introdurre una separazione rigida, per compartimenti stagni, fra le varie materie: attraverso i ser­vizi si tratta soprattutto di individuare alcuni settori di la­voro per il cui efficiente funzionamento andranno impegna­ti gli operatori competenti. Saranno quegli stessi operatori che cureranno il costante coordinamento tecnico e l'inte­grazione delle varie attività. Ogni servizio non è quindi un compartimento isolato, ma si integra con gli altri parteci­pando spesso ad attività comuni. In questo senso si parla di servizi funzionali.

Gli operatori e l'organo di gestione dell'U.L., con l'ausi­lio del consiglio tecnico, dovranno costantemente tendere alla realizzazione di un pieno coordinamento dei vari setto­ri - come specificato in precedenza - al fine di salva­guardare la logica unitaria cui devono essere improntati tutti gli interventi.

I servizi che vengono proposti sono:

1) servizi generali

2) servizio veterinario

3) servizio ecologico e di igiene pubblica

4) servizio sanitario (di prevenzione, cura e riabilitazione)

5) servizi sociali

Il contenuto dei servizi, per quanto riguarda funzioni e operatori, viene esposto in due schemi generali (schemi a e b) e in cinque schemi particolari sommariamente il­lustrati (schemi nn. 1, 2, 3, 4, 5).

 

Schema A

Organizzazione dei servi dell’Unità Locale di Sicurezza Sociale (U.L. di 50.000 abitanti)

 

Servizi generali

Servizio veterinario

Servizio ecologico e di igiene pubblica

Servizio sanitario

Servizi sociali

a) Affari legali, ammini­strazione, personale

b) Ragioneria e conta­bilità, bilancio, economato

c) Programmazione e in­formazione

d) Educazione sanitario­sociale

e) Aggiornamento e for­mazione permanente dei personale

a) Ispezione e controllo degli alimenti di origine animale.

Controllo e vigilanza su produzione, trasformazio­ne, conservazione, distri­buzione e consumo di ali­menti di origine animale.

b) Profilassi delle ma­lattie diffusive degli ani­mali.

Piani per risanamento bestiame.

Polizia veterinaria.

Profilassi e controllo zoonosi.

c) Assistenza zooiatrica. Riproduzione animale e fe­condazione artificiale.

d) Produzione animale e igiene zootecnica.

Vigilanza e controllo su produzione, commercio e impiego mangimi, integra­tivi e additivi.

e) Consulenza veterina­ria e istruzione tecnica agli allevatori.

a) Vigilanza su suolo, aria, acque, abitato, scuole e luoghi di lavoro.

b) Vigilanza su alimenti e bevande.

c) Vigilanza e profilassi delle malattie infettive e contagiose.

d) Medicina legale e fi­scale.

Servizio necroscopico e di polizia mortuaria.

 

a) Attività prevenzione primaria e secondaria. Interventi prevent. di mas­sa. Attività preventiva all'interno delle normali attività diagnostico-curative.

b) Attività di consulenza genetica, demografica e sessuale.

c) Medicina dello sport.

d) Assistenza medica generale ambu­latoriale e domiciliare (esclusi minori di 14 anni).

e) Assistenza medica pediatrica am­bulatoriale e domiciliare. Medicina sco­lastica.

f) Assistenza medica odontoiatrica ambulatoriale.

g) Assistenza medica specialistica e domiciliare.

Geriatria

Ostetricia e ginecologia

Salute mentale

Medicina del lavoro

Altre specialità (cardiologia, reuma­tologia, ortopedia, endocrinologia, der­matologia, urologia, oculistica, otorino­laringoiatria, ecc.).

h) Assistenza farmaceutica.

i) Assistenza ospedaliera, di pronto soccorso, guardia medica, centri tra­sfusionali, assistenza infermieristica domiciliare.

l) Assistenza paraospedaliera e ria­bilitativa.

m) Servizi di laboratorio: analisi me­diche e chimiche, esami radiologici, elettroencefaloqrafici, ecc.

a) Problemi del lavoro, occupa­zione, qualificazione e riqualifi­cazione professionale. Coordina­mento delle strutture gestite ine­renti al settore (corsi di qualifi­cazione e riqualificazione, labo­ratori protetti).

b) Problemi dell'alloggio, casa, servizi e strutture integrativi o sostitutivi (trasporti, verde pub­blico, mense, lavanderie, aiuto domestico a domicilio, case e  gruppi-famiglia, case-albergo, ecc.).

c) Problemi del minimo vitale, assistenza economica, consulen­za e patrocinio.

d) Problemi dell'età evolutiva, assistenza familiare integrativa o sostitutiva, attività parascolasti­che, educative e ricreative, coordinamento strutture gestite per minori di 13 anni (asili-nido, cam­pi gioco, centri di lettura, mense scolastiche, doposcuola, ecc.).

e) Problemi di organizzazione del tempo libero, attività cultura­li, ricreative, sportive. Soggiorni estivi. Coordinamento delle strut­ture gestite (circoli, biblioteche, palestre, piscine, campi sportivi, ecc.).

f) Segretariato sanitario-socia­le. Informazioni agli utenti e smi­stamento ai servizi sanitario-so­ciali.

 

 

Schema B

Personale dei servizi dell’Unità Locale di Sicurezza Sociale (U.L. di 50.000 abitanti)

 

Servizi generali

Servizio veterinario

Servizio ecologico e di igiene pubblica

Servizio sanitario

Servizi sociali

a) 1 laureato

1 archivista

2 applicati

2 dattilografi

b) 1 ragioniere

2 applicati

1 economo

c) 1 sociologo

1 statistico

2 applicati

1 assistente sociale

d) 1 medico igienista

1 assist. sanitaria

e) 1 coordinatore (de­gli operatori che svolgono attività didattiche)

1 applicato

N.B. - AI personale elencato per questo servizio va aggiunto quello che già opera con mansioni analoghe all'interno dell'ospeda­le di zona.

a) 4 veterinari

2 vigili sanitari (in collaborazione con gli operatori del Servizio Ecologi­co e di Igiene i pubblica).

b) 4 veterinari

1 vigile sanitario

3 ausiliari (in col­laborazione con gli operatori del Servizio Sanita­rio).

c) stessi operatori pre­cedenti.

d) stessi operatori pre­cedenti.

e) stessi operatori pre­cedenti.

a) 1 medico igienista

2 tecnici diplomati

2 vigili sanitari

1 applicato

in collaborazione con gli operatori del Servizio veterinario

b) stessi operatori pre­cedenti in collabo­razione col Servizio Veterinario

c) stessi operatori pre­cedenti, con la col­laborazione degli o­peratori di distret­to, di quelli del Ser­vizio veterinario e di altri operatori di unità locali.

d) 1 medico legale

a) 1 medico igienista, 1 assistente sanitario, 1 applicato

tutti gli operatori sanitari ogni 50.000 ab.

b) 1 esperto consulente ogni 50.000 ab.

c) 1 medico sportivo, 1 inferm. ogni 50.000 ab.

d) 3 medici gen., 3 assist. san. ogni 5.000 ab.

e) 2 medici pediatr., 2 ass. san. ogni 5.000 ab.

f) 1 medico odontoiatra, 1 inferm. ogni 5.000 ab.

g) 1 medico geriatra, 1 infermiere, 1 medico ostetrico, 1 ostetrica, 1 psichiatra ogni 15.000 ab.

1 psicologo ogni 20.000 ab.

1 operatore ogni 1.000 ab.

1 neuropsichiatra infantile, 1 psicologo dell'e­tà evolutiva ogni 25.000 ab.

1 fisioterapista ogni 15.000 ab.

1 medico del lavoro, 1 infermiere, 1 tecnico su 1.500/2.000 addetti industria

1 medico specialista, 1 infermiere su 10/20.000 ab. secondo la spec.

h) 2 farmacisti, 2 coadiutori ogni 5.000 ab.

i) personale dell'Ospedale (v. testo)

I) 2 fisioterapisti, 2 logoterapisti, 2 ludoterapisti, 2 podologi ogni 50.000 ab.

m) 2 medici laboratoristi, 1 biologo, 2 tecnici di laboratorio, 1 infermiere, 1 medico radiologo, 2 tecnici radiologi, 1 inferm. ogni 50.000 ab.

1 elettroencefalografista, 1 tecnico elettroen­cefalografista per una o più Unità locali

a) 1 esperto del lavoro ogni 50.000 ab.

2 assistenti sociali di distr. ogni 5.000 ab.

Tutti gli operatori delle strut­ture del settore a).

b) 1 esperto ogni 50.000 ab.

Stessi assistenti sociali pre­cedenti ogni 5.000 ab.

5 addetti aiuto domestico a domicilio ogni 5.000 ab.

Tutti gli operatori delle strut­ture del settore b).

c) 1 esperto ogni 50.000 ab.

Stessi assistenti sociali pre­cedenti ogni 5.000 ab.

d) 1 esperto problemi dell'età evolutiva ogni 50.000 ab.

Stessi assistenti sociali pre­cedenti ogni 5.000 ab.

Tutti gli operatori delle strut­ture del settore d).

e) 1 esperto ogni 50.000 ab.

Stessi assistenti sociali pre­cedenti ogni 5.000 ab.

Tutti gli operatori delle strut­ture del settore e).

f) 1 esperto ogni 50.000 ab.

1 addetto al segretariato di distretto ogni 5.000 ab.

 

 

Importante avvertire che sia per le funzioni, sia soprat­tutto per il personale, si tratta di indicazioni, basate su studi disponibili e su esperienze finora acquisite; essendo queste ultime particolarmente scarse nel campo della pre­venzione e della riabilitazione tali indicazioni vogliono es­sere un semplice punto di riferimento iniziale, valido per una prima attuazione dei servizi e da modificare a contat­to della realtà.

Le funzioni di segreteria, sicuramente necessarie all'in­terno dei cinque settori funzionali, dei distretti e degli or­gani tecnici previsti, non vengono per ora precisate.

Va anche osservato che gran parte del personale pre­visto nei vari servizi è già presente (anche se dovrà es­sere riqualificato e aggiornato in vista di un lavoro da at­tuarsi con metodi del tutto nuovi) all'interno degli uffici dipendenti da enti e istituti nazionali, di enti locali, di enti pubblici, di opere pie, ecc.

 

1) Servizi generali

 

Di questo settore fanno parte servizi di tipo molto di­verso, che hanno però la caratteristica comune di essere, tutti, costantemente a disposizione degli altri quattro set­tori (veterinario, ecologico, sanitario, sociale): questi vi fanno capo non perché legati da un rapporto gerarchico di dipendenza, ma per esigenze comuni di carattere ammini­strativo e tecnico.

Gli uffici previsti sono:

a) e b) Affari generali, amministrazione, personale (omissis);

c) Programmazione e informazione (omissis);

d) Educazione sanitaria-sociale (omissis);

e) Aggiornamento e formazione del personale.

A questo servizio, in stretta collaborazione coi servizi analoghi del secondo livello, spetta il compito di controlla­re, stimolare e favorire in ogni modo l'aggiornamento e la formazione permanente del personale, di qualsiasi tipo, che già opera all'interno dell'U.L.

Sarà un compito difficile e delicato agli inizi, trattandosi di aggiornare un personale proveniente dai servizi e dalle esperienze più diverse, abituato per lo più a un lavoro iso­lato e poco partecipe. Si tratterà di sensibilizzare gli ope­ratori alla necessità - basilare per il funzionamento della U.L. - di un autentico lavoro di gruppo, stimolandoli a una riqualificazione in questo senso. È necessario che si formi, all'interno di ogni categoria professionale, una nuova figu­ra di operatore, qualificato ma non chiuso in un arido spe­cialismo, capace di fornire agli altri l'apporto della pro­pria competenza professionale e di ricevere contempora­neamente apporto delle altre discipline. Ognuno deve svol­gere l'attività per cui è preparato, ma deve abituarsi a pensare il proprio lavoro come necessario completamento di quello degli altri (v. lavoro di équipe al cap. Distretto medico-sociale).

Nell'ambito del lavoro di U.L. le professioni dovranno spogliarsi il più possibile di specializzazioni fittizie e non necessarie (è il caso di alcuni infermieri, degli assistenti sociali specializzati e di molti altri tipi di operatori specia­lizzati per settore) che erano soltanto la conseguenza di una visione frammentaria e artificiosamente settoriale dei problemi. E anche quando le specializzazioni siano neces­sarie - come nel caso delle specialità mediche - si deve aiutare gli operatori a viverle, più che a esercitarle, nell'ambito del lavoro di gruppo che di ogni professione svi­lupperà, accanto alla dimensione tecnica, soprattutto la dimensione umana e politica.

Per il raggiungimento di questi scopi, da cui veramente dipende la riuscita o il fallimento di tutto il sistema pro­posto dall'U.L., si dovrà curare particolarmente l'impianto e lo sviluppo di questo fondamentale servizio. Sarà suo compito recepire con prontezza le istanze professionali de­gli operatori per favorirne la formazione e l'aggiornamento continuo attraverso riunioni periodiche di studio, seminari di categoria e interdisciplinari, reperimento, segnalazione e fornitura di materiale di consultazione e di studio. In collaborazione col servizio informativo curerà l'allestimento di una biblioteca a disposizione degli operatori nei locali della sede centrale dell'U.L.

Altro compito di questo servizio sarà quello di favorire la preparazione e l'utilizzazione razionale del personale vo­lontario all'interno dei vari servizi di distretto, curandone però l'organizzazione e il coordinamento in modo che la «volontarietà» non si trasformi - come troppo spesso avviene - in discontinuità e in disordine all'interno dell’attività che si valgono di questo tipo di personale peraltro prezioso. Sia chiara che il «volontario» all'interno dell’U.L. non dovrà mai essere sostitutivo di personale normale per supplire alla deficienza di un servizio, divenendo in tal mo­do oggetto di sfruttamento: dovrà essere soltanto espres­sione di viva e fattiva partecipazione.

 

2) Servizio veterinario (omissis).

 

3) Servizio ecologico e di igiene pubblica (omissis).

 

4) Servizio sanitario

 

Si integrano in questo servizio le attività di prevenzione, cura e riabilitazione.

Nell'unità locale si tende a sviluppare soprattutto la prevenzione, per quella promozione della salute che si vuo­le concretamente attuare; il momento curativo dovrebbe contrarsi e modificarsi completamente; compare, quasi del tutto nuova, l'attività riabilitativa che, inquadrata in questo nuovo modo di guardare ai problemi della salute, assume anch'essa valore di prevenzione: in questo caso dei danni della malattia e dell'invalidità e dell'emarginazione sociale che ne conseguono.

La mancanza di esperienze concrete e organiche nel campo della prevenzione e soprattutto della riabilitazione rende piuttosto difficile l'attribuzione del personale relati­vo, per cui si ripete l'avvertenza sul valore puramente in­dicativo che tali attribuzioni possono avere.

 

a) Attività di prevenzione primaria e secondaria. Interventi preventivi di massa. Attività preventive all'interno delle normali attività diagnostico-curative.

 

A livello di unità locale si occupa di questa importante attività una équipe formata da un medico igienista, una assistente sanitaria, un segretario applicato. Nel caso si affidino a questa équipe - come si ritiene opportuno - anche funzioni di segreteria tecnica per il coordinamento operativo di tutte le attività sanitarie, sarà opportuno inte­grarla con altro personale adeguato.

L'équipe promuove e coordina le attività di prevenzione primaria e secondaria, secondo gli orientamenti provenienti dagli organi regionali di programmazione sanitaria, e se­condo le indicazioni provenienti dal servizio informativo di U.L.

Operatori di questa attività sono tutto il personale dell'unità locale, sia sanitario che sociale, che attua nel suo lavoro di ogni giorno la più efficace e capillare opera pre­ventiva.

L'équipe esercita un vero e proprio coordinamento ope­rativo nei confronti degli operatori sanitari residenti di di­stretto (medici generici, pediatri, odontoiatri, farmacisti, in­fermieri e assistenti sanitarie) e delle équipes che si muo­vono nell'ambito dei servizi specialistici (geriatria, oste­tricia e ginecologia, salute mentale, medicina del lavoro, ecc.) al cui interno le attività preventive devono avere naturalmente il più largo spazio. Tale coordinamento operati­vo è svolto in tandem con l'équipe che da questo stesso li­vello coordina l'attività dei servizi sociali, che a livello di distretto collaborano così profondamente coi servizi sani­tari, fondendo spesso attività e personale nel comune la­voro di équipe.

Anche gli strumenti del 2° livello sono strettamente col­legati con questo fondamentale settore dei servizi sanitari.

 

b) Attività di consulenza genetica, demografica, sessuale.

 

Questa importantissima attività di consulenza, che è in­sieme educazione sanitario-sociale e prevenzione, viene svolta sotto forma di consultorio aperto a chiunque, e de­centrato il più possibile a livello di distretto. Il personale, veramente esperto e preparato a rispondere su problemi di genetica, di controllo delle nascite, di educazione ses­suale, è per ora scarsa, ma è augurabile che la richiesta, prevedibilmente elevata di questo particolare servizio, ser­va a stimolare e migliorarne la formazione da parte di isti­tuti e centri specializzati.

 

c) Medicina dello sport.

 

Questo settore, affidato a un medico sportivo, ha stretti collegamenti col settore dei Servizi sociali che si occupa dell'organizzazione del tempo libero; insieme agli operatori di questo cura il coordinamento tecnico e controlla le strutture sportive (piscine, palestre, campi sportivi, ecc.) e stimola e favorisce, fra i cittadini d'ogni età, lo sviluppo dello sport in senso medico-sociale. Lo sport agonistico non rientra nelle sue competenze­

 

d) Assistenza medica generica ambulatoriale e domiciliare (esclusi i minori di 14 anni).

 

e) Assistenza medica pediatrica ambulatoriale e domici­liare. Medicina scolastica (per minori da 0 a 14 anni).

 

f) Assistenza medica odontoiatrica ambulatoriale.

 

Questi fondamentali servizi di base, i cui operatori fan­no parte del personale residente di distretto, vengono de­scritti nel cap. «Distretto medico-sociale».

I collegamenti sono stretti ed estesi a tutti gli altri ser­vizi dell'U.L, in particolare coi servizi medici specialistici. Il rapporto sistematico e continuo coi Servizi sociali a li­vello di distretto si traduce, a livello di U.L., in una collabo­razione altrettanto stretta e sistematica tra le rispettive équipes coordinatrici.

 

g)  Assistenza medica specialistica ambulatoriale e domi­ciliare.

 

Geriatria.

Il servizio geriatrico dipende direttamente dall'ospedale che se ne assume la responsabilità assumendo per que­sto scopo altri operatori oltre quelli previsti dalla leg­ge 132.

L'attività, ampiamente sviluppata a livello di distretto, è strettamente collegata al servizio riabilitativo, da cui at­tinge il personale necessario (fisioterapisti, logoterapisti, ecc.), e ai Servizi sociali per quello che riguarda l'aiuto a domicilio di anziani non autosufficienti.

 

Ostetricia e Ginecologia.

È anche questo un servizio direttamente dipendente dall'ospedale il quale assumerà pertanto altro personale oltre quello assegnato dalla legge 132.

Ha strettissimi collegamenti col servizio pediatrico, so­prattutto per quello che riguarda l'assistenza perinatale, col settore Servizi sociali per quello che riguarda i proble­mi della madre lavoratrice.

 

Salute mentale.

Nell'ambito di questo servizio si muovono operatori psi­chiatrici e operatori pedo-neuropsichiatrici, impegnati co­me tutti prevalentemente in un lavoro di prevenzione non solo della malattia mentale, ma di qualsiasi forma di disa­dattamento e di disturbo psichico. Sono loro compiti anche la cura e il trattamento dei malati identificati il più preco­cemente possibile, dei degenti e dei dimessi dall'ospedale.

Operatori psichiatrici e pedopsichiatrici formano un'uni­ca équipe funzionale quando debbono affrontare problemi che coinvolgono contemporaneamente adulti e minori, co­me frequentemente avviene all'interno dello stesso nucleo familiare; operano invece autonomamente quando i proble­mi riguardino esclusivamente adulti, o esclusivamente mi­nori. Il secondo caso sarà specialmente frequente - e di grande importanza per la sua delicatezza - quando si tratti di intervenire su bambini nella primissima infanzia, quando ci sia da parte del pediatria qualche sospetto sulla regolarità dello sviluppo psicomotorio che imponga l'inter­vento più precoce possibile del neuropsichiatra infantile, ed eventualmente dell'équipe. Per questo i collegamenti saranno strettissimi fra Neuropsichiatria infantile e Pedia­tria, dall'assistenza perinatale alla medicina scolastica che si esplica nell'ambito della scuola dell'obbligo.

Nessuna barriera d'età fra competenze di psichiatri e pedopsichiatri per il delicatissimo problema degli adole­scenti, per cui sarà sempre preferibilmente impegnata tut­ta I'équipe al completo.

Il servizio di salute mentale ha legami strettissimi con tutti i servizi, specialmente preventivi: ai collegamenti già detti per la pedopsichiatria si aggiungono, per quello che riguarda problemi di salute mentale di adulti, i necessari legami con la medicina generale, la medicina del lavoro, la geriatria.

Essenziale a tutto il servizio di salute mentale il rap­porto di stretta collaborazione coi servizi sociali: a livello di distretto infatti il servizio sociale professionale di zo­na, con la conoscenza profonda che potrà avere degli am­bienti familiari, scolastici e di lavoro, sarà capace di un apporto spesso decisivo per identificare le cause di un di­sadattamento individuale o del disagio di un gruppo, e de­cidere i trattamenti adeguati.

L'apparente esuberanza di personale che si nota per gli operatori psichiatrici deriva dal fatto che in questo ca­so tale personale copre, oltre alle esigenze esterne, anche quelle di carattere ospedaliero. Così lo psichiatria, che la­vora nell'ospedale ed è anche responsabile della guardia psichiatrica, è stato previsto in ragione di ogni 15.000 abi­tanti, mentre lo psicologo e gli altri operatori dell'équipe sono calcolati su 20.000 abitanti.

 

Medicina del lavoro.

Si articola in un servizio di distretto e all'interno degli ambulatori di fabbrica. Il numero degli operatori varia se­condo la composizione della popolazione.

Un medico del lavoro dirige l'attività, di natura soprat­tutto preventiva, secondo gli indirizzi degli organi regiona­li di programmazione e secondo le esigenze che emergono dalla base, soprattutto dalle assemblee di fabbrica.

Stretti i collegamenti col servizio informativo, col servi­zio ecologico e di igiene pubblica per il controllo dei luo­ghi di lavoro, con tutti i servizi preventivi dell'U.L. e col settore dei servizi sociali.

Si avvale di strumenti prevalentemente di secondo li­vello, quali la sezione di igiene industriale e medicina del lavoro dell'Istituto di sanità.

 

Altre specialità mediche.

Nell'ambito delle altre varie specialità mediche non ri­cordate singolarmente (cardiologia, reumatologia, ortope­dia, endocrinologia, dermatologia, urologia, oculistica, oto­rinolaringoiatria, ecc. ecc.) tutto il personale che svolge attività medica ambulatoriale e domiciliare ha come base di appoggio il poliambulatorio di unità locale. Arriva però anche, secondo i bisogni, ai poliambulatori di distretto, e a domicilio su richiesta di altri operatori.

Il personale del poliambulatorio specialistico di U.L. comprende anche un internista, un pediatra, e altri opera­tori medici di attività ampiamente sviluppate a livello di distretto, allo scopo di fornire prestazioni alternative e di consulenza.

 

h) Assistenza farmaceutica (omissis).

 

i) Assistenza ospedaliera.

Si realizza attraverso le unità ospedaliere, che rappre­sentano I'insieme dei presidi ospedalieri operanti nella zona. Si tratta di configurare un servizio unico e generale, nuovo per concezione istituzionale, gestionale e sanitaria, capace di soddisfare tutte le esigenze di ricovero in ogni campo della nosografia, funzionalmente e amministrativa­mente integrato nell'unità locale.

Ad esso fanno capo anche i servizi di pronto soccorso, di guardia medica, e i centri trasfusionali. Con il suo per­sonale infermieristico collabora insieme agli operatori del poliambulatorio specialistico e del distretto all'assistenza infermieristica domiciliare.

L'unità ospedaliera sarà dimensionata in rapporto alle esigenze della popolazione residente per quanto attiene agli interventi di base, ma dovrà anche assorbire lo spazio funzionale attualmente previsto per gli ospedali provinciali e regionali, attraverso una ridistribuzione degli interventi di secondo e terzo livello in rapporto alle esigenze di un insieme di unità locali, da prevedersi con il Piano Regio­nale. A categorie ospedaliere che di fatto realizzano un diverso livello qualitativo delle prestazioni, si sostituisce l'equivalenza della prestazione per tutti i cittadini, su tutto il territorio.

Gli indici relativi ai posti letto necessari per i singoli settori di base e per quelli di specialità, attualmente defi­niti dal D.M. 13 agosto 1969, troveranno una loro prima ri­definizione nel piano ospedaliero regionale, per essere successivamente adeguati alle singole esigenze territoria­li, quali deriveranno anche in rapporto al potenziamento degli altri presidi sanitari di zona e dei servizi diagnostici ospedalieri.

Riguardo agli standards previsti dal D.M. 13 agosto 1969, indichiamo comunque l'utilizzazione, per i settori di base, dei limiti superiori (0,70-0,75%) per quanto riguarda pediatria e ostetricia e ginecologia; per i posti letto di medicina e chirurgia generali, che già superano in Tosca­na gli standards massimi (1,8 e 1,6 in luogo di 1,2 e 1,4), la possibilità di una riduzione sarà legata allo sviluppo che avranno i servizi «filtro» di accettazione e pronto soccor­so e ambulatoriali, tesi ad eliminare i ricoveri indiscrimi­nati, i servizi di diagnosi e cura tesi a ridurre la degenza media tuttora piuttosto elevata, e i settori di lungodegenza e paraospedalieri, la cui carenza porta ad un eccessivo in­gombro delle corsie. L'indice attuale, che riteniamo suffi­ciente a coprire le esigenze della lungodegenza, è del 2-2,5%.

Per quanto riguarda i servizi, la cui efficienza condiziona tutta l'operatività del complesso ospedaliero, oltre ai servi­zi di laboratorio che potranno trovare una loro collocazio­ne sia all'interno che all'esterno dell'ospedale e che, co­munque, dovranno essere utilizzati per tutte le necessità dell'U.L., ogni unità ospedaliera dovrà essere dotata di ser­vizi di radiologia, cardiologia, trasfusionali e di anestesia e rianimazione.

L'accettazione e il pronto soccorso, strettamente colle­gati con i servizi di rianimazione, dovranno - come già accennato - assolvere a una funzione di «zona filtro», con una previsione di intervento anche domiciliare e una attività diagnostica che consenta un'immediata selezione dei pazienti, evitando i ricoveri non indispensabili.

La necessità di realizzare un momento operativo di ca­rattere unitario impone una struttura organizzativa nuova, individuabile nel dipartimento ospedaliero, capace di uni­ficare l'intervento, di evitare una divisione gerarchica dei compiti e una cristallizzazione delle funzioni.

L'attuale realtà del sistema divisionale, con le sue inco­municabilità che portano anche a una riduzione dell'effi­cienza dell'intervento per i «tempi morti» che producono, con le inutili ripetizioni, con la frammentazione dell'atto medico e dell'informazione, impone un nuovo modo di ope­rare che si caratterizza nella partecipazione di tutti gli ope­ratori alla gestione dell'attività ospedaliera, nella respon­sabilizzazione del singolo, nell'apporto interdisciplinare del lavoro di gruppo, nell'utilizzazione di strutture adeguate e flessibili, capaci di rispondere con rapidità al variare dei bisogni e di collegarsi funzionalmente con le altre struttu­re territoriali.

 

l) Assistenza paraospedaliera e riabilitativa.

Tale tipo di assistenza è svolta da un servizio d'inter­vento sanitario che si colloca in posizione intermedia fra l'organizzazione domiciliare e ambulatoriale e quella ospe­daliera. Si tende, con questi interventi, al recupero com­pleto dello stato di salute e, quando questo non sia possi­bile, alla stabilizzazione del processo morboso così da consentire un certo grado di autonomia al paziente. Sulle necessità di carattere medico intensivo prevalgono quasi sempre, in questi casi, quelle di carattere tecnico infermie­ristico e sociale.

L'assistenza paraospedaliera e riabilitativa si effettua attraverso un servizio unico, non specializzato per funzio­ni, che si realizza interamente all'interno dell'U.L., in stret­to collegamento con i servizi sociali, e con strutture di ri­covero pieno o parziale che garantiscano l'integrazione nel­la collettività di origine del paziente.

 

m) Servizi laboratoristici (omissis).

 

5) Servizi sociali

 

Integrati con gli altri servizi dell'U.L., e in particolare col servizio sanitario, nel comune impegno di prevenzione di ogni situazione patologica - sia sanitaria che sociale - questi servizi si pongono prima di tutto obiettivi di pro­mozione sociale: sono cioè tesi a favorire, nel territorio in cui operano, lo sviluppo integrale degli individui e dell'ambiente in cui questi vivono.

Fondati, come tutta I'U.L., sulla base essenziale della partecipazione, propongono alla Comunità un nuovo modo di «vivere insieme», e realizzano con gli altri servizi, nel lavoro comune di équipe, un modo nuovo di «lavorare in­sieme».

Pertanto, in armonia con questi obiettivi, i Servizi so­ciali identificano al loro interno, quali campi di attività, que­gli stessi settori in cui si riassume la vita di una qualsiasi comunità organizzata: lavoro, alloggio, minimo vitale, in­fanzia, tempo libero, sono gli argomenti-problema di ogni comunità, gli stessi che danno contenuto al servizio so­ciale di base (v. Servizio sociale professionale di zona al Cap. «Distretto Medico-sociale» che troverà in questi settori di U.L. il necessario supporto al suo lavoro, e la possibilità di risolvere - anche attraverso i molti collega­menti possibili a questo livello - gran parte dei problemi non risolvibili a livello di base.

A questa attività di appoggio nei confronti dei Servizi sociali di base i cinque settori uniscono una funzione di collegamento coi servizi dell'U.L. che hanno scopi affini o comuni, di stimolo e chiarimento nei confronti della comu­nità e di organi dello Stato e di Enti locali che svolgano attività negli stessi campi. Questi settori di U.L. diventano gli strumenti operativi per l'attività della Regione in que­sti campi.

Si noti come, per non ricadere nel vecchio pericolo del­le settorializzazioni, per una sola categoria di utenti si è riconosciuta la necessità di servizi e strutture particolari: sono i minori di 18 anni (9), per cui è chiaramente ricono­scibile l'esigenza di uno speciale impegno formativo. All'anziano, che pure presenta problemi di protezione e di assistenza, i servizi sociali dell'U.L. si propongono di prov­vedere con gli stessi strumenti e nelle stesse strutture previsti per adulti in qualsiasi modo limitati nella loro au­tonomia.

Solo quando l'anziano presenterà malattie proprie della sua età disporrà, nell'ambito del servizio sanitario, di servi­zi e strutture particolari (v. Servizio geriatrico nel Cap. «Servizi a livello di distretto Medico-sociale»). Altrimenti dovrà trovare la protezione che gli occorre all'interno della sua comunità, che cercherà in sé le risorse e i modi per venire incontro alla sua innegabile debolezza.

Ecco in breve come si articolano i cinque settori-chiave dei Servizi Sociali a cui fanno capo i Servizi sociali pro­fessionali di zona e tutte le strutture sociali gestite dall'U.L. nell'ambito dei cinque campi di attività:

 

a) Problemi del lavoro.

I Servizi sociali di base hanno in questo settore un pun­to di riferimento per tutto quello che riguarda gli estesis­simi e basilari problemi del lavoro. Affrontare bene questi significa ridurre - o addirittura eliminare - gli altri tipi di problema.

La mancanza di un lavoro, o di un lavoro sufficientemen­te retribuito, la necessità di una qualificazione o di una riqualificazione professionale, la pericolosità o l'inadegua­tezza di un posto di lavoro, sono i problemi più frequenti che si presentano, non sempre risolvibili nella dimensione e al livello del distretto.

Dall'angolazione più larga permessa dal suo livello, que­sto settore affronta i problemi inerenti all'occupazione, la qualificazione e la riqualificazione, così come sono vissuti all'interno del comprensorio, e dei problemi che affiorano alla base identifica quelli che possono trovare una soluzio­ne a questo livello.

In questo lavoro di analisi si collega all'Ufficio Program­mazione e Informazione dei Servizi Generali, e per gli in­terventi più generali al Servizio Ecologico e di Igiene Pub­blica e ai Servizi preventivi della Medicina del Lavoro. All'esterno stabilisce rapporti sistematici con gli organi pub­blici comunque interessati al problema del lavoro e spe­cialmente con quelli che si occupano del collocamento e del l'orientamento professionale.

Tra i molti problemi presentati da cittadini in età di la­voro saranno preminenti quelli degli handicappati, siano psichici, fisici o sensoriali. Per questi sarà sempre da pre­ferire, se possibile, un collocamento normale; altrimenti si provvederà a istituire corsi speciali di qualificazione e riqualificazione, ripiegando solo per i casi più gravi sull'organizzazione di laboratori protetti, da estendere però il meno possibile e da non considerare mai come struttu­re stabili costituite sul territorio. Da preferire e da favo­rire forme di lavoro cooperativo, dove le comunità siano capaci di esprimerle e di appoggiarle.

Sempre competenza di questo settore sarà il coordina­mento delle strutture gestite dall'U.L., sia che realizzino attività di qualificazione e riqualificazione professionale, o vere e proprie forme di lavoro protetto.

Un esperto di problemi del lavoro si occuperà di questo settore a livello di U.L., curandone contemporaneamente i collegamenti, oltre che con la programmazione a livello di comprensorio socio-economico, con gli altri settori dei Ser­vizi sociali e con gli altri Servizi dell'U.L., in particolare con quelli preventivi.

 

b) Problemi dell'alloggio.

Si affrontano da questo settore non solo le questioni inerenti alla casa, ma anche l'organizzazione e il coordina­mento di tutti quei servizi e quelle strutture che la integra­no (trasporti (10), verde pubblico, mense, lavanderie, aiu­to domestico a domicilio) o che la sostituiscono (case e gruppi-famiglie, case-albergo ecc.).

Il Servizio sociale professionale di zona fa capo a que­sto settore per tutto quello che riguarda o è connesso con problemi di alloggio che non sono risolvibili a livello di di­stretto. Tali problemi (che possono consistere nella pre­visione di alloggi al piano-terra per anziani o handicappati, di case-albergo per persone sole, di spazi verdi attrezzati per tutti) verranno affrontati in collaborazione con l'Uffi­cio Programmazione e Informazione dei Servizi Generali, col Servizio Ecologico e di Igiene pubblica, con quei Ser­vizi sanitari preventivi che sono particolarmente interessa­ti all'organizzazione e al funzionamento delle strutture co­munitarie.

All'esterno il settore - attraverso il suo coordinato­re - mantiene sistematici rapporti con organi statali e En­ti pubblici interessati al problema dell'urbanistica, all'edi­lizia economica, ai trasporti, e con gli organi della pro­grammazione economica comprensoriale.

Dipendono da questo settore tutte le strutture sociali gestite dall'U.L. (centri diurni e residenziali di qualsiasi tipo, fatta eccezione per le strutture che accolgono sog­getti al di sotto dei 18 anni), e anche le strutture dello stesso tipo eventualmente gestite da privati saranno sog­gette a controllo, specialmente per quanto riguarda i me­todi di assistenza e la preparazione del personale.

Particolarmente importante, fra i servizi che dipendono da questo settore, il servizio di aiuto domestico a domici­lio, valida alternativa al ricovero in istituto per tutti quei soggetti, handicappati o anziani, soli o in famiglia, il cui problema sia risolvibile con questo mezzo. Il servizio di aiuto domestico integra il servizio infermieristico a domi­cilio, nei casi in cui questo, da solo, non risolva il bisogno dell'assistito a domicilio.

 

c) Problemi del minimo vitale.

È il settore che affronta il problema del bisogno econo­mico presentato da persone o nuclei familiari in condizio­ni di povertà o di temporanea grave difficoltà di manteni­mento. Si tratta del problema più frequente in cui si im­batterà - almeno per ora - il servizio sociale di distret­to, e che questo si preoccuperà sempre di risolvere, prima di tutto, attraverso le risorse dei settori «lavoro» e «al­loggio».

 

 

Schema n. 5 - Servizi sociali

 

Funzioni

Operatori

Popolazione

a) Problemi del lavoro.

Occupazione, qualificazione e riqualificazione professio­nale. Coordinamento delle strutture gestite inerenti al settore (corsi di qualificazione e riqualificazione, labo­ratori protetti, ecc.).

1 esperto del lavoro;

2 assistenti sociali. Servi­zio sociale professionale di zona;

tutti gli operatori delle strutture gestite;

Intera Unità Locale

Ogni 5.000 abitanti

 

Ogni 5.000 abitanti

b) Problemi dell'alloggio.

Casa e servizi o strutture integrative o sostitutive (tra­sporti, verde pubblico, mense, lavanderie, aiuto dome­stico a domicilio, case e gruppi-famiglia, case-albergo, ecc.).

1 esperto;

stessi assist. sociali prec.;

5 addetti aiuto domestico domiciliare;

tutti gli operatori delle strutture sociali gestite;

Intera Unità Locale

Ogni 5.000 abitanti

Ogni 5.000 abitanti

Ogni 5.000 abitanti

c) Problemi del minimo vitale, assistenza economica, con­sulenza e patrocinio.

1 esperto;

stessi assist. sociali prec.;

Intera Unità locale

Ogni 5.000 abitanti

d) Problemi dell'età evolutiva, assistenza familiare integra­tiva o sostitutiva, attività parascolastiche, educative e ricreative.

Coordinamento strutture gestite per minori di anni 18 (asili nido, campi gioco, centri lettura, mense scolasti­che, doposcuola, ecc.).

1 esperto problemi della età evolutiva;

stessi assist. sociali prec.;

tutti gli operatori delle strutture gestite per mino­ri di anni 18;

Intera Unità Locale

Ogni 5.000 abitanti

Ogni 5.000 abitanti

 

e) Problemi di organizzazione del tempo libero, attività cul­turali, ricreative, sportive. Organizzazione soggiorni estivi.

Coordinamento strutture gestite (circoli, biblioteche, palestre, piscine, campi sportivi, ecc.).

1 esperto;

stessi assist. sociali prec.;

tutti gli operatori delle strutture gestite;

Intera Unità Locale

Ogni 5.000 abitanti

Ogni 5.000 abitanti

f) Segretariato sanitario-sociale.

Informazioni agli utenti e smistamento ai servizi sani­tari-sociali.

1 esperto;

1 addetto di distretto.

Intera Unità Locale

Ogni 5.000 abitanti

 

 

 

Quando sia da risolvere direttamente con l'intervento economico lo si farà tempestivamente, in modo organico e risolutivo, proponendosi sempre di garantire a singoli e nuclei quel «minimo vitale» il cui raggiungimento dovrà essere considerato un diritto. I modi di questo intervento sono descritti nel cap. «Distretto Medico-sociale», a pro­posito dei compiti del servizio sociale professionale di zona.

Da questo livello si deciderà poi soprattutto l'aiuto eco­nomico a persone nomadi e non residenti, anche se assi­stite a livello di distretto.

Da qui si trasmetteranno ai servizi sociali di distretto i criteri di massima, fissati dall'organo di gestione dell'U.L., entro cui gli interventi dovranno attuarsi, e da qui si as­segneranno ai singoli distretti i mezzi necessari per que­sta forma di assistenza, provenienti dal fondo messo a di­sposizione di ogni U.L. da parte della Regione. Qui riafflui­ranno i rendiconti per essere analizzati e ritrasmessi alla Ragioneria.

Sempre da questo settore sarà appoggiata l'attività di consulenza e di patrocinio anche legale offerta per que­stioni di carattere economico, siano queste le rivendica­zioni di diritti agli alimenti o il chiarimento di problemi previdenziali.

Ai soliti collegamenti interni coll'Ufficio Programma­zione e Informazione dei Servizi Generali si aggiungono per questo settore i collegamenti esterni soprattutto con gli organi previdenziali.

 

d) Problemi dell'età evolutiva.

Bambini e adolescenti sono - come già detto - l'uni­ca categoria riconosciuta dall'U.L. come portatrice di esi­genze particolari. A queste si risponde con servizi e strut­ture particolari che sono responsabilità di questo settore: asili-nido, campi-gioco, centri di lettura, mense scolastiche e doposcuola (in attesa della scuola a tempo pieno) so­no tutte strutture di cui il settore promuoverà l'organizza­zione e curerà il razionale funzionamento. Per le attività ricreative, culturali e sportive si usufruirà il più possibile delle strutture di quartiere, prevedendo se mai sezioni particolari all'interno di queste.

Quando i soggetti in età evolutiva (da 0 a 18 anni) pre­sentino problemi di qualsiasi tipo ci si proporrà di affron­tarli soprattutto nella famiglia, provvedendo a integrarla o a sostituirla quando sia in qualsiasi modo carente o ad­dirittura mancante. Nel secondo caso si preferirà, sempre, ricorrere all'affidamento, all'adozione e ai gruppi-famiglia, evitando accuratamente ogni forma emarginante di istitu­zionalizzazione. Alle famiglie che hanno minori in affidamento o in adozione verrà offerta la consulenza necessaria nell'ambito della consulenza offerta dai servizi sociali e dai servizi specialistici a famiglie, genitori e educatori in difficoltà.

L'importanza e l'assoluta preminenza da dare al momen­to della prevenzione sanitaria e sociale, quando si affronti­no i problemi dell'età evolutiva, è troppo chiara per avere bisogno di dimostrazione: il massimo sviluppo da dare all'assistenza prenatale e perinatale e ai servizi preventivi per la prima età sarà il modo migliore per evitare gran nu­mero di dolorosi handicaps o per limitarne le rovinose con­seguenze. I minori handicappati di ogni tipo, riconosciuti al più presto possibile non dovranno essere emarginati, ma seguiti dalla normale assistenza pediatrica e dai vari ser­vizi specialistici (neuropsichiatria infantile, oculistica, oto­rinolaringoiatria, cardiologia, ecc.). Il ricovero in strutture specializzate, da evitarsi il più possibile, andrà considera­to - se necessario - come un momento riparatore il più breve possibile, finalizzato alle dimissioni e al reinseri­mento sociale, salvo casi di particolare gravità. Sarà in parte la scuola che dovrà rendersi capace di accogliere questi bambini e di affrontarne, insieme agli altri, le diffi­coltà.

Il coordinatore di questo settore - particolarmente esperto di problemi dell'età evolutiva - curerà gli impor­tanti collegamenti con tutti i servizi preventivi (assistenza perinatale, pediatria e medicina scolastica) e coi vari ser­vizi specialistici (in particolare quello di salute mentale). Soliti collegamenti con l'Ufficio Programmazione e Infor­mazione dei Servizi Generali; all'esterno intensi rapporti con la scuola e con associazioni di genitori.

A questo settore compete - come già detto - il coor­dinamento tecnico delle strutture gestite dall'U.L. per sog­getti in età evolutiva; tale controllo si estende anche alle eventuali strutture gestite allo stesso scopo da privati sul territorio dell'U.L.

 

e) Problemi di organizzazione del tempo libero.

Fanno capo a questo settore i servizi sociali di zona e le relative strutture, per tutto quello che riguarda l'organiz­zazione del tempo libero.

Le iniziative di gruppi culturali, ricreativi, sportivi ven­gono stimolate e coordinate, in collaborazione col settore «Età evolutiva» per quanto riguarda le attività di gruppi giovanili, da vedere però sempre preferibilmente inserite nelle normali strutture di quartiere. Animatori di gruppo e educatori di comunità possono aiutare i gruppi, soprattutto nel momento della loro formazione, a sviluppare interessi e iniziative allargabili a ogni strato della popolazione.

Compete a questo settore - e in esso all'esperto di problemi della comunità che lo dirige - il coordinamento tecnico delle strutture gestite: circoli, biblioteche, pale­stre, piscine, campi sportivi, ecc.

Oltre che all'Ufficio Programmazione e Informazione dei Servizi Generali il settore si collega ai vari servizi sanita­ri preventivi, e soprattutto a quello di Medicina sportiva. Importante attività, da sviluppare sicuramente, è l'orga­nizzazione di soggiorni estivi comunitari (sia all'interno che all'esterno del territorio dell'U.L.) per bambini, giova­ni, adulti, e anche per famiglie.

 

f) Segretariato sanitario-sociale.

Questa capillare attività di informazione che si svolge a livello di distretto è anche consulenza, smistamento, e perfino aiuto diretto e sostegno personale per facilitare e accelerare agli utenti l'accesso alle prestazioni. In moltis­simi casi può anche tradursi in efficace opera di educazio­ne sanitario-sociale.

Tutti i segretariati di distretto sono direttamente colle­gati ai Servizi Generali (v. Programmazione e Informazio­ne) per attingervi le notizie e i dati che riguardano tutti i servizi dell'U.L.

Da questo settore f) si coordinano gli stessi segretaria­ti soprattutto per quanto riguarda i metodi di lavoro (tenu­ta di schedari, modalità di aggiornamento, tecniche di col­loquio) e si tengono informati su modifiche di legislazioni e regolamenti, per cui risultino modificate le relative pre­stazioni nei settori di attività a), b), c), d), e).

 

3.2. A livello di distretto medico-sociale

 

L'unità locale di sicurezza sociale trova la sua articola­zione più importante nel distretto medico-sociale. Questo dovrà garantire i fondamentali servizi di base, sia sanitari che di assistenza sociale.

Considerata l'entità medica di una unità locale di 50.000 abitanti, ciascun distretto dovrà mediamente servire un territorio con popolazione pari a 5.000 abitanti. Non si può tuttavia stabilire un criterio troppo rigido per la suddivi­sione delle varie U.L. in distretti: per tale suddivisione sa­ranno decisive le particolari caratteristiche delle singole U.L. In ogni caso è possibile fin da ora indicare il limite massimo della consistenza demografica di un distretto in 8.000-9.000 abitanti, per quelle zone che presentino situa­zioni di notevole accentramento della popolazione sul ter­ritorio; per le zone che presentino uno scarso accentra­mento della popolazione il limite minimo al di sotto del quale normalmente nessun distretto dovrebbe andare è di 2.000-2.500 abitanti.

Per ciò che attiene alle strutture del distretto esse do­vranno essere concepite per permettere lo svolgimento di tutte le attività di base, che possono essere così sinte­tizzate:

- igiene pubblica e medicina preventiva

- medicina generale ambulatoriale e domiciliare

- medicina specialistica ambulatoriale e domiciliare

- distribuzione di farmaci e consulenza farmacologica

- consulenza demografica, genetica, sessuale

- servizio sociale

Una gran parte della pratica medica corrente e tutta l'attività di assistenza sociale si svolgono nell'ambito del distretto medico-sociale. In un distretto tipo alcuni servizi sono svolti dall'équipe residente, cioè da quegli operatori che svolgono la loro attività a tempo pieno, esclusivamen­te sul territorio del distretto. Gli altri servizi vengono svolti - sempre a livello del distretto - da équipes non residenti, da personale cioè che non presta la sua opera in uno solo, ma a rotazione in più distretti, ed è organizza­to in un servizio di U.L. con sede nel poliambulatorio spe­cialistico collegato con l'ospedale di zona e/o con altri ospedali, istituti universitari, altre istituzioni di secondo livello.

I primi servizi, quelli svolti da operatori che lavorano a tempo pieno sul solo territorio del distretto, sono:

- il servizio di medicina sociale

- il servizio pediatrico

- il servizio odontoiatrico

- il servizio farmacologico

- il servizio sociale

I secondi, quelli svolti di équipes non residenti attive su tutto il territorio dell'U.L, all'interno degli stessi ambula­tori di distretto, sono:

- il servizio geriatrico

- il servizio ostetrico-ginecologico

- il servizio per la salute mentale

- il servizio di consulenza genetica, demografica, ses­suale

- il servizio di medicina del lavoro

a cui si aggiungono tutte le normali attività mediche spe­cialistiche (urologia, cardiologia, reumatologia, ortopedia, oculistica, otorinolaringoiatria ecc.) i cui operatori arri­veranno, secondo le richieste locali, alle strutture ambula­toriali di distretto, o più probabilmente svolgeranno le lo­ro attività nel più attrezzato poliambulatorio specialistico di U.L. specialmente quando si richiedano misurazioni, esa­mi o interventi più specifici.

Vediamo ora più in particolare in cosa consistono i ser­vizi che costituiscono l'attività di base all'interno del di­stretto medico-sociale, e quali tipi di operatori le realiz­zano.

1) Il servizio di medicina generale è attuato da tre me­dici e da tre assistenti sanitarie, prevalentemente all'in­terno del poliambulatorio di distretto, con le seguenti fun­zioni:

- visite ambulatoriali e domiciliari a scopo diagno­stico-curativo, controllo e cura dei dimessi da ospedale e dei cronici

- visite periodiche preventive con tecniche specia­li, rilevamento di particolari dati, prelievo di liquidi orga­nici

- vaccinazioni periodiche e straordinarie

- tenuta dell'archivio sanitario dei cittadini del di­stretto, collegato a quello dell'U.L.

Il medico di distretto deve assicurare la globalità e uni­tarietà dell'intervento sanitario a livello individuale, se­guendo quanto più possibile il suo paziente anche negli accertamenti specialistici o durante la permanenza ospe­daliera. In tal modo potrà ricostruire la figura del medico di fiducia, e recuperare la dimensione umana del suo la­voro.

Gli operatori di questo diffusissimo servizio di base so­no, come gli altri, integrati nella loro attività dal lavoro e dalle competenze delle altre figure professionali.

2) Il servizio pediatrico è attuato da due medici pedia­tri e da due assistenti sanitarie che svolgono le seguenti funzioni:

- assistenza perinatale in stretto collegamento coi servizi ostetrico-ginecologici

- visite ambulatoriali periodiche ai soggetti in età evolutiva (dalla nascita ai 14 anni) aventi per scopo la prevenzione delle malattie e la promozione della salute

- vigilanza sulle condizioni ambientali del bambino e dell'adolescente

- vaccinazioni periodiche e straordinarie

- visite ambulatoriali e domiciliari a scopo diagno­stico-curativo

La maggior parte di queste attività si svolgono nel po­liambulatorio di distretto, negli ambulatori scolastici, negli asili nido e in qualsiasi altro centro diurno o residenziale che accolga soggetti in età evolutiva. Strettissimi i colle­gamenti con gli altri servizi di base, sia con gli operatori residenti che con i non residenti, per tutti i problemi del territorio ma specialmente per quelli che riguardano più specificamente soggetti in età evolutiva.

3) Il servizio odontoiatrico viene attuato da un medico specialista e da un infermiere odontoiatrico. I trattamenti, di carattere preventivo e curativo, vengono svolti nel po­liambulatorio di distretto e negli ambulatori scolastici. Per gli interventi che richiedono attrezzature o competenze particolari le prestazioni vengono fornite nel poliambula­torio specialistico di U.L., dove è presente anche un ser­vizio odontotecnico.

4) Il servizio farmacologico è svolto da due farmacisti con l'ausilio di due aiutanti. Sono funzioni di questo ser­vizio:

- la distribuzione dei farmaci

- la consulenza farmacologica per i medici

- un particolare contributo all'educazione sanitaria della popolazione

Tali funzioni si attuano prevalentemente nella farmacia di distretto.

5) I servizi sociali. Collegali verticalmente ai cinque grandi settori individuati a livello di U.L. (lavoro, alloggio, minimo vitale, età evolutiva e tempo libero), e orizzontal­mente a tutte le altre attività di base, i servizi sociali di distretto attuano interventi nei campi suddetti, finalizzati soprattutto all'abolizione di ogni condizione emarginante e alla riduzione dell'area del bisogno.

Gli operatori sociali di distretto sono:

- 2 assistenti sociali

- 1 addetto al segretariato

- 5 addetti al servizio di aiuto familiare

- tutti gli operatori qualificati all'interno di strutture sociali gestite dall'U.L. eventualmente situate sul territorio del distretto (asili-nido, case-famiglia, laboratori protetti ecc.)

Le funzioni all'interno dei servizi sociali di distretto sono:

a) Il segretariato

b) Il servizio sociale professionale di zona, compren­dente l'aiuto familiare a domicilio e l'assistenza economica

c) Le attività svolte all'interno di strutture sociali gestite dall'U.L.

 

a) Il Segretariato è attività d'informazione attraver­so cui il cittadino può conoscere esattamente i servizi e le risorse disponibili, sia in campo sanitario che sociale, ricevendone un primo importante orientamento o addirittu­ra un aiuto effettivo qualora si tratti di persona non del tutto autosufficiente e perciò incapace di una autonoma utilizzazione dei servizi.

Il segretariato è svolto da persona di un certo livello culturale, formata per questa particolare attività; è colle­gato e coordinato dal Servizio informativo esistente a li­vello di U.L. (v. servizi generali) per quanto riguarda dati aggiornati concernenti o provenienti da tutti i servizi di U.L. Si aggiorna invece presso i cinque settori di servizio sociale di U.L. per quanto riguarda le prestazioni sociali e le eventuali modifiche determinate da nuove leggi e rego­lamenti.

 

b) Il servizio sociale professionale di zona è svolto da 2 assistenti sociali che sono stabilmente parte integran­te dell'équipe funzionale di distretto formata dagli opera­tori residenti e non residenti.

A differenza degli attuali servizi sociali, sempre specia­lizzati per categorie di utenti, il servizio sociale di zona dell'U.L, ha la caratteristica di essere polivalente: si offre cioè, senza nessuna sub-specializzazione degli assistenti sociali e senza alcuna settorializzazione all'interno dei po­tenziali utenti, indistintamente a tutti i cittadini abitanti sul territorio del distretto per risolvere con loro - indivi­dualmente e in gruppo - i problemi che si frappongono alla loro piena realizzazione come individui e come comu­nità. Con essi mantiene, individualmente e collettivamen­te, contatti sistematici e continui dai quali ricava gli ele­menti di conoscenza che, mentre aiutano l'intera équipe medico-sociale a risolvere i singoli casi, la mettono anche in grado di individuare i problemi più vasti che li determi­nano, problemi che possono divenire oggetto di approfon­dita indagine, allo scopo concreto di una loro efficace pre­venzione. Tale attività di indagine è coordinata dal servizio informativo dell'U.L. (vedi servizi generali) da cui proven­gono gli opportuni indirizzi e a cui arrivano contempora­neamente, dal distretto e attraverso i cinque settori di servizio sociale di U.L., indicazioni e proposte formulate a immediato contatto della realtà.

Fanno ancora parte del servizio sociale di base l'aiuto familiare e l'assistenza economica.

L'aiuto familiare è rivolto specialmente ad anziani, in­fermi, cronici, invalidi o soggetti comunque handicappati che vivono soli o con familiari impossibilitati ad assister­li, e a nuclei familiari con bambini la cui madre sia, per qualsiasi ragione, provvisoriamente impossibilitata a svol­gere le sue mansioni.

È attuato da 5 collaboratrici domestiche, integrate do­ve sia opportuno e possibile da volontari. Si propone di essere valida alternativa alla istituzionalizzazione soprat­tutto di anziani e di minori.

Per le prestazioni di carattere sanitario o igienico-sani­tario (bagno, pedicure, iniezioni, massaggi, ecc.) è colle­gato strettamente al servizio di assistenza domiciliare or­ganizzato presso l'ospedale o il poliambulatorio di U.L.

L'assistenza economica interviene con tempestività con aiuti straordinari in favore di individui o famiglie che si trovino in difficoltà. Il comitato di gestione dell'U.L. fissa i criteri di massima per l'erogazione degli interventi, che so­no resi possibili dall'esistenza del fondo messo ogni anno a disposizione del distretto. Rientra nei compiti di questo servizio anche lo svolgimento di pratiche volte a ottenere la concessione degli assegni mensili di Stato agli aventi diritto e le integrazioni eventualmente previste a livello locale.

Altri compiti del servizio sociale di zona sono: il man­tenimento dei rapporti con qualunque struttura sociale o paraospedaliera che venga utilizzata, per residenti nel di­stretto, al di fuori del territorio; il controllo di eventuali strutture sociali non gestite dall'U.L. che svolgano attività sul territorio del distretto.

c) Le attività svolte all'interno di strutture sociali gestite dall'U.L. sul territorio del distretto sono anch'esse servizi sociali di distretto. I dirigenti e gli operatori quali­ficati di tali strutture fanno parte, per i problemi che ri­guardano il loro settore, dell'équipe funzionale di distretto.

Alle prime cinque attività di base (medicina generale, pediatria, odontoiatria, assistenza farmaceutica e servizi sociali), svolte - come già detto - da operatori resi­denti di distretto, si aggiungono quelle altre attività spe­cialistiche svolte da operatori che arrivano ugualmente ai poliambulatori di base, ruotando però fra vari distretti.

Tali servizi specialistici sono:

 

1) Il servizio geriatrico

 

Consiste in visite e trattamenti effettuati di regola nel poliambulatorio di distretto, eccezionalmente - su richie­sta del medico generico o di altri operatori - a domici­lio. È direttamente collegato al settore ospedaliero geria­trico e al paraospedaliero, utilizza centri diurni e residen­ziali e il servizio di assistenza domiciliare.

 

2) Il servizio ostetrico-ginecologico

 

Consiste in visite e trattamenti ambulatoriali e, su ri­chiesta di altri operatori, domiciliari; è direttamente col­legato al reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale, e collabora anche all'attività di assistenza perinatale.

 

3) Il servizio per la salute mentale

 

Esegue visite e trattamenti ambulatoriali e domiciliari, effettua interventi preventivi, attua la guardia psichiatrica presso l'ospedale, dove si avvale o dispone anche di po­sti-letto per i trattamenti intensivi dei casi acuti. Opera co­me gli altri nel poliambulatorio di distretto, si avvale di centri diurni e residenziali, collabora strettamente con tutti gli operatori di distretto e specialmente con quelli che agiscono negli ambulatori scolastici e di fabbrica, effettua trattamenti individuali e di gruppo.

Fanno parte integrante di questo servizio gli operatori neuropsichiatrici dell'infanzia, per la cui attività si rinvia a quanto detto al paragrafo g) del «Servizio sanitario a livello di U.L.».

 

4) Il servizio di consulenza genetica, demografica, sessuale

 

Si attua con personale qualificato, in collegamento con istituti o centri specializzati. È un servizio a livello di U.L., decentrato come gli altri nei poliambulatori di distretto.

 

 

 

Schema C

Personale residente che opera a livello di distretto (distretto tipo di 5.000 abitanti)

 

Servizio

Tipo e numero degli operatori

Parametro

Attività

Strutture in cui operano

Medicina generale

3 medici

3 assistenti sanitari

1 ogni 1.500 ab­.

1 ogni 1.500 ab.

Visite ambulatoriali e domiciliari

visite periodiche preventive

vaccinazioni periodiche e straord.

tenuta archivio sanitario-sociale

 

Centro medico sociale

Pediatria

2 medici pediatri

2 assistenti sanitari

1 ogni 2.500 ab.

1 ogni 2.500 ab.

Visite ambulatoriali e domiciliari

assistenza perinatale

visite periodiche preventive

vigilanza su condizioni ambientali

vaccinazioni periodiche e straord.

Centro medico sociale, am­bulatori scolastici, asili ni­do e qualsiasi centro o struttura che accolga sog­getti in età evolutiva

Odontoiatria

1 medico odontoia­tra

1 infermiere odon­toiatrico

1 ogni 5.000 ab.

 

1 ogni 5.000 ab.

Visite e trattamenti ambulatoria­li, anche preventivi

Centro medico sociale ambulatori scolastici

Servizio farmacologico

2 farmacisti

2 coadiutori

1 ogni 2.500 ab.

1 ogni 2.500 ab.

Distribuzione farmaci

consulenza farmacologica ai medici

educazione sanitaria

Farmacia di distretto

Centro medico sociale

Servizio sociale

2 assistenti sociali

5 addetti assist. do­miciliare

1 addetto al Segre­tariato

1 ogni 2.500 ab.

1 ogni 1.000 ab.

 

1 ogni 5.000 ab

Segretariato

servizio sociale di zona

indagine sociale

assistenza domiciliare

Centro medico sociale

centri diurni e residenziali

N.B. - Sono qui previsti soltanto i tecnici inseriti stabilmente nel distretto. Sono da aggiungere, per ogni sede distrettuale, 1 segretario e 1 custode, a disposizione di tutti i servizi.

 

 

 

 

Schema D

Personale non residente che opera a livello di distretto (distretto tipo di 5.000 abitanti)

 

Servizio

Tipo e numero degli operatori

Parametro

Attività

Strutture in cui operano

Geriatria

 

1 medico geriatra

1 infermiere

 

15.000 ab.

 

Visite e trattamenti ambulatoriali

visite e trattamenti domiciliari su richiesta di altri operatori

interventi preventivi

Centro medico sociale

Centri diurni e residenziali

Settore geriatrico ospedal.

Ostetricia e ginecologia

 

1 medico ostetrico-ginecologo

1 ostetrica

 

15.000 ab.

 

Visite e trattamenti ambulatoriali

visite e trattamenti domiciliari su richiesta di altri operatori

interventi preventivi

Centro medico sociale

Settore ostetrico-ginecolo­gico dell'ospedale

Salute mentale

 

1 psichiatra

1 psicologo

1 operatore (infermie­re e altri)

1 neur. psichiatr. infan­tile

1 psicologo (età evolu­tiva)

1 fisioterapista

15.000 ab.

20.000 ab.

1.000 ab.

 

25.000 ab.

 

25.000 ab.

 

15.000 ab.

Guardia psichiatrica

visite e trattamenti ambulatoriali e domiciliari

trattamenti individ. e di gruppo

interventi preventivi

 

Centro medico sociale

Centri diurni e residenziali

Ambulatori scolastici e di fabbrica

Ospedale

Consulenza genetica demografica sessuale

 

1 esperto

 

50.000 ab.

 

Consulenza ambulatoriale

 

Centro medico sociale

 

Medicina del lavoro

 

1 medico

1 infermiere

1 tecnico

1.500 - 2.000 addetti all'industria

Visite ed esami ambulatoriali, ec­cezionalmente a domicilio

controllo degli ambienti di lavoro

interventi preventivi

Centro medico sociale

Ambulatori di fabbrica

 

 

 

 

5) Il servizio di medicina del lavoro

 

Consiste in visite ed esami ai lavoratori, al momento dell'assunzione e periodicamente, presso il poliambulato­rio di distretto e gli ambulatori di fabbrica, eccezionalmen­te a domicilio; in controlli degli ambienti di lavoro (com­presi i servizi di mensa, igienici ecc.) allo scopo di indi­viduarne per tempo qualsiasi elemento di nocività, fisica o psichica.

Per gli esami e i controlli clinici chimici e fisici il servi­zio utilizza l'ospedale dell'U.L. e - se necessario - l'o­spedale provinciale o regionale, o la sezione di igiene in­dustriale e medicina del lavoro di un laboratorio di secon­do livello. AI pari dei servizi già descritti, questo di medi­cina del lavoro opera nell'ambito del distretto, in collega­mento con tutti gli altri.

Le funzioni di igiene pubblica e soprattutto di medicina preventiva non costituiscono, in linea di massima e a li­vello di distretto, un servizio specifico, e non sono di competenza di un personale specializzato appositamente: esse sono compito di tutto il personale che opera a livel­lo dei distretti, secondo piani e programmi che saranno stabiliti a livello di U.L., in relazione alle specifiche com­petenze delle varie categorie di operatori.

Tutte queste attività - comprese naturalmente anche quelle specialistiche non descritte - si collegano e si saldano fra loro, sia quando i problemi sanitario-sociali di individui o di nuclei richiedono l’integrazione di determina­te competenze, sia quando problemi più vasti di gruppi o dell'intera comunità impegnano contemporaneamente tut­ti, o quasi tutti, gli operatori dei vari servizi.

Il collegamento e la saldatura delle molteplici attività si realizzano concretamente, a livello di distretto, attraverso un unico strumento: il metodo di lavoro, che vuole obbli­gatoriamente tutti gli operatori - residenti e non residen­ti - membri attivi dell'équipe funzionale di distretto. Que­sta équipe, formata sempre dagli operatori di medicina generale, pediatria e servizio sociale, affiancati sempre. secondo i casi, dagli operatori dei vari servizi e delle strut­ture del distretto, si riunisce periodicamente e sistematicamente per affrontare in comune i problemi del territorio con l'apporto e l'integrazione delle singole competenze.

Attraverso questa tecnica di lavoro orizzontale e attra­verso quella partecipazione di base di cui abbiamo estesa­mente parlato, i problemi che riguardano la salute e il be­nessere di una popolazione su un dato territorio possono aspettarsi risposte precise e globali, tese veramente alla loro concreta soluzione e soprattutto alla loro prevenzione.

Diverse dalle riunioni di équipe, ma non meno necessa­rie e obbligatorie a livello di distretto, saranno le riunioni degli operatori - sia sanitari che sociali - fatte con sco­pi più strettamente scientifici di aggiornamento tecnico e di reciproca informazione. Tali riunioni saranno più am­piamente sviluppate a livello di unità locale (v. servizi generali, par. E).

Per regolare l'andamento dei servizi e le attività dei numerosi operatori che si muovono nell'ambito di un distretto sarà necessaria, all'interno di ogni centro me­dico-sociale, la presenza continuativa di un applicato - se­gretario o segretaria di distretto - che coordini il per­sonale, ne segua gli orari di lavoro e di riunione, curi i collegamenti amministrativi con gli altri distretti e con I'U.L.

Altra attività, da aggiungere a quelle già descritte all'interno del distretto, è la costituzione e la tenuta dell'anagrafe sanitaria e sociale. Il distretto costituirà an­che la base di appoggio per attività particolari, quali in­dagini statistiche, epidemiologiche ecc., che gli organi dell'Unità locale ritengano necessario intraprendere (v. an­che attività d'indagine all'interno del servizio sociale pro­fessionale di zona).

 

Cap. 4 - Strutture dell'unità locale di sicurezza sociale

 

I servizi che abbiamo descritto nelle loro caratteristiche essenziali nel precedente capitolo si realizzano ai due li­velli - di U.L. e di distretto - all'interno di strutture pre­cise.

Esse sono:

1) sede centrale dell'U.L.

2) centro medico-sociale di distretto

3) ospedale e strutture paraospedaliere

4) laboratorio di analisi mediche e chimiche

5) poliambulatorio specialistico

6) strutture sociali

7) centro veterinario

8) farmacia

 

1) Sede centrale dell'unità locale

 

È il luogo dove si progetta la programmazione degli in­terventi e si esprime la volontà politica dell'organismo di gestione dell'intera U.L. Sono qui accolti: il comitato di gestione, il consiglio tecnico, il comitato di base dell'U.L., e gli uffici centrali dei cinque servizi funzionali che presie­dono, per ogni settore, al coordinamento di tutte le attivi­tà sanitarie e sociali che si svolgono sul territorio dell'U.L., e all’attuazione diretta di alcuni interventi.

Dovrà strutturarsi in modo tale da permettere sia lo svolgimento delle assemblee e riunioni pubbliche necessa­rie per l'attiva e costante partecipazione della popolazione alla gestione dell'U.L., sia l'attuazione dei seminari e la realizzazione dei centri di documentazione, indispensabili per l'aggiornamento e la formazione permanente del per­sonale, da attuare in collegamento con i servizi di secondo livello.

 

2) Centro medico-sociale di distretto

 

È qui soprattutto che si concretizzano i capillari servizi sanitario-sociali dell'U.L., ricomponendo unitariamente i lo­ro interventi. A questo scopo la distribuzione dei locali - siano essi costruiti appositamente, siano riadattati in edi­fici già esistenti - dovrà essere intelligentemente studia­ta in modo da favorire il più possibile, anche dal lato edili­zio, la facile comunicazione fra operatori e l'agevole pas­saggio degli utenti fra servizi diversi.

Il centro medico-sociale dovrà contenere gli uffici per il servizio di segretariato e per il servizio sociale profes­sionale di zona, e il poliambulatorio per i servizi sanitari.

Dovrà essere strutturato in modo tale e con dimensioni adatte da rendere possibile lo svolgersi delle varie attivi­tà - sia degli operatori residenti che degli operatori spe­cialistici non residenti - con frequenze e orari pienamen­te rispondenti alle esigenze e ai ritmi di vita delle popo­lazioni.

 

3) Ospedale e strutture paraospedaliere

 

Se - come si è detto - la caratteristica dell'ospedale è quella di strutturarsi in modo da soddisfare le esigenze di determinate comunità, la configurazione delle sue strut­ture edilizie non può che essere attuata all'insegna della massima flessibilità possibile: l'ospedale dovrà cioè es­sere un organismo in grado di darsi in ogni periodo di­mensioni e funzioni atte a corrispondere alle esigenze in atto all'interno delle aree a cui è destinato, sia che si tratti di aumentare le sue dimensioni per il sopravvenire di esigenze maggiori, sia che si tratti di utilizzare in modo diverso strutture dedicate a servizi che possono rivelarsi non più necessari.

L'organizzazione interna dovrà tener conto del necessa­rio superamento dell'odierna organizzazione istituzionale in «divisioni», per favorire invece criteri di assoluta fun­zionalità. Inevitabile a questo stesso scopo la riunificazio­ne funzionale dei servizi diagnostico-terapeutici (radiolo­gia, laboratorio di analisi, sale operatorie, ecc.), eliminan­do il loro attuale frazionamento tra le varie divisioni di specialità.

Coerentemente alla volontà espressa di superare i gra­vi attuali problemi derivanti da una errata sovrautilizzazio­ne del momento ospedaliero attraverso l'intelligente svi­luppo di moderni e efficienti servizi di riabilitazione, sono da prevedersi - in uno stretto rapporto di continuità-conti­guità con le strutture propriamente ospedaliere - le al­tre strutture cosiddette paraospedaliere, con cui si com­pleta il quadro delle strutture necessarie a coprire le esi­genze connesse alla cura e alla riabilitazione.

Superati i concetti di «convalescenziari» o «cronica­ri», si tenderà soprattutto a strutture «aperte», non emarginanti, volte soprattutto a risolvere il problema dei trattamenti successivi alla fase acuta di malattia.

 

4) Laboratorio di analisi mediche e chimiche

 

Le strutture laboratoristiche previste per I'U.L. saranno attrezzate per le analisi mediche necessarie al servizio sa­nitario, per le ricerche nel campo dell'igiene tradizionale, e per i controlli e gli esami diagnostici relativi al settore veterinario: analisi, ricerche e controlli tutti dei tipi già descritti a proposito dei servizi laboratoristici dell'U.L.

Saranno strutture molto flessibili, dislocate secondo le situazioni e le necessità dei vari territori: presso l'ospe­dale, quando questo si trovi sul territorio dell'U.L., o co­munque ben collegato attraverso facili vie di comunica­zione; più frequentemente presso il poliambulatorio spe­cialistico che, in assenza dell'ospedale, sarà la struttura più adatta per ospitare il servizio laboratoristico.

Le strutture laboratoristiche veterinarie faranno invece direttamente parte del centro veterinario, o dei pubblici macelli quando questi siano stati debitamente ristruttu­rati.

 

Strutture dell'Unità Locale di Sicurezza Sociale

 

SEDE CENTRALE DEI SERVIZI

(1. Servizi generali; 2. Servizio veterinario; 3. Servizio ecologico e igiene pubblica;

4. Servizio sanitario; 5. Servizi sociali)

 

CENTRO VETERINARIO

LABORATORIO

Analisi mediche e chimiche

OSPEDALE

Strutture paraospedaliere

 

POLIAMBULATORIO SPECIALISTICO

STRUTTURE SOCIALI

(asili nido, case-famiglia, case-albergo, mense, laboratori protetti, biblioteche, piscine, palestre, aree verdi attrezzate)

 

distr.

centro

medico

sociale

farmacia

distr.

centro

medico

sociale

farmacia

distr.

centro

medico

sociale

farmacia

distr.

centro

medico

sociale

farmacia

distr.

centro

medico

sociale

farmacia

distr.

centro

medico

sociale

farmacia

distr.

centro

medico

sociale

farmacia

distr.

centro

medico

sociale

farmacia

distr.

centro

medico

sociale

farmacia

10° distr.

centro

medico

sociale

farmacia

 

 

5) Poliambulatorio specialistico di unità locale

 

In questa struttura si esplica l'attività medica speciali­stica già descritta. Tale struttura, da prevedersi in nume­ro di una ogni 25.000 abitanti, è dotata di tutte le apparec­chiature necessarie per esami radiologici, elettroencefalo­grafici, elettrocardiografici, oculistici, otorinolaringoiatrici, odontoiatrici, ecc. ecc.

Quando manchi l'ospedale sul territorio dell'U.L. è op­portuno che il poliambulatorio sia potenziato in personale, attrezzature e dimensioni, per svolgere alcune funzioni normalmente svolte dall'ospedale quali ad esempio il pronto soccorso e la guardia medica.

 

6) Strutture sociali

 

Si tratta di tutte quelle strutture di cui dovrà essere dotata I'U.L. per garantire efficienti servizi sociali, aperti a tutti, che non ripetano l'incivile equivoco delle case e degli alberghi «popolari», delle mense «economiche», e di tutte le altre strutture selezionatrici ed emarginanti.

Le più importanti sono:

- asili nido

- gruppi e case-famiglia

- case-albergo

- mense

- centri diurni (esternati di vario tipo)

- laboratori pre-professionali e protetti

- aree attrezzate per attività sociali (medico-sportive, ricreative, culturali, ecc.)

- soggiorni estivi o invernali (da organizzare eventual­mente anche al di fuori del territorio dell'U.L.)

Impossibile precisare, in astratto, quante e quali strut­ture potranno essere previste in una U.L., anche in rap­porto alla sua popolazione. Ogni unità locale si doterà de­gli strumenti indispensabili a garantire i servizi essenziali per i suoi abitanti, secondo le esigenze di ogni zona e se­condo le scelte prioritarie proposte dal distretto e verifi­cate a livello di U.L., in base anche alle risorse finanziarie disponibili. Quello che importa è che le strutture di cui si parla siano dotate di personale sufficiente e preparato, e assicurino al loro interno l'attuazione di un'assistenza va­lida, completa, mai settorializzata.

 

7) Centro veterinario (omissis).

 

8) Farmacia (omissis).

 

 

Cap. 5 - Fase transitoria e obiettivi intermedi

 

L'organizzazione ipotizzata nel modello è - come già detto - un obiettivo di programmazione a medio e lungo termine che sarà pertanto soggetto a revisioni per ora imprevedibili, rese necessarie dagli sviluppi della situa­zione generale e dalla sperimentazione.

Per la programmazione a breve termine è indispensabi­le una fase transitoria che partendo dalla realtà attuale, sia di leggi che di risorse esistenti o realizzabili in bre­ve tempo, metta immediatamente in atto il processo di at­tuazione delle unità locali di sicurezza sociale, puntando decisamente alla loro completa realizzazione attraverso ben definite tappe intermedie.

Contenuto fondamentale di questa fase transitoria è la concreta e graduale sperimentazione delle attività e dei metodi di lavoro proposti dal modello, sperimentazione che non è solo strumento di verifica del modello stesso, ma anche e soprattutto lievitazione e maturazione della realtà nella direzione ipotizzata dagli obbiettivi finali. La verifica del modello deve comprendere, oltre all'analisi della validità delle proposte attinenti al primo livello, an­che una precisazione dei rapporti di questo con il secondo livello, e dei contenuti di quest'ultimo.

Dati gli enormi divari attualmente esistenti tra le real­tà delle varie zone, o dei diversi comuni anche all'interno di una stessa zona, non è possibile indicare dettagliata­mente, e in modo valido per tutti, i momenti precisi di tale sperimentazione. È possibile però individuare alcune linee generali, entro le quali tale sperimentazione potrà effettuarsi ovunque validamente.

Il punto fondamentale da cui tali linee potranno muo­versi è quello di una precisa conoscenza della realtà: bi­sogna rendersi conto con precisione di quello che esiste, di quanto ciò che esiste può essere utilizzato validamente nel quadro della legislazione attuale, e di come può esse­re fin da ora riorganizzato e arricchito entro limiti di tem­po ragionevolmente brevi.

Carattere prioritario, all'interno di queste linee genera­li, deve assumere lo sviluppo di tutte le attività preventi­ve, sia in campo sanitario che sociale, tendendo fin da ora a realizzare l'unitarietà dell'intervento medico e di quello sociale attraverso il coordinamento degli enti e delle strutture operanti sul territorio.

Parallelamente; anche in funzione di questo sviluppo della prevenzione, si dovrà tendere a realizzare in modo graduale quella partecipazione che è un momento essen­ziale del modello proposto. Anche se una partecipazione così piena e diretta può sembrare utopistica in molte del­le realtà attuali, non si può per questo rinunziarvi o mi­nimizzarne l'importanza fondamentale: utopistica sarebbe invece la possibilità di una efficace prevenzione - in tut­ti i campi - se non se ne investisse capillarmente la po­polazione così da farne, come deve essere, la protagoni­sta. Anche qui, come per gli altri aspetti, si tratterà di te­ner presenti la situazione attuale e la maggior o minore capacità delle popolazioni all'autogestione, e di partire realisticamente da questo stato di fatto sperimentando formule di partecipazione anche diverse e riduttive, pur­ché finalizzate al raggiungimento progressivo degli obbiet­tivi posti dal modello. Così, in questa fase intermedia, nelle zone in cui non è ipotizzabile ad esempio la gestio­ne vera e propria del distretto da parte delle assemblee, sarà logico e possibile prevedere organi di gestione mi­sti, formati in parte da membri eletti dalle assemblee, sia della zona che delle fabbriche, e in parte da organismi (consigli di zona, organismi sindacali dei lavoratori) già operanti in quel territorio.

Di queste linee generali entro cui la fase transitoria dovrà muoversi fanno parte momenti importanti che ap­partengono alla Regione, ai Comuni e alle Province.

Un momento che, in questa fase intermedia, riguarda contemporaneamente Regione, Province e Comuni, è quel­lo essenziale della finalizzazione dei bilanci al raggiungi­mento degli obbiettivi individuati, e dell'utilizzazione del personale già disponibile in vista degli stessi obbiettivi.

Pertanto tutti gli stanziamenti che all'interno dei vari bilanci sono previsti per spese di carattere sanitario e assistenziale vanno organicamente finalizzati alla graduale realizzazione delle attività previste dal modello. Lo stesso vale per il personale attualmente operante nei settori sa­nitari e assistenziali, alle dipendenze degli stessi enti. Per l'assunzione di nuovo personale, nei posti che via via possono rendersi vacanti, vanno tenuti presenti gli ob­biettivi della nuova organizzazione e le figure professio­nali previste dal modello, evitando una passiva sostituzio­ne di figure ormai superate (come ad esempio l'infermie­re psichiatrico concepito solo come sorvegliante, l'ostetri­ca che non operi nel campo della prevenzione, l'assisten­te sociale utilizzata in attività strettamente settoriali) e il conseguente incremento della già onerosa opera di ri­qualificazione che l'attuazione del modello comporta.

In altri momenti della fase transitoria si possono indi­viduare per la Regione, le Province e i Comuni, responsa­bilità precise che fanno parte del ruolo che ognuno di questi enti assume nel processo di graduale attuazione delle unità locali di sicurezza sociale.

 

Ruolo della Regione

 

Alla Regione, in questa fase transitoria, appartengono i momenti essenziali per l'avvio di tutto il complesso mec­canismo riformatore. Accenniamo solo alle principali ini­ziative che la Regione dovrà varare a questo scopo, fra le quali le più significative si possono individuare nelle seguenti:

1) emanazione della legge di delega dei poteri in ma­teria di sanità e assistenza sociale. Attraverso la gestione di tali poteri delegati e di quelli già di loro competenza, le comunità locali possono concretamente dare inizio al­la realizzazione delle unità locali, così come vengono ipo­tizzate nel modello;

2) predisposizione di uno statuto-tipo di consorzio, quale strumento fondamentale da fornire alle amministra­zioni locali per facilitare e accelerare il processo di ag­gregazione tra comuni nei casi in cui ciò risulti necessa­rio. Tale statuto-tipo dovrà prevedere l'organizzazione dei poteri già in possesso delle Amministrazioni comunali in materia sanitario-assistenziale, quelli che la Regione si appresta a delegare, e quelli attualmente in possesso delle Amministrazioni provinciali per cui si ritiene neces­saria una organizzazione a livello di base. Tutti i poteri cui si è accennato dovranno trovare nello statuto-tipo una formale sistemazione che rappresenti una prima esplici­tazione delle ipotesi contenute nel modello;

3) predisposizione della suddivisione territoriale che definisce gli ambiti entro i quali organizzare i servizi sa­nitari e sociali di base;

4) predisposizione di un censimento completo delle strutture e dei servizi sanitari e di assistenza sociale esi­stenti nel territorio regionale, quale base per attuare gli interventi programmati;

5) predisposizione di un'accurata indagine epidemiolo­gica atta a rilevare la natura, la consistenza, la localizza­zione, lo sviluppo dei fenomeni nosologici;

6) predisposizione di piani settoriali, quali quello per il settore ospedaliero, per i problemi dell'assistenza socia­le, per la formazione professionale ecc., che tendano alla definizione puntuale dei problemi e delle soluzioni neces­sarie da approntare a livello regionale o locale;

7) la predisposizione, infine, di un primo programma organico, finalizzato alla realizzazione graduale delle uni­tà locali. In esso dovranno essere previste le modalità concrete attraverso cui operare un'attiva azione di coordi­namento di tutti gli enti che hanno attualmente compe­tenze nei settori della sanità e dell'assistenza sociale. Si dovrà infatti impedire per quanto possibile che l'azione di enti sanitari e assistenziali nazionali (Istituti mutualistici, ONMI, ENAOLI, ENPI, INAIL, ecc.) e locali (Casse mutue aziendali, Enti ospedalieri, ECA, Patronati scolastici, Con­sorzi, ecc.) contraddica nella sostanza le linee politiche e tecniche espresse in generale dalla programmazione re­gionale e in particolare dal modello di unità locale pro­posto.

 

Ruolo delle Province

 

Nella fase transitoria dovrà essere valorizzato il ruo­lo di stimolo, consulenza e coordinamento delle Province nei confronti delle Amministrazioni comunali, per accelera­re il processo di formazione delle U.L. e favorire il con­creto avvio delle attività previste nel nuovo tipo di orga­nizzazione.

Il rapporto di collaborazione che si deve instaurare tra comuni e province in questo campo deve servire in parti­colare a iniziare il processo di decentramento di una serie di attività sanitarie e assistenziali finora compito specifico della Provincia, quali ad esempio i servizi psichiatrici e di salute mentale, quelli assistenziali, quelli di medicina pre­ventiva, e altri che hanno la loro naturale collocazione a livello dell'unità locale di sicurezza sociale.

In questo processo di decentramento le unità locali in fase di organizzazione cominciano così a disporre di una parte di quegli operatori sanitari e sociali e di quelle strutture che il modello prevede.

Ruolo particolare assumono le province nella fase di in­dividuazione delle risorse e dei bisogni, e nella elabora­zione, da parte di comuni e di consorzi di comuni, dei pia­ni sanitario-sociali; ruolo che non deve essere concepito come un sostituirsi della Provincia agli amministratori e operatori dei Comuni ma come una collaborazione tenden­te a dare unitarietà di indirizzi e di metodi, nel quadro delle linee tracciate a livello regionale.

 

Ruolo dei Comuni

 

Anche nella fase transitoria i Comuni mantengono un ruolo decisivo. Sono essi che, in base alla zonizzazione concordata con la Regione, organizzano i loro territori ad accogliere e realizzare gradualmente l'unità locale.

In caso di unità locale pluricomunale i Comuni rendono operante lo strumento approntato dalla Regione nello sta­tuto-tipo, e si aggregano dando vita ai consorzi sanitario­sociali previsti; in caso di unità subcornunali il grande co­mune (che è quello interessato a questo tipo di U.L.) av­via o accelera il suo decentramento politico-amministrati­vo; in caso di unità unicomunale, in cui territorio del co­mune e dell'U.L. coincidono, il processo è ancora più sem­plice non richiedendosi nessuna preliminare operazione di aggregazione o decentramento.

Una volta che i comuni abbiano così organizzato i loro territori, il passo successivo dovrà essere per tutti quello di coordinare sistematicamente strutture e forze sanitario­sociali esistenti, cominciando già a organizzarle in di­stretti e a colmarne le lacune più sensibili. In pratica si tratterà di mettere a punto dei veri piani sanitario-sociali (consortili o comunali) con:

1) l'analisi delle strutture e dei servizi esistenti,

2) la previsione di quelli necessari, sulla base dell'in­dividuazione dei bisogni in atto e prevedibili,

3) la delimitazione dei distretti medico-sociali, secondo le linee tracciate nel modello e verificate attentamente nella realtà­

Nella formulazione di tali piani dovranno essere coinvol­ti gli operatori locali, possibilmente organizzati in quei gruppi di studio comunali e comprensoriali che la Regione attualmente promuove e le Province appoggiano e coordi­nano.

Si tratterà poi di passare all'operazione più difficile e importante: organizzare quello che già esiste, di strutture e personale, all'interno delle unità locali e dei distretti medico-sociali appena identificati, per iniziare ad attuare i servizi delineati nel modello.

In questa fase intermedia è importante che i comuni abbiano chiari gli obbiettivi a cui si vuole - e si può - dare immediata precedenza: tali obbiettivi prioritari non possono che essere quelli stessi a cui abbiamo finalizza­to tutto il modello, e cioè:

1) l'impulso decisivo da dare agli interventi preventivi, e la maturazione di un'autentica partecipazione da favorire nelle popolazioni;

2) l'unitarietà d'intervento da attuare in campo sanita­rio-sociale, realizzando fino da ora, nei limiti consentiti dalla situazione reale, quel lavoro di gruppo multidiscipli­nare che è la struttura portante di tutto il modello.

Chiariti gli obbiettivi, c'è da mobilitare su questi le for­ze disponibili, quelle già in mano ai Comuni (Uffici Sanita­ri e di Assistenza, Condotte mediche, ostetriche, veterina­rie) o a Consorzi di Comuni o fra Comuni e Provincia (Consorzi antitubercolari, Consorzi per la medicina scola­stica, per la lotta contro i tumori, per l'assistenza a sub­normali, spastici, ecc.), quelle in mano alle Province (ser­vizi psichiatrici e di salute mentale, servizi di medicina preventiva, servizi di assistenza a illegittimi, ciechi e sor­domuti, minorati psichici, spastici, poliomielitici, ecc.), e quelle che, anche se appartenenti agli enti più diversi, sono aperte a questo discorso concretamente nuovo (11). Si tratta, in sostanza, di recuperare mezzi e personale finora disorganicamente dispersi sul campo della sanità e della assistenza pubbliche, per cominciare da qui a con­figurare e realizzare concretamente l'organismo dell'unità locale coi suoi bene integrati settori di servizi.

Nelle strutture in cui già Province e Comuni - o con­sorzi fra questi enti - gestiscono i loro servizi sanitari e sociali dovrebbero organicamente concentrarsi i nuovi ser­vizi. A tale scopo potrebbero essere utilizzati ad esempio gli ambulatori comunali, debitamente ristrutturati, avvian­do così quelle nuove attività che devono prefigurare i compiti del centro medico-sociale di distretto. Nelle strut­ture più ampie già disponibili si potrebbero prefigurare i futuri poliambulatori specialistici di U.L.

Anche ai medici mutualistici si dovrebbe offrire la pos­sibilità di svolgere il più possibile le loro attività presso queste strutture, per incoraggiare fin da ora il formarsi di quei gruppi di lavoro dalla cui organica e coordinata colla­borazione dipendono lo sviluppo e l'affermazione di que­sto nuovo modo di porsi di fronte ai problemi della salute e del benessere delle popolazioni.

 

 

 

(1) Art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana.

(2) Politica sociale e servizi sociali: proposte di un gruppo di assistenti sociali delle amministrazioni provinciali lom­barde; luglio 1971, ciclostilato, pag. 1.

(3 È questa la definizione contenuta nel preambolo della Costituzione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Sono però da tenere presenti le critiche del prof. A. Seppilli che, considerando tale definizione troppo statica e soggettiva e intendendo sottolineare l'aspetto dinamico della salute, preferisce la seguente definizione: «La salute è una condizione di armonico equilibrio funzionale, fisico e psichico, dell'individuo dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale» (v. SEPPILLI, MORI, MODOLO, Significato di una riforma, Ed. Il pensiero scientifico, Roma 1972, pag. 6).

(4) Dal documento «Regione e riforma sanitaria» approvato dalle delegazioni di consiglieri e assessori alla sanità delle Regioni: Abruzzo, Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Veneto, Umbria, Toscana. - Bologna, 2 febbraio 1971.

(5) V. art. 36 della Costituzione.

(6) V. art. 38 della Costituzione.

(7) V. art. 5 e 9: Disposizione transitoria della Costituzione.

(8) Anche la Regione Emilia-Romagna nel proprio documento programmatico sottolinea l'importanza di forme di ge­stione diretta: «Dovrà essere favorito il regime assembleare, ogni volta che esso potrà trovare forma reale di espressione». L'ambito territoriale in cui questo viene ritenuto possibile è - sempre secondo lo stesso documento - l'area elementare (circa 1500 abitanti) o il distretto sanitario (secondo gli emiliani di circa 15.000 abitanti). Vedi «Sanità, assistenza e tutela dell'ambiente» - Linee programmatiche del dipartimento sicurezza sociale, a cura dell'Ufficio Programmazione della Regione. Bologna 1972, n. 9.

(9) I limiti di età proposti dal modello non vanno mai intesi come barriere rigide per l'utilizzazione dei servizi e delle prestazioni sia sanitarie che sociali, ma come indicazioni di massima per gli operatori.

(10) Si intendono qui tutti i trasporti, compresi quelli per scolari, anziani, handicappati, ecc.

(11) Valide indicazioni su come utilizzare le forze sanitarie esistenti per lo sviluppo delle attività preventive, nel quadro dell'attuale legislazione, sono contenute nella «Proposta di Regolamento per Consorzi Sanitari» a cura dell'Ammi­nistrazione provinciale di Firenze. Di tale documento si è tenuto conto, anche se le ipotesi delineate nel modello qui pre­sentato sono diverse per le forme di gestione dell'U.L. che si sono proposte e per il campo di intervento che è stato esteso dalla sola sanità anche all'assistenza sociale.

 

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