Prospettive assistenziali, n. 23, luglio-settembre 1973

 

 

ATTUALITÀ

 

IL VOLONTARIATO FRA ADOZIONI E CANASTE

 

 

Il 28 ottobre 1972 a Milano, promosso dal grup­po milanese del «Servizio volontario per le ado­zioni» presso il tribunale per i minorenni, si è tenuto un convegno al quale hanno partecipato i servizi volontari di molte città. L'incontro patroci­nato dal Rotary Club, che, sostenendoli economi­camente, potenzia questi servizi volontari, aveva lo scopo di propagandare presso operatori socia­li, magistrati e autorità questo servizio volontari operante ormai a Milano, Genova, Trieste, Napoli, Palermo e che tende a costituirsi anche in altre città. Questi servizi sorti un po' alla chetichella, le cui basi furono gettate già nel 1970 in una ta­vola rotonda del Soroptimist Club e del Rotary Club allo scopo di ovviare alle carenze dei tribu­nali minorili nell'applicare la legge dell'adozione speciale, affiancandosi ad essi, rischiano di co­stituire oggi un nuovo ente che viene ad alimen­tare la proliferazione già spaventosa di quelli esi­stenti (40.000). E ciò è ancor più pericoloso e provocatorio dal momento che essendo stata l'as­sistenza delegata alle Regioni. essi dovrebbero sparire per far posto alle unità locali dei servizi. Questo pericolo da noi sostenuto sin dal princi­pio è stato ribadito più volte dal Presidente dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affi­datarie, che non ha nascosto la sua opposizione ai servizi volontari per l'adozione operanti presso alcuni tribunali per i minorenni: «perché essi tendono a portare in seno ai tribunali per i mino­renni una materia come gli abbinamenti difficili e l'affidamento familiare che sono interventi di natura sociale; perché tali servizi nascono da una visione distorta dalla realtà che parte dai minori già in istituto con atteggiamenti punitivi nei con­fronti dei genitori indegni, come se si aspettasse che i ragazzi finiscano in istituto per poterli poi salvare con l'adozione». Che questo sia vero è confermato dalla relazione di Batistoni Ferra­ra (1) che, esaminate alcune pratiche svolte dall'ufficio volontario presso il tribunale per i mino­renni di Genova, osserva che la valutazione delle fonti di informazione sull'idoneità morale data dalle richiedenti investe aspetti del tutto o alme­no in grandissima parte estranei alla valutazione di pronuncia di adozione: «le signore compo­nenti l'ufficio volontario dichiarano di ritenere il proprio compito espressione di carità e attività di beneficenza e questa impostazione, anche se sentita in perfetta buona fede, si traduce in un costante atteggiamento moralistico nei confronti dei genitori dei minori...» «mentre per quanto ri­guarda la richiesta dell'assenso il tono usato è spesso quello dell'intimidazione, reso possibile dalla miseria e dall'ignoranza delle persone con­vocate»... «Non sono mai stati fatti tentativi per indurre i genitori naturali a stabilire normali rap­porti con i loro figli sul presupposto, in alcuni casi, che la condotta immorale dei genitori co­stituisce un danno gravissimo per i minori»... «L'ignoranza è assunta costantemente a para­metro dell'incapacità di educazione dei figli».

Questo per quel che riguarda Genova. Vediamo come invece si comportano a Trieste le signore «bene» del Soroptimist. Ce ne parla il mensile friulano di informazione Quattrogatti (2) in un divertente articolo «Tra una canasta e l'altra». Pare infatti che tra una canasta e l'altra sia avve­nuto il lancio di questa iniziativa triestina che purtroppo ha avuto non solo l'appoggio ma anche un finanziamento dalla Regione. Anche qui il co­mitato è ristretto e si costituisce senza troppa pubblicità; solo a cose fatte si presenta ad un pubblico di notabili e alle autorità perché ne sia sancita l'iniziativa. Scrive il giornale Quattrogat­ti: «La presentazione dell'iniziativa mette in evi­denza ancora una volta la connivenza delle auto­rità e del potere politico con gli ambienti più rea­zionari dove la tendenza alle soluzioni verticisti­che e paternalistiche al di sopra della base, ap­paiono più che naturali»... «A far parte del Centro verrà chiamata la vice presidente dell'O.N.M.I., responsabile dell'Ente stesso. Sotto la sua gestione si è avuta una larga fuga di notizie riservatissime su un minore in stato di abbando­no affidato all'O.N.M.I. e che ha provocato una denuncia penale contro ignoti presentata alla Pro­cura della Repubblica di Udine e di Trieste da parte dell'A.N.F.A.A.». Vale poi la pena di medi­tare le parole del Prefetto di Trieste sempre ri­portate dal giornale: «Ci sono dei compiti di con­torno affidati alle varie associazioni culturali, sportive, combattentistiche (!) tutte con scopi nobili e che hanno bisogno di essere sostenute perché lo stato democratico si affida al conforto, alla buona volontà dei cittadini».

Contro questo genere di conforto prendono po­sizione l'U.D.I. di Trieste e un folto gruppo di operatori sociali che ribadiscono «non doversi usare l'adozione come copertura di carenza dell'assistenza» e concludendo sull'equivoco dei bambini in istituto adottabili: «Il numero molto alto dei minori che sono in istituto dipende dalle scelte di politica assistenziale degli enti per l'in­fanzia O.N.M.I., Provincia, E.N.A.O.L.I. Essi infatti nell'assistere i minori ricorrono in prevalenza al ricovero, il più delle volte anche in modo indiret­to senza assumersene la responsabilità, pagan­do delle rette spesso basse ad istituti. Il nume­ro potrebbe invece esser ridotto con servizi so­ciali per ragazze madri, alloggi, centri aperti di aiuto psicologico e sociale; per i bimbi, asili ni­do, scuole a tempo pieno, mense, centri sociali». Troppo pochi invece i magistrati che hanno moti­vato la loro più o meno retta opposizione, ad un ta1e servizio (quelli di Bologna, Torino, Lecce e Firenze). Gli altri hanno perso l'occasione per sottolineare che l'offerta dei Rotary Club va ri­fiutata in quanto debbono essere i pubblici pote­ri a provvedere all'adeguamento degli organici del personale ausiliario, assistenti sociali, can­cellieri, personale esecutivo. Questa carenza del servizio adozioni sia a livello di tribunali che a li­vello di operatori sociali è stato invece sottoli­neato dal Presidente del tribunale di Milano dr. D'Orsi per elogiare il Centro Volontario di Milano qualificandone l'efficientismo ed il professio­nismo (quattro anni di esperienze). È completa­mente sfuggita al magistrato la dimensione so­ciale del problema, che, superando il tema dell'adozione, diventa presa di coscienza del proble­ma generale dei bambini in Istituto. Quando il magistrato di Lecce parla dell'emigrazione come causa di sostanziale abbandono dei bambini nel suo paese sottintende un aspetto politico che il Rotary Club non affronta. E questa posizione pri­vatistica dell'adozione ne fa «uno strumento di risanamento sociale con il trasferimento di bam­bini da famiglie economicamente e culturalmen­te più misere, a quelle “più desiderabili”, men­tre sembra evidente che lo Stato non può assu­mere a regola delle proprie azioni un'attività che si traduce in forme di oppressione di cittadini, forse colpevoli, ma certamente poco favoriti dal­la sorte» (Batistoni). Riguardo poi alle caratte­ristiche del volontariato che tali private associa­zioni si danno, sarebbe bene riportarsi all'origine di esso. Nato nei paesi riformati come diretta risposta della società ai problemi posti dallo svi­luppo industriale, si sviluppò nell'ottocento so­prattutto in Inghilterra, dove abbandonò, via via l'ideologia vittoriana con la tradizionale distin­zione tra poveri meritevoli ed immeritevoli sino ad introdurre i principi della responsabilità dello Stato e originando così un processo irreversibile di interventi statali (3). I primi anni del '900 se­gnano infatti in Inghilterra un momento assai im­portante nell'evolversi della concezione della re­sponsabilità statale nei confronti del benessere dei cittadini: disoccupazione, malattie, causa di povertà e di abbandono sono un problema che riguarda la società nel suo insieme e che non può esser risolto can la carità privata. In Germania, Achinger, un noto esponente del lavoro so­ciale, sottolineando il bisogno dell'apporto del volontariato, senza mettere in dubbio il carattere di professionalità che devono assumere le pre­stazioni fornite a chi ha bisogno dell'aiuto della società, così si esprime: «Il volontariato non deve alleggerire i compiti di un personale dei servizi sociali notoriamente sovraccarico di lavo­ro»... «in realtà l'importanza del volontariato sta nel fatto che questa figura costituisce il tramite per sensibilizzare l'intera popolazione ai proble­mi sociali, per dimostrare che tutti siamo parte della stessa società» (4).

Il lavoro volontario quindi non dall'alto al bas­so come elargizione di beneficenza o copertura di cattiva coscienza, ma come presa di coscienza da parte della base della necessità di mettersi a disposizione delle strutture assistenziali esi­stenti per rinnovarle, come primo passo per la gestione diretta da parte degli utenti dei servizi stessi.

 

 

 

(1) BATISTONI FERRARA, Sezione ligure dell'Unione italiana per la promozione dei diritti del minore e per la lotta con­tro l'emarginazione sociale.

(2) QUATTROGATTI, Mensile friulano di informazione e dialogo ecclesiale, Via S. Rocco 14/16, Udine.

(3) BEVINDGE, L'azione volontaria, Comunità. Milano. 1954.

(4) H. ACHINGER, Deutschen Verens für öffentliche und private Fürsorge, Frankfurt, 1965.

 

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