Prospettive
assistenziali, n. 23, luglio-settembre 1973
NON SIAMO I SOLI A
DIRLO
COESISTENZA TRA ADOZIONE SPECIALE E ADOZIONE
ORDINARIA? (1)
La legge sulla adozione
speciale ha ormai cinque anni di vita ed è pertanto possibile tracciare un
bilancio sia dei risultati statistici realizzati che dei problemi interpretativi
sollevati dalla legge in questione (...) .
Il primo problema che deve essere
affrontato da un punto di vista generale è se sia opportuna la coesistenza tra
l'istituto della adozione speciale e quello della
adozione ordinaria.
La giurisprudenza sul punto è
apparsa profondamente divisa: mentre alcuni tribunali
(Milano, 7 giugno 1968; Napoli, 2 agosto 1968) hanno affermato il diritto dei
minori in stato di abbandono di essere collocati presso coppie che richiedono
l'adozione speciale, le Corti di Appello (Napoli, 7 dicembre 1968) hanno
affermato - richiamandosi al testo della legge ed ai lavori preparatori - il
generale principio della coesistenza dei due istituti anche nei confronti dei
minori in stato di abbandono.
Il problema della opportunità
della coesistenza dei due istituti ha però una latitudine molto più ampia e non
può limitarsi al problema della possibilità di adozione ordinaria per un
minore che si trovi in un concreto ed attuale stato di abbandono. L'esistenza
dello strumento della adozione ordinaria può portare infatti ad una consegna del minore da parte del
genitore naturale a terzi prima che la situazione di abbandono sia stata
accertata o prima che la stessa si sia compiutamente verificata, anche se
attraverso la dazione del minore in adozione ordinaria il genitore realizza un
sostanziale e talvolta definitivo abbandono del minore.
Appare innanzitutto
necessario partire da un esame delle finalità che lo strumento giuridico della
adozione ordinaria intende perseguire, per vedere se nella attuale situazione
sociale tali finalità siano meritevoli di tutela. Deve in proposito rilevarsi
che se la finalità è quella «di procurare all'adottato il beneficio
patrimoniale di poter essere erede legittimo o legittimario dell'adottante oltre
che dei propri genitori e degli altri propri parenti» (Cass. 5 novembre 1959,
n. 3277) la finalità non appare più meritevole di tutela, una volta
riconosciuto - come oggi si riconosce - che la famiglia ha senso nella attuale società come comunità affettiva e strutturante
e non come centro patrimoniale di interessi. Chi vuole trasmettere il proprio
patrimonio ad un altro può ricorrere agli appositi
istituti testamentari senza usare un mezzo abnorme rispetto al fine come è
quello di assumere nella propria famiglia un nuovo soggetto nei confronti del
quale non si vogliono assumere quegli impegni affettivi e quelle funzioni che
caratterizzano un autentico rapporto familiare. In effetti
con l'adozione usata come mezzo di trasmissione del patrimonio si tende
essenzialmente a eludere il pagamento delle tasse di successione nella misura
prevista dalle norme vigenti nel caso di trasferimenti di ricchezze tra
estranei: ma una simile finalità non sembra affatto meritevole di alcuna
tutela giuridica.
Se invece la finalità che si intende raggiungere con lo strumento della adozione
ordinaria è quella di dare un figlio a chi ne è privo, deve rilevarsi come
giustamente la legge sulla adozione speciale abbia completamente capovolto
l'ottica con cui si guardava tradizionalmente al fenomeno della introduzione di
un bimbo in una famiglia diversa da quella che lo ha generato: l'ordinamento ha
oggi finalmente affermato che l'unico diritto che appare meritevole di tutela
è quello del minore che cerca nella famiglia l'ambiente ideale per uno sviluppo
armonico della sua personalità e non il diritto dell'adulto ad ottenere la
gratificazione di un figlio che normalmente non ha potuto avere.
Può pertanto riconoscersi che le
tradizionali finalità che l'ordinamento giuridico intendeva perseguire
attraverso lo strumento della adozione ordinaria non
sono affatto meritevoli di tutela. Si deve anzi aggiungere che la coesistenza
dell'istituto della adozione ordinaria con quello
della adozione speciale è causa di notevoli inconvenienti. Innanzi tutto perché
autorizza il genitore naturale che vuole disfarsi
sostanzialmente del proprio figlio a porre lo stesso in vendita consegnandolo
o a chi offre di più o a chi - a parere insindacabile e spesso interessato del
genitore - appare più capace di soddisfare esigenze del genitore più che
esigenze del minore.
Ancora una volta i minori finiscono
con l'essere considerati «cosa» più che soggetti d
diritto ed essere utilizzati dagli adulti in funzione di esigenze che nulla
hanno a vedere con gli autentici bisogni del minore. L'operatore del diritto in
questo settore ben conosce le assurde scelte fatte da genitori naturali che
consegnano i propri figli a persone assolutamente inadeguate sul piano
pedagogico ed affettivo solo perché appaiono ben provvedute sul
piano economico; ben conosce certe motivazioni che sono sottostanti
all'adozione ordinaria (avere una «servetta» a cui
può non esser dato uno stipendio o aver una «infermiera» che assista nella
vecchiaia incipiente); ben conosce le prospettive di futuri ricatti sul piano
economico ed affettivo che sono alla base di certi consensi all'adozione
ordinaria espressi da genitori naturali.
Le conseguenze di questo
assurdo stato di cose ricadono tutte sui minori: che si vedono
assegnare per tutta la vita a persone incapaci sul piano psicologico e
pedagogico; che si vedono praticamente «venduti» al migliore offerente; che
acquisiscono spesso dei «nonni» più che dei «genitori» di cui invece hanno
estremo bisogno; che vengono spesso dilacerati sul piano affettivo dalla
contemporanea presenza di due padri o di due madri che si contendono il loro
affetto.
Inoltre la coesistenza dei due
istituti - e la conseguente limitazione della possibilità di adozione
speciale ai minori di otto anni - crea spesso drammatiche situazioni quando vi
siano due fratelli, uno minore degli anni otto e l'altro ultraottenne, legati
tra loro da tenero affetto ed entrambi in situazione di abbandono:
l'alternativa tra la divisione per sempre dei due fratelli o l'attribuzione
dei due alla stessa famiglia con acquisizione di due status diversi (uno di
figlio legittimo e l'altro di figlio adottivo) nello stesso nucleo familiare
appare veramente assurda.
Sarebbe pertanto auspicabile
sopprimere l’istituto della adozione ordinaria, elevare
i limiti di età per l'adozione speciale a diciotto anni, come propone
(Da ALFREDO CARLO MORO,
Prospettive di riforma della legge sulla
adozione speciale,
in «
(1) Vedasi
sull'argomento in questo numero la proposta di legge Cassanmagnago.
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