Prospettive
assistenziali, n. 24, ottobre-dicembre 1973
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SUGLI HANDICAPPATI
Fra
le varie attività svolte dal Gruppo unitario sull'assistenza, costituito dalla
Federazione provinciale CGIL, CISL, UIL di Torino, un'attenzione particolare è
stata rivolta al problema degli handicappati fisici, psichici e sensoriali.
Pubblichiamo
al riguardo due documenti del 7 giugno 1973 delle Segreterie provinciali CGIL,
CISL, UIL e la delibera approvata il 24 luglio 1973 dal Consiglio Provinciale
di Torino.
I.
CGIL, CISL, UIL - PROBLEMI POLITICI E SINDACALI IN MERITO
AGLI HANDICAPPATI
1. Premessa
1.1. Con il
termine handicappati si intendono i mutilati e invalidi del lavoro, di
servizio e di guerra, i ciechi, gli ampliopici, i
sordi, i sordastri, gli spastici, i distrofici, gli sclerotici, gli insufficienti
mentali, i malati cronici, ecc.
1.2. Esiste una legislazione diversa
per ciascuna categoria allo scopo politico ben preciso di dividere le
categorie.
Fra le varie categorie si segnalano:
- gli handicappati
di guerra e per cause con pensioni in genere molto elevate;
- gli handicappati per cause di
lavoro (i cosiddetti infortunati) ;
- gli handicappati per servizio;
- i ciechi;
- i sordi;
- i tubercolotici;
- gli altri
handicappati per cause generiche di malattia o per incidenti non dovuti al
lavoro o al servizio o alla guerra. A questa categoria si applica la legge 30-3-71
n° 118;
- i malati cronici;
- i lavoratori nei casi di malattia,
per il periodo che oltrepassa nell'anno i 180 giorni.
2. Legge 30 marzo 1971
n° 118 sugli handicappati fisici e psichici
2.1. La legge 118 considera mutilati
e invalidi civili i cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite,
anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psichici per oligofrenie
di carattere organico o dismetabolico o per insufficienze
mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali che abbiano subito una
riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore a un terzo o, se minori di anni 18, che abbiano difficoltà
persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.
Sono esclusi gli invalidi per cause
di guerra, di lavoro, di servizio, nonché i ciechi e i
sordomuti per i quali provvedono altre leggi.
2.2. Quando un invalido civile non gode della pensione di invalidità dell'INPS (o perché non ha
abbastanza contributi o perché non ha mai potuto lavorare), ottiene dal
Ministero dell'interno la pensione di
inabilità sempreché la sua capacità lavorativa
sia inferiore a un terzo rispetto a quella normale (inabilità superiore al
66%). La pensione di inabilità è di L. 18.000 mensili per tredici mensilità e la sua
erogazione esclude dal collocamento obbligatorio al lavoro.
2.3. Quando la capacità lavorativa è
compresa fra un terzo e i due terzi,
è riconosciuto il diritto al collocamento obbligatorio, diritto quasi sempre eluso.
Sono comunque
esclusi dal collocamento obbligatorio gli handicappati psichici.
2.4. Quando l'avente
diritto al collocamento obbligatorio è disoccupato, riceve un sussidio mensile
di L. 12.000.
3. Commissioni mediche
provinciali
3.1. Gli accertamenti relativi a quanto sopra e per gli altri interventi (ricovero
presso i centri di recupero, assegnazione di carrozzine, protesi ecc.) sono
affidati a Commissioni mediche provinciali, di cui fanno parte rappresentanti
di associazioni di invalidi.
Commissioni analoghe esistono per i
ciechi e i sordomuti.
3.2. Notevole,
anche due anni, è il tempo necessario perché le Commissioni accertino
il diritto alla pensione, al collocamento, ecc.
4. Le associazioni di invalidi
4.1. Le associazioni, sorte per
tutelare gli invalidi, si sono ben presto trasformate, salvo alcune rarissime eccezioni, in centri di potere clientelare ed
elettorale. Molte di esse sono presiedute da
parlamentari e tutte portano avanti rivendicazioni corporative e di fatto in
netto contrasto con le richieste fatte dai Sindacati sulle riforme.
4.2. Al riguardo si citano le
conclusioni della commissione permanente istituita presso l'Opera Nazionale
Invalidi di Guerra e composta dai presidenti dell'Associazione Nazionale Mutilati
e Invalidi del Lavoro, dell'Associazione Nazionale Mutilati
e Invalidi di Guerra, dell'Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra,
dell'Unione Nazionale Mutilati per Servizio, della Libera Associazione
Mutilati e Invalidi Civili:
a) «la generalità
dei cittadini invalidi costituisce un insieme nettamente distinto del popolo
italiano»;
b) «addita pertanto come
indispensabile ed indilazionabile una radicale e
completa riforma di strutture nel settore degli invalidi che, prescindendo
dalla causa invalidante, sia attuata differenziando chiaramente i cittadini
portatori di invalidità permanenti dai cittadini sani o incidentalmente
malati, distinguendosi sotto questo aspetto dalle riforme che oggi lodevolmente
(sic)
c) è stato pertanto richiesto che la
riforma di struttura «preveda la delega dello Stato ad un unico Ente di diritto
pubblico di ogni azione di pubblico intervento, e
quindi dell'istruzione e l'addestramento professionale degli invalidi e del
loro collocamento al lavoro, dell'assistenza sanitaria, limitatamente agli
esiti dell'invalidità permanente, di quella sociale, morale e giuridica e
della cura e di ogni altra provvidenza che possa essere a loro rivolta».
4.3. Pertanto le associazioni
suddette, che raggruppano circa un milione di iscritti,
vogliono anche occuparsi dell'assistenza sanitaria degli invalidi del lavoro,
per scindere fra l'altro gli aspetti curativi e riabilitativi da quelli
preventivi.
Cioè sono in definitiva contrarie al
collegamento evidente dell'ambiente e dell'organizzazione del lavoro con gli infortuni
e pertanto anche ad una partecipazione dei lavoratori alla gestione della loro
salute.
La stessa cosa vale per quanto
concerne il rapporto fra ambiente di lavoro e ambiente sociale
in relazione ad esempio al verificarsi di handicaps
fisici, psichici e sensoriali prodotti dalle condizioni del parto,
dell'infanzia, della vecchiaia, ecc.
4.4. Sul piano più generale è
evidente la pericolosità di un ente nazionale che si occupi della cura e
della riabilitazione di un consistente numero di persone separandole di fatto dalla generalità dei cittadini.
4.5. Questa impostazione può
produrre altre separazioni, come ad esempio un ente nazionale per gli anziani
(V. le iniziative dell'O.N.P.I.) e per altre «categorie», e cioè
di fatto dirette ad affossare la riforma sanitaria.
5. Il problema
politico dell'assistenza
5. 1. Alcuni dati possono dare
l'ampiezza del settore assistenziale:
- 1.500 miliardi di spese, escluse
quelle per le pensioni;
- numero degli assistiti che oggi si
può calcolare almeno nel 16% della popolazione (disoccupati, sottoccupati,
handicappati, anziani, minori privi di sostegno familiare, ecc. Se non
intervengono cambiamenti il numero degli assistiti fra 20-30 anni sarà del 25%
della popolazione;
- attribuzione delle più importanti
competenze al Ministero dell'interno a causa della considerazione che
l'assistenza costituirebbe un campo importante per il
mantenimento dell'ordine pubblico.
5.2. Del resto il fatto che il
settore assistenziale costituisca un problema politico di grande importanza è dimostrato anche dal fatto che esso
rappresenta uno dei mezzi, e non il più trascurabile, di cui la classe
dominante si serve per mascherare le disfunzioni dei diversi settori sociali
(casa, scuola, sanità, ecc.) e le conseguenze più vistose della mancata
realizzazione delle riforme.
Da notare anche che gli investimenti
nel settore dell'assistenza procurano altissimi profitti.
5.3. Per la classe operaia e le sue
organizzazioni si pone quindi il problema politico di fondo
della solidarietà di classe (e non solo umanitaria) con gli assistiti che oggi
si configurano come sotto proletariato.
5.4. Ovviamente le iniziative devono
tener conto della situazione oggettiva di passività, di dispersione e di
sottomissione del sottoproletariato in generale e degli handicappati in
particolare. Tali iniziative non devono produrre sul piano
rivendicativo divisioni ad esempio fra ex lavoratori infortunati e
handicappati dalla nascita.
5.5. A differenza degli altri
settori (sanità, scuola, casa, ecc.) per il campo assistenziale
l'obiettivo non può essere quello di una riforma, qualunque essa sia, ma deve
invece essere quello del superamento delle condizioni che provocano le
richieste di assistenza.
I problemi dell'assistenza vanno
quindi affrontati con iniziative specifiche nel quadro del
cambiamento sociale e delle riforme della sanità, della casa, della scuola,
ecc.
Infatti le iniziative che non tendano al
progressivo estinguersi dei bisogni che provocano la richiesta di assistenza
sono dirette, anche al di là delle intenzioni, solamente alla razionalizzazione
dell'esclusione e al mantenimento, se non al rafforzamento dell'attuate
assetto della società.
5.6. Le rivendicazioni da portare
avanti come obiettivo intermedio sono:
- pensioni adeguate e rapportate non
alla categoria ma alla effettiva situazione. La
pensione in ogni caso non potrà essere una monetizzazione dell'handicap o un alibi per la non creazione di
servizi. Il diritto alla pensione non potrà in ogni caso limitare il diritto al
lavoro;
- assegnazione di alloggi
individuali e di piccole comunità alloggio in applicazione dell'art. 27 della
legge 30-3-1971 n° 118. Gli alloggi e le comunità
alloggio (per 6-10 posti al massimo) dovranno essere inseriti in modo sparso
nelle comuni case di abitazione;
- assegnazione di
un accompagnatore per coloro che non sono in grado di spostarsi da soli. Ciò deve essere considerato un
servizio civile per coloro che non intendono svolgere
il servizio militare;
- inserimento degli handicappati
nelle comuni strutture formative: asili nido, scuole materne e dell'obbligo,
scuole superiori, centri di addestramento professionale,
con erogazione delle prestazioni specialistiche e abilitative
all'interno di dette strutture;
- inserimento degli handicappati
nelle comuni strutture lavorative e progressiva eliminazione
dei cosiddetti laboratori protetti;
- abbattimento delle barriere
architettoniche come da documento specifico predisposto al riguardo;
- predisposizione degli altri servizi
necessari per gli invalidi. Questi servizi devono essere strutturati
in modo da non essere emarginanti;
- controllo
democratico dei servizi da parte di tutte le forze sociali del territorio.
6. Gli handicappati, i
sindacati e i patronati
6.1. È pertanto necessario che nelle
iniziative specifiche delle organizzazioni della classe operaia, e in
particolare dei sindacati, sia sempre tenuta presente la dimensione «anti-emarginazione».
Ciò risulta
acquisito, sul piano delle enunciazioni, dal convegno di Torino del 3-7-71 «Dall'assistenza emarginante ai servizi sociali aperti a tutti»,
organizzato dalle Segreterie provinciali CGIL, CISL, UIL, da associazioni e
da comitati di quartiere.
6.2. Una prima iniziativa è rappresentata
dalla accettazione delle iscrizioni al sindacato degli
invalidi che hanno ottenuto la pensione o che sono in attesa che le pratiche si
concludano.
Gli invalidi, per motivi di omogeneità, possono aderire al sindacato pensionati che
pertanto dovrebbe ampliare il suo campo d'azione.
Naturalmente gli invalidi che
prestano attività lavorativa aderiscono al loro
sindacato di categoria.
6.3. In base a
quanto detto nei punti precedenti, i problemi generali e specifici degli invalidi
sono portati avanti non solo dal sindacato pensionati, ma a tutti i livelli
nell'ambito delle riforme e in particolare nei consigli di zona per la
saldatura fra problemi dell'ambiente di lavoro e dell'ambiente sociale.
6.4. Le
OO.SS. invitano i patronati
INAS, INCA, ITAL ad assumere tutte le necessarie iniziative perché al più
presto assicurino lo svolgimento delle pratiche necessarie per gli handicappati
di qualsiasi tipo.
Ciò allo scopo:
- da un lato di
consentire agli handicappati di ottenere il riconoscimento dei diritti
acquisiti;
- di indirizzarli al proprio
sindacato perché partecipino alle lotte per le riforme;
- di indebolire le associazioni di
categoria di invalidi i cui scopi di potere elettorale
e clientelare sono stati illustrati nei punti precedenti;
- di saldare le lotte dei lavoratori
in attività con quelli che a causa di handicap di qualsiasi natura ed origine
oggi sono emarginati.
II.
CGIL, CISL, UIL - SERVIZI PER HANDICAPPATI FISICI, PSICHICI E
SENSORIALI CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLE BARRIERE ARCHITETTONICHE
1. Dal convegno di Torino del 3-7-71 (1) «Dall'assistenza emarginante ai servizi sociali
aperti a tutti» organizzato da CGIL, CISL, UIL, ACLI, Unione italiana per la promozione dei diritti del minore e per la lotto contro
l'emarginazione sociale, Associazione per la lotta contro le malattie mentali,
Comitati di quartiere, era emerso che l'azione da perseguire contro
l'emarginazione sociale, nell'ambito di un radicale cambiamento delle strutture
sociali, doveva essere orientata nei brevi e medi tempi verso i seguenti
obiettivi:
a) rendere accessibili a tutti i
cittadini ciascun servizio sanitario, abitativo, scolastico, sociale,
culturale, ricreativo, ecc.
b) gestione dei servizi a livello
locale (Unità locale dei servizi e Comprensori) come
risposta alle esigenze della popolazione che si manifestano nelle zone;
c) controllo democratico dei
servizi, con rifiuto di ogni tentativo di cogestione.
In particolare le Segreterie regionali CGIL, CISL, UIL avevano richiesto, con
il documento dell'11-4-72, alla Regione Piemonte
iniziative immediate a tutti i livelli rivolte a:
- accertare le
cause di ricovero per la progressiva eliminazione delle istituzionalizzazioni
(ospedali psichiatrici compresi);
- bloccare la costruzione e
l'acquisto di nuovi istituti par minori, anziani,
handicappati (gerontocomi, psicogerontocomi, convitti
per spastici, per subnormali, per ciechi, ecc.);
- istituire servizi alternativi non
dopo ma contestualmente allo sviluppo coordinato dei servizi
di base, assicurando la continuità delle prestazioni necessarie.
2. Per quanto concerne la scuola, essa deve essere un momento di informazione e formazione a carattere permanente e
globale.
In tale quadro si colloca l'esigenza
della scuola a tempo pieno, di una edilizia
scolastica rinnovata, di un preciso rapporto con il territorio, della
riduzione del numero di allievi per classe, dell'abolizione delle classi
differenziali, dell'inserimento nelle scuole comuni degli handicappati
fisici, psichici e sensoriali, ecc. (2).
L'inserimento degli handicappati
potrà avvenire sia nelle classi comuni sia,
specialmente nel periodo iniziale e nei casi gravi, in classi integrate presso
le scuole comuni.
Ciò implica non solo un profondo
cambiamento delle finalità della scuola (da selettiva come oggi a formativa),
ma anche l'approntamento di particolari strutture in modo, ad esempio, da
consentire che siano fornite, all'interno della scuola, le prestazioni specialistiche
e riabilitative necessarie agli handicappati.
3. Per quanto concerne la casa, essa deve essere concepita
come servizio sociale a disposizione di tutti i
cittadini. In particolare occorre provvedere da un lato che gli alloggi per i lavoratori siano costruiti in modo da essere utilizzabili
anche quando essi saranno diventati anziani: d'altro lato occorre che una quota
degli alloggi (individuali o per le piccole comunità) dell'edilizia economica
siano predisposti per le persone e gruppi che intendono usufruirne. In particolare
gli alloggi per gli anziani, per gli handicappati, le comunità alloggio (6-10 posti) per anziani, per minori privi di
sostegno familiare, per le persone che intendono vivere comunitariamente
devono tutti essere inseriti nelle normali case di abitazione.
Le comunità ed anche una quota degli
alloggi individuali dovranno avere servizi collettivi
per pasti, per lavaggio biancheria, ecc.
4. Tutte queste rivendicazioni, e
quelle riguardanti i servizi sanitari, ricreativi, culturali, presuppongono
un diverso riassetto ed uso del territorio,
per cui diventa importante il discorso urbanistico.
Sono infatti
di primaria importanza l'organizzazione delle città, la facilità delle
comunicazioni, la possibilità effettiva delle relazioni di ogni genere fra i
membri della comunità.
Tutto ciò può essere strutturato in modo diverso:
- nel sistema capitalistico anche la
disposizione della città è condizionata dal modo di produzione, distribuzione
e consumo delle merci;
- l'interesse della classe operaia è
invece quello di avere una città a misura dell'uomo, in cui il complesso delle
attrezzature sociali abbia importanza rispetto al
contesto della residenza e delle attività produttive e non viceversa.
Ciò è possibile solo nella misura in
cui si individui un modello alternativo di sviluppo
urbano fondato sul riequilibrio sostanziale delle tipologie di insediamento,
secondo una diversa logica dei rapporti sociali o della distribuzione delle
risorse.
Le persone giovani e attive sentono
ovviamente meno le conseguenze della organizzazione
della città che affatica, che è causa di incidenti, che presenta barriere
anche edilizie, che impedisce o rende difficili i rapporti sociali. Tuttavia
ciò provoca in tutti un logoramento che è particolarmente
più sentito dalle persone anziane, dagli invalidi, dai cardiopatici o da tutti
coloro che hanno difficoltà a spostarsi.
Pertanto l'abbattimento delle
barriere architettoniche non viene richiesto per
costruire città a misura degli handicappati e degli anziani, ma è un problema
pratico che investe tutti nella lotta per una diversa organizzazione del territorio.
Si osserva in particolare che non
sono eliminate le cosiddette «Barriere Architettoniche», cioè
quegli ostacoli che limitano o negano la possibilità di movimento all'esterno
e all'interno, delle costruzioni. La società produce invalidità di ogni genere e gli handicappati, fisici e psichici, gli
spastici sono circa 2% della popolazione. Ad essi occorre aggiungere gli
anziani, i malati, ecc.
Nel Consiglio d'Europa del
Presso di noi nel campo
dell'edilizia sociale, vale a dire dell'edilizia pubblica e di
uso pubblico, fin dal 1968 è in vigore la circolare n. 4809 del
19-6-1968 dei LL.PP. che riporta le «Norme per assicurare l'utilizzazione degli edifici pubblici da parte
dei minorati fisici e per migliorarne la godibilità generale».
Il 30-3-1971 è stata approvata la
legge n. 118 contenente le nuove norme in favore dei mutilati
ed invalidi civili; l'art. 27 tratta l'argomento delle barriere
architettoniche, trasporti pubblici e dell'assegnazione di alloggi e precisa:
«Per facilitare la vita di relazione dei mutilati e invalidi civili gli
edifici pubblici o aperti al pubblico e le istituzioni scolastiche,
prescolastiche o di interesse sociale di nuova
edificazione dovranno essere costruiti in conformità alla circolare del
Ministero dei lavori pubblici del 15 giugno 1968 riguardante la eliminazione
delle barriere architettoniche anche apportando le possibili e conformi varianti
agli edifici appaltati o già costruiti all'entrata in vigore della presente
legge; i servizi di trasporti pubblici ed in particolare i tram e le
metropolitane dovranno essere accessibili agli invalidi non deambulanti; in
nessun luogo pubblico o aperto al pubblico può essere vietato l'accesso ai
minorati; in tutti i luoghi dove si svolgono pubbliche manifestazioni o spettacoli,
che saranno in futuro edificati, dovrà essere previsto e riservato uno spazio
agli invalidi in carrozzella; gli alloggi situati nei piani terreni dei
caseggiati dell'edilizia economica e popolare dovranno essere assegnati per
precedenza agli invalidi che hanno difficoltà di deambulazione, qualora ne
facciano richiesta.
Le norme di attuazione
delle disposizioni di cui al presente articolo saranno emanate, con decreto
del Presidente della Repubblica su proposta dei Ministri competenti, entro un
anno dall'entrata in vigore della presente legge.
Le norme di attuazione
delle disposizioni di cui al suddetto articolo di legge dovevano essere
emanate, con decreto dal Presidente della Repubblica su proposta dei Ministri
competenti, entro un anno dall'entrata in vigore della legge e cioè entro
l'aprile 1972.
Da parte nostra si richiede non solo
che vengano rispettate immediatamente queste norme, ma anche che la loro
attuazione preveda tempi di inserimento e di
attuazione non come elenco di sterili articoli, ma come presa di posizione da
parte delle autorità preposte.
Un punto che va sottolineato
è che nella circolare n. 4809 si prevede, nella premessa, che dette norme
possono essere modificate alla luce delle nuove esperienze man mano che le
scoperte scientifiche e tecnologiche aprono nuove vie nell'evoluzione della
conoscenza dei problemi sanitari, sociali ecc. degli handicappati.
Per i vari tipi di
edilizia, (residenziale, uffici pubblici, ecc.) i regolamenti edilizi
dei Comuni devono intervenire con una normativa che preveda il godimento
totale degli spazi comuni come atrii, ascensori,
cortili, passaggi pedonali, autorimessa, cortili, giardini, spazi adibiti a verde,
attrezzatura privata di uso pubblico ecc.
A nostro parere, per comodità di
consultazioni, le proposte e le osservazioni che seguono i progetti dei nuovi
regolamenti edilizi dovranno essere raggruppate in un
capitolo che parli delle «barriere architettoniche» suddivise nei vari
articoli, da esaminare di volta in volta a secondo del problema da risolvere,
fermo restando che dette proposte devono essere discusse ed esaminate in modo
da trovare nuove eventuali soluzioni in alternativa a quelle suggerite.
6. Proposte per il
capitolo «barriere architettoniche»
a) Piante dei vari piani e delle aree coperte e scoperte.
Tutti i progetti dovranno essere
corredati delle piante quotate in scala 1/100 dei
piani sotterranei, del piano terreno e le dimensioni delle aree scoperte e
coperte con la previsione dell'impiego, dei piani superiori, del sottotetto e
di tutte le coperture ivi compresi i volumi tecnici.
b) In tutti i progetti a più piani dovranno essere sviluppati nei
particolari in scala opportuna le piante degli ascensori, indicate le aperture
e i meccanismi in modo da avere gli elementi da poter
approvare le cabine, sia come accesso, che come uso pratico di fruizione.
Inoltre dovranno essere indicati sui progetti in modo leggibile i vani scala, i pianerottoli, i corridoi e le varie aperture degli
alloggi.
c) Rampe interne ed esterne.
Onde aiutare il progettista in quel
lavoro, che sembra difficile, ma che con un po' di buona volontà
può essere facilmente superabile, vi saranno nel progetto indicato tutte le
rampe eventuali interne con indicazione di direzione, pendenze e larghezze a
partire dal raccordo verticale (rampe autoveicoli, rampe carrelli spazzatura,
rampe carrozzine) in modo da trovare una soluzione combinata anche per gli
invalidi.
d) Ingressi interni esterni del fabbricato.
Molto importante sarà la
presentazione quotata dell'ingresso del fabbricato e degli ingressi
veicolari con relativi passi carrabili ed eventuali scivoli con indicazione della
pendenza e delle larghezze e l'indicazione dei passaggi pedonali degli edifici.
e) Atrii
Indicazione ed agibilità degli atrii degli edifici che dovranno avere logicamente una
rampa per le carrozzine degli handicappati.
f) Marciapiedi
Lungo le proprietà poste a confronto
di spazi pubblici comunali, l'Amministrazione del Comune provvederà
a far sistemare i marciapiedi prevedendo che gli stessi abbiano
opportuni scivoli in corrispondenza di vie traverse, attraversamenti pedonali
di raccordo e dei passi carrai o scivoli anche in raccordo agli ingressi
pedonali degli edifici a diverso uso.
Negli edifici con portici questi
dovranno essere opportunamente raccordati in modo da non avere dei gradini di interruzione, come purtroppo avviene ad esempio in Via Roma,
Torino. Si potrebbe risolvere con scivoli di larghezza ridotta anche se in
corrispondenza di incroci ed a distanza inferiore a
Un'altra soluzione potrebbe essere
quella di costruire i marciapiedi quasi allo stesso livello della strada
(qualche centimetro in più per lo scolo dell'acqua) prevedendo un cordolo ad esempio
di un 20 x 20 per impedire l'accesso agli autoveicoli.
g) Cortili
Le pendenze dei
marciapiedi o rampe non dovranno superare l'8% per lo meno negli spazi di
passaggio per handicappati, limite massimo previsto per una carrozzella in
movimento. I tratti dovranno non essere più lunghi di m. 9 con piazzole di
riposo, i marciapiedi dovranno essere previsti e costruiti con materiale
antisdrucciolevole e una cordonatura che li protegga alta almeno
Negli spazi interni dei quartieri
residenziali ove vi sia promiscuità fra passaggi pedonali e piste ciclabili
dovrà essere eliminata; si sconsiglia la pavimentazione per detti passaggi a ghiaietto ed a opus incertum.
Gli spazi destinati ad autorimessa
sotterranea dovranno essere collegati agli ascensori o al montacarico
con la possibilità di accesso come spazio interno e
come manovra.
Per i parcheggi
esterni rampe laterali con il massimo dell'8% di pendenza, passaggi possibilmente
coperti fatti con materiale antisdrucciolevole protetti da cordonature
e non più lunghi di
La raccolta dei rifiuti in idoneo
spazio dovrà essere raggiungibile con carrelli a mano con rampe non rigide in
modo da uniformare i passaggi anche per gli invalidi.
I parapetti non dovranno essere
inferiori a 1.10. Il materiale di esecuzione dei
parapetti dovrà essere idoneo; se con bacchette di ferro l'interrasse non sarà
superiore a
h) Locali
Negli edifici prospettanti su spazi
interni destinati a verde il dislivello con il marciapiede sarà contenuto al
minimo e sarà quindi risolto al massimo con una rampa.
Tale soluzione permetterà di
destinare questi alloggi, ove ne esistano le premesse,
alle persone invalide. Accessibili a tutti dovranno essere anche le guardiole
dei portieri.
Per gli atrii,
oltre alla presentazione della documentazione
relativa come sopra riportato, si dovrà evitare una planimetria troppo
spezzettata con andamento e sviluppo irregolare.
I corridoi di raccordo sia interni che esterni dovranno essere il più possibile piani con eventuale
rampa a fianco dei gradini con pendenza massima del 20% non molto lunga e
larghezza non inferiore a m. 1.00.
I locali di seminterrato e
sotterranei adibiti a servizio pubblico dovranno essere raggiungibili con rampe
secondo le norme già dette, e con ascensori o montacarichi.
i) Gabinetti
Le porte di accesso
nei locali di servizio a qualsiasi uso devono avere una luce almeno
l) Ascensori
Almeno un ascensore o un montacarichi
(1.20 x 2.00) dovrà scendere nei sotterranei se sono previsti dei servizi
comuni.
L'ascensore deve avere una cabina
con il lato più lungo di almeno
m) Scale
La larghezza minima di ciascuna
rampa di scale deve essere non inferiore a cm. 110 e quella
dei pianerottoli
Il gradino deve essere
preferibilmente a disegno continuo a spigolo arrotondato con alzata di
Per le scale di grandi dimensioni
come larghezza sarà previsto un corrimano basso in mezzo sostenuto da
parapetto.
Per scale di larghezza maggiore a
cm. 110 dovrà essere previsto oltre al corrimano sul parapetto anche un
corrimano alla parete, magari di altezza leggermente
inferiore.
Lo spazio antistante
la scala non potrà essere inferiore a cm. 1,50.
Se nell'atrio è prevista una piccola
alzata (non oltre 3 o 4 gradini) la scala permetterà (non inferiore a
n) Lottizzazione sulla base del P.R.G.
I quartieri e le lottizzazioni
progettati e finanziati dall'intervento privato con dotazioni di attrezzature e d'uso pubblico dovranno essere edificati
in norma alla Circolare del Ministero LL.PP. n. 4809 e della legge n. 118 ed
una relazione di accompagnamento in cui vengono illustrate le caratteristiche
che hanno ispirato la realizzazione dell'opera in rispetto alla eliminazione
delle «barriere architettoniche» in favore dei minorati fisici.
7. Norme tecniche
sull'edilizia scolastica
Con D.M. 21-3-70
(supplemento ordinario alla G.U. n. 134 dell'1-6-1970) sono state emanate le «norme
tecniche relative all'edilizia scolastica, ivi compresi gli indici minimi di
funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica, da osservarsi nella esecuzione di edilizia scolastica».
Tali norme, di cui occorre
rivendicare con forza la piena applicazione, prevedono
fra l'altro:
- che gli
edifici siano tali da assicurare la loro utilizzazione anche da parte degli
alunni handicappati fisici, con l'obbligo dell'osservanza delle disposizioni
della circolare del Ministero dei lavori pubblici n°
4809 del 15-6-68;
- locali e spazi necessari per lo
svolgimento dei programmi di insegnamento dell'educazione
fisica (palestre coperte, campi e attrezzature sportive, ecc.) ;
- piscine per esercitazioni di
nuoto;
- locali per la ginnastica differenziata per alunni che presentano anomalie nella
crescita;
- locali per le
attività di medicina scolastica a norma del decreto del Presidente della Repubblica
22 dicembre 1967, n. 1518;
- locali per la mensa scolastica
quando siano riconosciuti necessari dal Provveditore
agli studi (ma la richiesta dovrebbe essere quella di ottenerli presso tutte le
scuole, in linea con la richiesta del tempo pieno) .
III.
DELIBERA DEL CONSIGLIO PROVINCIALE DI TORINO DEL 24-7-1973 - «LINEE PROGRAMMATICHE
PER L'ASSISTENZA A FAVORE DEI SUBNORMALI PSICHICI »
Relazione
In adunanza 19 luglio corr.,
Poiché in ordine
alla materia di cui trattasi le sezioni sindacali della Provincia
aderenti alla C.G.I.L., C.I.S.L. e
U.I.L. hanno proposto a quest'Amministrazione un
documento che approfondisce il programma di cui trattasi con riferimento ai
seguenti punti:
1) rapporti con le
strutture provinciali già operanti nel settore dell'assistenza psichiatrica;
2) collegamento del programma di cui
trattasi in rapporto alla prospettiva della prevista
entrata in vigore del servizio sanitario nazionale fondato sulle unità
sanitarie locali, anche in rapporto all'eventuale prospettiva dell'istituzione
delle unità locali dei servizi;
3) articolazione dell'assistenza di
cui sopra nelle varie specie di servizi: riabilitativi; di assistenza
familiare e di affidamento familiare; comunità alloggio e focolari;
4) orientamento per una nuova
disciplina del rapporto di impiego del personale
addetto ai servizi di cui trattasi con specifico riferimento agli impegni che
lo stesso personale è chiamato ad assolvere, all'orario lavorativo, alla
definizione del contenuto delle mansioni inerenti, alla qualificazione
professionale, alla riqualificazione e formazione permanente del suddetto
personale.
Il documento, discusso in apposita riunione con la competente Commissione consiliare
consultiva sui problemi dell'assistenza, è stato redatto nello schema
definitivo che può essere rassegnato al Consiglio provinciale per le opportune
determinazioni, che dovranno costituire l'orientamento di politica
amministrativa che
Quanto sopra, in stretto
collegamento con l'impostazione risultante dai documenti che
Testo approvato
1) Il programma di
assistenza agli insufficienti mentali ultraquattordicenni e adulti deve
prevedere:
a) la ristrutturazione ed il
progressivo decentramento, nel quadro del piano di
zonizzazione di cui all'art. 2 del protocollo aggiuntivo alla Convenzione
Provincia-Opera Pia OO.PP., di strutture provinciali
già esistenti e cioè:
- Laboratorio Protetto e Centro
Occupazionale di corso Toscana;
- Centro di Addestramento
Professionale di Grugliasco - via Baracca;
- Comunità Alloggio
di via Giolitti, via dei Mille, via Sostegno;
- Istituto del Mainero;
- Servizi del C.I.M.
per l'assistenza economica, la consulenza in internato (Istituti Lauro, Ceres, Rubiana,
Uliveto), la consulenza scolastica, l'assistenza ambulatoriale, l'affidamento
familiare.
Va sottolineato
che il riferimento alle zone psichiatriche viene fatto non per «psichiatrizzare» i servizi in questione, ma per garantire
l'integrazione in piani coordinati di tutti gli interventi assistenziali che
via via vengono realizzati, nella prospettiva di
assorbimento degli stessi nelle Unità Sanitarie Locali e nelle Unità Locali dei
Servizi, come espressamente previsto dal già cita.to art. 2 del
Protocollo aggiuntivo, ed in analogia con le richieste che contemporaneamente vengono rivolte al Comune di Torino circa i programmi di
decentramento dei servizi di medicina scolastica e dei servizi assistenziali;
b) l'apertura di
nuovi servizi decentrati in base a criteri di coordinamento con le altre strutture
di zona via via costituite;
c) adeguati coordinamenti con altri
servizi provinciali direttamente ed indirettamente interessati dal programma:
zone psichiatriche, comunità alloggio previste in sostituzione dell’Istituto di
Ceres, I.P.I.M., servizi di medicina scolastica, unità territoriali
sportive recentemente istituite dall'Assessorato allo Sport; e ciò in conformità
a quanto previsto nel Protocollo aggiuntivo siglato con le Organizzazioni
Sindacali C.G.I.L., C.I.S.L. e
U.I.L. in data 13 luglio 1973;
d) programmi di realizzazione
con scadenze legate a quelle previste per le altre strutture, secondo i
medesimi criteri di suddivisione del territorio ed i tempi di massima previsti
dall'art. 3 del citato Protocollo aggiuntivo (entro il '75 istituzione di 21
servizi di zona in Torino e cintura; entro il '77 istituzione dei rimanenti 23
nei paesi della provincia).
2) All'interno delle quattro
direzioni operative indicate al punto precedente, che saranno più compiutamente
sviluppate in provvedimenti successivi secondo tempi e modalità da trattare
con le OO.SS. provinciali,
si ritiene di dover dare corso immediato ad alcuni provvedimenti parziali,
utilizzando in particolare locali già disponibili da parte dell'Amministrazione
Provinciale in via Vian, in via Mongina
di Moncalieri, in via Baracca in Grugliasco e in
Piazza Massaua in Torino.
3) Le ipotesi di funzionamento dei
servizi contenute nel presente programma, come quelle che saranno oggetto di
programmi successivi dovranno essere messe in discussione, prima di diventare esecutive, in assemblee dei servizi provinciali
interessati, con la partecipazione di rappresentanti dei Sindacati provinciali
e degli utenti.
Le Commissioni tecniche di cui
Dovranno inoltre essere riconosciuti
dalla Provincia organismi di consultazione e di controllo sistematico
rappresentativi degli utenti, delle forze sociali organizzate nelle diverse
zone, e delle organizzazioni sindacali.
4) Il programma si propone di creare
strutture operative che dovranno in prospettiva
essere assorbite nelle Unità Locali dei Servizi Sanitari ed Assistenziali, non
appena queste saranno operanti.
È necessario quindi, nel periodo
transitorio intercorrente fino alla realizzazione
delle suddette Unità, che:
a) gli operatori e le équipes attualmente dipendenti
gerarchicamente da strutture verticali scoordinate fra loro (CIM., Ente
Comunità Alloggio, ecc.) vengano comandati a prestare la loro attività in
zona, e messi in condizione di operare in stretto collegamento con le
strutture sanitarie, scolastiche, assistenziali, ecc. della zona ed in
particolare con le équipes psichiatriche già
costituite, ai fini di un coordinamento degli interventi di prevenzione,
assistenza e cura, riabilitazione;
b) l'unitarietà di
indirizzo sia garantita dal lavoro di équipe
fra gli operatori responsabili delle singole unità operative;
c) il rapporto funzionale con gli
uffici amministrativi della Provincia, in previsione di un loro decentramento
a livello di zona, così come è previsto per i servizi
psichiatrici, sia garantito dalla collegialità di consultazione fra le équipes ed i funzionari provinciali interessati.
5) L'assistenza ai soggetti di cui
al presente programma deve essere attuata mediante servizi e strutture che non
comportino l'internato, e cioè:
a) servizi riabilitativi;
b) servizi di assistenza
familiare e di affidamento familiare;
c) comunità alloggio e focolari.
È prevista una preventiva selezione
solo nei casi con danni organici estesi e permanenti, tali da impedire
qualsiasi tipo di vita di relazione, per i quali l'assistenza più idonea può
essere fornita soltanto in organizzazioni paraospedaliere interzonali per
cronici.
La decisione sulle ammissioni e
dimissioni rispetto ai singoli servizi viene presa
collegialmente dall'équipe di zona e dagli operatori
dei servizi stessi, con il consenso delle famiglie interessate.
La risposta negativa alle domande di ammissione alle prestazioni dei vari servizi deve essere
documentata formalmente.
6) Devono essere previste rotazioni
di personale fra i diversi servizi, ed in particolare fra i servizi
per cronici e gli altri servizi, in rapporto alle necessità dei servizi stessi
e con modalità da definirsi di volta in volta, sentiti i delegati del
personale.
7) Servizi riabilitativi:
a) addestramento professionale
- Vi si dovrà provvedere mediante
inserimento nei normali C.A.P.,
evitando la creazione di strutture «speciali» e generalizzando gli esperimenti
già in atto per iniziativa del Comune (via Genè,
Pastore), che hanno dimostrato la possibilità ed il vantaggio dell'inserimento
di handicappati in strutture normali (l'inserimento è avvenuto attraverso un
primo anno propedeutico, a seguito del quale è stato possibile il passaggio
direttamente nei corsi normali anche di soggetti con diagnosi gravi formulate
sia nella scuola che in centri specialistici).
- Sono necessarie a questo proposito
iniziative della Provincia per garantire un progressivo incremento della
disponibilità di posti presso i C.A.P. normali, attualmente
assai limitata (da parte dell'Assessorato al Lavoro del Comune di Torino si
prevede di portare gli attuali 30 posti complessivi dei due Centri di via Genè e del Pastore a 60 nell'anno 1973-1974, 90 nell'anno
1974-1975, 120 nell'anno 1975-1976).
- Ciò attraverso contatti con
- Nei tempi brevi, per far fronte
alla domanda immediata che non può trovare risposta nelle strutture attualmente disponibili (circa 150 minori stanno per essere
licenziati dalle scuole speciali e differenziali), si potrà ricorrere alla
istituzione di corsi propedeutici per handicappati che non abbiano trovato
posto nelle strutture normali, con la finalità di preparare ad un inserimento
successivo.
- Solo all'interno di questo orientamento, che deve tradursi in impegni precisi
con scadenze definite, può trovare una funzione corretta l'attuale Centro di
addestramento che
- Per quanto riguarda la dimensione
che dovrebbero avere i Centri di addestramento professionali
si indica, a titolo orientativo, e come limite massimo, quello di 40 soggetti,
nell'intesa che, qualora l'Amministrazione fosse costretta per esigenze contingenti
a superare tale limite, assumerà in futuro provvidenze intese a rientrare nel
limite medesimo.
Il servizio di addestramento
professionale dovrà avere il compito, non solo della organizzazione dei
corsi, ma anche della ricerca di collocazioni lavorative esterne, in
collaborazione con l'Ufficio Provinciale del lavoro ed in applicazione delle
norme legislative concernenti il collocamento obbligatorio degli invalidi
civili, nonché l'individuazione delle necessarie condizioni di protezione del lavoro.
Circa la possibilità di rendere
concretamente operanti le norme legislative di cui sopra, le Amministrazioni
Provinciali e Comunali dovranno assumere precise iniziative politiche per garantire
l'assunzione dei propri assistiti presso ditte ed enti, privilegiando
quelli con caratteristiche artigianali e garantendo anche in relazione ai problemi
del lavoro la continuità dell'assistenza da parte delle équipes
specialistiche, al fine di ridurre al minimo le possibilità di insuccesso dell'inserimento
lavorativo.
- Va quindi posto fine alla
consuetudine di lasciare la ricerca di collocazione
lavorativa all'iniziativa spontanea ed alla buona volontà dei singoli
operatori, senza dar loro quegli strumenti che comportano una precisa
assunzione di responsabilità politica da parte delle Amministrazioni locali.
Ritenuta peraltro la necessità che
la nostra legislazione preveda esplicite provvidenze per garantire secondo
modalità che potranno essere definite anche sulla scorta dell'esperienza maturata
all'estero ed ormai acquisita nella normativa di diversi Stati, gli opportuni
collegamenti tra le attività produttive ed i presidi per l'addestramento
professionale degli insufficienti mentali, si auspica che a tal fine sia
costituito con apposito provvedimento della Giunta
Provinciale uno specifico gruppo di studio composto da amministratori e
funzionari provinciali e rappresentanti delle organizzazioni sindacali
partecipi a questa problematica;
b) Centri occupazionali
Strutture nelle quali dovranno
essere in prospettiva realizzati specifici collegamenti e compenetrazioni tra
gli attuali Centri occupazionali ed i Laboratori protetti, secondo le modalità illustrate nelle proposizioni che seguono.
Destinati a soggetti per i quali sia stato sperimentato senza successo l'inserimento
lavorativo esterno, o constatata l'impossibilità di collocazione lavorativa
esterna in condizioni adatte alle loro particolari esigenze.
L'inserimento nel Centro
occupazionale dovrà comunque essere costantemente
aperto al reinserimento lavorativo e sociale normale.
Attualmente sono inseriti nel Laboratorio Protetto
soggetti sostanzialmente privi di un accurato e precedente «dépistage», sia rispetto alla gravità dell'handicap, sia
rispetto alla possibilità di recupero e di inserimento. Questo fa sì che siano
presenti nell'attuale Centro di Lavoro protetto anche soggetti con possibilità
lavorative (dal punto di vista tecnico) «normali» (lavori di
falegnameria, carte geografiche, gioielleria, ecc.).
È necessario perciò, anche in questo
caso come già detto per il Centro di addestramento
professionale, sviluppare un'azione di ricerca di posti di lavoro in ambienti
normali, in cui possano essere istituiti reparti protetti con istruttori idonei
a seguire questi soggetti.
Nella misura in cui si comincia a
realizzare questo, è possibile ridurre progressivamente il numero di soggetti
inseriti nei Centri di lavoro protetto, fino a riservare queste strutture a coloro
per i quali non sia pensabile un inserimento
lavorativo esterno.
Per questi il Laboratorio deve avere
uno scopo prevalentemente terapeutico e anche le «attività
lavorative» devono essere inserite in questa prospettiva.
In questa linea di tendenza la
funzione dei Laboratori protetti viene ad identificarsi con quella dei Centri
occupazionali, e possono essere previste le misure di cui al 1° comma della
presente lettera. Il limite massimo di queste strutture sembra doversi
individuare nei 50 soggetti circa, nell'intesa di cui all'ultima parte del 6°
comma della lettera a) dell'art. 7.
c) Consulenza specialistica e terapie specifiche
Dovranno essere assicurate dalle équipes di zona (psichiatriche e no).
8) Servizi di assistenza familiare e di affidamento
familiare.
Provvedono a garantire ai soggetti ed alle famiglie
l'aiuto necessario perché l'assistenza sia possibile senza fare ricorso
all'istituzionalizzazione.
Il servizio viene
realizzato mediante decentramento del personale del C.I.M.
e stretto coordinamento con le attività svolte nella zona dagli operatori di altri
servizi già decentrati, sia del Comune che della Provincia, in modo da utilizzare
i servizi già previsti per la generalità della popolazione evitando i
settorialismi, le sovrapposizioni, ecc.
9) Comunità alloggio.
Da considerare non come unico possibile
surrogato alla famiglia, ma come alternativa, da valutare
caso per caso, all'affidamento a famiglie o a comunità educative di tipo
spontaneo, basato cioè su rapporti di tipo non professionistico.
Da strutturare
in unità differenziate a seconda dei diversi tipi di compiti, e cioè:
- Centri base, con caratteristiche
di pronto soccorso sociale, per situazioni che richiedono un inserimento
immediato con carattere di provvisorietà, in attesa di
soluzioni definitive sia nell'ambito della famiglia naturale, sia mediante collocazione
eterofamiliare;
- Strutture
sostitutive del nucleo familiare (quindi per l'inserimento a tempo illimitato).
In sede di coordinamento fra
comunità della stessa zona o di zone diverso, deve essere individuata la
dislocazione di strutture differenziate in relazione a
queste diverse esigenze, e deve essere possibile il trasferimento di soggetti
da una comunità all'altra in relazione a condizioni oggettive e soggettive più
favorevoli ad un inserimento positivo.
Deve essere anche prevista la possibilità
di rotazione di personale da un servizio all'altro (v.
precedente punto 6).
In linea di massima è da evitarsi la
comunità per soli subnormali, ed in ogni caso deve essere esclusa la dipendenza
da Centri di lavoro protetto o da altri servizi settoriali, che potrebbe costituire una condizione limitativa rispetto alle
finalità educative e di reinserimento in ambiente normale.
La composizione numerica ottimale
sembra doversi individuare in un minimo di 5 ed in un massimo di 10 soggetti,
a seconda delle caratteristiche dei soggetti stessi.
Si dovrebbe tendere alle comunità
miste (maschi e femmine): questa condizione è legata ad un abbassamento dei
limiti di età per l'accesso alle comunità.
Ciascuna comunità dovrebbe essere
destinata a servire la popolazione della zona in cui è inserita, prevedendo
però la riserva di una percentuale di posti ai casi da risolvere con criteri
diversi da quelli della residenzialità.
Nella fase attuale, in cui si
prevede la costituzione di nuove comunità (considerando anche quelle
necessarie al decentramento degli istituti di Ceres e
del Mainero), dovrebbero essere adottati i seguenti
criteri:
- evitare la concentrazione di più
unità nella stessa zona;
- scegliere una ubicazione
vicina ad altri servizi complementari (scolastici, di tempo libero, ecc.);
- per quanto concerne l'uso dei
locali già disponibili in via Vian,
via Baracca di Grugliasco, ecc. si propone ci
adibirne non più di uno per edificio a comunità alloggio, destinando gli altri
a servizi di tipo diverso (ambulatori, centri occupazionali, ecc.);
nell'intesa già richiamata nell’ultima parte del 6° comma della lett. a)
dell'art. 7 del presente documento;
- stabilire un collegamento
immediato tra ciascuna comunità e la zona corrispondente (via
Vian: Torino sud, via Giolitti
e via dei Mille: Torino-Centro, ecc.).
Anche per le comunità alloggio, come
per i servizi riabilitativi e di assistenza familiare,
la consulenza tecnica deve essere assicurata dalle équipes
di zona.
10) Organici
a) La composizione
numerica dell'organico deve essere fissata, per ciascun tipo di servizio, tenendo
conto delle caratteristiche del servizio stesso, delle infrastrutture locali utilizzabili,
della gravità dell'handicap dei soggetti assistiti.
L'organico deve essere sufficiente a
garantire il rispetto, per tutto il personale (compreso quello delle comunità
alloggio, attualmente soggetto alle maggiori difficoltà
sotto questo profilo) dell'orario lavorativo regolamentare, riducendo l'effettuazione
di lavoro straordinario ai casi di reale necessità ed eccezionalità (e
provvedendo in questi casi ai relativo compenso).
Per le comunità alloggio deve essere
previsto un minimo di 5 unità di personale ciascuna (4 con funzioni di educatori, ed uno con funzioni di governante, con la
precisazione che quest'ultima non è la «donna delle pulizie», ma una persona
che, pur avendo il compito di provvedere a tutte le incombenze materiali:
pulizia, cucina, ecc., ha anch'essa un rapporto con i soggetti assistiti,
rapporto che deve essere di tipo educativo e richiede quindi specifiche
caratteristiche professionali assimilabili a quelle delle «collaboratrici
domestiche»).
Questo numero minino
di personale è necessario per garantire, con i turni di presenza dei singoli
operatori nell'ambito dell'orario lavorativo regolamentare per ciascuno di
essi, la copertura dell'orario settimanale complessivo di 168 ore.
b) La copertura dei posti previsti
in organico deve avvenire in via prioritaria, utilizzando personale già in
servizio alle dipendenze della Provincia, al quale deve essere data la
possibilità di opzione. In via subordinata si dovrà
procedere a nuove assunzioni.
c) L'organico deve tenere conto
anche della necessità di provvedere alla sostituzione temporanea del personale
assente per ferie, malattia, maternità, ecc.
d) Le qualifiche previste
nell'organico devono corrispondere ad altrettante funzioni individuate come
necessarie nell'ambito di ciascun servizio.
A funzioni con contenuti
professionali uguali od assimilabili devono corrispondere uguali
livelli retributivi (eliminando quindi le attuali discriminazioni tra
istruttori ed aiuto istruttori, tra educatori ed aiuto educatori); e a tal fine
l'Amministrazione Provinciale dovrà dare prioritaria applicazione per il
settore di cui trattasi ai principi enunciati nella deliberazione n. 74/1389
del Consiglio Provinciale del 22-3-1973 (CO.RE.CO. 16-4-1073 n. 749/39/10).
Le funzioni di
coordinamento devono essere assolte, nell'ambito di ciascuna unità
di servizio, dall'équipe nel suo complesso, che potrà
ricorrere a forme di rotazione per l'attribuzione di responsabilità
specifiche.
11) Qualificazione professionale, riqualificazione, formazione permanente.
(1) V. Gli atti
relativi sono disponibili a L. 1.500 presso
(2) Vedasi: «Le ragioni per le quali si respinge lo schema di decreto delegato
sull'assistenza predisposto dal Governo» in quaderno sindacale CGIL, CISL, UIL
«Esperienze di lavoro e di lotta sui problemi
dell'assistenza» disponibile a L. 500 agli indirizzi
indicati nella nota 1.
www.fondazionepromozionesociale.it