Prospettive assistenziali, n. 24, ottobre-dicembre 1973

 

 

NOTIZIARIO DELL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE FAMIGLIE ADOTTIVE E AFFIDATARIE

 

 

CONFERENZA INTERNAZIONALE DELLE NAZIONI UNITE SULL'ADOZIONE

 

Dalla Conferenza mondiale sull'adozione e l'affidamento familiare si è sviluppato un movimento a livello di numerosi paesi che ha portato il problema dei minori privi di famiglia all'attenzione delle Nazioni Unite. L'assemblea generale delle Nazioni Unite tratterà l'argomento nella sua 29ª Sessione. Dalla signora Aida Gandy. Chief, Social Welfare Services Section, Social Development Division delle Nazioni Unite, riceviamo il do­cumento che pubblichiamo.

 

 

La Commissione per lo sviluppo sociale

 

Tenendo conto della Risoluzione 3028 (XXVII) dell'Assemblea genera­le con la quale si è richiesto alla commissione di esaminare questo pro­blema durante la sua 23a Sessione e di redigere alcune raccomandazioni che rientrino nel programma di lavoro della divisione per lo sviluppo so­ciale, per la preparazione di un rapporto da presentare alla 29ª sessione dell'assemblea generale. Tale rapporto dovrebbe includere i seguenti punti:

a) politiche, programmi e leggi comparative riguardo l'assistenza ai bambini che vengono dati in adozione e in affidamento familiare;

b) commenti riguardo il problema di promuovere una conferenza in­ternazionale allo scopo di elaborare una convenzione internazionale sulla legislazione in materia di adozione;

tenendo presente le opinioni espresse durante la discussione su que­sto tema;

richiede al Consiglio Economico - Sociale di adottare la seguente ri­soluzione:

 

Convocazione di una conferenza organizzata dalle Nazioni Unite allo scopo di definire una convenzione internazionale sulla legislazione in ma­teria di adozione.

 

Il consiglio economico-sociale

 

prendendo in considerazione la risoluzione 3028 (XXVII) dell'assem­blea generale e la nota del segretario generale a proposito della convoca­zione di una conferenza delle Nazioni Unite per una convenzione internazio­nale sulla legislazione in materia di adozione (E/CN. 5/491) :

considerando che la mancanza di una adeguata legislazione in materia di adozione e le differenze tra le leggi esistenti al riguardo creano difficili problemi di ordine giuridico e sociale che potrebbero inter alia ledere gli interessi dei minori adottandi;

tenendo presente l'esigenza di sviluppare gli istituti dell'adozione e dell'affidamento familiare affinché si possa dare ai bambini quell'atmosfe­ra familiare indispensabile al loro sviluppo e al loro inserimento nella so­cietà;

richiede al segretario generale, in consultazione con le organizzazioni internazionali sia governamentali che non governamentali che si occupano dell'assistenza ai minori:

a) di ottenere, mediante un questionario da inviare ai vari governi, in­formazioni sulle attuali politiche, programmi e leggi vigenti in materia di assistenza ai minori che vengono dati in adozione e affidamento familiare, le loro opinioni sul problema di promuovere una conferenza internazionale sulla legislazione in materia di adozione e il loro parere su quello che do­vrebbe essere lo scopo di tale conferenza;

b) aggiornare lo studio «analisi comparativa della legislazione in ma­teria di adozione» (ST/SOA/30) prendendo in considerazione in particola­re gli strumenti legali vigenti in materia.

Richiede inoltre al segretario generale di preparare un rapporto conci­so basato sulle richieste di cui sopra, che dovrà essere tenuto in conside­razione dal consiglio economico - sociale nella sua 56a sessione e dall'as­semblea generale nella sua 29ª Sessione.

 

 

ASCOLTIAMO L'OPINIONE DI CHI È STATO ADOTTATO

 

È venuto oramai il tempo in cui gli adottati so­no in grado di dire la loro opinione sull'adozione; finora si era potuto sentire quasi solo quella dei genitori. Riteniamo interessante ed utile riporta­re i primi esempi dell'esperienza di chi è stato adottato, particolarmente per quanto questa con­tiene di problematico.

 

I.

 

Io sono una ragazza adottiva di 18 anni e sono stata affidata ai miei genitori all'età di 6 anni. Devo dire la verità; dell'istituto mi ricordo ben poco, forse perché ne ho cambiati molti, e forse perché non voglio ricordare la mia infanzia. Quando sono entrata nella mia famiglia c'era­no già tre miei fratelli ad aspettarmi ed io, come maggiore, dovevo dare loro il buon esempio. Ri­cordo che per avere un contatto con mia madre l'unico mezzo erano le botte ed ogni volta che li­tigavo con Lei io continuavo a dire «non voglio più stare con voi», anche se in realtà non lo de­sideravo affatto. A me non importa di essere adottata, perché nella casa che mi aveva accolta ero stata accettata così com'ero e amata come tutti gli altri. Non erano loro, ma le persone at­torno che mi mettevano sempre davanti agli oc­chi la differenza che esisteva fra me e i miei fra­telli dicendomi che «ero stata ben fortunata ad entrare in quella famiglia», che dovevo «ringra­ziare i miei genitori per tutto quello che ricevevo ogni giorno». Quando fui più grandicella mi ven­ne la tentazione di sapere chi era quella donna che mi aveva partorita, cercavo nel mio intimo di giustificarla e mi dicevo che forse non aveva avuto i mezzi per mantenermi; oppure un appog­gio sicuro, a qualcuno che le volesse bene. For­se anche lei era stata rifiutata dalla società, ed era cresciuta in istituto. Provai a cercarla ma non conclusi niente. Ci vollero degli anni prima che mi sentissi veramente figlia dei miei genitori adottivi, e capissi che figlio non vuol dire essere generato, ma cresciuto in un continuo rapporto di amore.

La gente può pensare quello che vuole, ma io non avrei potuto e non potrei mai chiamare ma­dre la donna che mi ha partorito, bensì la donna con cui sono cresciuta e che ha saputo amarmi fin dall'inizio.

Credo che sia giusto che la gente cambi la mentalità, che nessuno ha mai pensato di capo­volgere. Penso che vada capovolto quel concetto tabù per cui un figlio è solo figlio se è stato ge­nerato. In una società che si dice emancipata al cento per cento è incredibile come possano esi­stere simili credenze, quando si pensa che mille anni fa il problema non esisteva affatto.

Coloro che sono adottati sono respinti da que­sta società e si sentono diversi da tutti, non per colpa dei genitori, ma per colpa di una mentalità errata.

ANNALISA

(Intervento presentato in occasione della Conferenza Mon­diale sull'adozione e l'affidamento familiare - Milano 1971)

 

 

II.

 

Fino a dove posso ricordare, ho sempre sa­puto di essere stato adottato. La mia famiglia non ha mai tentato di nascondere questo fatto. Non c'era nessun senso di vergogna.

Mia madre mi ha raccontato che lei e mio pa­dre avevano partecipato ad una ricerca psicolo­gica sugli aspiranti genitori adottivi. Durante una discussione di gruppo, il cui argomento era «il dire al bambino che è adottato», un uomo che era molto angosciato per questa questione, qua­si piangendo, ha chiesto allo psicologo «come farò a dire al mio bambino che è un bastardo?».

Questo uomo vedeva veramente il figlio futu­ro come un bastardo, come qualcuno disprezza­to dalla società. Si vergognava per il figlio, se non addirittura del figlio. Credo che nessun bam­bino possa non percepire un sentimento talmen­te forte come quello, e che nessun genitore glie­lo possa nascondere. Direi che questo è il pro­blema in molte famiglie adottive. Se i genitori sentono che l'adozione è una cosa della quale ci si vergogna, allora anche il bambino lo sente. Se i genitori sentono che il loro bambino non è nor­male perché è adottato, il bambino sentirà che la sua adozione lo separa dagli altri.

Non c'è da meravigliarsi che tanti adottivi cer­chino i loro genitori biologici. Essi si sono senti­ti «fuori posto» nella famiglia che li ha cresciu­ti perché i loro genitori li hanno sempre pensati «adottivi» e non figli loro.

Non c'è da meravigliarsi che essi debbano cer­carsi una identità. Si sentono negate le loro po­sizioni come figli o figlie veri degli unici genito­ri che abbiano mai avuto.

Non è necessario che il rifiuto venga espresso con urla e frasi come: «tu non sei normale» op­pure «tu dovresti vergognarti». Basta un sus­surro. Quando io avevo quattro anni, ho chiesto a mia mamma «chi è la mia mamma ». «Sono io» mi ha risposto. «No, voglio dire la mia vera mamma». «Sono io».

Le parole semplici di mia madre mi hanno co­municato una quantità di cose, questa era la mia famiglia e io lo sapevo.

26 luglio 1972.

LARRY K.

(Lettera inviata al «Times» di New York)

 

 

L'A.N.F.A.A. ERETTA IN ENTE MORALE

 

Comunichiamo ai soci che, con D.P.R. 19-3-73, 462, l'Associazione Nazionale Famiglie Adotti­ve ed Affilianti è stata eretta in ente morale su proposta del Ministro dell'interno, accogliendo la richiesta di «riconoscimento di personalità giuridica privata» da tempo avanzata dall'Asso­ciazione stessa.

 

www.fondazionepromozionesociale.it