Prospettive assistenziali, n. 25, gennaio-marzo 1974

 

 

DOCUMENTI

 

CRESCE L'OPPOSIZIONE AI CARCERI MINORILI (1)

 

 

I.

Perché respingiamo il carcere minorile (2)

Con questo documento il Dipartimento cultu­rale del comune di Perugia ribadisce il suo punto di vista sulla necessità di respingere la costru­zione di un istituto di custodia per minori a Perugia, nella consapevolezza che il carcere mino­rile, come altri istituti emarginanti, continua ad assolvere una funzione congeniale al manteni­mento degli aspetti economici e politici più arre­trati della società.

L'azione era iniziata nel giugno del 1972 da parte del Ministero di grazia e giustizia con la comunicazione al comune di Perugia della sua disponibilità, in applicazione alla legge 12 di­cembre 1971 n. 1133 (Finanziamento di 100 mi­liardi per l'edilizia carceraria, compresi gli isti­tuti di rieducazione) alla costruzione a Perugia di un istituto di custodia preventiva per minori. Al riguardo il Ministero invitava l'amministra­zione comunale a reperire l'area (di circa 25­30.000 mq.) proponendo che l'area stessa fosse ceduta gratuitamente, in difetto di che, il Mini­stero avrebbe provveduto direttamente all'ac­quisto.

L'Amministrazione comunale rispondeva facen­do presente che il piano regolatore non indivi­duava alcuna area idonea alla costruzione della sezione di custodia preventiva e che una even­tuale individuazione doveva essere oggetto di una specifica variazione al piano regolatore ap­provata dal Comune e dalla Regione Umbria.

Segnalava inoltre di non ravvisare i termini di opportunità o di utilità sociale per la cessione gratuita dell'area.

In questa posizione l'Amministrazione comu­nale trovava pieno appoggio da parte del presi­dente e del procuratore della Repubblica del Tri­bunale per i minorenni (Dr. Giorgio Battistacci e Dr. Nicola Restivo).

E su questo punto precisava che la costruzione di una sezione di custodia preventiva andava nel­la direzione opposta al patrimonio acquisito nella lotta contro l'emarginazione condotta dalla stes­sa Amministrazione comunale di Perugia, e che aveva portato gli amministratori a «la liberaliz­zazione dell'ospedale psichiatrico; la deistituzio­nalizzazione del “Don Guanella” con l'insedia­mento dei ragazzi in piccole comunità nel terri­torio cittadino; la soppressione delle classi dif­ferenziali e il contenimento delle scuole specia­li; l'esperimento, nel popolare rione di Porta S. Angelo, di assistenza agli anziani negli stessi appartamenti in cui avevano trascorso una vita; la trasformazione del brefotrofio in struttura a­perta, in un asilo-nido nel quale venivano bam­bini provenienti da ogni ceto sociale».

Patrimonio - si aggiungeva - a cui non si voleva rinunciare proprio per una scelta di va­lore che era quella «della lotta contro l'emargi­nazione, della lotta a ciò che costringe alcuni uomini, per cause indipendenti dalla loro volontà, ad essere diversi dagli altri, e, quindi, destinati alla emarginazione».

Ma alla proposta dell'Amministrazione comu­nale di Perugia di realizzare un istituto di riedu­cazione in luogo del previsto carcere, il Ministro di grazia e giustizia Gonella insisteva nella sua pasizione, per «esigenze imprescindibili che solo questo Ministero conosce e può ovviamen­te valutare».

Caduto il Governo Andreotti, l'On. Gonella la­scia il posto all'On. Zagari e l'Amministrazione comunale riapre il discorso sul carcere minorile e provvede a diffondere la pubblicazione «Perché respingiamo il carcere minorile».

Pur con la proposta di costruzione di una casa di rieducazione in alternativa al carcere minorile (non viene però indicato come essa dovrebbe essere strutturata: tradizionale istituto chiuso oppure piccole comunità), la presa di posizione dell'Amministrazione comunale di Perugia è im­portante e dimostra che il problema del disadat­tamento minorile sta giungendo a maturazione anche fra le forze politiche di sinistra.

E che il significato politico del carcere, ed in particolare delle istituzioni penitenziarie mino­rili, possa ormai considerarsi un dato acquisito è confermato anche dai documenti, che pubbli­chiamo: uno del Consiglio regionale della To­scana, l'altro approvato a stragrande maggioran­za (voti contrari 4) dall'assemblea dei parteci­panti del convegno «Minori in tutto» (di cui diamo notizia a parte sempre su questo numero).

 

II.

 

La regione Toscana e il disadattamento minorile

Il Consiglio regionale della Toscana ha espres­so il proprio parere sul decreto di riordinamento del Ministero di grazia e giustizia e ha votato contemporaneamente un ordine del giorno con­cernente i problemi del disadattamento minorile. Com'è noto, la legge 775 del 1970 stabilisce, all'articolo 21, di sentire preventivamente le Re­gioni in merito ai decreti delegati relativi al rior­dinamento dei ministeri conseguente al trasfe­rimento delle funzioni nelle materie previste dall'articolo 117 della Costituzione. La Regione To­scana ha già espresso - e con essa le altre Re­gioni a statuto ordinario - il proprio giudizio su una serie di decreti di riordinamento, muovendo quelle critiche e quei rilievi che si rendevano opportuni tutte le volte che si è ravvisata una vio­lazione dei criteri direttivi fissati dalla legge di delega.

Ed ecco l'ordine del giorno, approvato all'una­nimità dal consiglio, nel testo proposto dalla quarta commissione permanente:

Il Consiglio regionale toscano, consapevole che il disadattamento e la delinquenza minorili rappresentano per la nostra società un grave problema che tuttavia viene affrontato con mezzi e secondo una prospettiva del tutto inadeguati;

rilevato come l'origine di tale fenomeno debba essere imputata a fattori di ordine socio-econo­mico e ai conseguenti squilibri del nucleo fami­liare, come del resto è stato dimostrato da nume­rose ricerche scientifiche ed è stato indicato da una vasta pubblicistica;

richiama la necessità di abolire nei riguardi dei minori che manifestano comportamenti devianti il ricorso a misure di tipo penalistico, le quali non rispondono in alcun modo ai reali bisogni del mi­nore ma assolvono ad una funzione di difesa so­ciale e di ordine pubblico;

ritiene che tale sistema repressivo di inter­venti sia contrario, almeno in parte, ai principi stabiliti dalla legislazione vigente e contraddica comunque i principi fissati dalla Costituzione, dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e dalla Dichiarazione dei diritti del fanciullo;

individua come momento fondamentale per af­frontare, secondo una nuova prospettiva, il pro­blema in questione l'abolizione della penalizza­zione del trattamento dei minori fino ai diciotto anni unitamente alla rimozione delle misure di sicurezza e di tipo amministrativo;

ritiene che tale scelta debba essere unita al ri­conoscimento del ruolo determinante che pos­sono svolgere, riguardo al segnalato fenomeno, i servizi sociali di base che saranno creati dagli enti locali nel quadro della programmazione re­gionale;

auspica che il parlamento provveda ad appro­vare una nuova legge in materia di delinquenza minorile che, ispirata ai principi fondamentali della Costituzione, accolga i predetti orienta­menti e riconosca la funzione innovatrice che può essere svolta dalle Regioni in favore dei mi­nori nel quadro delle competenze che esse con­tano in materia sanitaria, assistenziale, scolasti­ca ed urbanistica; che tale iniziativa si coordini con quella relativa alla riforma del sistema pe­nitenziario, nel cui ambito si dovrà provvedere ad una ristrutturazione dei manicomi giudiziari;

rileva l'esigenza che nel settore in esame ven­ga dato immediato inizio a una politica, svolta in collaborazione fra le Regioni, gli enti locali e gli organismi statali interessati, che segua questi orientamenti:

1) messa a disposizione dei minori disadattati dei servizi utilizzati da tutti i membri della co­munità: dalla scuola, al lavoro, ai servizi sociali;

2) attuazione, ad opera degli enti locali, dei servizi di base al fine: a) di consentire a tutti i giovani la piena realizzazione personale e sociale sostenendo, nei casi di necessità, l'opera della famiglia; b) di evitare, nel maggior numero dei casi, le segnalazioni al tribunale dei minorenni; c) di realizzare il maggior numero possibile di servizi in libertà in alternativa alle attuali isti­tuzioni chiuse;

auspica che gli enti locali, le associazioni in­teressate, gli operatori del settore si impegnino in un'azione che porti alla realizzazione di tale politica e richiama l'attenzione dei consigli delle altre Regioni affinché anche questi adottino ini­ziative analoghe a quelle del Consiglio regionale toscano.

 

 

III.

 

Documento di Assisi

L'assemblea dei partecipanti al 28° convegno dei Giovani della Pro Civitate Christiana (Assisi, 27-31 dicembre 1973), approva il seguente docu­mento come piattaforma comune di analisi e va­lutazione e come strumento di proposte opera­tive.

«Noi riteniamo che le norme oggi ufficial­mente proposte come valori e modelli comporta­mentali sono l'espressione degli interessi ogget­tivi e della cultura delle classi dominanti e lo strumento per la continua riproduzione dell'at­tuale assetto economico e di potere del sistema sociale.

In questo quadro l'articolazione del controllo sociale nei due aspetti complementari di condi­zionamento persuasorio e di repressione dei de­vianti manifesta una complessiva violenza isti­tuzionale volta a garantire comportamenti con­formi alla logica del sistema e a inibire e punire l'insorgere di ogni forma di dissenso inconsa­pevole o cosciente, individuale o organizzato.

Una catena di istituzioni delegate gestisce, at­traverso articolati e successivi passaggi, i mec­canismi di egemonia e di esplicita oppressione e media così la violenza nel tempo e nello spazio. La famiglia veicola con la sicurezza di fondo il timore della delusione paterna e i modelli dell'autorità e della integrazione. La scuola propone attraverso l'istruzione la cultura delle classi do­minanti e impone la logica della selezione e del­la competitività. La chiesa accompagna l'uomo nelle varie fasi della sua vita sancendo e sacra­lizzando le istituzioni di potere nella loro funzio­ne di sollecitazione al conformismo: essa smi­nui-sce così l'invito al dissenso e al permanente stato di conversione contenuto nel messaggio evangelico. E di contro, al fallimento dei mecca­nismi di conformazione, corrisponde un arco re­pressivo il quale scoraggia e colpisce tutti coloro che non si adeguano alla logica del profitto e alla stabilità del sistema e, partendo dalla stig­matizzazione e dalla emarginazione dei devianti, giunge fino alla loro esclusione e alla loro reclu­sione nelle istituzioni totali come il riformatorio, il carcere, l'ospedale psichiatrico.

L'assemblea, considerate al di là di ogni inter­pretazione biologica o meramente moralistica, le radici sociali di ogni manifestazione di devian­za, fa sue le proposte operative emerse dai grup­pi di lavoro relative al settore minorile e a quello degli adulti.

 

A) Per quanto concerne il settore minorile si ravvisa la necessità del raggiungimento dei seguenti obiettivi­

a) realizzazione delle riforme dei servizi sco­lastici, abitativi, sociali e sanitari con la conse­guente istituzione delle unità locali dei servizi medesimi;

b) depenalizzazione dei reati compiuti da mi­nori fino al 18° anno di età e soppressione delle misure di sicurezza;

c) trasferimento alle regioni e alle unità locali dei servizi delle competenze in materia di riedu­cazione.

Al fine di preparare e accelerare tale processo di riforma appare indispensabile evitare ogni tipo di intervento che contrasti con detti obiettivi e, in particolare, occorre:

1) non procedere alla costruzione di nuove carceri minorili, di nuovi riformatori e di nuove case di rieducazione;

2) promuovere interventi alternativi mediante la realizzazione dei servizi aperti che consentano la permanenza del minore nel suo ambiente di origine e che mobilitino le risorse delle comunità locali: affidamenti familiari, focolari, pensionati, comunità-alloggio, trattamenti in libertà, ecc.;

3) esercitare le necessarie pressioni sulle re­gioni e sugli enti locali perché realizzino servizi del tipo sopraindicato e ogni altro tipo di servizio che risponda ai bisogni dei minori;

4) realizzare iniziative per la formazione di nuovo personale e per la riqualificazione di quel­lo in servizio, garantendo, nel passaggio delle attività agli enti locali, la conservazione del po­sto di lavoro;

5) per il breve periodo esercitare le opportune pressioni sul ministero di grazia e giustizia per­ché predisponga gli strumenti idonei a realizzare tale politica per gli aspetti di sua spettanza: uni­ficazione delle vigenti competenze decisionali relative al settore minorile nell'attuale ufficio mi­norenni; decentramento effettivo e completo dei servizi a livello regionale per permettere una stretta integrazione con gli organismi del terri­torio ai fini di una programmazione e gestione in comune dei servizi secondo le diverse esigenze locali; istituzione di una commissione formata da rappresentanti dei ministeri di grazia e giusti­zia e di quelli per l'attuazione dell'ordinamento regionale, nonché delle regioni con il compito di programmare l'attuazione degli obiettivi su espo­sti e di controllarne l'esecuzione.

Appare inoltre indispensabile, per la realizza­zione di quanto sopra, che i magistrati minorili assicurino una costante garanzia dei diritti dei minori e che il consiglio superiore della magi­stratura assuma le necessarie iniziative nella scelta, formazione ed aggiornamento dei magi­strati, anche di quelli onorari.

 

B) Per gli adulti, l'assemblea ritiene che le modifiche dei sistemi penali e penitenziali deb­bano riflettere le richieste formulate in proposito dai detenuti stessi che possono essere così rias­sunte:

1) abolizione delle misure di sicurezza;

2) abolizione dell'aggravante della recidiva;

3) abolizione del manicomio giudiziario;

4) riduzione drastica delle pene e in partico­lare di quelle per i reati contro il patrimonio;

5) abolizione dei reati di opinione;

6) approvazione definitiva dei testi di riforma dei nuovi codici penale e di procedura penale e del nuovo regolamento penitenziario.

Relativamente alla riforma penitenziaria attual­mente in fase di discussione ed approvazione, l'assemblea, mentre non ritiene in modo asso­luto che la riforma possa in ogni caso incidere e risolvere i problemi dell'esclusione, ma sem­mai rappresentare al più una fase intermedia per il raggiungimento di una rivoluzione culturale e totale che porti alla rivalutazione effettiva dell'uomo, individua la necessità, nel quadro della riforma stessa, di stabilire i seguenti punti qua­lificanti:

a) siano garantiti ai detenuti i diritti di asso­ciazione, di propaganda, di studio, di lavoro, di voto, e di libertà sessuale;

b) sia promossa ed accentuata un'operazione che decentri alla regione e agli enti locali il con­trollo dell'intervento operativo dell'istituzione carceraria e che colleghi l'interno dell'istituzione con le strutture sociali del territorio (consigli di quartiere, consigli di zona).

 

In particolare il lavoro e la discussione dei gruppi del convegno sottolineano:

1) il riconoscimento formale e sostanziale del cittadino nel recluso;

2) il diritto alle cure di tipo sanitario-psichia­trico da parte del detenuto che ne esprime il bi­sogno. Il servizio gratuito deve essere assicura­to dal personale dell'ente locale competente per il territorio, all'esterno della struttura carceraria;

3) la cessazione totale e definitiva dei trasfe­rimenti dei detenuti da un carcere all'altro;

4) l'abolizione della figura giuridica del cap­pellano del carcere;

5) il diritto per l'ex detenuto di avere garan­tito e realizzato il posto di lavoro.

 

L'assemblea è consapevole che ogni forma di devianza e di comportamento cosiddetto antiso­ciale trova la sua origine negli squilibri econo­mici, sociali e culturali della nostra società e pertanto intende sensibilizzare e responsabiliz­zare tutti i singoli cittadini a sostenere la politi­ca delle componenti più avanzate del paese per considerare la soluzione dei problemi affrontati dal convegno come un momento determinante nella costruzione di una società democratica.

 

 

(1) Vedasi in Prospettive assistenziali, n. 24, pag. 78: «Tenda di denuncia e proposte sul disadattamento e sulla de­linquenza minorile».

(2) La pubblicazione del 27 dicembre 1973 può essere richiesta al dipartimento culturale del comune di Perugia.

 

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