Prospettive assistenziali, n. 25, gennaio-marzo 1974

 

 

EDITORIALE

 

INIZIATIVE LEGISLATIVE NAZIONALI E REGIONALI

 

 

A livello parlamentare continua il difficile tentativo di mediazione per arrivare ad un testo comune di riforma dell'assistenza. A tale scopo, nella seduta dell'8-11-1973 le Commissioni riunite «Affari costituzionali» e «Af­fari interni» hanno costituito un comitato ristretto composto dagli On. Artali, Caruso, Cassanmagnago, Cottone, Lodi Faustini, Magnani Noya, Mammi, Poli, Fantino e Zamberletti.

Mentre le proposte di legge nazionali stabiliscono il superamento della frammentazione degli interventi, il Senato, con il voto unanime di tutti i gruppi, ha approvato il 18-12-1973 il nuovo ordinamento penitenziario (dise­gno di legge governativo n. 538 del 31-10-1972) che istituisce, composto da 458 assistenti sociali il servizio sociale carcerario, e due nuove categorie di assistiti: i minorenni orfani delle vittime del delitto e le vittime del delitto.

 

Modifica della legge 30 marzo 1971, n. 118 (1)

Sotto la spinta delle associazioni di invalidi il Governo presenta il 20-11-1973 un disegno di legge per la modifica della legge 30-3-1971, n. 118 che viene approvato con una celerità insolita, il 20-12-1973. La legge relativa è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 11 del 12-1-1974 (2).

Con la legge suddetta, lo stanziamento annuo di 29 miliardi e 900 mi­lioni per l'assistenza sanitaria è stato aumentato di altri 50 miliardi, nono­stante che i fondi della legge 30-3-1971, n. 118, siano stati utilizzati sempre meno per spese per trattamenti ambulatoriali e in misura rapidamente cre­scente per il pagamento di rette ad istituti a carattere di internato.

Dato l'importo elevato della retta erogata dal Ministero della sanità (L. 7.200 al giorno) molto redditizio per gli istituti di ricovero, questi si «trasformano» anche da un giorno all'altro e spesso senza apportare mo­difiche di rilievo, in «centri medico-sociali» convenzionati con il Ministero. Ne derivano la caccia all'handicappato (o anche ai «normali»), dal mo­mento che tale caccia risulta economicamente conveniente, e la loro collo­cazione in istituzioni emarginanti, cosiddette speciali.

 

Iniziative positive delle Regioni

Nel n. 21 di Prospettive assistenziali avevamo segnalato e riportato alcune leggi regionali valide in quanto contenevano alcuni elementi interes­santi (3). Da allora altre leggi sono state emanate, ugualmente positive e in particolare ne segnaliamo tre della Regione Toscana: la prima riguardante la medicina e igiene del lavoro, la seconda concernente l'assistenza sanita­ria e sociale prenatale, natale, e dell'infanzia in età evolutiva, e la terza rela­tiva alla zonizzazione del territorio per la definizione degli ambiti territoriali delle future unità locali dei servizi sanitari e sociali. Le zone previste sono 71, la popolazione media è di 50.000 abitanti (da un minimo di 13.000 a un mas­simo di 93.000). La ripartizione in zone corrispondenti alle unità locali dei servizi sociali e sanitari è stata anche assunta dalle Regioni Umbria e Emilia-­Romagna.

Inoltre la validità delle prime due altre leggi della Regione Toscana sta non solo nei contenuti, ma anche nella previsione di una possibilità di col­legamento fra gli interventi dentro e fuori la fabbrica.

 

Proposte di legge per la delega delle funzioni assistenziali agli enti locali

La Giunta della Regione Toscana ha predisposto una proposta di legge che, da un lato, stabilisce i criteri generali ai quali devono attenersi le atti­vità in campo assistenziale e, d'altro lato, come si devono trasferire le competenze dalla Regione ai Comuni.

La proposta di legge, che più avanti riportiamo, è un ottimo esempio che andrebbe generalizzato. Sottolineiamo in particolare quanto previsto dall'art. 9. «I servizi e le strutture utilizzate per la realizzazione degli inter­venti dovranno essere rivolti alla generalità della popolazione, con esclu­sione di destinazioni di carattere settoriale o per categorie di cittadini».

Sulla stessa linea si muovono:

- la proposta di legge del Comune di Settimo Torinese

Il Comune di Settimo Torinese ha approvato una proposta di legge che sarà prossimamente presentata alla Regione Piemonte. Alla redazione della proposta di legge ha collaborato l'Unione italiana per la promozione dei di­ritti del minore e per la lotta contro l'emarginazione sociale.

- il piano regionale di sviluppo della Regione Umbria

Con deliberazione del Consiglio della Regione Umbria n. 891 del 22-12­1973 è stato adottato il piano regionale di sviluppo approvato con 17 voti favorevoli e 10 astenuti (gruppi DC, PSDI, PRI).

Esso prevede:

«L'attuazione delle grandi riforme sociali (scuola, sanità, casa, tra­sporti pubblici, urbanistica, ecc.) rimane la condizione fondamentale per una effettiva ristrutturazione di tutti i servizi sociali che, a livello di ogni comu­nità possono garantire una reale qualità di vita dei cittadini.

La Regione, insieme ai Poteri locali (Comuni e Province), alle forze politiche e ai sindacati, garantisce che le riforme siano attuate in nuove strutture in cui la partecipazione degli utenti alle gestioni sia democratica­mente realizzata, attraverso meccanismi che consentano agli utenti stessi di designare i propri rappresentanti.

Dovrà essere garantita la massima unitarietà dei problemi della sanità e dell'assistenza, che dovrà trovare la sua espressione operativa nelle unità locali della sanità e dei servizi sociali.

In questo ambito si dovrà sviluppare la qualificazione delle strutture esistenti sulla base di un Piano dei servizi sociali, nel quale sia compresa anche la definizione della rete poliambulatoriale ospedaliera ed extraospe­daliera per i prossimi tre anni ed un Piano di ammodernamento e di nuove sistemazioni delle strutture ospedaliere.

Nel piano dei servizi sociali vanno previsti i seguenti progetti speciali, intesi anche come utilizzo ed integrazione delle strutture esistenti:

- difesa e promozione della salute e dell'infanzia;

- iniziative e strutture di sostegno per i problemi degli anziani;

- servizi sociali per handicappati;

- tutela sanitaria dei luoghi di lavoro;

- tutela dell'ambiente».

Per il triennio 1973-1975 è stata fissata la seguente ripartizione di mas­sima delle spese della Regione Umbria: agricoltura 25%; lavori pubblici 20%, settori produttivi extra-agricoli 10%, servizi sociali e sanitari 25%, demanio e oneri non ripartibili 20%.

 

Unità locale sanitaria e sociale o unità locale dei servizi

Nella tabella che avevamo inserito nel n. 15 (luglio-settembre 1971) di Prospettive assistenziali avevamo affermato che all'unità locale dovevano essere attribuite le competenze in materia di: «concorso alla programma­zione locale, comprensoriale, regionale e nazionale; piani urbanistici locali; servizi sanitari di base, ambulatori, distribuzione di medicinali, ospedali di zona; servizi sportivi e ricreativi, servizi familiari (presso la famiglia d'ori­gine, di affidamento familiare, di adozione, di focolari e pensionati inseriti nelle comuni case di abilitazione, esecuzione dei provvedimenti emessi dall'autorità giudiziaria nei riguardi dei minori); prestazioni economiche a ca­rattere temporaneo; altri servizi d'interesse locale».

Assumendo come base l'indicazione contenuta nella proposta di legge del Comune di Settimo che la zonizzazione del territorio deve «essere tale da consentire in prospettiva l'unificazione nella zona, per quanto concerne la direzione politico-amministrativa, dei servizi di base sanitari, assisten­ziali, scolastici, ricreativi e sociali» (art. 5), abbiamo redatto una bozza­-proposta di consorzio intercomunale che pubblicheremo sul prossimo nu­mero. Il previsto consorzio comprende tutti i servizi di base e non è limitato ai servizi sanitari e sociali, come previsto ad esempio dalla bozza di con­sorzio proposto dal dipartimento di sicurezza sociale della Regione Emilia-­Romagna (circolare del 22-3-1973) o dallo statuto del comprensorio di Faenza (4).

La nostra opinione è che si debba andare, a lungo termine, alla rifon­dazione del Comune (cosa che fra l'altro richiede una adeguata dimensione territoriale e demografica), e a breve e medio termine alla aggregazione nell'unità locale di tutti i servizi di base. Solo in tal modo è possibile, a nostro parere, da un lato, una gestione unitaria e partecipata dei servizi sanitari, sociali, abitativi, ricreativi, culturali, anagrafici, di polizia urbana e d'altro lato, il concorso effettivo dell'ente locale, dei cittadini e delle forze sindacali e sociali del territorio, alla programmazione locale, comprenso­riale, regionale e nazionale.

Naturalmente la creazione delle unità locali dei servizi sanitari e so­ciali è un fatto molto positivo: occorre però vedere se ciò è una tappa inter­media o un obiettivo finale.

A questo riguardo assume una particolare importanza l'istituzione dei distretti scolastici previsti dalla legge nazionale n. 477 del 30-7-1973. L'art. 7 della legge suddetta prevede: « Su proposta delle regioni e sentiti gli enti locali e gli organi periferici, il Ministro per la pubblica istru­zione procederà alla suddivisione del territorio regionale in comprensori scolastici, di norma subprovinciali, denominati distretti scolastici, nel cui ambito dovrà, di regola, essere assicurata la presenza di tutti gli ordini e gradi di scuola, ad eccezione delle università, delle accademie di belle arti e dei conservatori di musica. Con la stessa procedura, si provvederà ad eventuali variazioni.

A livello di distretto sarà istituito il consiglio scolastico distrettuale, organo di partecipazione democratica alla gestione della scuola, presieduto da un membro eletto nel suo seno dal consiglio stesso, e composto dai rap­presentanti eletti dei comuni compresi nel territorio del distretto, del per­sonale direttivo e docente della scuola statale e non statale, dei genitori degli alunni, delle forze sociali rappresentative di interessi generali e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori.

Il distretto scolastico avrà funzioni di proposta e di promozione per ciò che attiene all'organizzazione e allo sviluppo dei servizi e delle strutture scolastiche, nonché, secondo le direttive generali del Ministro per la pub­blica istruzione e di intesa con gli organi provinciali e regionali, per le atti­vità di sperimentazione, per le attività integrative della scuola, per le atti­vità di assistenza scolastica educativa, di orientamento, di assistenza me­dico-psico-pedagogica, per le attività di educazione permanente; compiti consultivi e di proposta al provveditore agli studi e al Ministero della pub­blica istruzione per la migliore utilizzazione del personale della scuola, fatte salve le garanzie di legge per il personale stesso, nonché per l'inserimento nei programmi scolastici di studi e ricerche utili alla migliore conoscenza delle realtà locali.

Ai distretti potranno essere affidati o delegati dalla regione compiti di assistenza scolastica.

Il distretto avrà la gestione dei fondi necessari per il proprio funziona­mento.

I decreti delegati stabiliranno inoltre:

a) i criteri per la definizione dell'ambito territoriale dei distretti sco­lastici. Essi terranno conto della consistenza numerica della popolazione, della sua dislocazione e delle esigenze particolari determinate dalla situa­zione socio-economica del territorio;

b) il numero minimo e massimo dei componenti del consiglio scola­stico distrettuale, la ripartizione delle rappresentanze e le relative moda­lità di elezione;

c) le norme per l'esercizio delle funzioni attribuite al distretto, le cui competenze non dovranno interferire con l'autonomia dei singoli istituti e circoli didattici, né comprendere materie di stato giuridico del personale scolastico;

d) le norme concernenti i rapporti con l'amministrazione scolastica, la regione e gli altri enti locali, nonché le modalità per il coordinamento interdistrettuale su base provinciale e regionale;

e) le modalità per assicurare la pubblicità dei pareri e delle delibe­razioni del consiglio».

La coincidenza dell'ambito territoriale dei distretti scolastici con quello delle unità locali rappresenta un obiettivo da raggiungere se si vuole evitare uno scollegamento fra scuola, sanità e servizi sociali.

 

 

 

(1) Il testo della legge 30-3-1971, n. 118, è stato pubblicato sul n. 14 di Prospettive assistenziali.

 

(2) Testo della legge 27-12-1973, n. 908, «Assegnazione straordinaria di lire 50 miliar­di ad integrazione dei fondi per l'assistenza sanitaria a favore dei mutilati ed invalidi civili, stanziati ai sensi dell'articolo 31 della legge 30 marzo 1971, n. 118. Modifica ed integra­zione di alcuni articoli della stessa legge 30 marzo 1971, n. 118».

Art. 1

È autorizzata l'assegnazione straordinaria di lire 50 miliardi ad integrazione dei fondi stanziati, ai sensi dell'articolo 31, punto 2), lettera a), della legge 30 marzo 1971, n. 118, per l'assistenza sanitaria a favore dei mutilati e invalidi civili.

Art. 2

All'onere di cui al precedente articolo, si provvede con l'entrata derivante dal prele­vamento di corrispondente importo dal conto corrente infruttifero di tesoreria intestato «Ministero del tesoro - Conto speciale per il ripiano delle gestioni mutualistiche e per l'avvio della riforma sanitaria».

Il Ministro per il tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 3

Il primo e secondo comma dell'articolo 7 della legge 30 marzo 1971, n. 118, sono sosti­tuiti dai seguenti:

« La commissione sanitaria provinciale è composta:

dal medico provinciale che la presiede;

da un ispettore medico del lavoro o da altro medico scelto dal capo dell'ispettorato provinciale del lavoro tra i medici previdenziali o fra gli specialisti in medicina legale o del lavoro;

da un medico designato dall'Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi civili di cui alla legge 23 aprile 1965, n. 458.

La commissione può disporre accertamenti diagnostici presso centri sanitari pubblici o enti ospedalieri.

Qualora si tratti di accertare anomalie neuropsichiche la commissione è integrata da un medico specializzato in discipline neuropsichiatriche ovvero da un medico in servizio presso ospedali o cliniche psichiatriche o altre istituzioni psichiatriche pubbliche, designato dall'ordine dei medici della provincia.

In questa ipotesi, in caso di parità, prevale il voto del presidente».

Art. 4

All'articolo 9 della legge 30 marzo 1971, n. 118, è aggiunto il seguente comma:

«Le commissioni sanitarie regionali possono disporre gli accertamenti diagnostici, di cui ai precedenti articoli 7 e 8».

Art. 5

All'articolo 10 della legge 30 marzo 1971, n. 118, è aggiunto il seguente comma:

«Con decreto del Ministro per la sanità di concerto con il Ministro per il tesoro viene fissata la misura del gettone di presenza spettante ai componenti delle commissioni, estra­nei alla pubblica amministrazione».

 

(3) Le nostre critiche erano contenute nell'editoriale dello stesso n. 21.

 

(4) La documentazione relativa al comprensorio di Faenza può essere richiesta all'Ufficio del piano comprensoriale - Comune di Faenza.

 

www.fondazionepromozionesociale.it